I ViVi

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Nel variegato panorama dei movimenti di opposizione all’autoritarismo tecno-sanitario, una realtà interessante, se non altro per la sua originalità, è quella dei ViVi, i cui membri sono soliti presidiare gli spazi digitali come una falange. I ViVi attingono, nella loro simbologia, al celebre film “V per Vendetta”, all’immaginario cyberpunk, al situazionismo, alla tradizione di disobbedienza di matrice anarchica. Per entrare nel gruppo, viene chiesto di ascoltare alcune registrazioni nelle quali vengono presentate le basi del movimento. Tutti i ViVi occultano o camuffano la loro identità, il loro volto, la loro voce, agendo come un organismo collettivo le cui cellule si muovono secondo un piano di lotta prestabilito. Ad oggi, pur essendo intuibile una qualche gerarchia dietro queste strategie, non è dato sapere chi e quando avrebbe fondato tale movimento. Fra le premesse del loro agire, vi è la convinzione che le decisioni prese dai governi per attuare il Grande Reset sono in realtà frutto di intelligenze artificiali in grado di elaborare gigantesche quantità di dati, prevedere le reazioni dei popoli e  attuare le opportune contromosse: a questo si dovrebbero i tira e molla, le fughe in avanti alle quali seguono marce indietro, i contrordini e i riposizionamenti schizofrenici dei burattini che si agitano nel teatrino pandemico quotidiano. In questo senso, i ViVi sostengono la necessità di ripensare la lotta politica, ed agiscono di conseguenza. Al di là delle guerriglie virtuali, che di sicuro non cambieranno la Storia, i ViVi hanno avuto occasione di lanciare i loro messaggi nella realtà fisica, dando vita a centinaia di azioni sul territorio nelle quali obiettivi “sensibili” come centri vaccinali o edifici pubblici venivano ricoperti di scritte semplici e dirette come “I vax uccidono”; per qualcuno si tratta di puerili forme di protesta, fatto sta che i giornali locali sono stati costretti a riportare questi fatti, e pure gli artigli repressivi dello Stato sono stati coinvolti nel tentativo di arginare quelle che, pur bollate come “teppistiche” dalle iene mediatiche, restano iniziative pacifiche. Anche le televisioni nazionali hanno trattato dei ViVi nelle loro trasmissioni, contando di speculare sugli aspetti “folkloristici” del movimento, mentre l’informazione indipendente è stata perlopiù latitante in questo senso: all’atto pratico, hanno avuto più spazio nel cosiddetto mainstream che altrove. È sicuramente presto per fare un bilancio dell’esperienza di questo movimento; intanto, da curiosi osservatori del mondo, si resta alla finestra in attesa di sviluppi più significativi.

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