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La Redazione

 

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GLI AGRICOLTORI PAGANO IL PREZZO DELLA CRESCITA INDIANA

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A cura di Das schloss
Il 21 Agosto 2011
111 Views
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DI VANDANA SHIVA
Asia Times

NEW DELHI – La terra è vita. È la fonte di sostentamento primaria per i contadini e per coloro che vivono nei Paesi del Terzo Mondo e sta divenendo anche il bene primario di maggior importanza all’interno dell’economia globale.

 
Man mano che la domanda di risorse cresce, a causa della globalizzazione, il problema della terra sta emergendo, trasformando la stessa in chiave di volta, nonché causa di conflitto. In India il 65% degli abitanti dipende dalla terra.

 
Allo stesso tempo, un economia globale, guidata da una finanza speculativa e da un irrefrenabile consumismo, pretende sempre maggiori superfici per l’estrazione di minerali e per l’industria, per la costruzione di città, autostrade e la produzione di biocarburante. L’economia speculativa prodotta della finanza globale è centinaia di volte maggiore del valore dei beni materiali e dei servizi prodotti nel mondo.Il capitale finanziario ha fame di investimenti e di profitti da poter re-investire. Bisogna mercificare qualsiasi cosa sul pianeta – terra e acqua, piante e geni, microbi e mammiferi. La mercificazione della terra sta alimentando le corporazioni agricole in India, sia attraverso la creazione di Special Economic Zones che tramite investimenti immobiliari da parte di aziende straniere.

 
La terra, per la maggior parte delle persone nel mondo, è Mother Earth, Terra Madre, Bhoomi, Dharti Ma. La terra è l’identità delle persone; è la base della cultura e dell’economia. Il legame con essa è un legame con Bhoomi, la nostra Terra; il 75% delle persone del così detto Terzo Mondo vive sulla crosta terrestre e da quest’ultima riceve supporto. La Terra è il maggior datore di lavoro del pianeta: il 75% della ricchezza delle persone che abitano nell’emisfero sud del mondo proviene dal suolo.

 
La colonizzazione è stata basata sull’acquisizione violenta dei terreni. E ora la globalizzazione, per tutta risposta, sta portando ad un accaparramento forzato di territori in India, Africa, America Latina. La terra viene presa per investimenti finanziari, per speculazioni edilizie, per miniere e industrie, per strade e autostrade. Viene confiscata agli agricoltori dopo averli aggirati e indebitati e condotti così al suicidio.

 
Il problema della terra in India

 
In India, l’appropriazione dei terreni è facilitata da un mix tossico composto dal Land Acquisition Act del 1894, dalla deregolamentazione nel settore degli investimenti e del commercio causato dalle politiche neo-liberiste, unito allo stato di emergenza causato dallo sfruttamento e dall’ingordigia incontrollata. Tutto questo è reso possibile grazie alla creazione di uno stato di polizia e dall’utilizzo di leggi di sedizione coloniali che definiscono cosa è “in difesa del pubblico interesse” e “di interesse nazionale” come “anti-nazionale”.

 
La Banca Mondiale ha lavorato diversi anni per rendere mercificabile la superficie terrestre. Il programma di adeguamento strutturale della Banca Mondiale del 1991 ha revocato la riforma sulla terra, deregolamentando l’estrazione mineraria, le strade e i porti. Mentre le leggi dell’India indipendente, che prevedevano che i terreni rimanessero in mano ai loro legittimi proprietari, venivano rovesciate, il Land Acquisition Act del 1894, al contrario, non è stato toccato.

 
Come se non bastasse, lo Stato ha il potere di confiscare la terra dai contadini e dalle popolazioni autoctone per darle in mano a speculatori privati ed edilizi, compagnie minerarie e industrie.

 
In tutto il territorio dell’India, da Bhatta in Uttar Pradesh a Jagatsinghpur in Orissa, fino a Jaitapur in Maharashtra, il governo ha dichiarato guerra ai nostri agricoltori, ai nostri annadatas, con lo scopo di impossessarsi dei loro fertili suoli.

 
Il loro strumento è il Land Acquisition Act, usato dai governanti stranieri contro i cittadini Indiani. Il governo si sta comportando come fecero i governanti stranieri quando il Land Acquisition Act fu introdotto per la prima volta nel 1894, appropriandosi di aree coltivabili attraverso l’uso della violenza, per il profitto di aziende private – JayPee Infratech in Uttar Pradesh per l’autostrada Yamuna, South Korea’s POSCO in Orissa e AREVA of France in Jaitapur – espropriando terreni a favore dei privati e dei loro profitti e non, al di là di ogni sforzo di immaginazione, per scopi pubblici. Questa è divenuta ormai prassi nelle campagne.

 
Queste guerre per la terra hanno serie ripercussioni sulla democrazia del Paese, sulla pace e sulla nostra ecologia, la nostra garanzia alimentare e sussistenza rurale. Le guerre per la terra devono finire se l’India vuole sopravvivere dal punto di vista ecologico e democratico.

 
Mentre il governo di Orissa si prepara a portare via la loro unica fonte di sostentamento alle persone in Jagatsinghpur, persone che sono state coinvolte in una lotta democratica contro l’acquisizione dei terreni sin dal 2005, il segretario generale del partito al Congresso, Rahul Gandhi, fa sapere che si schiera contro l’acquisizione forzata della terra, in un caso simile in Bhatta,…..

 
Il Ministro per l’Ambiente, Jairam Ramesh, ha ammesso di aver dato il via libera al progetto per l’impianto di metallurgia POSCO, sotto il peso di forti pressioni. Qualcuno potrebbe chiedere: «Pressioni da parte di chi?». Questo evidente doppiogioco nelle questioni che riguardano la terra deve smettere.

 
La violazione della terra

 
In Bhatta Parsual, Greater Noida (Uttar Pradesh), circa 2400 acri di zona coltivabile, sta per essere acquisita dalla compagnia di infrastrutture Jaiprakash Associates, per costruire una cittadella di lusso e impianti sportivi – inclusa una pista da Formula 1 – spacciandola per la costruzione dell’autostrada Yamuna. In totale, il territorio che comprende 1225 villaggi, sta per essere acquisita per un’autostrada di 165 chilometri.

 
Gli agricoltori stanno tentando di ribellarsi a questa ingiusta confisca di terreni, e lo scorso 7 Maggio sono morte quattro persone, e molte altre sono rimaste ferite durante uno scontro tra i protestanti e la polizia. Se il governo continuerà la sua guerra per la terra proprio nel cuore economico dell’India, non ci sarà più possibilità di pace.

 
In ogni caso, i soldi non possono compensare per l’alienazione di superficie agricola. Come ha detto l’ottantenne Parshuram, che ha perso la sua proprietà a causa dell’autostrada Yumana: «Non potrai mai capire come ci si sente senza la propria terra».

 
Mentre la terra viene presa ai contadini dal governo per soli 300 rupie (US$6) a metro quadrato – sfruttando il Land Acquisition Act – viene poi venduta dai promotori a 600 rupie, o US$13,450 (un incremento del prezzo del 200%), con ulteriori profitti. Questo impossessamento di area fertile con conseguenti profitti contribuisce alla povertà, alla spoliazione e al conflitto.

 
Allo stesso modo, il 18 Aprile, in Jaitapur, Maharashtra, la polizia ha aperto il fuoco su coloro che protestavano pacificamente contro il Nuclear Power Park, proposto in un villaggio adiacente alla città portuale. Una persona è morta e almeno otto sono rimaste gravemente ferite. Il progetto nucleare Jaitapur sarà il più grande al mondo e sarà costruito dalla compagnia francese AREVA. Dopo il disastro di Fukushima, le proteste si sono intensificate, assieme all’ostinazione del governo.

 
Questa settimana, una situazione molto simile si sta creando in Jagatsinghpur, Orissa, dove venti battaglioni sono stati messi a disposizione per assistere l’acquisizione anti-costituzionale della terra, in difesa degli interessi del più cospicuo investimento straniero – il progetto per l’impianto POSCO. Il governo ha posto come obiettivo quello di distruggere 40 piantagioni di betel al giorno per facilitare l’esproprio. Il betel procura agli coltivatori un guadagno annuo di 400 rupie per ogni acro di terreno.

 
Il movimento anti-POSCO, nella sua quinquennale lotta pacifista, ha affrontato più volte attacchi di violenza e si sta avvicinando ad un’altra – forse l’ultima – resistenza democratica e non-violenta contro uno Stato che usa la violenza per facilitare la sua non democratica attività di esproprio delle terre, per i profitti delle corporazioni private, scavalcando le normali procedure e calpestando i diritti costituzionali delle persone.

 
Il più grande Paese democratico al mondo sta distruggendo il suo democratico tessuto sociale attraverso le sue guerre per la proprietà. Mentre la costituzione riconosce i diritti dei cittadini e i panchayats [i consigli comunali] democraticamente discutono riguardo la questione dello sviluppo delle terre, il governo sta disgregando questa forma democratica di decisione – come è evidente, dato che il progetto POSCO è stato approvato nonostante il rifiuto di ben tre panchayats di cedere le proprie estensioni terriere.

 
L’uso sistematico della violenza e della distruzione dei beni di sostentamento che il trend corrente riflette, non minaccia solo il futuro della democrazia in India, ma anche la sopravvivenza della nazione stessa. Considerando che l’India oggi potrebbe vantarsi di essere una potenza economica in espansione ma ancora incapace di nutrire più del 40% dei suoi bambini, è uno scandalo per la nazione.

 
Il problema della terra non riguarda la realizzazione di una vera e propria giungla come prova di crescita e di sviluppo; la terra è progenitore di cibo e acqua, indispensabili per la sopravvivenza della specie umana. È perciò chiaro: quello di cui necessita l’India non è una politica di accaparramento terriero attraverso un Land Acquisition Act, ma al contrario, di un sistema per la tutela della terra, che mantiene il nostro ecosistema vitale, come la fertile pianura di Gangetic, oltre alle regioni costali, grazie alle loro funzioni ecologiche e al loro contributo nel garantire cibo.

 
Consegnare terreni fertili ad aziende private, che stanno diventando i nuovi zamindars [aristocrazia ereditaria], non può essere considerato uno scopo pubblico. La realizzazione si autostrade e superstrade in mano ai privati non può essere qualificata come una infrastruttura necessaria. L’unica vera infrastruttura di cui l’India ha bisogno è l’infrastruttura ecologica che garantisca cibo e acqua. Comprare il nostro ricco suolo per cementificarlo e industrializzarlo significa comprare il futuro della nazione.

 
La Dottoressa Vandana Shiva è fisica, ecofemminista, filosofa, attivista, e autore di più di 20 libri e 500 saggi. È la fondatrice del Research Foundation for Science, Technology and Ecology, e si è battuta in difesa della biodiversità, della conservazione e dei diritti degli agricoltori, vincendo il Right Livelihood Award (Premio Nobel alternativo) nel 1993.

 

Titolo originale: “Farmers pay for Indian growth”

Fonte: http://www.atimes.com
Link
10.06.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DIANA LORENZI

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