DI SPENGLER
Asia Times
È in corso non una crisi, ma una negoziazione
tra i paesi affossati dal debito dell’Europa meridionale. Grecia e
Italia esemplificano la Legge Universale numero 15 di Spengler: Rimani
fermo troppo a lungo, e diventerai un parco a tema. Mentre i discendenti
degli ex padroni del Mediterraneo diventano senescenti, orde di turisti
asiatici le terranno in funzione. Ecco il modello di Sparta.
Sparta è stata la prima potenza
mondiale a soccombere al suicidio demografico, e anche la prima ex potenza
a sopravvivere come parco a tema. Aristotele scrisse che Sparta “affondò
dopo una sola sconfitta; il suo desiderio era la propria rovina”.
Sparta una volta aveva 10.000 abitanti, ma nel 371 a. C., quando Tebe
ruppe il potere di Sparta con la battaglia di Leuttra, si è ridotta
ad averne solo 1.000.L’osservazione di Aristotele è doppiamente
rimarcabile, come ho riportato nel mio nuovo libro, How Civilizations Die (and
Why Islam is Dying, Too). È il primo caso storico di spopolamento
per la riluttanza a fare figli. È anche la prima volta che un declino
di una grande potenza è dovuta al calo demografico. Sparta sopravvisse,
comunque, come parco a tema: gli ultimi spartani sopravvissuti continuarono
a ingelatinarsi i capelli, a indossare le vesti rosse, a suonare il
flauto e ad addestrare falangi per gli attoniti visitatori romani fino
alla fine del II secolo d. C. “Il prestigio dell’addestramento
‘rivitalizzato’ e il turismo così generato contribuirono a che
questa altrimenti provinciale cittadina greca potesse mantenere un posto
nel mondo e consentì agli spartani di credere di essere ancora ‘speciali’”
[1], secondo i due storici.
Se i turisti italiani tennero a galla
Sparta per mezzo millennio dopo la scadenza del suo modello politico,
i turisti cinesi potranno ancora sostenere l’Italia per un altro secolo
o due. Quarantatre milioni di turisti l’hanno visitata nel 2009, spendendo
circa 1.000 dollari a testa. Altri 15 milioni si sono diretti in Grecia.
Con i giusti presupposti gli asiatici potrebbero raddoppiare questo
numero in pochi anni, aiutando l’Italia a gestire il debito pubblico
da 2,2 trilioni di dollari. Ma c’è un inghippo: la Cina dovrebbe
stipulare una trattativa. I cinesi non vogliono solo guardare e ammirare:
vogliono imparare, comprare e portare a casa la magia della produzione
italiana. Ciò potrebbe sbloccare decine di miliardi di dollari di potenziale
di esportazioni non realizzato.
Diversamente dalla Germania, i cui
macchinari risuonano in ogni fabbrica cinese, l’Italia ha fatto un
pessimo lavoro per esportare in Cina. La più grande azienda italiana,
la FIAT, ha una tenue presenza nei mercati di secondo piano, ad esempio
Russia e Turchia, e una prossima fine sul mercato americano. Ci può
dire qualcosa il fatto che la FIAT voglia vendere negli Stati Uniti
una Cinquecento aggiornata – l’utilitaria degli italiani poveri
negli anni ’60 – ai consumatori americani declassati. Un tassista
di Istanbul mi spiegò lo scorso febbraio che l’Italia andrà in fallimento.
“Ora tutti abbiamo le Fiat”, mi ha spiegato. “Fanno schifo.
Si rompono troppo spesso. Ma ora i sudcoreani stanno costruendo nuovi
impianti da noi, e in due o tre anni nessuno guiderà più una Fiat.”
Tutti gli uomini d’affari italiani
hanno quattro tipi di libri contabili: uno per l’agenzia delle entrate,
uno per la banca, uno per la moglie e uno per sé stessi. Il costo dovuto
all’incompetenza predatoria del governo italiano costringe le ditte
all’ambito familiare. Questo è il motivo per cui c’è veramente
poco che valga la pena comprare nella Borsa Valori italiana: le migliori
aziende sono tenute ben salde, e molte hanno una stupenda tecnologia.
Il produttore a gestione familiare
più conosciuto dagli statunitensi è, ovviamente, Beretta, che realizza
le armi corte da 9 mm standard per l’esercito USA. L’Italia ha centinaia
di aziende superbe, ma la corruzione, i capricci burocratici e l’incapacità
del governo italiano le tengono sotto tiro. Ma le aziende tenute in
modo così saldo raramente sviluppano il loro pieno potenziale.
La cosa migliore che potrebbe accadere
all’industria italiana sarebbe una bancarotta nazionale. Se gli stranieri
cominciassero a compare gli asset italiani, le migliori aziende
italiane sarebbero portato nel campo aperto del commercio internazionale
e i loro talenti potrebbero attrarre il capitale e il supporto che richiedono.
Il sistema politico italiano non può essere riformato. Può solo essere
bypassato. Questo è quello chi gli italiani fanno da secoli.
Un esempio delizioso della capacità
italiana di sopravvivenza e del genio per il tirare avanti è presente
sul nuovo libro di Michael Ledeen, Virgil’s Golden Egg and other
Neapolitan Miracles (Transaction, 2011). Gli investitori asiatici
dovrebbero studiare attentamente. Gli italiani hanno trascorso migliaia
di anni a integrare i commerci e a creare prodotti che deliziano i sensi.
“Anche se le grandi aziende non
hanno avuto buoni risultati” a Napoli, osserva Ledeen, “le
attività basate sullo stile e l’eleganza sono diventate aziende di
prima fila. Alcuni dei più raffinati arredamenti in Italia – dai
tavoli di marmo intarsiati alle magnifiche sculture in legno – giungono
da Napoli, e la moda per uomini ha raggiunto il suo livello più alto
(e certamente i prezzi più elevati) a Napoli, da Marinella fino agli
atelier super-chic di Borrelli, Isaia, Attolini, Kiton, Barba, Rubinacci,
e altri.” I vestiti così modellati “sembrano quasi una seconda
pelle”, Ledeen osserva.
Il più grande ostacolo alla preservazione
dei talenti italiani è dato dal governo italiano. Quello di cui
ha bisogno l’Italia, in breve, è un’invasione del tipo di quella
dei Goti nel V secolo d. C., ma con i libretti degli assegni invece
delle asce di combattimento. Sia come uomini d’affari che come turisti,
i cinesi in Italia troveranno gusto e tecnologie che fanno da complemento
al suo talento, e potranno riuscire a riempire molte lacune con le loro
capacità. Con un po’ di fortuna, milioni di bus turistici cinesi
passeranno gli Appennini in cerca del Parmigiano migliore (Ndt: forse
dopo essere stati a Napoli), del filatore di seta perfetto o del fornello
del cuoco.
La storia d’amore cinese con tutto
quello che è italiano risale a una decina di anni fa, quando l’“osso
buco alla Milanese” diventò la specialità di Shanghai. È più facile
trovare cibo italiano di prima categoria che la classica cucina di Shanghai.
Per trasformare i sentimenti in investimenti, l’Italia dovrebbe semplicemente
dichiararsi aperta allo shopping cinese. Ciò implicherebbe l’eviscerazione
di tutti gli accordi politici di sottobanco che soffocano l’Itala
come una vite parassita. Come può accadere? Come ha scritto il mio
collega di Asia Times Francesco Sisci il 14 settembre su La Stampa:
Parlando concretamente,
i cinesi hanno in mente la possibilità
di sinergie con l’economia italiano ormai da anni praticamente in
ogni settore. ENI and ENEL sono due aziende a cui la Cina
è interessata; l’ENI ha collaborato per anni con compagnie energetiche
cinesi. Oggi una partecipazione di PetroChina nell’ENI, ad esempio,
potrebbe moltiplicare le sue opportunità
di sviluppo, così come portare entrate tanto necessarie al Tesoro italiano.
I cinesi arriveranno giusto in tempo.
Come gli spartani nell’antichità classica, gli italiani stanno scomparendo.
Con solo 1,25 figli per donna nel 2005, l’Italia langue in fondo alla
classifica della fertilità in Europa. Prima del 2040, tre quinti degli
italiani saranno anziani dipendenti, secondo le Nazioni Unite. Anche
se assumiamo che la fertilità possa recuperare verso il tasso di sostituzione
del 2,1 per cento, il numero delle donne in età fertile precipiterà
del 40% alla metà del secolo, e ciò significa che la popolazione italiana
non potrà più ripristinarsi.
Tasso di dipendenza della popolazione anziana, selezionando i paesi europei
Fonte: Dati sulla Popolazione Mondiale delle Nazioni Unite
Sarà bene che gli imprenditori
italiani vendano le loro abilità in Asia, visto che alcune delle
migliori aziende familiari non hanno membri a sufficienza o abbastanza
lavoratori specializzati per continuare a operare per un’altra generazione.
Sembreranno come i soffiatori di vetro a Murano, l’isola veneziana
famosa da secoli per il vetro. Rimangono ancora pochi artigiani della
vecchia generazione, che intrattengono i turisti plasmando figure di
animali in vetro davanti ai loro occhi. Questi lavoratori anziani hanno
la funzione di consentire ai mercanti di prelevare da Murano buone quantità
di prodotti sotto forma di furto legalizzato.
Come gli spartani, il numero in calo
di italiani sopravvissuti vivrà nel proprio parco a tema. Forniranno
pizze, canteranno arie dell’opera, soffieranno il vetro, restaureranno
i dipinti, disegneranno scarpe, e produrranno bottiglie di vino per
camionate di asiatici. Il governo italiano potrebbe andare in bancarotta
e i possessori di obbligazioni potrebbero venir rimborsati a 70 centesimi
sull’euro. I parassiti che succhiano dallo stato italiano si sentiranno
come pulci su un cane morto. A Napoli, almeno, gli imprenditori ospiteranno
i conquistatori come tante altre volte nel passato, e continueranno
a godersi la vita, fino a che il Vesuvio non erutterà.
Note:
1. Hellenistic and Roman Sparta:
a tale of two cities, di Paul Cartledge e Antony Spawforth (Psychology
Press, 2002), p. 194. I commenti a questo articolo sono presenti sul
forum di Spengler, Expat
Bar.
Fonte: Italy’s future – a theme park
04.10.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE