DI PYOTR ISKENDEROV
Strategic Culture
Il Commissario dell’Unione Europea per gli Affari Interni, Cecilia Malmström, e il presidente francese Sarkozy dovrebbero prepararsi per la spunta della propria lista dei desideri: l’accordo di Schengen che ha formato la spina dorsale dell’integrazione europea è sul punto di essere ufficialmente messo in discussione. La proposta per l’«aggiustamento» dei termini
dell’accordo ha fatto la sua apparizione in Commissione Europea con la richiesta di una riattivazione limitata dei controlli ai confini all’interno dell’Unione come soluzione ai problemi dell’immigrazione
illegale.
In pratica, le nuove norme autorizzerebbero i paesi europei dell’UE a ripristinare le vecchie regole per l’ingresso nei propri confini se la situazione dei flussi in entrata dei migranti dall’esterno verso uno dei paesi dell’Unione andasse fuori controllo.Secondo le parole di Malmström, l’iniziativa dovrà essere complementare alle misure fissate ad hoc dalla Commissione per gestire i problemi delle migrazioni nella regione mediterranea e per rendere possibile ai paesi dell’Unione di reagire nei confronti della pressione sui propri confini [1]. Insieme con altre misure, le nazioni dell’Unione Europea possono selettivamente ristabilire i controlli alla frontiera per l’esame dei bagagli e dei
documenti.
Il progetto sarà discusso il 12 maggio durante l’incontro dei Ministri degli Interni dell’Unione Europea e sarà anche oggetto di un dibattito dettagliato al Consiglio d’Europa il 24 maggio. Considerando le preoccupazioni di quest’ultima istituzione sui recenti abusi dei diritti umani, la discussione probabilmente si dipanerà in un modo molto sfavorevole all’Unione Europea. La questione dolorosa da affrontare è: in che misura uno smantellamento del regime, anche se parziale, può violare i principi dei diritti umani stabiliti dall’UE?
Senza considerare i termini finali della discussione, i leader di numerosi gruppi radicali europei che spingono i governanti dell’Unione a sigillare i propri confini nazionali – per tenere lontani i migranti che mangiano a spese del bilancio statale, oltre che essere fortemente sospettati di costituire una minaccia terroristica – possono auspicare un successo ancor maggiore. Seguendo la scia di una chiusura temporanea dei confini tra Italia e Francia ordinata da Sarkozy, l’Austria, il paese dove il Partito della Libertà contrario all’immigrazione sta riscuotendo un successo senza precedenti, cerca di cavalcare l’onda.
A denti stretti, né la Tunisia né la Libia sono il vero epicentro del problema dell’immigrazione. Nel 2009 poco meno di 600.000 migranti sono riusciti a filtrare nell’Unione, principalmente dall’interfaccia scandinava con le repubbliche baltiche, la Polonia e la regione dei Balcani.
I media europei stanno gridando le notizie. L’influente Zeudeutsche Zeitung ha citato fonti interne all’UE che parlano dell’ingresso di oltre 20.000 rifugiati dal Nord Africa, non solo in Italia, ma anche verso destinazioni ignote in tutta l’area area [2]. L’italiano Massimo Merlino, coautore di “A Race against Solidarity”, un documento dell’aprile 2011 commissionato dal Centre for European Policy Studies (CEPS) con sede a Bruxelles, vuole richiamare l’attenzione sugli slittamenti del clima politico in Europa, più che sulla massiccia migrazione e sugli argomenti relativi all’area Schengen. Le dinamiche si rivelano poi nella crisi odierna e nelle dichiarazioni fatte in serie dai leader europei che sostengono formalmente come il multiculturalismo sia fallito, dovendo anche considerare gli sviluppi di questo approccio, come la deportazione degli zingari in Francia e il divieto di costruzione delle moschee imposto in Svizzera tramite una consultazione referendaria.
In Europa discutere dell’ondata nazionalista è una cosa molto frequente, ma, guardando le cose da una prospettiva più ampia, sembra corretto dire che la ricca società europea sta semplicemente cercando di costruire barriere protettive per proteggersi dalle tendenze esterne che sono nutrite dal globalismo aggressivo e che non si limitano alle sfide delle crescenti migrazioni.
Analizzando le potenziali conseguenze della crisi della questione Schengen, gli autori di “The Race Against Solidarity” evidenziano come il problema del confine
franco-italiano sia un test che va oltre la correlazione tra la legislazione dell’Unione Europea e quelle degli stati membri nell’ambito del regime di Schengen. Quello che è in discussione sono i principi basilari comuni che regolano le politiche europee dell’immigrazione [3].
È un triste paradosso che la decisione della Commissione Europea sulla zona di libero transito sia stata rivelata il 4 maggio alla vigilia delle celebrazioni del Giorno
dell’Europa. Proprio in questo periodo il Consiglio d’Europa, nato il 5 maggio del 1949 per sostenere la causa dell’unificazione, è obbligato a prendere in considerazione le istanze di separazione.
A questo proposito, in questo momento la possibilità che l’Unione adempia alle promesse d’integrazione di Bulgaria e Romania nello spazio di libera circolazione alla fine del 2011 è a dir poco incerta.
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Note:
[2] Sueddeutsche
Zeitung, 04.05.2011.
[3] Carrera S., Guild
E., Merlino M., Parkin J., A Race against Solidarity. The Schengen
Regime and the Franco-Italian Affair,
Bruxelles, 2011. p. 2.
12.05.2011
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Peter Iskender
Fonte: http://www.strategic-culture.org/news/2011/05/12/reversing-eurointegration.html
12.05.2011
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da SUPERVICE