IL CASO DI ILARIA ALPI E IL MOBY PRINCE: UNA CURIOSA COINCIDENZA

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DI SOLANGE MANFREDI
paolofranceschetti.blogspot

Pubblicato l’articolo sul Moby Prince in molti mi hanno scritto chiedendo chiarimenti circa l’accenno fatto, all’interno dell’articolo, ad Ilaria Alpi. Ecco dunque la risposta.

L’accenno è stato fatto perché queste morti (quelle del Moby Prince e di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin) hanno molto in comune: Il traffico internazionale di armi e la flotta di pescherecci Shifco.

Il 20 marzo 1994 a Mogadiscio vengono uccisi la giornalista Ilaria Alpi e il suo operatore Miran Hrovatin.
Ad 800 metri di distanza dal luogo dell’agguato ci sono due navi militari italiane, la San Giorgio e la Garibaldi. Su una di esse è in corso una gara di pesca.
I nostri soldati stanno aspettando di finire le procedure di imbarco per tornare a casa.
Vengono avvisati dell’agguato teso ai nostri connazionali, ma nessuno si muove, nemmeno per andare a recuperare i corpi.

Rientrate le salme in Italia la Procura di Roma non viene neanche avvisata.
Sarà il responsabile del cimitero ad accorgersi che, sulla persona da tumulare morta per colpo da arma da fuoco (Ilaria Alpi), non è stata fatta alcuna autopsia.
Su cosa stavano lavorando Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia?
Stavano indagando sul traffico di armi e rifiuti tossici che dall’Italia giungono nel paese africano.

La loro attenzione si era incentrata sulla flotta Shifco, una flotta di pescherecci donata dalla Coooperazione italiana alla Somalia e che invece di trasportare pesce, da diverse testimonianze, pare trasporti armi.
Una informativa della Digos di Udine del 1994 riferisce quanto segue: che al porto di Livorno ha fatto scalo “per lunghi periodi un peschereccio battente bandiera somala di colore bianco con scritta nera chiamato ‘Shifco’ […] che sarebbe in realtà stato utilizzato per traffico internazionale di armi”.

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[Ilaria Alpi e Miran Hrovatin]

Veniamo allora al Moby Prince.

La sera del 10 aprile 1991 al porto di Livorno è presente il peschereccio “21 Oktobar II”, la nave numero uno della flotta di pescherecci Shifco. Ufficialmente si trova lì per riparazioni (dovrebbe quindi trovarsi a secco in officina) eppure – la notte della strage del Moby Prince – chiede di essere rifornita di carburante e si mette in navigazione. Tornerà al porto di Livorno il giorno dopo.

Perché una imbarcazione ricoverata in banchina per lunghi interventi di riparazione effettua un pieno di carburante? Doveva effettuare delle manovre portuali? E quali? Perché non vi è traccia dei suoi movimenti?
Eppure la nave non è piccola, è lunga 70 metri.
La notte del rogo del Moby Prince alcuni ufficiali della Marina testimoniano che, nel Porto di Livorno, è in corso movimentazione di materiale bellico.
Dove venivano caricate queste armi? Sulla “21 Oktobar II”?

Il timoniere somalo della 21 Oktobar II parla apertamente d traffici d’armi svolti dal peschereccio. Era questo che aveva scoperto Ilaria Alpi? Non si sa. Quello che però è certo è che anche nella morte di Ilaria Alpi ritroviamo attivati tutti i meccanismi, operati con successo per il Moby Prince, quei meccanismi che non permettono di giungere alla verità. Vediamoli:

– testimoni non ascoltati;

– fascicoli spariti;

– block notes e videocassette di Ilaria Alpi scomparse;

– macchina fotografica di Ilaria Alpi scomparsa;

– l’elenco degli effetti personali della giornalista compilato sulla nave “Garibaldi” scomparsa

– il riscontro esterno dei corpi e le foto scattate sulla nave “Garibaldi” scomparsi;

– il “Body Anatomy Sketching Report” redatto da signor Victor Baiza della compagnia mortuaria privata americana Brown-Root di Houston, scomparso;

– informazioni false date per depistare le indagini;

– registri di bordo incompleti;

– informative trasmesse e mai arrivate;

– inchiesta sottratta (avocata immotivatamente come accerterà l’ispettore ministeriale) al PM Pititto due giorni prima di ascoltare due testimoni oculari dell’esecuzione. Il dott. Pititto ha dichiarato in una intervista: “…perché accertare le vere ragioni per cui l’inchiesta mi è stata sottratta è, secondo me, un passaggio fondamentale per accertare la verità…Se la ragione per cui l’inchiesta mi è stata sottratta non è il contrasto tra me e De Gasperis, allora dev’essere un’altra: una ragione occulta. E ciò che è segreto, e incide su un’inchiesta giudiziaria per un duplice omicidio pregiudicando l’accertamento delle responsabilità, non può che allarmare… Coiro mi affida l’inchiesta il 22 marzo 1996. Pochi mesi dopo, nell’estate ’96, viene destituito senza alcuna valida ragione. Arriva Salvatore Vecchione che, a due mesi e undici giorni dal suo insediamento, me la sottrae con una motivazione falsa, su cui le istituzioni paiono determinate a mantenere il silenzio. Neppure l’appello dei coniugi Alpi al capo dello Stato ha sortito il minimo effetto. Per converso, da quando l’inchiesta mi è stata tolta, contro di me è iniziata un’opera di persecuzione senza limiti, né legali, né morali, né di decenza”;

– morti sospette: maresciallo Li Causi, un ufficiale del servizio segreto Sismi, capo struttura Gladio di Trapani, in contatto con Ilaria Alpi, ucciso quattro mesi prima di Ilaria e di Miran;

– di monsignor Colombo, vescovo di Mogadiscio, assassinato perché nelle omelie denunciava chi avvelenava con i rifiuti tossici donne e bambini, ecc. tutti morti attribuiti a piccoli banditi di strada. Facile in un paese straniero. Troppo facile!

– I sostituti procuratori che confermano, dinanzi alla commissione bicamerale di inchiesta, che i servizi segreti stagliano la loro ombra su alcuni traffici della Cooperazione italiana in Somalia, in particolare sull’attività della navi della Shifco e su alcuni atti inerenti l’omicidio Alpi-Hrovatin: ”… mi viene riferita la notizia che la Camera di commercio Italo-somala, e in particolare Bettino Craxi e Paolo Pillitteri, facessero scambio di armi come contropartita della forniture di opere, servizi e costruzioni o quant’altro ancora in quel territorio [Somalia, ndr]. Dette persone riferivano altresì che si trattava di un fatto generalmente noto e che nei mercatini di Mogadiscio bastava sollevare il leggero tessutino che copriva la bancarella per trovare [pistole] Beretta di fabbricazione italiana[1]”.

Sono state numerose le Procure che hanno indagato sul traffico internazionale di armi, rifiuti tossici e radioattivi in partenza ed in transito dall’Italia, ma nessuna delle indagini risulta essere mai arrivata a dibattimento. Perché? Forse perché il traffico internazionale di rifiuti è uno snodo di più attività illecite: ripulitura di denaro sporco, metodo di pagamento per forniture di materiale bellico e forma illegale di realizzazione di ingenti guadagni per ulteriori investimenti leciti ed illeciti?

E il terribile gioco continua con la Commissione bicamerale che nella relazione finale scriverà che Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, in vacanza in Somalia, sono stati vittime di banditi da strada alla ricerca di un magro bottino e la procura di Roma che, sul duplice omicidio, chiede l’archiviazione.

E la mancata autopsia su Ilaria Alpi? Una distrazione.

Il mancato intervento? Un’altra fatalità.

Il fatto che Ilaria Alpi stesse indagando su traffici di quella portata? Una coincidenza.

E il peschereccio che la Digos segnala come nave per il traffico di armi, presente in entrambe le tragedie? Un’altra coincidenza.

[1] Audizione del 13 giugno 1995 del sostituto procuratore di Milano Gemma Gualdi dinnanzi alla Commissione bicamerale di inchiesta sulla Cooperazione con i Paesi in via di sviluppo (Legge 46, del 17 gennaio 1994).

Fonte: http://paolofranceschetti.blogspot.com
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29.11.2007

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