Schianto calcolato… gli attacchi dell’11 Settembre 2001 hanno segnato un punto di svolta nella storia dell’impero statunitense.
Secondo un pensatore americano un’analisi scientifica della storia può farci predire il crollo delle civiltà.
A cura di Philip Ball
Grazie alla scienza della psicostoria possiamo predire il futuro; possiamo tracciare i prossimi 1.000 anni nel dettaglio e i prossimi 30.000 a grandi linee. Attraverso modelli matematici di comportamenti collettivi, psicostorici come Hari Seldon della Streeling University, riescono a predire il destino delle nazioni.
Ma né la psicostoria né Seldon sono reali: furono inventati da Isaac Asimov nel famoso ciclo della Fondazione in cui è descritta l’altalenante fortuna dell’Impero Galattico.
Ora però un Hari Seldon reale ha creato la propria forma di psicostoria. A settembre l’ecologista Peter Turchin dell’Università del Connecticut pubblica War and Peace and War (Guerra e Pace e Guerra), un libro in cui gran parte della storia del mondo pre-industriale viene spiegata con l’ardita e controversa teoria dell’ascesa e caduta degli imperi, usando lo stesso tipo di matematica che Turchin utilizzò per studiare gli ecosistemi.
Turchin crede che la storia possa essere una scienza, con leggi inesorabili come la legge di gravità e sostiene di aver trovato i meccanismi generali che portano alla crescita e al declino degli imperi, leggi valide oggi così come lo erano ai tempi dell’impero romano.
L’ordine mondiale appare così in uno stato di perpetuo cambiamento e i poteri globali di oggi saranno inevitabilmente sostituiti.
Alcuni storici rigettano la teoria di Turchin, altri considerano semplicistiche le sue ipotesi sul comportamento umano. “La teoria sociale è un campo minato anche per gli esperti del settore”, afferma Joseph Tainter, uno storico americano che ha studiato il collasso delle civiltà. Altri ancora si oppongono all’idea che la storia sia governata da leggi analoghe a quelle della scienza e che il compito dello storico sia quello di scoprirle. “La storia è la nostra interpretazione di pensieri passati che in qualche modo sono stati scritti o preservati” sostiene lo storico Niall Ferguson.
Nel secondo secolo avanti Cristo lo scrittore greco Polibio avanzò l’ipotesi che le civiltà fossero come organismi che nascono, crescono, invecchiano e muoiono e questo lo portò a predire il declino dell’impero romano con 600 anni di anticipo. L’idea di una scienza meccanica della storia divenne popolare nel diciottesimo secolo e nel diciannovesimo secolo molti pensatori “progressisti” la fecero propria. Lo stile di Turchin allude alle speculazioni di Tolstoj in Guerra e Pace secondo cui la storia è deterministica, diretta da “forze” come quelle invocate da Isaac Newton.
Carl Marx riprese la credenza di Polibio nella ciclicità della storia nella sua teoria economica che spiegava l’ineluttabilità della rivoluzione proletaria. Ma altri deploravano questa riduzione della ricchezza e complessità della storia alla caricatura di un meccanismo ad orologeria.
Turchin sa bene che si sta addentrando in un campo di battaglia ma la conoscenza dei modelli matematici applicati a popolazioni animali come i topi, lo ha convinto che anche i processi complessi alla base delle interazioni umane possano essere catturati con tali metodi.
Naturalmente la società umana è più complessa delle comunità di topi, eppure Turchin pensa che non sia necessariamente troppo complicata per un approccio scientifico. “Una buona teoria scientifica non ha bisogno di includere tutto quello che sappiamo sull’argomento”, afferma. “Le basta includere solo quelle cose che servono a realizzare il lavoro”.
Turchin sostiene ad esempio che le fluttuazioni della popolazione nelle società pre-industriali possano essere legate a periodi di instabilità e guerra civile. La sua teoria mostra come la crescita della popolazione dovuta a una maggiore prosperità possa scatenare tale instabilità sociale, spargendo così i semi del proprio declino. E’ così, afferma Turchin, che crollano gli imperi e le civiltà.
Ma War and Peace and War è ancora più ambizioso nel suo tentativo di spiegare alcune delle maggiori epopee storiche: l’ascesa e la caduta di Roma, l’espansione dei poteri dell’Europa medievale, la conquista della Siberia da parte della Russia. Turchin crede che questi imperi fossero il prodotto di un fattore: la coesione sociale, la volontà dei gruppi di cooperare contro gli avversari. Chiama questo fattore “asabiya”, termine arabo che denota “il mutuo affetto e la volontà di combattere e morire gli uni per gli altri.”
I modelli di Turchin si basano sull’attuale conoscenza dello sviluppo del comportamento cooperativo presso determinati gruppi di organismi e suggeriscono che l’asabiya diventa particolarmente forte alle frontiere degli imperi, laddove si affrontano due civiltà. Questo, dice, si verificò in Siberia nel 1582, quando un piccolo gruppo di cosacchi fu in grado di battere un esercito di Tartari molto più grande. In questo modo le “linee di frattura” tra civiltà diventano “incubatrici di asabiya” da cui nascono nuovi imperi. In questi casi o ci si unisce o si muore.
Una conseguenza è che i popoli di frontiera sotterrano le loro differenze e si aiutano vicendevolmente. Il lato negativo è che si esagerano i fattori che li differenziano dai loro antagonisti che così diventano subumani, barbari, selvaggi o infedeli.
Vi suona familiare? Turchin fa notare come, dopo l’11 Settembre 2001, in una trasmissione radiofonica americana qualcuno si riferì agli arabi come “non umani”, e sostenne che “la conversione alla cristianità è l’unica cosa che probabilmente li può trasformare in esseri umani.” Gli Stati Uniti hanno tutte le caratteristiche di un impero, afferma Turchin, ed è un impero in cui l’asabiya sta mostrando il suo lato oscuro nel nazionalismo e nella xenofobia. “Oggi lo scontro di civiltà più violento si verifica sulle meta-frontiere dell’Islam con la civilità occidentale, ortodossa, hindu e sinica, sostiene Turchin.
Ma se la sua teoria è giusta sarà proprio in queste aree di conflitto, come ai margini dell’Europa, che nasceranno i prossimi grandi imperi.
The Guardian
War and Peace and War: The Life Cycles of Imperial Nations di Peter Turchin è stato pubblicato ad Agosto 2005 da Pi Press, ISBN: 0131499963
Fonte: http://www.smh.com.au/
Link: http://www.smh.com.au/news/world/
the-us-collapses-a-scenario/2005/08/28/1125167552525.html
29.08.05
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da LOREDANA D’ELIA