DI NESRINE MALIK
Guardian.co.uk
L’attivismo ben intenzionato di Clooney per i popoli delle montagne di Nuba è radicato in una cultura politica che non gradisce le sfumature
Cosa viene immediatamente associato al Sudan? Il Darfur, le accuse di genocidio, un presidente incriminato dalla corte penale internazionale e un sud vilipeso che si separa dal nord del paese. Ed ora, George Clooney.
Da quando, venerdì, Clooney e i suoi seguaci sono stati arrestati per la loro protesta all’esterno dell’ambasciata sudanese di Washington, le maggiori preoccupazioni sono state destinate non tanto alla sofferenza del popolo delle montagne di Nuba (la causa che Clooney stava sostenendo), ma all’attivismo delle celebrità. Le stelle sono vittime di sé stesse, facendo valere la propria celebrità ma ben poco carisma, ed è un tormento ascoltare le valutazioni del bel Clooney contestatore su quello che sta avvenendo in Sudan. Ma lui è un attore, non un politico esperto politico o un accademico. Lui vuole salvare le vite. Ma quanto impatto hanno gli Stati Uniti sul governo sudanese? Davvero poco. Il coinvolgimento internazionale tutto bastone e niente carota può essere controproducente.
Ma cerchiamo di fare i buoni con Clooney, e guardiamo oltre i commenti maligni e le battute. È ammirevole che abbia voluto dedicare il suo tempo, la sua salute e le proprie risorse che lo colpisce. Non metto in dubbio che sia sincero. Ma ha preso i sudanesi – gli interlocutori più importanti – per il verso sbagliato. L’offesa che la maggior parte dei sudanesi prese a questo ultimo incidente non significa che siano necessariamente sostenitori del governo di Khartoum, ma che hanno un sospetto ben fondato di una selettiva indignazione moralista da parte degli Stati Uniti.
Da sudanese, non sono preoccupata perché non voglio che gli stranieri si immischino negli affari interni, ma perché il punto di vista che Clooney sta presentando al mondo non è preciso. Questo non è fuori di alcuna manipolazione intenzionale da parte sua, ma la campagna di Clooney è radicata in una cultura politica che non gradisce le sfumature.
Le cose sono più complesse delle critiche sollevate dal sui Enough Project, dalla campagna “Save Darfur” o dal contesto di monitoraggio satellitare dei “paparazzi del genocidio”, tutti sintomi del fallimento totale della politica estera statunitense, che promuove un approccio in bianco e nero di alcune situazioni, spesso basate su una superiorità morale. Dopo tutto, “gli arabi stanno massacrando fino al genocidio i neri nelle montagne di Nuba” è molto più sexy e più facile da digerire rispetto a “le popolazioni delle montagne di Nuba si sono schierate col Movimento di Liberazione del Popolo del Sud durante la guerra civile lunga un decennio tra nord e sud e, dopo la secessione dell’anno passato, un candidato al governo del SPLM ha perso quelle che lui ritiene essere state elezioni truccate e ha poi preso le armi contro il governo di Khartoum in co-operazione con l’organico residuale dell’SPLM di Nuba, le cui lagnanze non erano state ancora soddisfatte.”
Clooney ha affermato che la situazione nelle montagne di Nuba è una “tragedia provocata dal governo di Khartoum per far andare via queste popolazioni“. Non ci siamo. Khartoum sta rispondendo a una ribellione regionale (dove il ruolo da agitatore dell’SPLM è quanto meno problematico) con poca strategia e una pletora di bombardamenti maldestri, lasciando improvvisati fusti di petrolio pieni di esplosivo fuori dagli aerei. È una cosa indifferente alla morte dei civili e non ha alcuna relazione con lo sfollamento della gente delle montagne di Nuba. Tutto ciò non rende la situazione meno disperata, ma è un evento che non può essere analizzato senza valutare le condizioni e le provocazioni che lo hanno determinato.
Sudan Change Now, un movimento di opposizione sudanese, oggi ha pubblicato una lettera destinata a Clooney:
“Siamo preoccupati dalla descrizione degli scontri regionali di questo paese come se fossero un conflitto semplificato tra arabi e africani. Non riesce a catturare a pieno gli aspetti storici e politici dato che il governo sudanese è una dittatura e non riflette i sentimenti della maggioranza delle persone. I conflitti regionali in Sudan non sono semplici e sono davvero politici, profondamente motivati dai ritorni economici del petrolio e delle altre risorse.”
Rob Crilly del Telegraph è corretto quando scrive: “Il problema è che la sua campagna scaturisce dalla stessa analisi fuorvianti che hanno portato a Kony 2012. È un’analisi che riduce l’Africa al semplice scontro tra buoni e cattivi, e suggerisce che gli outsider hanno la chiave per risolvere la soluzione.” Il Sudan è un paese dove una sequela di problematiche – come i diritti di pascolo tribali, la disponibilità di acqua, la diversità delle etnicità e le demarcazioni dei confini – contribuisce a creare frizioni. Da decenni la situazione è infiammata dalla solida centralizzazione da parte dei governi di Khartoum che hanno alienato le periferie. La ribellione alza la testa e viene placata con regolarità, con le lamentele che non vengono mai prese in considerazione.
Il governo attuale in Sudan non è innocuo e sembrerebbe curioso non essere a favore di una condanna completa delle sue iniziative. Ma l’identificazione della vera natura del problema ci può aiutare a trovare le soluzioni corrette. Io esorterei Clooney a coalizzarsi e ad affidare le risorse ai collaboratori in Sudan che possono influenzare la situazione dall’interno. È la sua migliore opportunità per riuscire nel suo desiderio di stare dal “lato giusto della storia”.
Fonte: George Clooney isn’t helping Sudan
19.03.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE