DI WILLIAM BLUM
Killing Hope
La storia si sta facendo troppo pressante
per poter far star tranquilli i piccoli e fragili Americani? Le loro
scuole e i loro media preferiti hanno fatto un lavoro eccellette
nel tenerli ignoranti di quello che la loro nazione prediletta ha fatto
al resto del mondo, ma ultimamente alcuni punti di vista scomodi sono
riusciti a far breccia nella bel presidiata coscienza Americana.
Intanto, il membro del Congresso Ron
Paul, nel corso di un audizione presidenziale dello scorso mese, ha
affermato di essere convinto che coloro che hanno realizzato l’attacco
dell’11 settembre si stavano vendicando dei molti abusti perpetrati
contro i paesi arabi dagli Stati Uniti nel corso degli anni. Fu sommerso
dalle disapprovazioni dell’assemblea.
Poi, l’icona pop Tony Bennett, in
un’intervista alla radio, ha detto che gli Stati Uniti hanno causato
gli attacchi dell’11/9 a causa delle sue azioni nel Golfo Persico,
aggiungendo che il Presidente George W. Bush gli disse nel 2005 che
la guerra in Iraq era un errore. Bennett, naturalmente, dovette subire
un fuoco di fila. FOX News (24 settembre), scegliendo attentamente
i commenti in modo come al solito simpatico, usò parole come “folle”,
“squilibrato” e “assurdità”. Bennett si sentì
obbligato a postare una dichiarazione su Facebook, in cui disse che
la sua esperienza nella Seconda Guerra Mondiale gli aveva insegnato
che “la guerra è la forma più
bassa di umanità.” Disse che non c’era scuse per il terrorismo
e aggiunse: “Mi dispiace se le mie affermazioni hanno suggerito
qualcosa che non fosse espressione dell’amore per la mia nazione.”
(NBC, 21 settembre)
Poi è arrivato l’ecclesiastico
islamico Anwar al-Awlaki, un cittadino americano, che per un periodo
di tempo ha incolpato la politica estera degli USA in Medio Oriente
come motivo per l’odio anti-americano e per gli atti di terrorismo.
Per questo lo abbiamo ucciso. Ron Paul e Tony Bennett si possono considerare
fortunati.
E allora su cosa si basa tutto questo?
Cosa hanno davvero fatto gli Stati Uniti nel Medio Oriente nel recento
passato?
- l’abbattimento di due
aerei libici nel 1981
- il bombardamento del Libano
nel 1983 e nel 1984
- il bombardamento della Libia
nel 1986
- il bombardamento e l’affondamento
di una nave iraniana nel 1987
- l’abbattimento di un aereo
passeggeri iraniano nel 1988
- l’abbattimento di altri
due aerei libici nel 1989
- il pesante bombardamento
del popolo iracheno nel 1991
- i bombardamenti continui
e le misure draconiane contro l’Iraq per i 12 anni seguenti
- il bombardamento dell’Afghanistan
e del Sudan nel 1998
- il supporto abituale di
Israele malgrado la devastazione e la tortura di routine
inflitta sul popolo palestinese
- la condanna abituale della
resistenza palestinese
- il sequestro di “sospetti
terroristi” dai paesi musulmani, quali Malesia, Pakistan, Libano
e Albania, da dove venivano poi portati in Egitto e in Arabia Saudita
per essere torturati
- la forte presenza militare
e tecnologica nella terra sacra dell’Islam, l’Arabia Saudita, e
ovunque nella regione del Golfo Persico
- il sostegno fornito a numero
governi autoritari e non democratici del Medio Oriente dalla Scià di
Persia a Mubarak in Egitto of Egypt e alla Casa di Saud
- l’invasione, il bombardamento
e l’occupazione dell’Afghanistan, dal 2001 ai giorni nostri, e in
Iraq, dal 2003 al momento attuale
- i bombardamenti e il continuo
lancio di missili per assassinare individui in Somalia, Yemen, Pakistan
e in Libia nel periodo che va dal 2006 al 2011
Non dobbiamo mai smettere di enfatizzarlo
a sufficienza. L’enorme menzogna della “guerra al terrorismo”,
anche se si sta indebolendo, provoca un odio irrazionale degli Stati
Uniti e della sua idea di vita per gli obbiettivi degli attacchi americani,
basato su un fraintendimento religioso e culturale e sull’invidia.
Il corpo di prove che testimoniano il contrario comprende un resoconto
del 2004 report del Defense Science Board, “una commissione
Federale istituita per fornire consigli indipendenti al Segretario della
Difesa.” Il documento riporta:
“I musulmani non odiano
la nostra libertà, piuttosto la nostra politica. La stragrande maggioranza
manifestano le proprie obiezioni contro quello che considerano come
un sostegno unilaterale dato a Israele contro i diritti dei palestinesi,
e contro il sostegno di lungo termine, in aumento, per quelle che i
musulmani vedono come tirannie, principalmente Egitto, Arabia Saudita,
Giordania, Pakistan e gli stati del Golfo. Quindi, quando la diplomazia
americana parla di portare la democrazia nelle società islamiche, ciò
viene visto come solo come un’ipocrisia egotistica.”
Il resoconto conclude: “Non ci
cono campagne di pubbliche relazione che possono salvare l’America
dalla politiche errate.” (Christian Science Monitor, 29
novembre 2004)
Il Pentagono pubblicò questo
studio dopo che il New York Times raccontò una storia su di esso
il 24 novembre del 2004. Il Times riportò che, pur non costituendo
una politica ufficiale del governo, il resoconto racchiude “i
temi essenziali di una dibattito che si sta dipanando non solo nel Dipartimento
della Difesa, ma nell’interno governo degli Stati Uniti.”
“La sicurezza nazionale
è un concetto di destra incoraggiato dopo all’11/9 in risposta
agli effetti di cinquant’anni di politiche estere sbagliate in Medio
Oriente. La quantità di sicurezza nazionale di cui abbiamo in effetti
bisogno è inversamente proporzionale alla qualità della nostra politica
estera.” – Sam Smith, redattore del Progressive Review
Le bugie che
non muoiono
Nel suo discorso del 22 settembre alle
Nazioni Unite, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha menzionato
due volte l’olocausto nazista:
“Alcuni paesi europei
ancora usano l’Olocausto, dopo sei decenni, per pagare dazio o un
riscatto ai sionisti.”
“Essi minacciano chiunque
faccia domande sull’Olocausto o sull’11/9 con sanzioni e iniziative
militari.”
Tutto qua.
Col termine “fare domande sull’Olocausto”
il presidente iraniano ha chiarito ripetutamente nel corso degli anni
a cosa si riferisce. Ha parlato della peculiarità e dell’ingiustizia
di una tragedia verificatasi in Europa, il cui esito è la nascita di
uno stato per gli Ebrei in Medio Oriente invece che in Europa. Perché
i palestinesi stanno pagando un prezzo per un crimine tedesco?, si chiede.
E ha messo in discussione il dato di sei milioni di ebrei uccisi nella
Germania nazista, come hanno fatto molti altri storici e personaggi
di tutte le estrazioni politiche che ritengono che il numero sia probabilmente
inferiore. Non ha niente a che vedere col mettere in dubbio che l’Olocausto
sia avvenuto davvero.
Ma, come al solito, i media
occidentali vogliono far credere di non aver capito.
Il New York Post (22 settembre)
si è riferito al presidente iraniano come “il principale negatore
dell’Olocausto, il genocida in pectore Ahmadinejad”.
Agence France Presse (22 settembre)
ha affermato: “Il leader iraniano ha reiterato le affermazioni
che mettono in dubbio le origini dell’Olocausto.”
Il Washington Post ha scritto
che “il discorso di Ahmadinejad, dopo aver suggerito l’esistenza
di cospirazioni dietro l’Olocausto e gli attacchi del’11/9, ha fatto
uscire i delegati dall’aula.” (23 settembre)
E Amy Goodman di Democracy Now! (23
settembre) ha fatto apparire quello che segue tra i titoli delle notizie
dell’emittente radio: “Per il terzo anno consecutivo, Ahmadinejad
ha fatto incamminare i delegati verso le uscite dopo aver messo in discussione
l’Olocausto Nazista.”
Senza dare ulteriori spiegazioni su
questo termine infuocato, cosa può significare “mettere in
discussione l’Olocausto Nazista” o suggerire alla gran parte
degli ascoltatori se non che Ahmadinejad si stava chiedendo se l’Olocausto
si sia davvero verificato?
Ancora una volta devo puntualizzare
che devo ancora leggere di Ahmadinejad che dice semplicemente, chiaramente,
in modo inequivocabile che egli creda di sapere che l’Olocausto non
è mai avvenuto. Per la precisione, in un discorso tenuto alla Columbia
University il 24 settembre 2007, in risposta a una domanda sull’Olocausto,
il presidente iraniano dichiarò: “Non sto dicendo che non sia
mai successo. Non è l’idea che io voglio comunicare.”
In effetti, non so se uno qualsiasi
dei cosiddetti “negazionisti dell’Olocausto” alla fine…
sapete… neghi l’Olocausto. Pongono domande su alcuni
aspetti della storia dell’Olocausto che ci sono stati trasmessi, ma
non dicono esplicitamente di sapere che l’Olocausto non è mai avvenuto.
(Sì, lo so che riuscirete a trovare almeno un caso di un fuori di testa
da qualche parte.)
Un’altra menzogna ricorrette su Ahmadinejad
è che faccia appello alla violenza contro Israele: la sua affermazione
del 2005 di “togliere Israele dalle carte geografiche”, oltre
a essere una traduzione davvero discutibile, è stato molto male intrepretato,
come evidenziato dal fatto che l’anno successivo ha dichiarato: “Il
regime sionista verrà presto spazzato via, così come lo fu l’Unione
Sovietica, e l’umanità raggiungerà la libertà.” (Associated
Press, 12 dicembre 2006) Ovviamente, l’uomo non auspicava un qualsiasi
tipo di attacco violento contro Israele, visto che la dissoluzione dell’Unione
Sovietica è avvenuta in modo pacifico.
Carl Oglesby
Il presidente di Students for a
Democratic Society (SDS) dal 1965 al ‘66, è morto il 13 settembre
all’età di 76 anni. Mi ricordo di lui per un suo discorso che ascoltai
durante la Marcia su Washington il 27 novembre del 1965, un discorso
che colpì emotivamente le decine di migliaia di persone che affollavano
la National Mall:
L’impegno iniziale
in Vietnam fu determinato dal Presidente Truman, un liberale mainstream.
Fu assecondato dal Presidente Eisenhower, un liberale moderato. Fu intensificato
da Kennedy, un liberale radicale. Ora pensate agli uomini che stanno
gestendo questa guerra, quelli che studiano le carte, che danno gli
ordini, che premono i bottoni e che tengono la conta dei morti: Bundy,
McNamara, Rusk, Lodge, Goldberg, il Presidente [Johnson] stesso. Non
sono mostri. Sono uomini rispettabili. Sono tutti liberali.
Insistette sul fatto che i padri fondatori
dell’America sarebbero stati al suo fianco. “I nostri defunti
rivoluzionari si chiederanno presto perché
il loro paese stava combattendo per quella che sembrava essere una rivoluzione.”
Sfidò quelli che lo definivano come anti-americano: “Vi dico,
non mi date la colpa per questo! Date la colpa a quelli che mi hanno
riempito la bocca di valori liberali e che hanno distrutto il mio cuore
Americano.”
Stiamo avendo ora a
che fare con un colosso che non vuole essere cambiato. E da solo non
cambierà. Non coopererà con quelli che vogliono che cambi. Quei
nostri alleati al governo, sono davvero nostri alleati? Se così
fosse, allora hanno bisogno di consigli, hanno bisogno del loro elettorato;
non hanno bisogno di gruppi di studio, hanno bisogno di un movimento.
E se non sono [i nostri alleati], ci sono allora ragioni in più
per costruire questo movimento con la convinzione più
radicata.
Mi intristisce pensare che praticamente
niente è cambiato per il meglio nella politica esterna statunitense
da quando Carl Oglesby parlò quel giorno al Mall. Le guerre
dell’America sono continue, perpetue, eterne. E gli odierni guerrafondai
della Casa Bianca sono considerati liberali da molti, qualunque cosa
possa significare.
“Siamo tornati indietro velocemente,
con un costo enorme, nel panico più
totale e prossimi alla massima brutalità“, ha ricordato il
corrispondente di guerra Michael Herr, parlando delle forze armate USA
in Vietnam. “La nostra macchina era devastante. E versatile.
Poteva fare di tutto, eccetto che fermarsi.”
Argomenti di interesse
da un diario che tengo da 40 anni, parte V
- Una norma dell’amministrazione
Bush del 30 settembre 2004 sanciva che gli americani non potessero comprare
o fumare sigari cubani anche in Paesi in cui i sigari sono legali, come
il Canada, il Messico o l’Europa, e anche nel resto del mondo. Lo
stesso vale per il rum Havana Club e per altri prodotti cubani.
- 26 aprile del 2007, un post
della donna irachena coraggiosa ma anonima che, dall’agosto del 2003,
ha pubblicato il blog fondamentale Baghdad Burning. La sua famiglia,
aveva riportato, non ce la faceva più e aveva deciso di lasciare il
paese. Nel suo ultimo dispaccio, scrisse: “Ci sono momenti in
cui l’ingiustizia per aver dovuto lasciare il tuo paese solo perché
un idiota ha deciso di invaderla è
insopportabile. È ingiusto che per poter sopravvivere e condurre un’esistenza
normale, si debba lasciare la propria casa e quello che rimane di familiari
e amici. E per cosa poi?“
- “Dio ha incaricato
l’America di salvare il mondo in ogni modo che l’America ritenga
necessario. Dio ha incaricato Israele di essere il proseguimento della
politica statunitense in Medio Oriente e tutti quelli che vogliono discutere
quest’idea sono a) anti-semiti, b) anti-americani, c) con il nemico
e d) terroristi.” — John LeCarre (London Times, 15 gennaio
2003)
- Il Generale David Petraeus,
il comandante in capo delle truppe USA in Iraq ammonì le sue truppe
dopo i risultati di un sondaggio dell’Esercito che scoprì come molti
soldati avrebbero tollerato una qualche forma di tortura sui sospetti
e che non avrebbero riportato gli abusi commessi dai colleghi. “Questa
battaglia dipende dal rendere sicura la popolazione, che deve capire
che noi, e non i nostri nemici, abbiamo un profilo morale più alto”,
egli scrisse in una lettera aperta datata 10 maggio e postato sul sito
web militare. (Washington Post, 11 maggio 2007)
- “Per la gran parte
dei suoi cittadini, l’America è
eccezionale ed è assolutamente naturale che possa eccepire ad alcuni
standard internazionali.” — Michael Ignatieff, ex politico
canadese e giornalista del Washington Post
- È facile comprendere
un’osservazione fatta da uno dei maggiori storici militari di Israele,
Martin van Creveld. Dopo che gli USA invasero l’Iraq, sapendo che
non aveva difese, notò: “Se gli iraniani non cercassero di costruire
un arsenale nucleare, sarebbero dei pazzi.” — Noam Chomsky
- “È
più facile per un membro del Congresso criticare il
presidente degli Stati Uniti che non il Primo Ministro israeliano;
è più facile criticare una guerra ingiusta e ingiustificata degli
USA che non una lanciata da Israele.” — Jeffrey Blankfort
- Ken Livingston, Sindaco
di Londra, in riferimento alla sua visita a Cuba nel 2006: “Quello
che mi ha colpito è stato ascoltare di persona quelli che lavorano
in ambito sanitario su quanto sia spaventoso l’embargo degli USA.
Quando incontri persone che stanno curando patologie oculari o cecità
in numeri enormi e che descrivono quanto sia difficile ottenere le attrezzature
di cui hanno bisogno se non tramite percorsi indiretti a causa dell’embargo,
riesci a capire la gravità delle ingiustizie che sono state imposte
a Cuba.” Livingston potrebbe aver aggiunto che i “percorsi
indirette”, se disponibili, sono sempre più costosi.
- Nel 1965 quando il Segretario
Generale dell’ONU U Thant cercò di aprire colloqui nascosti con i
vietnamiti del nord, il Segretario di Stato USA Dean Rusk lo rimproverò
gridando: “Chi si crede di essere, una nazione?” (Washington
Post BookWorld, 7 gennaio 2007)
- George W. Bush: “Nel
futuro quando l’America osserverà
un Medio Oriente democratico, che vive nella libertà
e nella prosperità, gli americani parleranno delle battaglie come quella
di Fallujah con lo stesso stupore e deferenza che ora riserviamo a Guadalcanal
e a Iwo Jima” nella Seconda Guerra Mondiale. (Associated
Press, 11 novembre 2006)
- Il National Endowment
for Democracy era stato avviato dal governo USA e, pur essendo apparentemente
“indipendente”, è stato continuamente finanziato dal Congresso
e nel suo Consiglio di Amministrazione hanno trovato posto attori di
primo livello dell’apparato di politica esterna del governo, tra cui
gli ex Segretari di Stato Henry Kissinger e Madeleine Albright, l’ex
direttore del National Security Council Zbigniew Brzezinski e
l’ex presidente della Banca Mondiale Paul Wolfowitz.
- CBS News, 9 settembre
2006: il Senatore Jay Rockefeller dice che oggi il mondo sarebbe migliore
se gli Stati Uniti non avessero invaso l’Iraq. Rockefeller confermerebbe
la sua opinione, anche se Saddam Hussein fosse ancora al potere se gli
USA non avessero invaso? “Sì. Sì.”, dice Rockefeller.
“Non ci avrebbe mai attaccato.”
- William Appleman Williams,
nel suo libro del 2007 “Empire as a way of life“:
Analizzando la storia degli USA dalle sue origini rivoluzionarie all’alba
dell’era Reagan, Williams mostra come l’America
è sempre stata fanatico dell’impero nella sua ideologia estera e
interna. Passando al setaccio le azioni imperialiste di personaggi ossequiati
come Benjamin Franklin, Thomas Jefferson, Abraham Lincoln e Franklin
Delano Roosevelt, questo libro è lo studio storico più
approfondito dell’ossessione statunitense per l’impero, ed
è essenziale per comprendere le origini delle nostre attuali iniziative
interne ed esterne.
- Comparate la reazione di
Washington negli ultimi anni dopo le rivolte popolari che seguirono
le presunte frodi elettorali in Ucraina e in Georgia alla quella avuta
per gli stessi fatti accaduti in Messico nel 2006, quando l’esponente
di destra Felipe Calderon fu dichiarato vincitore in modo molto discutibile.
- Il presidente venezuelano
Hugo Chávez, nel suo discorso alle Nazioni Unite del 20 settembre 2006,
criticò duramente la politica estera del presidente degli Stati Uniti
George W. Bush e Bush stesso. Il Ministro degli Esteri britannico Margaret
Beckett suggerì che le affermazioni di Chávez erano inammissibili
nel protocollo diplomatico dell’ONU. “Persino i Democratici
non sarebbero arrivati a questo.” Comunque, il Guardian riportò
che “delegati e dirigenti di tutto il mondo tornarono in aula
per sentire il signor Chávez, e quando scese dal podio ci fu un applauso
così forte e lungo che fu fatto mettere a sedere per farla breve.”
- Solo i poteri imperialisti
hanno la possibilità di comminare sanzioni e ne sono quindi sempre
esentati.
Fonte: The crime of making Americans aware of their own history
04.10.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE