DI SUSAN GARTH
Global Research
Nel conflitto sempre
più duro tra il governo di Khartoum e gli stati del sud che hanno
votato per l’indipendenza nel referendum di gennaio, si stima
che siano state uccise più di 1.500 persone dalla data del voto e altre
150.000 hanno dovuto lasciare le proprie case. Le agenzie d’assistenza
hanno annunciato un disastro umanitario proprio mentre il paese si incammina
verso una ripresa della guerra civile tra nord e sud che in due decenni
ha provocato più di due milioni di morti.Il Presidente Barack Obama ha preteso
un “cessate il fuoco”, presentandosi come un onesto intermediario
in un conflitto che, per larga parte, è un prodotto degli Stati Uniti.
Il disastro umanitario minaccia di diventare un pretesto per un’altra
avventura militare in Africa. Washington è già intervenuta in Libia
con i raid di bombardamenti che avevano l’obbiettivo di rovesciare
il regime di Gheddafi regime. Ora ha il Sudan nel mirino.
Obama ha adottato lo stesso tono moraleggiante
che ha usato parlando della Libia. “Non c’è nessuna soluzione militare”,
ha detto a Voice of America. “I leader del Sudan e del
Sudan del Sud devono affrontare le proprie responsabilità. Il governo
del Sudan deve prevenire un’ulteriore escalation della crisi,
cessando immediatamente le sue iniziative militari, che comprendono
bombardamenti aerei, trasferimenti forzati e campagne di intimidazione.”
Tutto questo viene dal presidente che
ha sancito gli attacchi dei droni in Afghanistan che hanno ucciso
i civili, che ha personalmente ordinato degli omicidi guardandoseli
dalla televisione a circuito chiuso e che sta tuttora dando sostegno
al bombardamento NATO di Tripoli nel tentativo di uccidere un capo di
stato. Per Obama, parlare di pace è una cosa totalmente ipocrita.
Obama ha incitato i leader sudanesi
per la ricerca di una soluzione pacifica e gli ha assicurato che “gli
Stati Uniti faranno i passi necessari che sono già stati promessi per
ristabilire una normalità nelle relazioni.” Ma ha anche messo la
pulce nell’orecchio. Ha proseguito minacciando che “quelli che non
osserveranno i propri obblighi internazionali avranno di fronte a sé
una pressione e un isolamento maggiori e saranno ritenuti responsabili
delle loro azioni.”
Tutto questo implica che il Presidente
Omar al-Bashir, che come Muammar Gheddafi è stato denunciato alla
Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità, si può
aspettare lo stesso trattamento riservato al regime di Gheddafi se non
seguirà le richieste di Obama.
Khartoum è già stata l’obbiettivo
di un attacco di missili Cruise nel 1998 quando fu distrutta l’industria
farmaceutica al-Shifa. L’amministrazione Clinton denunciò che la
fabbrica era un impianto per la produzione di armi chimiche collegata
ad al Qaeda. Una vasta mole di prove che sono finora emerse implicano
che la fabbrica era attiva solamente nel campo medico e che non aveva
nessun collegamenti con quell’organizzazione.
Le lamentele degli USA erano una fabbricazione
totale e la distruzione della fabbrica aveva l’obbiettivo di intimidire
la popolazione sudanese e di privarla di un’importante infrastruttura.
L’ambasciatore della Germania in Sudan, Werner Daum, ha calcolato
che la perdita della fabbrica ha comportato la morte di decine di migliaia
di persone per la malaria e la tubercolosi per la carenza di medicinali
salva-vita.
Nell’aprile di quest’anno due persone
sono state uccise in un’auto che è stata colpita da un missile a
Port Sudan. Le autorità sudanesi hanno riferito che il missile era
stato sparato da un velivolo non identificato che volava nello spazio
aereo sudanese. Hanno anche suggerito che Israele fosse dietro l’’attacco.
Il governo di Israele non ha commentato. Solo Israele e gli Stati Uniti
hanno la tecnologia militare usata in questi attacchi ed è difficile
crede che il governo israeliano possa averlo portato a termine senza
la conoscenza degli USA. Le vittime non sono state identificate ma è
stato senza dubbio un assassinio.
Il conflitto che si sta sviluppando
nel Sudan è il risultato di un lungo periodo di coinvolgimento
negli affari della regione da parte degli Stati Uniti. Le varie amministrazioni
che si sono succedute a capo degli USA hanno appoggiato il Movimento
di Liberazione Popolare del Sudan (SPLM) guidato dal leader,
addestrato dagli USA, John Garang. La sua morte improvvisa in un incidente
a bordo di un elicottero non ha in alcun modo intaccato i rapporti.
Gli Stati Uniti hanno fornito armi
per il conflitto dell’SPLM contro il governo di Khartoum e hanno continuato
a riversare armi nel paese seguendo l’accordo del 2005 violato dagli
Stati Uniti che portò alla fine della guerra civile. Ciò ha fornito
il pretesto per un referendum sulla secessione del sud e per la creazione
di un nuovo stato nel Sudan meridionale con capitale Juba. Il voto per
la secessione ha offerto a Obama una base dentro al Sudan per lanciare
un assalto al regime di Khartoum per mezzo di una forza delegata.
L’intero Sudan è soggetto alle sanzioni
degli Stati Uniti che proibiscono le esportazioni di armi nel paese.
Gli USA permettono solamente di esportare merci non militari al Sudan,
anche nel sud. Ma secondo WikiLeaks, un carico di carri armati,
di lanciagranate e di armi anti-aeree catturato dai pirati somali
nel 2008 era diretto all’SPLM. Era stato venduto all’SPLM passando
dal Kenya, un alleato molto stretto degli Stati Uniti. I cablogrammi
trapelati hanno rivelato che gli Stati Uniti erano preoccupati dall’esito
di questa spedizione.
È chiaro da questa diffusione di notizie
che gli Stati Uniti stavano preparando l’SPLM per affrontare un nuovo
conflitto militare mentre tutti i pronunciamenti pubblici che venivano
dalla Casa Bianca e dal Dipartimento di Stato parlavano di pace.
I conflitti lungo il confine non ancora
determinato erano inevitabili. Le regioni di confine del Sud Kordofan
e dell’Abyei erano tra le pochi aree produttrici di petrolio che potevano
rimanere ancora nella mani di Khartoum dopo la secessione del sud. Sarebbero
state contestate in modo accanito, ma ci sono le prove che il conflitto
attuale è stato provocato dalle forze fedeli all’SPLM. Il 10 maggio
le unità delle milizie alleate all’SPLM hanno teso un’imboscata
a un convoglio umanitario delle Nazioni Unite e delle truppe del nord.
Alcune fonti diplomatiche hanno suggerito che questo è stato un tentativo
deliberato di trascinare Khartoum in un conflitto sui confini. Se così
fosse, è riuscito nell’intento, perché la risposta di Khartoum è
stata l’invio di carri armati nella città di confine di Abyei e il
bombardamento di un campo aereo nel Sud Kordofan.
Si sarebbe dovuto tenere un referendum
separato a Abyei per decidere se si fosse unita alla parte nord o a
quella sud della nazione. Ma il voto è stato posticipato dopo
gli scontri violenti tra i gruppi a favore di Khartoum e quelli a favore
dei gruppi del sud. I tentativi di mediazioni degli altri Stati africani
sono falliti e le due parti in lotta sono diventate sempre più intransigenti.
“Abyei è terra del nord Sudan”,
ha insistito il Presidente Omar Hassan al-Bashir. Ha anche aggiunto
che il Sudan non ha paura delle minacce degli Stati Uniti.
Parlando da Juba, la capitale meridionale,
il portavoce dell’SPLM, Philip Aguer, ha riferito al Financial
Times che “la missione delle Nazioni Unite in Sudan è stata un
fallimento completo: quale sarebbe lo scopo di “monitorare” la pace
quando si stanno “monitorando” le uccisioni di persone? Il Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite, dovendo attivare una missione che
imponga la pace, dovrebbe fare qualcosa di più che fare promesse che
non mantiene.”
L’SPLM sta davvero chiedendo una
copertura della Nazioni Unite per le sue operazioni militari come ha
già fatto Alassane Ouattara in Costa d’Avorio nella sua lotta contro
Laurent Gbagbo.
L’SPLM si descrive come la parte
colpita che allo stesso tempo sta riorganizzando e riequipaggiando il
suo esercito. Atim Garang dell’SPLM ha accusato il governo di Khartoum
di volere il conflitto: “Abbiamo caldeggiato relazioni buone e serene
tra il nord e il sud del Sudan e stavano accordandoci per la sostenere
i comuni interessi con la parte nord del paese, principalmente riguardo
alla nostra collaborazione nel campo delle estrazioni e della commercializzazione
del petrolio, ma ora dubitiamo fortemente delle vere intenzioni del
Sudan del nord.”
Il Vicepresidente Riek Machar Teny
Dhurgon ha visitato Washington per ottenere un supporto più consistente
all’SPLM. Avendo architettato una crisi umanitaria sul confine, Washington
potrebbe sentirsi giustificata dall’offrire un maggior supporto militare
all’SLPM.
Da parte sua il governo di Khartoum
si è rivolto al suo alleato di lungo orso, la Cina. Bashir visiterà
Pechino nelle prossime settimane. L’argomento di questo confronto
non è stato annunciato, ma la Cina è la più grande fornitrice di
armi del Sudan.
La Cina è stata largamente responsabile
dello sviluppo dell’industria petrolifera del Sudan, l’80 per cento
della quale è nel sud e cadrà sotto le autorità meridionali una volta
che la scissione avrà luogo. La gran parte delle strade asfaltate nel
Sudan meridionale e sono state costruite dalle compagnie cinesi. Potenzialmente,
il nuovo governo potrebbe insistere sulla rinegoziazione dei contratti
permettendo così alle compagnie USA di avere una parte delle risorse
petrolifere. La vastità degli investimenti cinesi messi a rischio dalla
scissione del Sudan è immensa. Si pensa che la Compagnia Nazionale
Cinese del Petrolio abbia investito 20 miliardi di dollari in Sudan,
che è attualmente la fonte del 30 per cento delle importazioni cinesi
di petrolio.
Il Sudan ha un’importanza strategica
per la Cina e l’atteggiamento provocatorio adottato dall’amministrazione
Obama minaccia di portare al tipo di confronto che Pechino ha finora
accuratamente evitato in Africa. Una guerra civile per il controllo
del petrolio del Sudan ha implicazioni potenzialmente globali. Potrebbe
avere un impatto fortemente destabilizzante sulle relazioni internazionali.
Fonte: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25300
16.06.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE