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La Redazione

 

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Ha inizio il grande gioco del Pipelineistan

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A cura di Truman
Il 30 Maggio 2005
371 Views
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blankdi Pepe Escobar
La storia potrà giudicarla come una delle mosse più importanti del nuovo Grande Gioco del XXI secolo: 25 maggio, il giorno in cui il petrolio grezzo leggero di alta qualità proveniente dal Caspio ha cominciato a scorrere attraverso il Caucaso verso il Mediterraneo, in Turchia. L’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC) – creato dagli USA come la principale via di salvezza dalla dipendenza dal petrolio del Golfo Persico – è finalmente in funzione.

Il Pipelineistan è soprattutto questo: una legge suprema in se stesso – intoccabile dalle sovranità nazionali, una seria questione ambientale (espressa sia nel Caucaso che in Europa), di legislazione del lavoro, di proteste contro la Banca mondiale, senza contare le sue montagne alte 2700 metri e i 1500 piccoli fiumi. Per il BTC ci sono voluti dieci anni di duro lavoro e almeno 4 miliardi di dollari americani – 3 miliardi dei quali sono stati presi in prestito dalla Banca. BTC non è solo un oleodotto: è uno Stato sovrano.blankQuesto stato BTC divide l’Azerbaijan a metà da est a ovest, così come divide a metà da est a ovest la Georgia, prima di immergersi a sud, eludendo la secessionista Ajaria e dividendo l’Anatolia turca diagonalmente da nordest fino a sud.
L’inizio è posto nello scintillante terminale della British Petroleum (BP) nel Sangachal, a un’ora e mezzo dal sud caspico di Baku. Lo stato è largo 44 metri, e serpeggia per 1.767 km attraverso tre nazioni, due delle quali (Azerbaijan e Georgia) estremamente instabili, mentre l’altra (la Turchia) deve affrontare i possibili problemi causati dagli espropriati kurdi.

L’oleodotto stesso è largo solo 126 cm, un sottile e vertiginoso serpente costituito da non meno di 150.000 segmenti prodotti in Giappone, terminati in Malesia e consegnati via nave al porto georgiano di Bitumi, capitale della separatista micro-repubblica di Ajaria (la quale virtualmente non è controllata da Tbilisi).

Per comprendere lo scopo e le ambizioni del BTC bisogna visitare Villa Petrolea, il quartiergenerale della BP a Baku. I principali azionisti del BTC sono la BP (30.1%) e la compagnia petrolifera di stato dell’Azerbaijan, la SOCAR (25%), seguita dalla UNOCAL (USA, 8.9%), Statoil (Norvegia 8.71%), Turkish Petroleum (6.53%), ENI (Italia, 5%), TotalFinaElf (Francia, 5%), Itochu (Giappone, 3.4%), ConocoPhillips (USA, 2.5%), Inpex (Giappone, 2.5%) e Delta Hess (una rischiosa associazione della Saudi Delta Oil con l’American Amerada, 2.36%).

La BP ha investito almeno 15 miliardi nella regione (esplorazione, sfruttamento, costruzione dell’oleodotto). In accordo con la saggezza popolare di Baku, l’uomo che realmente guida l’Azerbaijan è David Woodward, il presidente della BP, conosciuto come il “vicerè”, un titano itinerante del petrolio con più di tre decadi di lavoro per la compagnia dalla Scozia ad Abu Dhabi e dall’Alaska alla Siberia. Woodward e la BP senza pietà sostengono che il BTC sia l’oleodotto più pulito ed economico mai costruito. I contadini georgiani e le Ong inglesi non sono dello stesso parere.

Dinastia, il modello-Caucaso

Il BTC sarebbe impossibile senza il solito dittatore strategicamente installato e supportato dagli USA – in questo caso il vecchio e spietato alleato caucasico Heydar Aliyev, morto nel dicembre del 2003. Ma una dittatura dinastica è persino meglio, da quando suo figlio Ilham è divenuto il successore grazie ad elezioni fraudolente nell’ottobre del 2003. Fu d’aiuto anche il fatto che ad Ilham, un provetto playboy, capitò di diventare il capo di una compagnia petrolifera di Stato, la SOCAR.

L’Azerbaijan non fu mai per la “libertà e democrazia”, né per le rivoluzioni sullo stile della Georgia, Ucraina e Kyrgyzstan. Appena lo scorso sabato a Baku la polizia di Azeri ha picchiato e arrestato più di cento oppositori che chiedevano “Libertà!” e “Libere elezioni!”. Questo è un regime che, stando a Trasparency International, è classificato 140° su 146 nell’indice globale della corruzione. Dal punto di vista di Washington la dinastia di Aliyev in Azerbaijan gioca lo stesso ruolo dell’islamico Karimov un Uzbekistan: essi sono “nostri” dittatori.

L’Azerbaijan, la Georgia e la Turchia avevano disperato di finire il BTC in tempo. La Turchia ha un debito col Fondo Monetario Internazionale che ammonta ad una fortuna. La Georgia sopravvive largamente grazie agli aiuti americani. L’Azerbaijan almeno ha istituito un fondo petrolifero di stato per utilizzarne le entrate a beneficio delle future generazioni. Ma veramente pochi abitanti di Azeri credono nel mito collettivo secondo il quale il BTC li renderà ricchi. La vita reale la si può trovare a meno di un km dal centro di Baku: famiglie numerosissime stipate in appartamenti comuni stile-sovietico con acqua ed elettricità scarse. L’Azerbaijan può venire marchiata facilmente come una terra di Ladas e di Volgas malsicuri in cui scorrazza un’armata di bianchi 4X4 appartenenti alla BP con sul tetto i riflettori satellitari – i quali permettono ai quartieri generali di Londra o di Baku di localizzare immediatamente tutte le “truppe” ovunque nell’instabile Caucaso.
L’unica altra industria fiorente nel Caucaso, a parte quella del petrolio, è il rapimento. Per non parlare di Kristina, la danzatrice del ventre del Karavanserai, il ristorante preferito dell’oligarchia del petrolio, che è una classe a sé.

In Georgia gli ostacoli sono stati più complicati rispetto all’Azerbaijan. Fino alla “Rivoluzione della Rosa” della fine del 2003, che li ha liberati da Edward Shevardnadze a vantaggio del giovane, fotogenico, educato in America e allineato all’America, Mikhail Saakashvili.
Resta il piccolo problema di difendere il BTC dagli attacchi dei Ceceni, sospettati di esser collegati ad Al-Quaeda, che sarebbero nascosti nelle montagne georgiane. Ma almeno la protezione alla fine del BTC nel Ceyhan, in Turchia, è garantita: non è una coincidenza infatti che il termine dell’oleodotto sia proprio accanto alla massiccia base aerea americana a Incirlik.

Il Gioco non è finito

In termini di potere politico e di geopolitica del petrolio, il BTC è il vero affare – una componente chiave nella strategia globale statunitense per tenere lontana la Russia dal Caucaso e dall’Asia Centrale – che elude le vie del petrolio e del gas iraniane. Il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbaev, ad esempio, ha già annunciato che il greggio del Kazakistan scorrerà nel BTC prima del 2010. Ha persino proposto di aggiungere Aktau – il petrolio caspico kazako Mecca – a una nuova sigla (ABTC?). E’ interessante ricordare che la BP ha sempre negato di aver bisogno del petrolio kazako per riempire il proprio oleodotto.

Tutto ciò che è collegato al BTC implica una straordinaria ambizione. Ci vorranno un paio di mesi per riempire l’oleodotto – e perchè le super autobotti vengano caricate col greggio del Caspio a Ceyhan evitando così l’affollatissimo Bosforo. Il BTC è progettato per arrivare ad avere un milione di barili al giorno – circa l’1,2% della produzione mondiale.
Li si confronti coi 500.000 barili del Caspian Pipeline Consortium, il quale trasferisce il greggio da Baku al porto russo di Novorossiyk.

Il BTC ha poco senso in termini economici. Gli esperti del petrolio sanno che la via più redditizia dal Caspio sarebbe il sud attraverso l’Iran o il nord attraverso la Russia. Ma il BTC è un affascinante capolavoro del potere politico – dal punto di vista di Washington e dei suoi alleati. Il vice presidente degli Stati Uniti, Dick Cheney, già nella sua precedente incarnazione come capo di Halliburton, è sempre stato un grandissimo sostenitore del “significato strategico” del BTC. Sarà valsa la pena di effettuare questo massiccio investimento? Il giudizio è ancora aperto.
Invece dei sogni di un nuovo Kuwait, il Caspio può produrre solo 32 miliardi di barili di petrolio – poco più delle riserve del Qatar, un piccolo produttore del Golfo. Il Caspio infatti può produrre meno del 10% del totale delle riserve conosciute del Medio Oriente.

Ad ogni modo, ciò che importa realmente è il posizionamento del Nuovo Grande Gioco. Il Caucaso, il Caspio e l’Asia centrale sono sotto tiro per quanto riguarda i tentativi di usurpazione. Per il petrolio e il gas di Azeri (e del Kazakistan) i clienti europei potrebbero fare affidamento sul BTC per un poco della loro fornitura. Ma arriverà la contromossa della Russia: il presidente Vladimir Putin non desisterà dal sedurre l’Unione Europea coi carichi di petrolio caspico russo – con in più una forte protezione – in cambio di carichi di investimenti da parte dell’Unione Europea.
Signore e signori, piazzate le vostre scommesse.

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANNA T.

26 maggio 2005 Copyright 2005 Asia Times Online Ltd.

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