I LAVORATORI DELLA FOXCONN IN CINA: DALLE MINACCE DI SUICIDIO AL SINDACALISMO?

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I lavoratori che vengono in città
per cercare impiego nella produzione stanno iniziando a lottare per i loro diritti

DI LIJIA ZHANG
Guardian.co.uk

Lo scorso venerdì è scoppiata una sommossa di fronte un Apple store di Pechino. È stato ampiamente riportato che i rivoltosi erano clienti speranzosi che, dopo aver aspettato al freddo e al gelo per l’ultimo modello di iPhone, si sono inferociti quando hanno saputo che il lancio del prodotto era stato rimandato, lanciando uova contro il negozio e scontrandosi con la polizia. Si è saputo che molti erano in realtà lavoratori migranti, assunti da “bagarini” che volevano vendere il prodotto, uno status symbol, a un prezzo più alto sul mercato nero.
Intanto, un altro tipo di protesta a Wuhan, nella provincia della Cina centrale di Hubei, è terminata grazie all’intervento del suo sindaco. Circa duecento impiegati della linea di produzione della Xbox di Microsoft appartenente alla Foxconn Technology, altro principale fornitore della Apple, avevano organizzato uno sciopero. Non stavano reclamando nuovi e scintillanti prodotti, ma semplicemente una paga decente in cambio della loro produzione e una ricompensa adeguata in caso di trasferimento. Per assicurarsi di essere ascoltati, avevano minacciato di uccidersi gettandosi giù da un edificio.

Nel 2010 diciotto loro colleghi nello stabilimento di Shenzen della compagnia thailandese avevano tentato il suicidio; 14 sono morti. Alcune associazioni di impiegati e operai hanno dato la colpa dell’accaduto a una serie di fattori: salari bassi, lunghi orari lavorativi – a volte fino a 16 ore al giorno – e trattamenti disumani. Ai lavoratori dello stabilimento, dicono alcuni, non era neanche permesso parlare durante le ore lavorative. Come molte altre fabbriche, la Foxconn, prima al mondo per la produzione di componenti elettronici, è per la maggior parte piena di nongmin gong (contadini) dato il loro basso costo. Questi migranti spesso non hanno nessun amico in città.

Ho condiviso il dolore dei miei compagni lavoratori perché anche io ho lavorato come una schiava in una fabbrica statale per dieci anni, sopportando le sue rigide regole. Le restrizioni a cui ero sottoposta, tuttavia, sono niente in confronto a quelle del gelido capitalismo. Tra le altre negligenze, c’è una legge sul lavoro che proibisce la giornata lavorativa di 16 ore, ma non viene implementata in modo obbligatorio dalle autorità locali. Dopo tutto, le imprese private o con investimenti dall’estero producono profitto.

Sono stata davvero felice nel vedere

l’inizio della resistenza dei lavoratori migranti. Poco tempo dopo i

suicidi alla Foxconn, i lavoratori di diverse fabbriche Honda si sono

ribellati. Hanno scioperato fino a quando le loro richieste per una

paga e condizioni di lavoro migliori non sono state soddisfatte. Nelle

chatroom su Internet, diversi lavoratori della Honda hanno sostenuto

che è meglio combattere che suicidarsi. In confronto ai loro genitori,

i giovani usano Internet in maniera astuta, più educata, più mondana

e sono molto più coscienti della legge e dei loro diritti.

Zhao Fengsheng, che da ragazzino di

un villaggio dell’Hunan è diventato un intellettuale pubblico

di Pechino, fa parte di questa nuova genìa. Quando a 35 anni ha lasciato

la sua casa per trasferirsi a lavorare in una città vicina, ha vissuto

per la prima volta l’esperienza della discriminazione contro gli

nongmin. È arrivato alla conclusione che il problema è radicato

nel sistema, che separa i nongmin dai loro cugini di città e

li priva di pari diritti.

Nel 2007, dopo essersi trasferito a

Pechino, Zhao ha iniziato a frequentare le lezioni e si è fatto

amici tra gli accademici e gli attivisti per i diritti. Due anni più

tardi ha dato inizio all’Associazione Cinese degli Agricoltori. Tre

giorni dopo aver inoltrato la sua richiesta al ministero degli affari

civili, è stato arrestato, interrogato e la sua richiesta è stata

rifiutata. La sua organizzazione, ora definita come centro di ricerca,

continua a inviare articoli alle persone iscritte alla sua mailing

list. La lista è cresciuta dai 12 ai 500 iscritti, il massimo supportato

dal server di posta elettronica.

Di solito, la gente diventa più

attenta ai diritti con il progredire della società

e i nongmin non fanno eccezione”, mi ha detto Zhao, una delle

rare voci a rappresentare gli agricoltori non privilegiati.

Quest’anno si è verificata un’ondata

di rivolte nelle fabbriche di sei province della Cina, secondo l’agenzia

di stampa con sede ad Hong Kong China Workers’ Info. Nella provincia

di Sichuan centinaia di lavoratori hanno assalito un tribunale della

contea di Shuangliu mentre era in corso una causa su dei salari non

pagati. Il tumulto operaio è stato causato in parte dalla crescente

inflazione che ha colpito le classi più basse in modo più duro. Con

l’avvicinarsi del tradizionale capodanno cinese, i lavoratori migranti

trovano molto difficile affrontare il tran tran quotidiano.

Molte proteste sono state ispirate

dall’incidente di Wukan. Il paese della provincia meridionale cinese

di Guangdong si è guadagnato le prime pagine di tutto il mondo dopo

che centinaia dei suoi abitanti avevano inscenato proteste per esprimere

la loro rabbia contro la corruzione degli agenti locali e la confisca

dei terreni. I conflitti si sono intensificati sulla scia di un tentativo

di repressione da parte delle autorità locali. L’intensa resistenza

ha avuto fine a dicembre inoltrato, quando i maggiori dirigenti provinciali

hanno deciso di soddisfare alcune delle loro richieste.

Ero sollevata e compiaciuta dall’approccio

che le autorità avevano adottato sia nel caso del Wukan che in quello

del Wuhan: hanno chiaramente riconosciuto le richieste di diritti e

di uguaglianza dei nongmin in agitazione. Ma un solo tenue caso

non è sufficiente. Spero che i leader cinesi ascolteranno davvero

gli agricoltori, aprendo più canali per permettergli di esprimere le

loro lamentele e concedendo un tipo di sindacalismo indipendente o per

lo meno un meccanismo di negoziazione collettivo per affievolire i conflitti.

E infine, dovranno garantire gli stessi diritti a coloro che fabbricano

prodotti come la Xbox e l’iPhone e coloro che invece li usano.

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Fonte: China’s Foxconn workers: from suicide threats to a trade union?

16.01.2012

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO

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