Di Stefano Vespo per ComeDonChisciotte.org
L’estate riempie le piazze dei paesini siciliani di sgangherati e chiassosi gruppi musicali, che suonano il liscio senza interruzione per tutta la notte; di gazebo dove si arrostiscono salsicce e si distribuisce vino; di tavoli conquistati da compatti gruppi familiari, che conservano gelosamente il loro possesso fino a quando la notte inoltrata e il riconquistato silenzio vede scemare la gente, tornata nelle proprie case. A uno di questi ritrovo un amico, giunto da poco in paese per poche settimane di ferie.
“Dai, siediti: ti offro una birra”, mi dice.
Faccio un po’ di moine di circostanza e qualche complimento, ma la prospettiva di una bionda birra gelata, vista l’afa serale che non cede, è irresistibile.
Ci ritroviamo uno di fronte all’altro. I suoi occhi azzurri e inquieti sembrano scrutare nell’aria un pensiero, un dubbio, mentre la musica, ad altissimo volume, non sembra affatto disturbare la sua concentrazione.
“Io non capisco una cosa: se è vero che questa autonomia differenziata ci impoverirà, che interesse hanno a far questo? Le industrie italiane, a chi venderanno, mettiamo, le Ferrari o altri prodotti di lusso? E poi, che potere ha un partito come la Lega per imporre una cosa simile?”
La domanda è semplice e complicata allo stesso tempo, come tutti gli interrogativi che nascono nelle menti lucide e fredde dei Siciliani migliori, una domanda scaturita dal nostro arcaico e istintivo sospetto per ogni cosa nuova. Rifletto un po’, per trovare il bandolo di un ragionamento.
“Hai ragione: ci impoveriremo. Lo Stato darà meno soldi alle regioni più povere. Anche perché da più di vent’anni si cerca di definire quali sono i livelli essenziali delle prestazioni, cioè i livelli essenziali dei servizi, al di sotto dei quali non si può andare, con qualunque tipo di autonomia. Ma la Commissione Cassese, nata per definire questi livelli agli inizi del 2000, non ha mai sortito nulla. Adesso, si andrà verso l’autonomia differenziata, regione per regione, magari con il principio stabilito nel patto tra il ministro Gentiloni e il presidente del Veneto, Zaia, nel 2018: i contributi dello Stato alle Regioni verranno erogati in base al loro gettito fiscale. Come dire: chi è più ricco, avrà di più!”
“Sì, ma tutto questo lo ha voluto soltanto la Lega, cioè la destra…”
“Veramente Gentiloni è del PD: anche la sinistra da anni sta coltivando lo stesso progetto. Io credo che non sia solamente una questione di leghismo”
“Ma allora, a chi conviene? Chi vuole tutto questo?”
É la domanda cruciale, che mi spiazza completamente. Dopo qualche istante di silenzio, in cui fingo di ammirare i gruppi di ballerini al centro della piazza, rispondo.
“L’autonomia differenziata distruggerà lo Stato italiano: pensa che nel progetto c’è anche la possibilità per ogni regione di gestire autonomamente le relazioni internazionali! Follia pura! Tu mi parli di industria italiana: della Ferrari, dei beni di lusso. Ma oggi le cose stanno diversamente. Quelli che contano sono i grandi gruppi finanziari: cinque o sei compagnie che gestiscono più del 70% dei soldi di tutto il mondo. Questa gente non ha affatto bisogno di vendere qualcosa: loro fanno soldi semplicemente speculando, riducendo sul lastrico interi Stati. Sono dei predatori che non creano né lavoro né ricchezza. Le aziende del digitale, altra colonna portante dell’economia globale, ormai hanno invaso capillarmente ogni atomo della nostra esistenza: non si può più vivere senza i loro dispositivi, e il loro apparato industriale si trova in paesi dove la gente muore o si suicida per le condizioni di lavoro, che hanno già superato per brutalità la condizione schiavile dell’età antica”
“Certo: lo so questo. Stesso discorso vale per le industrie del farmaco, anch’esse hanno permeato le nostre vite e condizionato le nostre scelte. Ma, ripeto, perché gli interessa distruggere lo Stato italiano?”
“Semplice: è una cosa avere di fronte la forza di uno Stato. Certo: corrotti e venduti ce ne sono tantissimi tra i nostri politici. Ma uno Stato è sempre uno Stato. Ha un potere non indifferente. Metti che, con l’autonomia differenziata, avranno di fronte soltanto un piccolo gruppetto di impiegati della Regione, o un inerme Presidente, o come in Sicilia i funzionari e i politicanti che riempiono le sale del Palazzo delle Aquile! Sarà facilissimo far passare qualsiasi cosa: acquisire, istallare, comprare tutto quello che vorranno”
Il mio amico non accetta queste mie parole: un moto di generosa insofferenza è nel suo sguardo.
“Io però credo che il popolo siciliano, quando si vedrà alla fame, finalmente si ribellerà: si scuoterà di dosso questi parassiti che ci amministrano da secoli!”
Mi sfugge un sorriso ironico.
“Molti vedono nell’autonomia differenziata quella sveglia brutale che alla fine ci porterà alla rivoluzione! Perdonami: ma è un’idea molto ingenua”
É un po’ risentito da questo mio aggettivo e mi guarda con diffidenza, ma continuo lo stesso perché so che mi stima e che mi starà a sentire.
“Ascoltami. Quando lo Stato ridurrà al lumicino le risorse finanziarie per far funzionare scuola, sanità, trasporti e tutto il resto, cosa credi che accadrà? Che i nostri amministratori ruberanno un po di meno? Che cercheranno di non sprecare i soldi pubblici, mettiamo, per darli ad associazioni gestite da amici per attività e progetti inconsistenti e inutili? Che non avvieranno grandi opere pubbliche al semplice scopo di dividere le risorse tra gente legata a loro? Niente affatto: continueranno come prima, se non peggio. E i soldi che mancheranno? Saranno le nostre tasse, aumentate a livelli assurdi, a fornire i capitali. Ma i Siciliani si ribelleranno, mi dici. Non credo. Per due motivi: hanno comunque la prospettiva di poter emigrare altrove. Così, come già accade adesso, i migliori e chi ha le risorse per farlo se ne andrà. E poi, noi Siciliani cerchiamo da secoli di venire sempre ad un accordo con chi ha il potere, anche il più umiliante. Di chiuderci nel nostro “particulare”, approfittando delle briciole e dei pochi privilegi che lascerà cadere per noi il potere. Qui vicino c’è un paese dove alle elezioni Europee la Lega è risultata primo partito!
Ma c’è di più. La Sicilia è da tempi immemorabili terra di conquista e di rapina. Arriverà qualche generale della NATO a proporre ai nostri amministratori la creazione di una nuova base militare, o di un grande bio-laboratorio per le ricerche sui virus e sui vaccini. Cosa faranno questi amministratori siciliani? Pensi che si rifiuteranno, per amore della salute del loro popolo? Per nulla: continueranno a svendere il territorio della Sicilia insieme alla sua popolazione. É accaduto a Niscemi con il MUOS. Ricordi? Cosa ha potuto fare la gente? Un bel niente! Adesso, saranno anche le multinazionali a precipitarsi su questa terra, le cui porte sono gestite da personaggi assolutamente disponibili ad ogni accordo sottobanco”
“Ma tu ricordi invece Il Gattopardo, no? Tutto cambia, in Sicilia, perché nulla cambi”
Lo dice con un filo di speranza, scosso dalla prospettiva delle mie parole. Si vorrebbe aggrappare all’idea che magari non sarà così disastroso come sembra.
“No, amico mio. Le cose stanno cambiando: lentamente, certo, ma stanno cambiando, inesorabilmente. La Sicilia è popolata dalle iene gattopardesche, che finalmente coroneranno il desiderio di avere pieno potere sulla nostra terra. I loro amici altrettanto dediti alla rapina, i nostri nemici, a cui apriranno le porte, sono di una potenza enorme, schiacciante!”
La notte e un buon bicchiere di vino locale, arrivato a tradimento, mi hanno reso, nel tono, quasi apocalittico.
“Tutto sta andando verso una forma di totalitarismo liberista. Anche il premierato: è nato da due genitori scellerati. Il primo è il bisogno di trasformare la politica in spettacolo, di affidarla completamente all’influenza dei giornali e della propaganda, ovvero ai soldi di chi la finanzia. Il secondo è il culto dell’efficientismo aziendale: la democrazia ha delle lungaggini improduttive, inefficienti, si dice, meglio un premier, un capo, che detta legge per decreti! Questo è lo spirito del premierato italiano, portato avanti sia dalla destra che dalla sinistra! Ormai, in Europa, non ci resta che scegliere tra una destra populista e nazionalista alla Orban, oppure affondare in questo collasso delle istituzioni, in questa deriva totalitaria mascherata!”
Ho finito anche il bicchiere di vino: un moscato intenso e dolcissimo, che mi ammalia, mentre la musica si fa sempre più assordante. Capiamo entrambi che la discussione non può continuare più. Ordiniamo i nostri panini con la salsiccia e ci lasciamo rabbonire, cullare, addormentare da una mistura violentissima di piaceri, dall’oblio e dai ricordi della nostra giovinezza. L’oblio e i ricordi di cui sono pieni i cieli notturni della Sicilia.
Di Stefano Vespo per ComeDonChisciotte.org
Stefano Vespo. Poeta e scrittore. Laureato in Filosofia, attualmente insegna lettere al Liceo di Nicosia. Sposato, vive a Sperlinga. Scrive su temi di politica e società su ComeDonChisciotte.