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La Redazione

 

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GUIDA DI SOPRAVVIVENZA PER VIVERE NEGLI STATI UNITI

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A cura di Olimpia
Il 9 Novembre 2005
95 Views

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Di MALCOM LAGAUCHE

Ieri, ho ricevuto un messaggio da un lettore dell’Australia. Mi ha dato l’idea per l’articolo di oggi. Ecco il messaggio:

Ho appena finito di leggere un articolo su From the Wilderness su una storia di un gruppo di persone che cercava di uscire da New Orleans. Che gran pezzi di bastardi erano a capo della non-esistente evacuazione. Ogni capo di polizia, i comandanti della Guardia Nazionale e tutti coloro che avevano posizioni di responsabilità dovrebbero essere arrestati e processati per crimini contro l’umanità.

Sono dispiaciuto per te, Malcom, che vivi nello stesso paese di quei bastardi.

L’ultima frase del messaggio dell’australiano era particolarmente acuta. Rimanendo sullo stesso tema, ho letto recentemente queste righe in un articolo scritto da John Goldhammer per il sito web Axis of logic:

“Come fai a trovare un leone che ti ha divorato?” chiedeva lo psicologo tedesco Carl Jung commentando il dilemma morale espresso dall’”ombra”, il suo termine intuitivo per il lato buio e nascosto della psiche umana.

La risposta alle domande di Jung è “non puoi trovare o vedere quel leone” – non fintanto che sei dentro la bestia. E lì risiede il dilemma essenziale del lato oscuro o dell’ombra del gruppo: è quasi impossibile per quelli presi dentro un sistema di credenza di gruppo vedere il proprio lato oscuro con chiarezza o obiettività.

Da quando nel 1983 sono ritornato dopo 8 anni in Europa, ho sempre avuto la sensazione di essere fuori dal leone e di poterlo vedere chiaramente. Eppure, la grande maggioranza dei cittadini statunitensi vive all’interno e vede poco o niente.

Per gli ultimi vent’anni ho vissuto come straniero nel mio stesso paese. All’inizio, era opprimente e pensavo che uno scrittore di fantascienza impazzito avesse scritto il copione di ciò che stava accadendo negli Stati Uniti. Ogni anno, sembrava andare peggio, eppure le mie parole erano dette ad orecchie sorde.

Lo stesso paese che avevo lasciato nel 1975 era regredito in una pericolosa entità. A metà degli anni ’70, il pubblico americano non sosteneva la guerra. Ne aveva abbastanza del Vietnam. I miei concittadini erano laici. Sicuro, alcuni erano credenti, ma tutto era fatto entro i confini delle istituzioni religiose. Durante i miei primi 27 anni, nessuno mi chiese quale religione praticassi. Tali azioni sarebbero state considerate di cattivo gusto.

Nella mia prima settimana di approdo sulle coste degli Stati Uniti, molte persone mi chiedevano “qual è la tua religione?”. La mia risposta era sempre la stessa: “Nessuna. Sono ateo”. A quella risposta, tutti quelli che discutevano con me o fuggivano via o mi giravano le spalle e borbottavano alcune sgradevoli affermazioni e poi correvano via. Le cose erano certamente cambiate.

La rivoluzione culturale degli anni ’60 era ora trasformata in una controrivoluzione culturale che quasi riportava il mio paese indietro nel tempo e lo tramutava in una nazione guerrafondaia senza pensiero.

Oggi, la controrivoluzione culturale è nel pieno delle forze. Cose che erano accettate negli anni ’60, come fumare marijuana o donne in topless sulla spiaggia, sono ora considerate atti criminali. I diffusi modi di essere che la gente sosteneva sono finiti. Non più vestiti casual o colorati sul luogo di lavoro; i capelli lunghi sono out; falsa formalità a pieno ritmo.

Dopo circa un anno di vita frustrante, cominciai ad incontrare persone che non si adattavano al ruolo imposto: un carpentiere fumatore di spinelli ossessionato dalle cupole geodetiche e dall’ingegneria dietro tali costruzioni; un giocatore di tennis hippie che lavorava da venti anni al restauro di una vecchia barca nel suo vialetto e ce ne sarebbero voluti ancora venti per metterla in acqua; e un fotografo afro-americano che parlava cinque lingue, eppure gli veniva sempre chiesto in un bar “Che vuoi, ragazzo? Rum e coca?”. Queste conoscenze non erano profonde, ma mi resi conto che c’erano altri nella società che non si adeguavano alla norma. Oggi, senza dati scientifici dietro la mia teoria, concludo che circa il 4% del pubblico americano si colloca nella categoria dei ‘fuori-dal-leone’.

Dopo pochi anni, ad uno viene spontaneo vivere come un guerrigliere nascosto nel proprio paese. E diventa più facile identificare quelli con uno stile di vita simile. Le sfumature sono sottili, ma sono colte da quelli che non sono la maggioranza.

Per esempio, prima delle partite più importanti di baseball negli Stati Uniti, viene suonato l’inno nazionale, Star Splanged Banner. Quando ero solito frequentare le partite al Jack Murphy Stadium di San Diego, lasciavo il mio posto appena i tifosi si alzavano per cantare l’inno. Scendevo una rampa di scale e rimanevo vicino al bar, poi ritornavo al mio posto alla fine della canzone. Ogni volta che ripetevo questo atto non compiacente, notavo che una mezza dozzina o quasi di persone era nella stessa zona. Erano là per lo stesso mio motivo. Non ci conoscevamo, ma sorridevamo quando i nostri sguardi si incrociavano. Le parole non erano necessarie.

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Oggi, sono abbordato dappertutto per quanto riguarda religione e patriottismo. Nei parcheggi, la gente mi chiede: “Oh, dov’è il tuo adesivo con la bandiera?” oppure “Dov’è il tuo adesivo con la scritta ?” Io rispondo che tali manifestazioni sono contrarie alla mia filosofia e alle mie convinzioni. Qualcuno non capisce le parole che uso mentre altri addirittura mi guardano storto. Più di una volta, ho detto “Va’ a chiuderti in bagno e da’ sfogo alla natura”. Questo li lascia interdetti mentre io salgo in macchina e mi allontano.

E’ rinvigorente incontrare qualcuno e sentire la parola “imperialismo” venir su velocemente. E’ una parola che viene usata soltanto negli Stati Uniti dalle persone che sono fuori dal corpo del leone. Ogni tanto parlando per la prima volta con qualcuno viene fuori l’“imperialismo” ed è subito un nuovo amico.

Questi sono tempi difficili per gli atei, i progressisti e i non conformisti americani. Ma ci sono abbastanza persone come me per avere relazioni significative. Lasciate che vi presenti un po’ dei miei amici che rendono tollerabile l’insopportabile.

Bet Halsema è un filosofo ottantaduenne Dottore all’Università del Messico. Allo stesso tempo, era anche presidente di un’organizzazione di un solo uomo chiamata “La Società dei Senza Dio Militanti”. Quando gli chiesi del gruppo, mi disse che aveva lasciato dopo poco l’inizio. Perché? “Troppo lavoro” rispose.

Il mio amico iracheno-americano Issam è un imperturbabile sostenitore del regime ba’athista. Negli anni novanta viveva sei mesi all’anno in Iraq e sei mesi negli Stati Uniti. E’ in prima linea in ogni movimento anti-razzista nella Contea di San Diego. Nonostante il suo essere marginalizzato nel suo stesso paese (ha la cittadinanza statunitense), il suo altruismo lo conduce ad alzarsi per ogni americano ostracizzato.

Poi, c’è il mio amico Husayn, uno dei giornalisti più acuti del mondo che ha (messo allo) scoperto uno dei più ignobili complotti che include il programma delle armi nucleari di Israele e la brutalità della polizia in diverse comunità americane. Ha lunghi capelli e integrità inosservate nell’America convenzionale.

Basta aggiungere a questi una dozzina circa o più di persone consapevoli provenienti da razze e ambienti diversi, per avere il nucleo delle persone che mi sono più vicine.

Ho anche un po’ di amici non ortodossi nel campo della lotta libera agonistica, un tipo di intrattenimento che è guardato con disprezzo dalla maggior parte dell’intelligencia degli Stati Uniti, anche se, ad essere onesti, molti guardano questa forma indigena di teatro su un teleschermo.

L’Honky Tonk Man ha raggiunto la fama presentandosi con un look alla Elvis Presley. Ha capelli lisci gelatinati tirati all’indietro e sale sul ring con una chitarra. Honky Tonk è un cattivo ragazzo che vince colpendo l’avversario sulla testa con il suo strumento mentre l’arbitro dà le spalle all’azione.

Sembra una buffonata, ma ciò che vedi non è reale. L’Honky Tonk Man è Wayne Farris, laureato alla Memphis State University con un master in scienze dell’educazione. Il suo trucco lo ha reso forte per trent’anni, ma Farris non è il provinciale che appare. Oggi, combatte circa settanta incontri all’anno ed ha anche guadagnato del denaro con delle apparizioni in pubblico. E’ un uomo integro che ha intrapreso la lotta professionale e ha castigato i truffatori e i bugiardi.

La generazione dei più giovani ammira Farris per le sue idee ed il suo modo di fare schietto. Una volta gli ho detto: “Wayne, è raro che ad un lottatore della tua età piacciano i giovani, dati il loro stile di vita e i loro costumi morali. Eppure, sei il loro idolo”. Mi ha risposto: “Non importa se hanno i capelli blu o se hanno orecchini dappertutto. Alla loro età, io avevo capelli lunghi ed ero diverso da come sono adesso. Ricordo quei giorni e li capisco”.

Ad ogni modo, la prima volta che ho parlato con Farris, gli chiesi se suonava la chitarra. La sua risposta fu breve e precisa: “ Non so suonare una fottuta nota”.

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Un altro lottatore che si distingue per la sua creatività e integrità è The Genius. Il suo vero nemo è Lanny Poffo. All’apice della sua carrriera, Poffo entrò nel ring vestito con tocco e toga e si proclamò “L’Uomo più intelligente del mondo”. Leggeva poesie originali prima di ogni incontro in cui denigrava i suoi avversari e i tifosi. Era un ragazzaccio.

Oggi, sono amico di The Genius. Parliamo frequentemente di vita e affari del mondo. Critica apertamente la guerra ed è sostenitore di molte cause politiche, come il diritto della donna di scegliere l’interruzione di gravidanza e la ricerca scientifica nel campo della ricerca delle cellule staminali.

[The Genius fuori dal ring]

Inoltre, si oppone a tutte le forme di razzismo, omofobia ed etnocentrismo. E’ sociologicamente, mentalmente e psicologicamente superiore alla gente che vive dentro il leone.

Poffo ha scritto migliaia di poesie e ha due libri al suo attivo. Ogni tanto, salta su con una semplice dichiarazione che dice tutto. Ecco la mia favorita: “Colui che non sa e sa di non sapere è migliore di chi non sa e crede di sapere”.

Quanto al mio amico australiano, lo ringrazio per la sua simpatia. E’ accorto nella sua valutazione di qualcuno come me che vive negli USA. Comunque, mi sono imbattuto in un certo numero di persone che vivono fuori dal leone per rendere la vita più sopportabile. Tuttavia, dobbiamo ancora essere consci della presenza del leone e prendere precauzioni per evitare che ci afferri per il sedere e ci divori.

Preferisco includere nella mia lista di amici quegli adulti che vestono con tocco e toga o alla Elvis Presley, filosofi spinellari o giornalisti radicali dai capelli lunghi, piuttosto che l’intera popolazione che vive entro il leone.

Malcom Lagauche
Fonte: http://www.uruknet.info/
Link: http://www.uruknet.info/?p=16108
25.09.2005

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di PATRIZIA

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