I 150 anni di lotta dell’Iran: una scia di sangue e petrolio

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Riprendiamo un vecchio articolo della bella e brava Cynthia Chung che ci fa una brillante lezione di storia recente; in effetti parla di eventi e persone di cui ho sentito i nomi e conosciuto i visi (uno l’ho anche incontrato vis-a-vis per un paio di minuti, ai miei 12 o 13 anni, ma non vi dirò chi, era molto noto nelle cronache anche mondane della prima metà degli anni ’60). Mi ha dato piacere tradurlo perché mi ha aiutato a rimettere nella giusta prospettiva fatti che, comunque, avevo già smitizzato e rivisto ma che non per questo non ne escono ancor più chiari oggi. Soprattutto, questo ottimo pezzo mette nella sua giusta e bellissima luce quello che, forse, è stato il più importante personaggio della storia del popolo iraniano degli ultimi 100 anni, Mohammad Mossadeg. Il secondo pezzo della serie è già in lavorazione, mentre la bella Cynthia si appresta a pubblicare il terzo, che vi proporremo appena disponibile.

 

Cynthia Chung – Strategic Culture – 23 maggio 2020

 

Domenica scorsa, 17 aprile, si è aperta una controversia tra l’Iran e gli Stati Uniti in merito alla decisione di questi ultimi di aumentare la propria presenza militare nelle acque dei Caraibi e del Pacifico orientale, con la presunta motivazione di una campagna anti-narcotici.

Il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha scritto domenica scorsa al Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres che il vero scopo di questa mossa degli Stati Uniti è quello di “intervenire e creare disagi nel trasferimento di carburante iraniano al Venezuela“. Nella stessa lettera, Zarif ha espresso preoccupazione per “l’intenzione degli Stati Uniti di considerare misure pericolose, illegali e provocatorie contro le petroliere iraniane impegnate in un commercio internazionale perfettamente legale con la Repubblica Bolivariana del Venezuela“.

Lo schieramento iraniano consiste in cinque petroliere che trasportano circa 45,5 milioni di dollari di benzina e prodotti correlati, come parte di un accordo più ampio tra Iran e Venezuela. Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni sulle esportazioni di petrolio di entrambe le nazioni.

Per la prima volta dal 1962, l’Iran ha richiesto l’assistenza del Fondo Monetario Internazionale a causa delle gravi carenze create dalla pandemia Covid-19, chiedendo un prestito d’emergenza di 5 miliardi di dollari. Tuttavia, la richiesta è attualmente bloccata dagli Stati Uniti che, pur rappresentando poco più del 16,5% delle quote di voto del FMI, hanno un veto effettivo sulle decisioni.

A causa della pandemia l’Iran sta attualmente sperimentando una carenza critica di farmaci e attrezzature, ma le sanzioni bancarie impediscono l’acquisto di medicinali e forniture.

È chiaro che queste manovre contro l’Iran non sono in nome della “sicurezza” di nessuno, ma piuttosto un tentativo di costringere l’Iran a piegarsi in ginocchio e a ridursi in uno stato di completa dipendenza.

L’Iran ha combattuto una lunga battaglia per rivendicare la propria indipendenza dalle potenze occidentali.

Ma se vi dicessi che un tempo l’Iran e gli Stati Uniti intrattenevano buone relazioni e che gli Stati Uniti erano di fatto i principali promotori e sostenitori della sovranità dell’Iran?

Quasi come in un dramma shakespeariano di tragedia e tradimento, la relazione fu messa a repentaglio da un terzo attore. Come ha spiegato John Perkins nel suo libro “Confessioni di un sicario dell’economia”, il primo colpo di Stato americano contro un Paese straniero fu il rovesciamento del primo ministro nazionalista iraniano Mosaddegh nel 1953. Tuttavia, ciò che spesso viene tralasciato… è che si trattò di un’operazione ideata e progettata dagli inglesi.

 

Per capire come e perché gli Stati Uniti furono trascinati in un simile affare, la nostra storia inizia 150 anni fa…

Dieu et mon droit

Tutto ebbe inizio nel 1872, quando Nasir al-Din Shah concesse al barone britannico Julius de Reuter (nato Israel Beer Josaphat, 1816) i diritti sull’intero patrimonio economico dell’Iran. Reuter non solo controllava l’industria, l’agricoltura e i trasporti ferroviari dell’Iran, ma deteneva anche il diritto di emettere moneta e di istituire una banca nazionale, chiamata Banca Imperiale di Persia, che era sotto il diretto controllo britannico.

 

Nel 1901, Muzzaffar al-Din Shah negoziò quello che divenne noto come il Contratto D’Arcy, concedendo a William Knox D’Arcy, milionario londinese assiduo degli ambienti mondani, il privilegio speciale ed esclusivo di possedere e gestire il gas naturale e il petrolio dell’Iran per un periodo di 60 anni.

Il 26 maggio 1908 D’Arcy scoprì un enorme giacimento di petrolio a Masjed-Soleiman. La Gran Bretagna creò immediatamente l’APOC nel 1908, acquistando i diritti sull’oro nero da D’Arcy. Sei anni dopo, il Primo Lord dell’Ammiragliato Winston Churchill diede l’ordine di acquistare il 51% dell’APOC, nazionalizzando di fatto la società. Questo per garantire il libero flusso di petrolio alla marina britannica. Fu la prima società a estrarre petrolio dall’Iran.

L’Iran riceveva solo il 16% delle royalties sul petrolio.

La Gran Bretagna continuò a perseguire il controllo totale dell’Iran, non attraverso l’occupazione coloniale, ma piuttosto attraverso “accordi” economici. Nel bel mezzo della spartizione dei nuovi “gioielli” dell’impero in Medio Oriente, frutto del fraudolento accordo Sykes-Picot ai danni dei popoli arabi e dell’illegale occupazione britannica della Palestina, fu firmato anche il famigerato Accordo anglo-persiano del 19 agosto 1919, con cui Londra trasformò l’Iran in un protettorato de facto gestito da “consiglieri” britannici. Grazie a questo accordo, la Gran Bretagna era riuscita a diventare padrona delle risorse naturali dell’Iran.

L’Iran non riceveva quasi nulla in cambio, nemmeno il petrolio dell’APOC per il consumo interno, ma doveva importarlo dall’Unione Sovietica!

Il 28 novembre 1932 Reza Shah annunciò che avrebbe annullato la concessione britannica all’APOC. La Marina britannica dipendeva fortemente dal petrolio iraniano a basso costo e quindi la Gran Bretagna si rifiutò di acconsentire. Nel 1933 fu raggiunto un compromesso attraverso negoziati bilaterali e gli inglesi riuscirono a prolungare la loro concessione fino al 1993! L’Iran era riuscito a far pagare agli inglesi un prezzo più alto, ma non aveva ancora il controllo del proprio petrolio.

 

Il rapporto con gli Stati Uniti

Nonostante l’Iran avesse dichiarato una posizione neutrale durante la Seconda Guerra Mondiale, si era sparsa la voce che Reza Shah fosse apparentemente solidale con la causa di Hitler. L’argomentazione che un Iran filo-tedesco potesse diventare un trampolino di lancio per un attacco contro l’Unione Sovietica, giustificò l’ingresso di Regno Unito e Unione Sovietica nel Paese il 25 agosto 1941 per quella che sarebbe stata un’occupazione di diversi anni. Il 16 settembre Reza fu costretto dagli inglesi ad abdicare e ad andare in esilio, trasferendo il potere al figlio ventiduenne Mohammad Reza Shah.

Mohammad Reza Shah non era soddisfatto dell’occupazione congiunta e cercò una presenza militare americana come mediatore degli interessi britannici e sovietici. Il 25 agosto 1941 lo Scià inviò una lettera al Presidente Franklin D. Roosevelt chiedendogli:

“sia così gentile da interessarsi a questo incidente… Prego Vostra Eccellenza di prendere misure umanitarie efficaci e urgenti per porre fine a questi atti di aggressione”.

In risposta a questo appello, Roosevelt inviò il generale Patrick Hurley come suo rappresentante speciale in Iran per aiutare a preparare quella che sarebbe diventata la Dichiarazione sull’Iran, infine adottata alla Conferenza di Teheran dove Stalin, Roosevelt e Churchill avrebbero concordato di garantire l’integrità territoriale e la sovranità nazionale dell’Iran.

La Dichiarazione sull’Iran servì a porre fine all’occupazione straniera del paese nel secondo dopoguerra, nonostante alcune resistenze, e avrebbe giocato un ruolo cruciale nella futura lotta dell’Iran per la sovranità. La Dichiarazione sull’Iran dimostrò quindi di essere più di semplici parole, e questo non sarebbe certamente accaduto se non fosse stato per FDR.

Nel suo rapporto a FDR, Hurley ebbe alcune frasi pungenti sull’attuale sistema dell’imperialismo britannico:

L’imperialismo della Germania, del Giappone, dell’Italia, della Francia… finirà, speriamo, o sarà radicalmente rivisto da questa guerra [la seconda guerra mondiale]. L’imperialismo britannico sembra aver acquisito una nuova vita. . . Ciò che sembra essere una nuova vita… è il risultato dell’infusione, nella sua forma emaciata, del sangue della produttività e della libertà di una nazione libera [Iran] attraverso il Lend-Lease“.

Roosevelt inviò una copia del rapporto Hurley a Churchill con le sue considerazioni in merito:

Il memorandum allegato mi è stato inviato… Mi piace piuttosto il suo approccio generale alla cura e all’educazione di quelli che una volta venivano chiamati ‘Paesi arretrati’… il punto di tutto questo è che non voglio che gli Stati Uniti acquisiscano una ‘zona di influenza’, o qualsiasi altra nazione per quella questione [in Iran]“.

Churchill non era entusiasta della visione Hurley-FDR. Era particolarmente irritato dall’idea di Hurley che l’imperialismo britannico fosse in conflitto con la democrazia.

FDR morì solo pochi mesi dopo e con la sua sepoltura, i piani di Hurley per il sostegno americano a un Iran sovrano e democratico come modello per il resto del Medio Oriente furono relegati nella polvere del tempo e dimenticati da gran parte del mondo.

Dopo la Seconda guerra mondiale, i sentimenti nazionalistici erano in aumento anche in Medio Oriente, e il più importante era l’Iran. Tuttavia, dopo la morte di FDR, i britannici furono liberi di rispondere in modo insincero alla richiesta dell’Iran di migliorare le condizioni economiche, offrendo quello che fu chiamato “Accordo supplementare”, nel maggio 1949. Questo accordo prevedeva un migliore pagamento delle royalties, ma negava all’Iran qualsiasi controllo sui conti o qualsiasi altra forma di controllo sul petrolio iraniano.

 

Entra in scena Mosaddegh

Alla fine degli anni Quaranta, in Iran emerse una nuova forza politica, il Fronte Nazionale guidato da Mohammad Mosaddegh. La sua campagna era incentrata sulla richiesta di nazionalizzare l’AIOC e il popolo iraniano era d’accordo, eleggendo Mosaddegh nel Majlis (parlamento) nel 1949.

Mosaddegh non perse tempo e divenne rapidamente il presidente del Comitato petrolifero del Majlis, incaricato di studiare l'”Accordo supplementare” britannico. Quando fu il momento di metterlo ai voti, il 25 novembre 1950, il comitato emise un sonoro “no” alla proposta britannica.

Meno di quattro mesi dopo, il 15 marzo 1951 il Majlis votò per la nazionalizzazione dell’AIOC, che fu rinominata National Iranian Oil Company (NIOC). Meno di due mesi dopo, il 28 aprile 1951, Mosaddegh divenne Primo Ministro dell’Iran.

Gli inglesi rimasero a mani vuote.

Per due volte i britannici cercarono di far valere le loro ragioni di fronte alla comunità internazionale, una volta nel maggio 1951 all’Aia e un’altra volta in ottobre al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Entrambi i tentativi furono vinti dalla difesa di Mosaddegh il quale, tra l’altro, aveva conseguito un dottorato in legge alla Neuchatel Law School in Svizzera nel 1914.

Si trattò di una vittoria tutt’altro che formale. Si trattava di stabilire un precedente nella comunità internazionale, secondo il quale il diritto alla sovranità nazionale di un Paese sarebbe stato favorito rispetto alle “pretese” imperiali della Gran Bretagna, che durante questi due processi molto pubblici si rivelarono essere nient’altro che le minacce e tangenti di pirati.

Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Mosaddegh rispose alle ambizioni imperiali della Gran Bretagna sull’Iran con queste eloquenti parole:

“I miei connazionali non hanno il minimo indispensabile per vivere… La nostra più grande risorsa naturale è il petrolio. Questo dovrebbe essere la fonte di lavoro e di cibo per la popolazione dell’Iran. Il suo sfruttamento dovrebbe essere correttamente riservato alla nostra industria nazionale e i suoi proventi dovrebbero andare a migliorare le nostre condizioni di vita. Per come è organizzata ora, invece, l’industria petrolifera non ha contribuito praticamente per nulla al benessere del popolo o al progresso tecnico o allo sviluppo industriale del mio Paese… Se dobbiamo tollerare una situazione in cui l’iraniano svolge il ruolo di mero lavoratore manuale nei campi petroliferi… e se gli sfruttatori stranieri continuano ad appropriarsi praticamente di tutti i proventi, allora il nostro popolo rimarrà per sempre in uno stato di povertà e miseria. Queste sono le ragioni che hanno spinto il Parlamento iraniano… a votare all’unanimità a favore della nazionalizzazione dell’industria petrolifera”.

Un colpo di stato britannico

Gli inglesi erano furiosi per l’umiliazione di alto profilo inflitta da Mosaddegh alle pretese dell’Impero britannico sul petrolio iraniano. Mosaddegh doveva essere deposto, ma questo non poteva sembrare una ritorsione britannica.

Durante la visita di Averell Harrimann a Teheran nel luglio 1951, nel tentativo di salvare le relazioni tra Gran Bretagna e Iran, Mosaddegh pare che abbia detto,

“Non sapete quanto siano astuti. Non sapete quanto siano malvagi. Non sapete come insozzino tutto ciò che toccano”.

Mentre circolavano voci di golpe e si diffondevano notizie di contatti britannici con alti gradi militari iraniani, il 16 ottobre 1952 Mosaddegh ruppe le relazioni diplomatiche con il Regno Unito. Gli inglesi furono ulteriormente umiliati e dovettero lasciare il Paese portando con sé i loro agenti.

Fu a questo punto che Churchill “invitò” il suo cagnolino, il presidente de facto Truman, a partecipare alla sua visione di cambio di regime in Iran. Nel novembre del 1952, con la messa a verbale dei documenti NSC 136 e 136/I (NSC, Consiglio Nazionale di Sicurezza, N.d.T.), Truman accettò di promuovere un intervento diretto in Iran attraverso operazioni segrete e persino con la forza militare. Un piano dettagliato fu approvato l’8 gennaio 1953, 12 giorni prima dell’insediamento di Eisenhower.

La gestione di questa operazione segreta fu affidata a due noti mestatori, i fratelli Allen e Foster Dulles, che avrebbero usato la stessa tecnica quando JFK entrò in carica per incastrarlo con il fiasco della Baia dei Porci. Tuttavia, quella volta JFK riuscì a smascherare pubblicamente Allen Dulles in questo piano e lo licenziò. Dulles era stato direttore della CIA per 8 anni fino a quel momento, ed era stato vicedirettore della CIA per due anni prima. Per ulteriori dettagli si rimanda al mio articolo su questo tema.

Un incontro preliminare a Washington vide i rappresentanti della Divisione Vicino Oriente e Africa (NEA) con i servizi segreti britannici. Le personalità chiave erano Christopher Montague Woodhouse, che era stato capo della stazione dei servizi segreti britannici a Teheran, e da parte americana Kermit Roosevelt (figlio di Teddy Roosevelt), in qualità di capo della divisione NEA. Secondo i documenti della CIA, in parte divulgati dal New York Times il 16 aprile 2000, sarebbero stati gli inglesi a proporre un’azione politica congiunta per rimuovere il Primo Ministro Mosaddegh. Il piano finale fu chiamato in codice TPAJAX.

L’Appendice B, alias “Bozza di Londra del Piano Operativo TPAJAX”, era una propaganda nera che mirava a far emergere questi temi 1) Mosaddegh favorisce il Partito Tudeh e l’URSS, e, 2) Mosaddegh è un nemico dell’Islam poiché si associa al Tudeh.

L’obiettivo di queste tattiche era quello di inserire un cuneo tra Mosaddegh e il suo Fronte Nazionale da un lato e i suoi alleati clericali, in particolare Kashani, dall’altro. Le manifestazioni di piazza contro Mosaddegh dovevano fornire il pretesto ai parlamentari comprati per indire una votazione contro di lui; se si fosse rifiutato di dimettersi, il piano prevedeva che Fazlollah Zahedi, leader dell’opposizione, lo arrestasse. Zahedi, come descritto nell’Appendice B, era stato scelto dagli inglesi per sostituire Mosaddegh come Primo Ministro dopo il colpo di Stato.

Il Capo di Stato Maggiore Gen. Taghi Riahi venne a conoscenza dei piani di colpo di stato e avvertì Mosaddegh in tempo. Quando il capo delle Guardie Imperiali, Col. Nasiri, si recò a casa di Mosaddegh la sera prima del giorno previsto per il colpo di Stato (16 agosto) per arrestarlo, Nasiri stesso fu fatto prigioniero dai militari pro-Mosaddegh. Zahedi riuscì a fuggire.

Il tentativo di colpo di Stato era fallito e la notizia si diffuse rapidamente, la folla si riversò nelle strade sostenendo Mosaddegh e denunciando lo scià. Lo Scià lasciò rapidamente il Paese.

La CIA, informata del fiasco, avvertì Kermit Roosevelt che avrebbe dovuto lasciare immediatamente l’Iran. Ma Kermit credeva che il colpo di Stato potesse ancora funzionare e avrebbe fatto un secondo tentativo tre giorni dopo. I servizi segreti britannici e la CIA orchestrarono le manifestazioni di piazza il 19 agosto. I decreti reali firmati dallo Scià per la destituzione di Mosaddegh e la sua sostituzione con Zahedi furono resi pubblici dalla stampa il giorno stesso, mentre i notiziari radiofonici annunciavano che Zahedi era primo ministro, che Mosaddegh era stato rimosso e che lo Scià sarebbe tornato presto.

Unità militari furono inviate a casa di Mosaddegh. Mentre la sua casa veniva distrutta da spari e carri armati, Mosaddegh riuscì a fuggire. Si dice che in seguito si sia consegnato alle autorità.

Dopo un periodo di dieci settimane in una prigione militare, Mosaddegh fu processato con l’accusa di tradimento, per essersi presumibilmente mobilitato per una ribellione e aver contraddetto lo scià. In realtà, l’accusa di tradimento era una risposta nazionalistica a un colpo di Stato straniero.

Mosaddegh fu prontamente dichiarato colpevole e condannato a morte, pena poi ridotta a tre anni di carcere, seguiti dagli arresti domiciliari.

La risposta di Mosaddegh al procedimento del tribunale illegale fu:

“Il mio unico crimine è quello di aver nazionalizzato l’industria petrolifera e di aver rimosso da questo mio paese la rete del colonialismo e l’influenza politica ed economica del più grande impero [quello britannico] sulla Terra”.

Anche i membri del suo governo furono arrestati, così come i principali militari che gli erano rimasti fedeli. Seicento di questi 6.000 uomini furono giustiziati.

Anche dopo la morte di Mosaddegh, avvenuta il 5 marzo 1967, i suoi nemici temevano la sua influenza. Mosaddegh aveva chiesto di essere sepolto nel cimitero pubblico accanto alle vittime della violenza politica avvenuta il 21 luglio 1952 ad opera di Ahmad Qavam, appoggiato dagli inglesi, che ordinò ai soldati di sparare contro i nazionalisti di Mosaddegh durante una manifestazione, provocando un bagno di sangue. Non volendo che la sua tomba diventasse il luogo di manifestazioni politiche, fu negato un funerale pubblico per Mosaddegh e il suo corpo fu sepolto in silenzio sotto le assi del pavimento di una stanza della sua casa.

 

Cynthia Chung è presidente della Rising Tide Foundation e scrittrice presso la Strategic Culture Foundation.

 

 

Link: https://strategic-culture.org/news/2020/05/23/to-understand-irans-150-year-fight-follow-trail-of-blood-and-oil/

Scelto da Markus – Traduzione (IMC) di CptHook

 

 

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