I carabinieri di Firenze sono certamente colpevoli. Ma lasciatemi sollevare qualche piccolo dubbio

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DI MAURO BOTTARELLI

rischiocalcolato.it

Fermi tutti, l’emergenza stupri ha vissuto un salto di qualità: via dalla prime pagine il branco di Rimini e il destino giudiziario che lo attende, via la 14enne triestina molestata da tre risorse, via i continui e crescenti casi quotidiani legati a immigrati che non riescono a gestire testosterone e pulsioni primordiali. Abbiamo i carabinieri stupratori! Ora, premetto che so di sbagliare, che il mio è un eccesso di garantismo verso l’Arma e ciò che rappresenta e che, giunti alla lettura di questa riga, anche il secondo milite avrà confessato tutto agli inquirenti (oggi è previsto l’interrogatorio con il pm) e io farò una colossale figura di merda. Però, mi piacciono le sfide. E, quindi, vi dico cosa c’è che non torna in tutta questa storia, diventata LA notizia per tutti gli organi di informazione, scalzata solo dall’ennesima tragedia annunciata del maltempo a Livorno. Partiamo dall’inizio e ricapitoliamo l’accaduto, in base alla ricostruzione delle due studentesse che hanno denunciato la violenza da parte dei due militi, da ieri indagati ufficialmente per violenza sessuale.

Lo faccio con la cronaca di “Repubblica” di sabato, tanto per non essere tacciato di essere di parte o fazioso: “Le ragazze giovedì mattina avevano chiamato il 113 raccontando di essere state violentate da due militari in divisa dopo essere state accompagnate a casa con l’auto di servizio. I reperti della polizia scientifica nello stabile dove vivono le due ragazze confermerebbero la presenza di tracce biologiche compatibili con un rapporto sessuale che sarebbe avvenuto nell’androne del palazzo. Le stesse ragazze avevano raccontato che una di esse aveva subito lì gli abusi. Altre tracce di questo tipo sarebbero state trovate nel percorso tra l’ingresso del palazzo fino nell’appartamento delle due giovani. Anche dalle analisi mediche è emerso che le due ragazze hanno avuto recenti rapporti sessuali. E’, tuttavia, da accertare se i rapporti sessuali siano o meno da ricondurre alla presunta violenza di cui affermano di essere state vittime”.
Per tutti, però, è certamente stupro. E i due carabinieri, sicuramente colpevoli. Ancora: “L’auto dei carabinieri inoltre potrebbe aver sostato per circa 20 minuti davanti al palazzo del centro storico in cui vivono le giovani. Il dato emergerebbe dalle immagini di due telecamere di sicurezza vicino all’immobile: la prima ha ‘ripreso’ l’arrivo della vettura e l’altra la sua uscita dalla zona. Tra le due immagini intercorrerebbero, appunto, 20 minuti. Non ci sarebbero invece telecamere nella piazzetta dove si affaccia il palazzo”. Prosegue e conclude il servizio di “Repubblica” on-line: “Se fosse vero, cosa che auspichiamo tutti venga accertata quanto prima, si tratterebbe di un fatto di gravità inaudita che rende i protagonisti indegni dell’uniforme che indossano e che comporterà gravi conseguenze, anche immediate, sul piano disciplinare e della condizione di stato”, ha commentato il comandante generale dell’Arma, Tullio Del Sette”.

Dove ho già sentito questo nome? Ha già, l’inchiesta CONSIP, quella di cui meno si parla e meglio è. Era indagato per rivelazione di segreto d’ufficio: insomma, avrebbe avvertito i vertici dell’Ente pubblico riguardo gli imprenditori con cui tenere rapporti, tra cui Alfredo Romeo. Accuse tutte da provare ma che gettano comunque un’ombra sull’alto ufficiale, chiamato giustamente a prendere le distanze in caso di colpevolezza dei due ma, contemporaneamente, a difendere il buon nome dell’Arma. Ed ecco la ministra della Difesa, Roberta Pinotti: “Gli accertamenti sono ancora in corso ma risulta una qualche fondatezza rispetto alle accuse che vengono mosse si tratterebbe, e il condizionale è d’obbligo, di un episodio gravissimo. Lo stupro è sempre grave, ma è di gravità inaudita se commesso da carabinieri in uniforme”. Sul caso, inoltre, indaga anche la procura militare di Roma. Insomma, i due a occhio e croce sembrano fottuti.

I due, però, non sono carabinieri di primo pelo. Sono rispettivamente appuntato scelto e carabiniere scelto, non pischelli al primo pattugliamento: uno ha 30 anni ed è single, l’altro quasi 40, di cui 20 di servizio, sposato con un figlio. Ma mettiamo che i due non siano stinchi di santo, che la serata sia stata lunga e noiosa, che la prospettiva sia quella di tornare a casa e trovare la solita moglie che ormai non è più il fiore sposato anni fa: l’occasione fa l’uomo ladro. Irrituale accompagnare a casa due ragazze, tanto più che attendevano già un taxi ma avevano bevuto e assunto sostanze stupefacenti, quindi erano la preda perfetta. E cosa fai per mettere in pratica il piano diabolico? Ancorché in divisa e con un’automobile che certo non passa inosservata, se proprio devi stuprare, vai in una zona periferica, se non di prima campagna. E le due le abbandoni lì, sperando che alcool e droga il giorno dopo facciano il loro dovere nel confondere i ricordi.

E invece no. Non solo le porti a casa, lascia l’auto sotto una telecamera davanti alla loro abitazione per 20 minuti ma non sfrutti l’occasione di entrare in casa – dove non ci sono rischi o telecamere – con la scusa di riaccompagnarle, le stupri nell’androne in divisa, di modo che se qualcuno fosse rincasato, manco OJ Simpson avrebbe potuto darti un suggerimento per cavartela. Dico “le” stupri, perché all’inizio sembrava così, una nell’androne, l’altra vicino al vano ascensore. Ora sembra che solo una abbia subito violenza. Inoltre, nessuno nel palazzo ha sentito grida o richieste di aiuti: “Sono stati minuti terribili, senza poter urlare. Eravamo terrorizzate dalle armi”, avrebbero detto le studentesse agli inquirenti. Vabbé, lasciamo stare i dettagli, perché anche uno stupratore disarmato dovrebbe terrorizzare, immagino. Già così, i due carabinieri sarebbero degni del film con Verdone e Montesano, se non peggio. E, francamente, non ci credo che siano stati così stupidi, perché certe precauzioni – un uomo che fa ordine pubblico – le prende in automatico, visto che è il suo lavoro scovare le falle di chi delinque, prendendole. Inoltre, bastano tre puntate di “Special Victims Unit”, non serve l’accademia.

Interessanti, poi, due particolari, al netto di una situazione negli USA che è quella che ci mostrano questi grafici,




relativi alla polemica sulla famosa assicurazione anti-stupro che le due avrebbero stipulato prima di partire per il corso di studi in Italia. E’ stato dimostrato come si tratti di una prassi Oltreoceano e le tabelle parlano chiaro: ci mostrano come le due potrebbero aver avuto anche ragione, visto che nel loro Paese se riesci a finire il college senza essere stata molestata nemmeno una volta, oltre al diploma ti danno anche un attestato di sopravvivenza come avessi concorso a un rally nella foresta amazzonica: eccesso di scrupolo? Eppure andavi a Firenze, non a Bogotà o Lagos. Vabbé, meglio essere cauti, più che altro per le spese mediche non coperte: fin qui, in effetti, la polemica innocentista verso i carabinieri è un po’ sterile. Le altre tabelle ci mostrano poi come in un Paese dove la reticenza nella denuncia delle molestie nei campus universitari sia la norma, tanto da trasformare un paesino della Locride nella capitale della delazione, le nostre due siano invece delle mosche bianche. Bravissime, ci mancherebbe, però se hai la forma mentis di assicurarti contro lo stupro, quindi purtroppo sei cresciuta in una società dove sai che si tratta di un’eventualità abbastanza probabile, magari eviti di ubriacarti e drogarti da far schifo in una discoteca di un Paese straniero.

Così, tanto per ulteriore precauzione, avendo preso la prima in vista del soggiorno. Perché sì, sarà maschilista e retrogrado ma se ti vesti in modo che di te rimanda nascosto solo un centimetro quadrato di pelle tra ombelico e pube e vai in una discoteca a bere e drogarti, circondata da simil-primati in calore e con la cocaina fino alle orecchie, qualche chance in più al tuo stupro la dai, diciamolo chiaro e tondo, senza che questo significhi giustificare alcunché. Trattasi di prevenzione, la stessa che si compie stipulando un’assicurazione. Veniamo ai due punti strani. Primo, una delle ragazze ha detto di non essere riuscita a urlare per la paura, soprattutto per la vista delle armi in dotazione al militare. In compenso, è riuscita a premere il tasto “rec” dello smartphone e registrare il presunto stupro e all’atto della primissima denuncia dopo l’atto, avrebbe detto agli inquirenti “Se lo vedo, lo riconosco”: una bella presenza d’animo per una che, a sua detta, era talmente pietrificata da terrore da non essere nemmeno in grado di emettere un grido.

C’è poi la confessione di uno dei due militari, il quale si è presentato in Procura di sua sponte, mentre l’altro non ha aperto bocca. Poteva concordare la versione difensiva con il collega, poteva attendere la convocazione dei pm che no sarebbe tardata, poteva comunque prendere tempo, visto che fino a sabato non gli era stato notificato nulla: invece, di colpo, ente di dover scaricare la coscienza. E cosa dice? “Sono devastato. Ho fatto una cosa inqualificabile, non so nemmeno io spiegare come mi sono fatto trascinare in questa situazione”. Perché sei un pollo, fidati. E ancora: “Non mi sono accorto che fosse ubriaca, non ho percepito alcuna contrarietà da parte sua”, ha dichiarato, di fatto sposando la tesi del rapporto consensuale. Non basta.

Quelle ragazze non andavano proprio fatte salire in auto, non andavano accompagnate a casa, né tantomeno portate a braccia dentro l’androne: figuriamoci poi il resto. Fosse anche consensuale, io ti pago per mantenere l’ordine pubblico, non per fare sveltine nei portoni. Però, una cosa è aver trasgredito al codice di comportamento, un’altra è stuprare. Perché nel primo caso è l’Arma a romperti giustamente il culo, nel secondo vai in galera ma trascinare nel fango anche l’Arma insieme a te. Perché quella fretta, di colpo, di andare dai magistrati? Una fuga in avanti rispetto alla versione del collega? Oppure qualcuno ha fatto una vaghissima pressione, affinché si confessasse la cosa, limitando i danni con la versione del rapporto consensuale, per evitare che la vicenda – già grossa – diventasse enorme? “Comportamento indegno che infanga tutta l’Arma”, ha immediatamente tuonato il generale Del Sette.

C’è poi il secondo punto, ovvero la reazione senza precedenti del Dipartimento di Stato USA, istituzione che – a occhio e croce – in questi giorni ha parecchie rogne da gestire e che, invece, quando ancora non erano saltate fuori né le tracce biologiche, né l’iscrizione nel registro degli indagati per i due militari, né tantomeno la “confessione” di uno dei due militari, ha diramato un comunicato durissimo, parlando di “vicenda che prendiamo molto seriamente”. Eppure non è la prima volta che un cittadino USA rimane vittima di crimini violenti in Italia, ciò nonostante il ministero degli Esteri non era mai entrato così in tackle scivolato nelle vicende, lasciando che fosse – come è giusto – l’ambasciata a Roma a occuparsene. Nel luglio dello scorso anno, ricorderete la vicenda di uno studente del Wisconsin, rapinato, picchiato e gettato nel Tevere a Roma: per l’omicidio fu fermato un senzatetto. Nonostante in quel caso il cittadino USA perse addirittura la vita, il Dipartimento di Stato non si mosse con tale virulenza, come mai ora questo tono minaccioso e ultimativo, quando ancora si sapeva poco o niente? L’abitudine a trattare con Kim Jong-un gli ha preso la mano?

Complotto? No, però mi darete ragione nel dire che se in Italia dici stupro, da quattro giorni il sinonimo non è più migrante. Ma carabiniere. E nessuno sembra preoccuparsi delle generalizzazioni. Anzi, solo aggravanti a go-go in prima pagina e in apertura delle edizione del tg. A inchiesta ancora aperta. Garantismo addio, ci sono dei livelli arrivati ai quali ogni regole e ogni precauzione saltano come tappi di champagne a Capodanno: eh già, perché magari per questa brutta storia c’è qualcuno che ha motivo di festeggiare, che ne dite? Carabinieri nella migliore delle ipotesi in versione predatore di turiste ubriache o, nella peggiore ma non più peregrina, addirittura stupratori a onta delle divisa.


Non un qualcosa di edificante per l’Arma e il Paese intero ma l’alibi perfetto per troncare ogni discussione politicamente scorretta sulla questione immigrazione a livello mediatico da un lato e, più in generale, di seria destabilizzazione interna per un corpo militare sensibilissimo di questa Repubblica: nessuno può dare lezioni o lanciare accuse, se chi è preposto a difendere è il primo a delinquere. Praticamente perfetto. Di più, l’uomo che dovrebbe rendere conto – come autorità in capo – dell’accaduto è indagato in un’inchiesta particolarmente scottante e tutta “politica”, oltretutto in un momento in cui infuria la polemica per la bozza di testo di legge sulle intercettazioni, già ribattezzato legge-bavaglio da molti giornali, anche perché potrebbe rendere inutilizzabili molte trascrizioni proprio relative al caso CONSIP.

Ma sicuramente è tutto più semplice, i due carabinieri sono soltanto delle mele marce da togliere dal cesto. E da sbattere in galera. E lo dico senza alcuna ironia, al netto dei dubbi che mi è parso giusto evidenziare. Nessuna divisa garantisce – e deve garantire – l’impunità. Però, attenzione a correre troppo. Al netto della pistola e della generazione delle app, è più naturale gridare che schiacciare il tasto “rec” dello smartphone. Ma un grido sparisce nella notte, un filmato no. Li hanno messi in mezzo? Probabile. Si sono comportati da polli, volendo usare un eufemismo? Sicuramente (se invece è stato stupro, sono delinquenti che meritano solo le patrie galere, ben inteso). Ma a chi potrebbe far comodo un’Arma infangata e, quindi, indebolita? E un Del Sette nella bufera e quindi decisamente ridimensionato? Chissà.

 

Mauro Bottarelli

Fonte: www.rischiocalcolato.it

Link: https://www.rischiocalcolato.it/2017/09/carabinieri-firenze-certamente-colpevoli-lasciatemi-sollevare-qualche-piccolo-dubbio.html

11.09.2017

 

 

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