DI JUAN CHAN
WSWS.org
È sempre più evidente che in Cina
la bolla dovuta alla speculazione immobiliare sta per esplodere. L’esito
destabilizzerà il sistema bancario del paese, rallenterà la crescita
economica e avrà un forte impatto sull’economia di tutto il mondo che
ha contato sulla Cina come volano della crescita dall’inizio della
crisi finanziaria globale nel 2008.
Un articolo del mese scorso nella rivista Foreign Affairs Stati Uniti ha evidenziato che “le
riduzioni dei prezzi forti e improvvise
“stavano “sconvolgendo il mercato degli immobili in tutta
la Cina“. Ha citato I dati del settore che mostrano un calo
del 35 per cento nel valore delle case nuove costruite a Pechino nel
solo novembre, e che I costruttori hanno ormai in inventario invenduto
per 22 mesi a Pechino e per 21 a Shangai.Scritto da un accademico della prestigiosa università Tsinghua di Pechino, l’articolo riporta: “Tutti,
dai proprietari locali posto agli speculatori cinesi e agli investitori internazionali, sono preoccupati per queste diminuzioni, che oramai indicano che la ‘più grande bolla del secolo’, come viene chiamata dall’inizio di quest’anno, è appena scoppiata, con serie conseguenze non solo per una delle economie più promettenti al mondo, ma anche per l’ambito internazionale.”
Spinto dal settore edilizio, nel 2010
il paese ha prodotto 627 milioni di tonnellate di acciaio, il 44,3 per cento della produzione mondiale; 1,87 miliardi di tonnellate di cemento, il 60% del totale globale; il 43% dei macchinari per le costruzioni, gli escavatori e i bulldozer. La rapida espansione dell’edilizia speculativa ha fatto esplodere anche la spesa della classe media, con un forte aumento della richiesta di autovetture: nel 2010 la produzione cinese di auto è
stata pari a 18,2 milioni di veicoli, un quarto della produzione mondiale.
Importanti aziende multinazionali,
come quelle minerarie in Australia e in Brasile, e i produttori di attrezzature in Germania e Giappone, saranno le prime a subire colpi pesanti da un calo pronunciato del valore degli immobili in Cina. Anche la Cina potrebbe causare un altro shock, oltre recessioni già previste in Europa e in altre zone del pianeta.
L’attuale bolla immobiliare ha le sue radici nella crisi finanziaria mondiale del 2008-09. Il regime stalinista cinese ha dato in prestito trilioni di dollari nel disperato tentativo di arginare le rivolte sociali dopo che 23 milioni di migranti, soprattutto nelle industrie esportatrici, avevano perso il lavoro. Ma l’esito più importante è stato il moltiplicarsi dei prestiti concessi agli enti locali, ai costruttori e alle aziende industriali per speculare sul mercato immobiliare.
Guidato dalla rapida espansione del
settore edilizio, gli investimenti di capitale attualmente formano quasi il 50% per PIL nazionale, Nei primi dieci mesi dell’anno scorso, sono stati edificati 3,6 miliardi di metri quadrati di superficie, con vendite pari solamente a 709 milioni di metri quadrati, indicando un’enorme superiorità dell’offerta sulla domanda.
Allo stessa tempo l’inaccessibilità della casa è diventata una questione di grande importanza politica in Cina. Prendendo in considerazione i prezzi all’inizio di quest’anno, a Pechino ci vogliono 36 anni di uno stipendio medio per comprarsi una casa normale, contro i 18 a Singapore, 12 a New York e 5 a Francoforte.
Inoltre, si stima che circa 65 milioni
di case sono al momento “vacanti”, tenute vuote per cercare di spuntare
un prezzo di vendita più alto in futuro. Questa irrazionalità sociale è espressa ancora più visivamente nelle città più piccole, come Ordos della Mongolia Interna dove gli investimenti immobiliari hanno registrato una crescita media del 69% negli ultimi quattro anni, quando la media nazionale è invece del 27,6 per cento. Grandi parti di Ordos sono diventate città fantasma, con gli speculatori che lasciano incompiuti o vuoti interi isolati.
Alla fine del 2010, Pechino ha cercato
di sopire il pubblico scontento per l’incremento dei prezzi, imponendo
restrizioni alla concessione di prestiti dal parte delle banche e ai
proprietari di case. Queste misure hanno solo aggravato l’instabilità
finanziaria, dato che molti operatori si sono rivolti ad altri per ottenere
prestiti estremamente alti. La montante crisi economica si è sommata
alla mancanza della ripresa nei maggiori mercati di esportazioni, gli
Stati Uniti, il Giappone e l’Unione Europea.
Le aziende nel centro di smistamento
dell’export di Wenzhou hanno contratto molti prestiti con caratteristiche
infide che portano i tassi di interesse fino al 150 per cento. Le svendite
nel settore immobiliare minacciarono di scatenare un effetto domino,
facendo fuori un gran numero di piccole e media imprese. Più di 80
imprenditori cariche di debito hanno abbandonato la città, e lo scorso
anno un produttore di scarpe si è suicidato.
Il crollo del mercato immobiliare è
divenuto una nuova fonte di malcontento. La scorsa fine settimana, migliaia
di piccoli investitori hanno manifestato nella stazione ferroviaria
della città di Anyang, nel tentativo di far arrivare le proprie lamentele
alla dirigenza di Pechino. Hanno perso i propri risparmi in strutture
di investimento stile Ponzi, basate anche sull’immobiliare, che poi
sono fallite. Fin da ottobre, gli operatori di molti di questi schemi
sono fuggiti dopo che le loro strutture – fondate sull’imbroglio
degli investitori, invogliati dagli altri ritorni – sono andate perdute.
I dati pubblicati la settimana scorsa
dalla Bank of China sul primo trimestre segnala l’enorme mole
dei debiti contratti dagli enti locali per finanziare progetti immobiliari
e infrastrutturali in un pacchetto di stimoli che risale al 2008: “Le
dimensioni reali del debito sono probabilmente maggiori [rispetto alla
stima ufficiale di 1,69 trilioni di dollari] e gran parte di questo
debito è a breve scadenza.” La crisi nella vendita dei terreni,
che formavano più del 40% delle entrate degli enti locali, ha
fatto grandi danni. Da gennaio a novembre dell’anno scorso, sono stati
venduti 24.000 lotti di terreno per un totale di 1,18 trilioni di yuan,
con un calo di valore pari al 30,5 per cento rispetto allo stesso periodo
del 2010.
Per compensare la flessione del mercato
immobiliare, Pechino sta poggiando le proprie speranze sulla costruzione
di 36 milioni di appartamenti sovvenzionati per il 2015. Questa strategia
da “due piccioni con una fava” cerca di offrire edilizia
economica per i lavoratori a basso reddito, cercando di mantenere la
crescita guidata dagli investimenti. Ma i sondaggi dimostrano che la
maggior parte dei costruttori non ha alcun incentivo a costruire immobili
che caleranno di prezzo. Si sospetta che i governi municipali abbiano
gonfiati i dati di questi progetti, considerando i buchi di prospezione
con l’”inizio” della costruzione. I prestiti bancari per
questi progetti, specialmente se destinati agli affitti, potrebbero
diventare un’altra fonte di cattivo debito nei prossimi anni, a causa
dei bassi rendimenti degli affitti stessi.
La Bank of China ha previsto per quest’anno
una crescita economica dell’8,8%, dopo il 9,3% del 2011. Comunque,
Andy Xie, un importante economista cinese, ha affermato la settimana
scorsa che, viste le enormi distorsioni enormi create dalla bolla immobiliare,
ci potrebbe essere una “correzione” che durerebbe fino
al 2014 e che potrebbe dimezzare la percentuale di crescita, portandola
a solo il 4-5 per cento. “Se pensate che il 2008 sia stato pessimo,”,
ha scritto Xie, “allora allacciatevi le cinture di sicurezza
per il 2012.”
Una crescita drammaticamente lenta,
per non menzionare l’irrisolta crisi finanziaria, porterà inevitabilmente
a un aumento della disoccupazione, causando fermenti sociali in Cina
che avranno immense implicazioni sul capitalismo globale.
Fonte: Signs that China’s property bubble is imploding
04.01.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE