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La Redazione

 

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IL DISCORSETTO DI BERLUSCONI NON FERMER LA FINANZA PREDATORIA

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A cura di supervice
Il 3 Agosto 2011
38 Views

DI MORENO PASQUINELLI
FONTE: Sollevazione (blog)

«Il discorsetto odierno di Berlusconi
a Montecitorio non fermerà la valanga. Il Cavaliere ha resistito in questi anni a diverse tempeste, non sopravviverà a questa qui. Tutto congiura a formare un governo-mostro che dovrà applicare entro pochi mesi una politica di sacrifici tremenda e senza precedenti storici che sarà un’ecatombe per le masse popolari. Di che stiamo parlando? Altro che la manovra spalmata su tre anni di poche decine di miliardi, già evaporata con la turbolenze delle ultime settimane! In ballo, dato che l’Unione europea non potrà salvare l’Italia come fatto con Grecia, Irlanda e Portogallo, c’è una patrimoniale colossale, dell’ordine di 200/300 miliardi di euro che spiani la montagna del debito pubblico (1900 miliardi). Una mannaia che visto chi ce l’ha in mano non è difficile indovinare su chi si abbatterà e chi risparmierà».
Mercati finanziari. Dopo il venerdì

nero del 15 luglio, il lunedì nerissimo del 18 luglio, è

giunto il lunedì del panico del 1 agosto. Noi stessi siamo stati

smentiti. Valida l’analisi svolta giorni addietro nell’articolo

«Eurozona: il contagio

c’è già», tuttavia, la

resa dei conti che pensavamo sarebbe giunta a settembre, è invece pieno

svolgimento. Essa si manifesta nella vendita massiccia dei titoli di

stato e delle azioni dei bancari e degli assicurativi da parte dei grandi

gruppi finanziari mondiali. Perché questa fuga dall’Italia? I “mercati”

(leggi: la rendita finanziaria globale) danno l’Eurozona oramai per

spacciata, e questo sfacelo è certo proprio perché essi danno per

imminente lo schianto di una delle sue colonne portanti, quella italiana

appunto. Il discorsetto odierno di Berlusconi a Montecitorio non fermerà

la valanga. Il Cavaliere ha resistito in questi anni a diverse tempeste,

non sopravviverà a questa qui. Tutto congiura a formare un governo-mostro

che dovrà applicare entro pochi mesi una politica di sacrifici tremenda

e senza precedenti storici che sarà un’ecatombe per le masse popolari.

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Tabella 1. Curva sul

rendimento dei BTP

Di che stiamo parlando? Altro che la

manovra spalmata su tre anni di poche decine di miliardi —già evaporata

con la turbolenze delle ultime settimane! In ballo dato che l’Unione

europea non potrà salvare l’Italia come fatto con Grecia, Irlanda e

Portogallo, c’è una patrimoniale colossale, dell’ordine di 200/300

miliardi di euro nei prossimi mesi che spiani la montagna del debito

pubblico (1900 miliardi). Una mannaia che visto chi ce l’ha in mano

non è difficile indovinare su chi si abbatterà e chi risparmierà.

Nessuno meglio degli stessi apologeti

di questo sistema riesce a descrivere ciò che sta accadendo in queste

settimane. Tutti segnalano (vedi Tabella n.2) che visti i precedenti

di Grecia, Irlanda e Portogallo, l’Italia sia alle porte di un crack,

con la differenza che un salvataggio europeo, date le dimensioni del

nostro paese, è impossibile.

Ma sentiamo la scarna cronaca odierna

di questi analisti.

«È un’estate torrida quella del 2011

per i titoli di stato del nostro paese. I mercati continuano a vendere

l’Italia e nulla sembra raffreddare le tensioni. Non il “piano

Marshall” per la Grecia e l’euro varato dai vertici dell’eurozona.

Non l’accordo tra democratici e repubblicani per alzare il tetto del

debito pubblico americano. Lo spread tra i BTP e i solidi Bund tedeschi

continua ad aggiornare il record toccando quota 386 punti base. Il rendimento

per il decennale italiano ha raggiunto il 6,27%, non lontano dal fatidico

7%, la soglia che per Grecia, Portogallo e Irlanda ha portato al

bailout [salvataggio, Ndr]». [1]

E poi:

«Agosto 2011, fuga dall’Europa. Potrebbe

essere il titolo di un film, se la realtà non superasse la fantasia.

I recenti scossoni che hanno mandato in fibrillazione un mercato già

molto nervoso, in cui ogni mossa viene amplificata dagli scarsi volumi

dovuti alla pausa estiva, sono arrivati lunedì dagli Stati Uniti. Sembra

un paradosso, ma la paura di un rallentamento dell’economia a stelle

e a strisce, che potrebbe trainare al ribasso l’economia mondiale, sta

spingendo investitori e gestori a vendere i titoli di debito pubblico

di molti Paesi dell’area euro». [2]

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Tabella 2. Rendimenti

dei titoli di Grecia, Irlanda e Portogallo,
duecento giorni prima del salvataggio

Le linea di tendenza è chiara dunque:

fuga dall’euro ed in particolare dal debito italiano. I potenti demiurghi

della finanza speculativa —che non è, si badi, una qualificazione

morale, ma la definizione che meglio si attaglia ai soggetti che gestiscono,

allo scopo di trarne il più alto guadagno, ingenti masse di denaro,

liquido e illiquido – ritengono che le economie occidentali, a cominciare

dalla locomotiva americana, malgrado le potenti iniezioni di morfina

e i salvataggi, sono entrate in una fase di pericolosa stagnazione.

Pericolosa, s’intende, per i loro capitali. In questo minaccioso contesto,

in cui nessuno settore dell’economia è al riparo —in cui potrebbe

esplodere negli USA una nuova “bolla” dei titoli di Internet (ben

più grave di quella del 2000), e in Europa quella del sistema bancario—,

per cui quindi non c’è più alcun investimento davvero sicuro, i

detentori di denaro si sbarazzano dei titoli più a rischio, orientandosi

verso acquisti magari meno remunerativi ma considerati sicuri. Osservando

la fuga in atto ci si accorge quindi che il fatto saliente non è propriamente

la nuda speculazione —vendere titoli oggi, magari allo scoperto,

per riacquistarli domani ad un prezzo più basso e con interessi più

alti—; stanno vendendo titoli pubblici e obbligazioni bancarie e assicurative,

non solo fondi hedge, ma le stesse grandi banche, in particolare

europee. Non meno sintomatico che vendano anzitutto Btp —il cui rendimento

è oramai al 7%, la soglia oltre la quale si ritiene il salvataggio

necessario (vedi Tab. n.1)—, ovvero titoli a più lunga scadenza,

malgrado siano più remunerativi, e si tengano corti, preferendo

titoli a breve scadenza. Tutti segni che prevale il “pessimismo”,

il sospetto che l’Italia affonderà. Di qui la richiesta implicita

dei “mercati” per misure sociali ed economiche immediate e

imponenti. Di qui il patetico discorso di Berlusconi oggi, che ha continuato

con la solita litanie che “i fondamentali italiani” sono più

sani di quelli degli altri paesi.

Per concludere.

Chi ci legge, soprattutto chi ha avuto

la pazienza di seguire i numerosi articoli sull’evoluzione della crisi

economica dopo il crollo finanziario dell’autunno 2008, sa qual è

la nostra tesi di fondo. Essa è riassumibile in sei punti. (1) La crisi

in cui sono entrate le economie del blocco imperialistico occidentale

non è una delle solite recessioni cicliche, è piuttosto di carattere

storico-sistemico, di portata epocale; (2) è il modello sistemico stesso

ad essere grippato, quello basato sulla supremazia della rendita finanziaria,

su una produzione centrata sui consumi di massa, sull’indebitamento

pubblico e privato; (3) Il centro nevralgico di questa crisi sono gli

Stati Uniti, ma non sarebbero stati i primi a cadere poiché, essendo

essi l’unica superpotenza militare, i titolari della principale valuta

degli interscambi mondiali, il primo mercato di sbocco dell’economia

mondiale, e il forziere assoluto della rendita finanziaria, nessun sotto-sistema

regionale avrebbe avuto convenienza al loro crollo, dato che questo

trascinerebbe tutti i sotto-sistemi nell’abisso della catastrofe;

(4) l’Unione europea, data la sua fragilità politica, avrebbe fatto

la parte del vaso di coccio tra i due vasi di ferro degli Stati Uniti

e della Cina, su di essa si sarebbero scaricate le tensioni economiche

e finanziarie; (5) in particolare sarebbero saltati gli anelli deboli

(PIIGS) della catena europea, tra questi l’Italia la quale, per la

somma di tre fattori, alto debito pubblico, stagnazione del ciclo economico

e marasma politico-istituzionale, avrebbe rischiato la bancarotta, con

possibilità scarsissime di essere salvata dall’Unione.

Eravamo accusati di essere “catastrofisti”.

Gli ultimi sviluppi dovrebbero convincere tanti di quei critici che

avevamo ragione, che eravamo solo realisti.

**************************************

Note:

[1] Andrea Franceschi, ilsole24ore.com del 3 agosto 2011.

[2] Laura Serafini, ilsole24ore.com del 3 agosto 2011.

**************************************

Fonte: http://sollevazione.blogspot.com/2011/08/capitaclisma-italiano.html#more

03.08.2011

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