DI JAMES ZOGBY
The Huffington Post
Come è successo per i passati conflitti mediorentali, sia i servizi dei media che le cronache politiche qui negli Stati Uniti hanno seguito con acceso interesse gli argomenti israeliani sulla guerra. Questa è stata una componente determinante nei recenti successi di Israele e nella sua abilità di far continuare il conflitto senza una spinta contraria da parte americana. Riconoscendo l’importanza di una guerra di propaganda, Israele si batte su questo fronte nello stesso modo energico e sproporzionato con cui si muove sul campo di battaglia.
Ecco come ci sono riusciti:
1) Definisci i termini del dibattito, e lo vincerai. Recentemente gli israeliani stanno lavorando per definire il contesto, il momento d’inizio e la trama sulla base dei quali verrà plasmata la conoscenza della guerra. Così essi, ripetendolo continuamente, sono ad esempio riusciti ad affermare il concetto secondo cui il conflitto sarebbe iniziato il giorno 19 dicembre, data in cui sono scaduti i sei mesi di cessate il fuoco (che Israele ha descritto come “unilateralmente terminato da Hamas”). Così facendo hanno tralasciato, ovviamente, le violazioni che loro stessi hanno posto in essere all’inizio di novembre e il loro mancato rispetto dell’impegno a cessare il fuoco per permettere l’apertura dei confini di Gaza. Essi non hanno nemmeno preso in considerazione il fatto che hanno ridotto Gaza a un distaccamento, un processo che è iniziato molto tempo fa ed è continuato dopo il loro ritiro nel 2005. Siccome sanno che molti americani non seguono da vicino il conflitto e sono propensi a credere, come si dice, “a quello che sentono ripetere in continuazione”, questa tattica di definizione preventiva e di ripetizione ha successo.
2) Riconoscere che gli stereotipi funzionano. Per il fatto che, per generazioni, il conflitto isreaelo-palestinese è stato definito attraverso immagini culturali positive di Israele e stereotipi negativi dei Palestinesi, i propagandisti israeliani hanno un vantaggio facile da sfruttare. Poiché la storia è per molto tempo stata vista come “l’umanità israeliana che si confronta con il problema palestinese”, i servizi televisivi che si occupano del conflitto iniziano sempre con il domandarsi che impatto ha “ il problema” sulla popolazione israeliana. Per usare le parole di Golda Meir, “Possiamo perdonare gli arabi per aver ucciso i nostri bambini, ma non potremo mai assolverli per averci costretto ad uccidere i loro”. Quindi non sorprende il fatto che, nonostante le enormi sofferenze dei palestinesi, i media tendano a “bilanciare” la storia, concedendo un ampio spazio, con tanto di foto, a israeliani angosciati e impauriti e all’impatto che la guerra sta avendo su di loro. In passato, quando la versione dei media rivestiva una grande importanza, i palestinesi sono stati ridotti, come sempre, a semplici numeri o considerati unicamente come “danni collaterali”.
3) Anticipa e conta sugli sbagli dei tuoi oppositori. La stupidità di Hamas ha retto il gioco alla strategia israeliana. Fin dall’inizio, Israele ha potuto contare sul fatto che Hamas avrebbe lanciato razzi e messo in atto quel tipo di minacce, che Israele avrebbe poi potuto propagandare per ottenre compassione nei paesi occidentali. Sapere che queste cose sarebbero quasi sicuramente accadute e avrebbero poi potuto essere sfruttate ha rappresentato un vantaggio nella guerra di propaganda.
4) Fa’ in modo di essere ovunque e dì le stesse cose – cercando di assicurarti che i tuoi avversari rimangano il più possibile invisibili. Israele inizia ad ogni guerra assicurandosi una moltitudine di portavoce anglofoni (molti dei quali nati in Occidente) disponibili in qualunque momento per qualsiasi uscita mediatica (non è un caso, ad esempio, che Israele abbia un console generale “arabo” ad Atlanta – ossia dove c’è la sede della CNN). Il funzionamento della loro operazione di propaganda, che prevede la diffusione di molteplici portavoce in località sparse per tutta l’America con numerosi argomenti di conversazione, ne garantisce il successo. Allo stesso tempo, gli israeliani sono in grado di negare l’accesso dei media a Gaza, consentendo ai reporters occidentali di operare solo nelle vicinanze della zona di guerra sotto la supervisione dell’IDF [Israel Defencse Force (Forze armate israeliane), NdT], garantendo in questo modo a Israele la possibilità di plasmare ogni aspetto della storia e al contempo di rimuovere la possibilità di una verifica indipendente degli orrori che accadono a Gaza.
5) Non offrire basi. Siccome metà della storia sarà determinata da ciò che dicono e fanno i leader politici, anche l’apparato politico a Washington è tirato in ballo per assicurare che la Casa Bianca e i dirigenti del Congresso “righeranno dritto”. Di conseguenza, le dichiarazioni rilasciate dal Congresso riflettono quegli argomenti chiave e i portavoce israeliani, i commentatori politici e le dichiarazioni del Congresso si fanno eco l’uno con l’altro.
6) Negare, negare, negare. Quando gli eventi e la realtà si fanno strada andando contro la narrativa stabilita da Israele, dando vita a storie che vanno contro la trama che è stata imposta, la macchina della propaganda lavora senza sosta per negare, negare, negare (dicendo abbastanza intrepidamente: “A chi credete, a me o ai vostri occhi bugiardi?”) e/o confezionare una contro-narrativa che sposta le colpe (“Noi non abbiamo fatto niente. Sono loro che l’hanno fatto a noi”). In questo senso, questo significa che la morte dei civili palestinesi è sempre imputabile a qualcun altro, o che i reporter o i loro nemici stanno mettendo in scena le foto del dolore (come per dire “gli arabi non soffrono veramente come noi”),
7) L’ultimo rifugio…. Quando vedete che tutto il resto non funziona, prendete alcuni esempi lampanti di antisemitismo, generalizzateli, suggerendo che ciò è quello che motiva le critiche. Può risultare mordace, e forse è una tecnica che è stata già ampiamente sfruttata, ma potrebbe zittire o mettere i critici sulla difensiva.
Titolo originale: “How Israel’s Propaganda Machine Works”
Fonte: http://www.huffingtonpost.com
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09.01.2009
Traduzione di RACHELE MATERASSI per www.comedonchisciotte.org