Nella ricorrenza del Natale, come potrà l’uomo scoprire Dio?
Come troverà la ragione della gioia che supera ogni altra gioia?
Esattamente come succede che, essendo piccolo, scopre tutto ciò che è grande, così è solo con l’essere umile che scoprirà un Dio infinito nella piccola figura di un Bambino.
Per afferrare questa verità, immaginate che due uomini entrino nella grotta dove il Bambino è nato, l’uno superbo e l’altro umile. Immaginate che entri per primo l’uomo superbo, avvelenato dall’orgoglio, fiero di un’infarinatura scientifica ottenuta attraverso qualche manuale storico sul tipo del Wells. Credete che riuscirà mai a scoprire l’immensità di Dio?
No davvero, perché è tanto grande da credere che non esista nulla più grande di lui; tanto sapiente da credere che non esista nessuno più sapiente di lui, tanto pieno di sé da credere che nessuno sarà mai in grado di aggiungere nulla alla sua personalità.
La sua mente è tanto immensa, che per lui è piccola ogni altra cosa.
Per lui, Colui che è più grande dell’universo non è che un bambino avvolto in pochi panni; Colui che è un vero re non è più grosso della testa del bue, Colui che è la saggezza eterna non è che un organismo ancora privo del dono della parola.
Egli sorride all’ingenuità dei pastori che credono nell’esistenza degli angeli, e all’ignoranza dei Magi che hanno creduto di essere provvidenzialmente guidati da una stella.
Arriccia il naso di fronte alla Vergine Madre, ricordandosi vagamente della leggenda indiana su Krishna. Degna di un’occhiata di pietà l’uomo vestito poveramente, al quale l’albergatore ha avuto ragione di negare ospitalità.
Pensa a tutto ciò che la scienza ha fatto per dominare la terra, e poi a quanto sia sciocco pensare a quel Bambino in veste di Creatore; si sofferma sulla teoria della relatività, e quindi riflette su come sia assurdo chiamare un’ameba completamente sviluppata Signore del cielo e della terra; ripensa a quanto ha fatto il controllo delle nascite per dissuadere i poveri a mettere al mondo figli, e quanto sia stata sciocca la madre di quel Bambino, che poteva offrirgli solo una stalla e un po’ di paglia.
A causa del suo orgoglio l’infinito gli sfugge.
Per essere troppo grande non riesce a scoprire Dio.
Perché è solo essendo piccoli che scopriamo le cose grandi, e persino l’infinito Dio.
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Buon Natale con le parole dell’arcivescovo cattolico e scrittore statunitense Fulton J. Sheen a cui Papa Benedetto XVI nel 2012 ha attribuito il titolo di Venerabile, dichiarandone le virtù eroiche.
“Solo essendo piccoli scopriamo le cose grandi, e persino l’infinito Dio”, afferma Fulton Sheen, ma …
… quanto è difficile farsi piccoli!
È difficile abbandonare le sovrastrutture mentali che nel tempo ci siamo creati, recuperare la semplicità, lo stupore, l’ostinazione delle domande, la capacità di affidarsi.
Dal momento che siamo diventati adulti, infatti, cerchiamo spesso un utile nelle cose, mentre quando eravamo bambini godevamo delle cose e basta.
Da adulti, non di rado, ci aspettiamo rassicurazioni dagli altri prima di fare un passo e, dopo averlo fatto, ci compiacciamo delle eventuali conferme inorgogliendoci. Quando eravamo bambini, invece, nel momento in cui sentivamo fortemente il desiderio di fare qualcosa, ostinatamente rischiavamo, noncuranti del giudizio altrui.
Da adulti, se sbagliamo, perdiamo poi tanto tempo a giustificare le nostre cadute; se ci smarriamo ci dà fastidio che qualcuno ci venga a cercare indicandoci il “giusto sentiero”. Quando eravamo bambini, invece, cadevamo sì, ma ogni volta ci si rialzava e si andava avanti senza voler a tutti costi rimanere lì a scusare per forza l’accaduto. E se capitava di perdersi, eravamo poi felici di essere ritrovati e ci abbandonavamo con fiducia e gratitudine tra le braccia amorose di chi ci era venuto a cercare.
Infine, da adulti, non ci meravigliamo più di nulla, siamo in genere disincantati e amareggiati oppure, al contrario, crediamo di avere in tasca la verità e smettiamo di cercare e di fare domande, molto difficilmente siamo aperti a eventuali risposte che potrebbero non piacerci. Quando eravamo piccoli, invece, non ci stancavamo mai di conoscere e ci lasciavamo stupire, rimanendo zitti a bocca aperta, quando la bellezza e la verità si riversavano su di noi dall’esterno dilatando la nostra interiorità.
Per tutti questi motivi (che non sono gli unici) farsi piccoli è molto difficile.
Il Natale, però, ci ricorda che, volendo, abbiamo sempre, e ancora, questa possibilità.
Speriamo, alla fine, di non perderla definitivamente a causa del nostro cuore deluso e invecchiato.
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VB