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La Redazione

 

I piu' letti degli ultimi 30 giorni

IL CRIMINE DI INFORMARE GLI AMERICANI DELLA PROPRIA STORIA

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A cura di supervice
Il 6 Ottobre 2011
61 Views

DI WILLIAM BLUM
Killing Hope

La storia si sta facendo troppo pressante

per poter far star tranquilli i piccoli e fragili Americani? Le loro

scuole e i loro media preferiti hanno fatto un lavoro eccellette

nel tenerli ignoranti di quello che la loro nazione prediletta ha fatto

al resto del mondo, ma ultimamente alcuni punti di vista scomodi sono

riusciti a far breccia nella bel presidiata coscienza Americana.

Intanto, il membro del Congresso Ron

Paul, nel corso di un audizione presidenziale dello scorso mese, ha

affermato di essere convinto che coloro che hanno realizzato l’attacco

dell’11 settembre si stavano vendicando dei molti abusti perpetrati

contro i paesi arabi dagli Stati Uniti nel corso degli anni. Fu sommerso

dalle disapprovazioni dell’assemblea.
Poi, l’icona pop Tony Bennett, in

un’intervista alla radio, ha detto che gli Stati Uniti hanno causato

gli attacchi dell’11/9 a causa delle sue azioni nel Golfo Persico,

aggiungendo che il Presidente George W. Bush gli disse nel 2005 che

la guerra in Iraq era un errore. Bennett, naturalmente, dovette subire

un fuoco di fila. FOX News (24 settembre), scegliendo attentamente

i commenti in modo come al solito simpatico, usò parole come “folle”,

“squilibrato” e “assurdità”. Bennett si sentì

obbligato a postare una dichiarazione su Facebook, in cui disse che

la sua esperienza nella Seconda Guerra Mondiale gli aveva insegnato

che “la guerra è la forma più

bassa di umanità.” Disse che non c’era scuse per il terrorismo

e aggiunse: “Mi dispiace se le mie affermazioni hanno suggerito

qualcosa che non fosse espressione dell’amore per la mia nazione.”

(NBC, 21 settembre)

Poi è arrivato l’ecclesiastico

islamico Anwar al-Awlaki, un cittadino americano, che per un periodo

di tempo ha incolpato la politica estera degli USA in Medio Oriente

come motivo per l’odio anti-americano e per gli atti di terrorismo.

Per questo lo abbiamo ucciso. Ron Paul e Tony Bennett si possono considerare

fortunati.

E allora su cosa si basa tutto questo?

Cosa hanno davvero fatto gli Stati Uniti nel Medio Oriente nel recento

passato?

  • l’abbattimento di due

    aerei libici nel 1981

  • il bombardamento del Libano

    nel 1983 e nel 1984

  • il bombardamento della Libia

    nel 1986

  • il bombardamento e l’affondamento

    di una nave iraniana nel 1987

  • l’abbattimento di un aereo

    passeggeri iraniano nel 1988

  • l’abbattimento di altri

    due aerei libici nel 1989

  • il pesante bombardamento

    del popolo iracheno nel 1991

  • i bombardamenti continui

    e le misure draconiane contro l’Iraq per i 12 anni seguenti

  • il bombardamento dell’Afghanistan

    e del Sudan nel 1998

  • il supporto abituale di

    Israele malgrado la devastazione e la tortura di routine

    inflitta sul popolo palestinese

  • la condanna abituale della

    resistenza palestinese

  • il sequestro di “sospetti

    terroristi” dai paesi musulmani, quali Malesia, Pakistan, Libano

    e Albania, da dove venivano poi portati in Egitto e in Arabia Saudita

    per essere torturati

  • la forte presenza militare

    e tecnologica nella terra sacra dell’Islam, l’Arabia Saudita, e

    ovunque nella regione del Golfo Persico

  • il sostegno fornito a numero

    governi autoritari e non democratici del Medio Oriente dalla Scià di

    Persia a Mubarak in Egitto of Egypt e alla Casa di Saud

  • l’invasione, il bombardamento

    e l’occupazione dell’Afghanistan, dal 2001 ai giorni nostri, e in

    Iraq, dal 2003 al momento attuale

  • i bombardamenti e il continuo

    lancio di missili per assassinare individui in Somalia, Yemen, Pakistan

    e in Libia nel periodo che va dal 2006 al 2011

Non dobbiamo mai smettere di enfatizzarlo

a sufficienza. L’enorme menzogna della “guerra al terrorismo”,

anche se si sta indebolendo, provoca un odio irrazionale degli Stati

Uniti e della sua idea di vita per gli obbiettivi degli attacchi americani,

basato su un fraintendimento religioso e culturale e sull’invidia.

Il corpo di prove che testimoniano il contrario comprende un resoconto

del 2004 report del Defense Science Board, “una commissione

Federale istituita per fornire consigli indipendenti al Segretario della

Difesa.” Il documento riporta:

“I musulmani non odiano

la nostra libertà, piuttosto la nostra politica. La stragrande maggioranza

manifestano le proprie obiezioni contro quello che considerano come

un sostegno unilaterale dato a Israele contro i diritti dei palestinesi,

e contro il sostegno di lungo termine, in aumento, per quelle che i

musulmani vedono come tirannie, principalmente Egitto, Arabia Saudita,

Giordania, Pakistan e gli stati del Golfo. Quindi, quando la diplomazia

americana parla di portare la democrazia nelle società islamiche, ciò

viene visto come solo come un’ipocrisia egotistica.”

Il resoconto conclude: “Non ci

cono campagne di pubbliche relazione che possono salvare l’America

dalla politiche errate.” (Christian Science Monitor, 29

novembre 2004)

Il Pentagono pubblicò questo

studio dopo che il New York Times raccontò una storia su di esso

il 24 novembre del 2004. Il Times riportò che, pur non costituendo

una politica ufficiale del governo, il resoconto racchiude “i

temi essenziali di una dibattito che si sta dipanando non solo nel Dipartimento

della Difesa, ma nell’interno governo degli Stati Uniti.”

“La sicurezza nazionale

è un concetto di destra incoraggiato dopo all’11/9 in risposta

agli effetti di cinquant’anni di politiche estere sbagliate in Medio

Oriente. La quantità di sicurezza nazionale di cui abbiamo in effetti

bisogno è inversamente proporzionale alla qualità della nostra politica

estera.” – Sam Smith, redattore del Progressive Review

Le bugie che

non muoiono

Nel suo discorso del 22 settembre alle

Nazioni Unite, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha menzionato

due volte l’olocausto nazista:

“Alcuni paesi europei

ancora usano l’Olocausto, dopo sei decenni, per pagare dazio o un

riscatto ai sionisti.”

“Essi minacciano chiunque

faccia domande sull’Olocausto o sull’11/9 con sanzioni e iniziative

militari.”

Tutto qua.

Col termine “fare domande sull’Olocausto”

il presidente iraniano ha chiarito ripetutamente nel corso degli anni

a cosa si riferisce. Ha parlato della peculiarità e dell’ingiustizia

di una tragedia verificatasi in Europa, il cui esito è la nascita di

uno stato per gli Ebrei in Medio Oriente invece che in Europa. Perché

i palestinesi stanno pagando un prezzo per un crimine tedesco?, si chiede.

E ha messo in discussione il dato di sei milioni di ebrei uccisi nella

Germania nazista, come hanno fatto molti altri storici e personaggi

di tutte le estrazioni politiche che ritengono che il numero sia probabilmente

inferiore. Non ha niente a che vedere col mettere in dubbio che l’Olocausto

sia avvenuto davvero.

Ma, come al solito, i media

occidentali vogliono far credere di non aver capito.

Il New York Post (22 settembre)

si è riferito al presidente iraniano come “il principale negatore

dell’Olocausto, il genocida in pectore Ahmadinejad”.

Agence France Presse (22 settembre)

ha affermato: “Il leader iraniano ha reiterato le affermazioni

che mettono in dubbio le origini dell’Olocausto.”

Il Washington Post ha scritto

che “il discorso di Ahmadinejad, dopo aver suggerito l’esistenza

di cospirazioni dietro l’Olocausto e gli attacchi del’11/9, ha fatto

uscire i delegati dall’aula.” (23 settembre)

E Amy Goodman di Democracy Now! (23

settembre) ha fatto apparire quello che segue tra i titoli delle notizie

dell’emittente radio: “Per il terzo anno consecutivo, Ahmadinejad

ha fatto incamminare i delegati verso le uscite dopo aver messo in discussione

l’Olocausto Nazista.”

Senza dare ulteriori spiegazioni su

questo termine infuocato, cosa può significare “mettere in

discussione l’Olocausto Nazista” o suggerire alla gran parte

degli ascoltatori se non che Ahmadinejad si stava chiedendo se l’Olocausto

si sia davvero verificato?

Ancora una volta devo puntualizzare

che devo ancora leggere di Ahmadinejad che dice semplicemente, chiaramente,

in modo inequivocabile che egli creda di sapere che l’Olocausto non

è mai avvenuto. Per la precisione, in un discorso tenuto alla Columbia

University il 24 settembre 2007, in risposta a una domanda sull’Olocausto,

il presidente iraniano dichiarò: “Non sto dicendo che non sia

mai successo. Non è l’idea che io voglio comunicare.”

In effetti, non so se uno qualsiasi

dei cosiddetti “negazionisti dell’Olocausto” alla fine…

sapete… neghi l’Olocausto. Pongono domande su alcuni

aspetti della storia dell’Olocausto che ci sono stati trasmessi, ma

non dicono esplicitamente di sapere che l’Olocausto non è mai avvenuto.

(Sì, lo so che riuscirete a trovare almeno un caso di un fuori di testa

da qualche parte.)

Un’altra menzogna ricorrette su Ahmadinejad

è che faccia appello alla violenza contro Israele: la sua affermazione

del 2005 di “togliere Israele dalle carte geografiche”, oltre

a essere una traduzione davvero discutibile, è stato molto male intrepretato,

come evidenziato dal fatto che l’anno successivo ha dichiarato: “Il

regime sionista verrà presto spazzato via, così come lo fu l’Unione

Sovietica, e l’umanità raggiungerà la libertà.” (Associated

Press, 12 dicembre 2006) Ovviamente, l’uomo non auspicava un qualsiasi

tipo di attacco violento contro Israele, visto che la dissoluzione dell’Unione

Sovietica è avvenuta in modo pacifico.

Carl Oglesby

Il presidente di Students for a

Democratic Society (SDS) dal 1965 al ‘66, è morto il 13 settembre

all’età di 76 anni. Mi ricordo di lui per un suo discorso che ascoltai

durante la Marcia su Washington il 27 novembre del 1965, un discorso

che colpì emotivamente le decine di migliaia di persone che affollavano

la National Mall:

L’impegno iniziale

in Vietnam fu determinato dal Presidente Truman, un liberale mainstream.

Fu assecondato dal Presidente Eisenhower, un liberale moderato. Fu intensificato

da Kennedy, un liberale radicale. Ora pensate agli uomini che stanno

gestendo questa guerra, quelli che studiano le carte, che danno gli

ordini, che premono i bottoni e che tengono la conta dei morti: Bundy,

McNamara, Rusk, Lodge, Goldberg, il Presidente [Johnson] stesso. Non

sono mostri. Sono uomini rispettabili. Sono tutti liberali.

Insistette sul fatto che i padri fondatori

dell’America sarebbero stati al suo fianco. “I nostri defunti

rivoluzionari si chiederanno presto perché

il loro paese stava combattendo per quella che sembrava essere una rivoluzione.”

Sfidò quelli che lo definivano come anti-americano: “Vi dico,

non mi date la colpa per questo! Date la colpa a quelli che mi hanno

riempito la bocca di valori liberali e che hanno distrutto il mio cuore

Americano.”

Stiamo avendo ora a

che fare con un colosso che non vuole essere cambiato. E da solo non

cambierà. Non coopererà con quelli che vogliono che cambi. Quei

nostri alleati al governo, sono davvero nostri alleati? Se così

fosse, allora hanno bisogno di consigli, hanno bisogno del loro elettorato;

non hanno bisogno di gruppi di studio, hanno bisogno di un movimento.

E se non sono [i nostri alleati], ci sono allora ragioni in più

per costruire questo movimento con la convinzione più

radicata.

Mi intristisce pensare che praticamente

niente è cambiato per il meglio nella politica esterna statunitense

da quando Carl Oglesby parlò quel giorno al Mall. Le guerre

dell’America sono continue, perpetue, eterne. E gli odierni guerrafondai

della Casa Bianca sono considerati liberali da molti, qualunque cosa

possa significare.

Siamo tornati indietro velocemente,

con un costo enorme, nel panico più

totale e prossimi alla massima brutalità“, ha ricordato il

corrispondente di guerra Michael Herr, parlando delle forze armate USA

in Vietnam. “La nostra macchina era devastante. E versatile.

Poteva fare di tutto, eccetto che fermarsi.”

Argomenti di interesse

da un diario che tengo da 40 anni, parte V

  • Una norma dell’amministrazione

    Bush del 30 settembre 2004 sanciva che gli americani non potessero comprare

    o fumare sigari cubani anche in Paesi in cui i sigari sono legali, come

    il Canada, il Messico o l’Europa, e anche nel resto del mondo. Lo

    stesso vale per il rum Havana Club e per altri prodotti cubani.

  • 26 aprile del 2007, un post

    della donna irachena coraggiosa ma anonima che, dall’agosto del 2003,

    ha pubblicato il blog fondamentale Baghdad Burning. La sua famiglia,

    aveva riportato, non ce la faceva più e aveva deciso di lasciare il

    paese. Nel suo ultimo dispaccio, scrisse: “Ci sono momenti in

    cui l’ingiustizia per aver dovuto lasciare il tuo paese solo perché

    un idiota ha deciso di invaderla è

    insopportabile. È ingiusto che per poter sopravvivere e condurre un’esistenza

    normale, si debba lasciare la propria casa e quello che rimane di familiari

    e amici. E per cosa poi?

  • Dio ha incaricato

    l’America di salvare il mondo in ogni modo che l’America ritenga

    necessario. Dio ha incaricato Israele di essere il proseguimento della

    politica statunitense in Medio Oriente e tutti quelli che vogliono discutere

    quest’idea sono a) anti-semiti, b) anti-americani, c) con il nemico

    e d) terroristi.” — John LeCarre (London Times, 15 gennaio

    2003)

  • Il Generale David Petraeus,

    il comandante in capo delle truppe USA in Iraq ammonì le sue truppe

    dopo i risultati di un sondaggio dell’Esercito che scoprì come molti

    soldati avrebbero tollerato una qualche forma di tortura sui sospetti

    e che non avrebbero riportato gli abusi commessi dai colleghi. “Questa

    battaglia dipende dal rendere sicura la popolazione, che deve capire

    che noi, e non i nostri nemici, abbiamo un profilo morale più alto”,

    egli scrisse in una lettera aperta datata 10 maggio e postato sul sito

    web militare. (Washington Post, 11 maggio 2007)

  • Per la gran parte

    dei suoi cittadini, l’America è

    eccezionale ed è assolutamente naturale che possa eccepire ad alcuni

    standard internazionali.” — Michael Ignatieff, ex politico

    canadese e giornalista del Washington Post

  • È facile comprendere

    un’osservazione fatta da uno dei maggiori storici militari di Israele,

    Martin van Creveld. Dopo che gli USA invasero l’Iraq, sapendo che

    non aveva difese, notò: “Se gli iraniani non cercassero di costruire

    un arsenale nucleare, sarebbero dei pazzi.” — Noam Chomsky

  • “È

    più facile per un membro del Congresso criticare il

    presidente degli Stati Uniti che non il Primo Ministro israeliano;

    è più facile criticare una guerra ingiusta e ingiustificata degli

    USA che non una lanciata da Israele.” — Jeffrey Blankfort

  • Ken Livingston, Sindaco

    di Londra, in riferimento alla sua visita a Cuba nel 2006: “Quello

    che mi ha colpito è stato ascoltare di persona quelli che lavorano

    in ambito sanitario su quanto sia spaventoso l’embargo degli USA.

    Quando incontri persone che stanno curando patologie oculari o cecità

    in numeri enormi e che descrivono quanto sia difficile ottenere le attrezzature

    di cui hanno bisogno se non tramite percorsi indiretti a causa dell’embargo,

    riesci a capire la gravità delle ingiustizie che sono state imposte

    a Cuba.” Livingston potrebbe aver aggiunto che i “percorsi

    indirette”, se disponibili, sono sempre più costosi.

  • Nel 1965 quando il Segretario

    Generale dell’ONU U Thant cercò di aprire colloqui nascosti con i

    vietnamiti del nord, il Segretario di Stato USA Dean Rusk lo rimproverò

    gridando: “Chi si crede di essere, una nazione?” (Washington

    Post BookWorld, 7 gennaio 2007)

  • George W. Bush: “Nel

    futuro quando l’America osserverà

    un Medio Oriente democratico, che vive nella libertà

    e nella prosperità, gli americani parleranno delle battaglie come quella

    di Fallujah con lo stesso stupore e deferenza che ora riserviamo a Guadalcanal

    e a Iwo Jima” nella Seconda Guerra Mondiale. (Associated

    Press, 11 novembre 2006)

  • Il National Endowment

    for Democracy era stato avviato dal governo USA e, pur essendo apparentemente

    “indipendente”, è stato continuamente finanziato dal Congresso

    e nel suo Consiglio di Amministrazione hanno trovato posto attori di

    primo livello dell’apparato di politica esterna del governo, tra cui

    gli ex Segretari di Stato Henry Kissinger e Madeleine Albright, l’ex

    direttore del National Security Council Zbigniew Brzezinski e

    l’ex presidente della Banca Mondiale Paul Wolfowitz.

  • CBS News, 9 settembre

    2006: il Senatore Jay Rockefeller dice che oggi il mondo sarebbe migliore

    se gli Stati Uniti non avessero invaso l’Iraq. Rockefeller confermerebbe

    la sua opinione, anche se Saddam Hussein fosse ancora al potere se gli

    USA non avessero invaso? “Sì. Sì.”, dice Rockefeller.

    Non ci avrebbe mai attaccato.”

  • William Appleman Williams,

    nel suo libro del 2007 “Empire as a way of life“:

    Analizzando la storia degli USA dalle sue origini rivoluzionarie all’alba

    dell’era Reagan, Williams mostra come l’America

    è sempre stata fanatico dell’impero nella sua ideologia estera e

    interna. Passando al setaccio le azioni imperialiste di personaggi ossequiati

    come Benjamin Franklin, Thomas Jefferson, Abraham Lincoln e Franklin

    Delano Roosevelt, questo libro è lo studio storico più

    approfondito dell’ossessione statunitense per l’impero, ed

    è essenziale per comprendere le origini delle nostre attuali iniziative

    interne ed esterne.

  • Comparate la reazione di

    Washington negli ultimi anni dopo le rivolte popolari che seguirono

    le presunte frodi elettorali in Ucraina e in Georgia alla quella avuta

    per gli stessi fatti accaduti in Messico nel 2006, quando l’esponente

    di destra Felipe Calderon fu dichiarato vincitore in modo molto discutibile.

  • Il presidente venezuelano

    Hugo Chávez, nel suo discorso alle Nazioni Unite del 20 settembre 2006,

    criticò duramente la politica estera del presidente degli Stati Uniti

    George W. Bush e Bush stesso. Il Ministro degli Esteri britannico Margaret

    Beckett suggerì che le affermazioni di Chávez erano inammissibili

    nel protocollo diplomatico dell’ONU. “Persino i Democratici

    non sarebbero arrivati a questo.” Comunque, il Guardian riportò

    che “delegati e dirigenti di tutto il mondo tornarono in aula

    per sentire il signor Chávez, e quando scese dal podio ci fu un applauso

    così forte e lungo che fu fatto mettere a sedere per farla breve.”

  • Solo i poteri imperialisti

    hanno la possibilità di comminare sanzioni e ne sono quindi sempre

    esentati.

**********************************************

Fonte: The crime of making Americans aware of their own history

04.10.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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