Che cosa si può fare per rallentare la corsa dei consumi?
DI NORMAN MAYERS
Che cosa si può fare per rallentare la corsa dei consumi? Questo libro tratta di coloro che per la prima volta si avvicinano a consumi di notevole entità, consumatori che certamente si rifiuteranno di comportarsi in modo diverso fino a quando le popolazioni tradizionalmente ricche non cambieranno registro.
Cerchiamo di capire allora quali considerazioni valgono per la società consumista per eccellenza, ossia gli Stati Uniti (ma questo vale anche per altre come la Gran Bretagna, la Germania, il Giappone e via discorrendo).
Se è vero che due persone su tre sono favorevoli a dare il loro personale contributo al risparmio energetico e a qualsiasi altra iniziativa utile per la protezione dell’ambiente, allora ogni singolo americano potrebbe fare la famosa differenza. Essi possono combattere il drago dei superconsumi, o almeno metterlo a dieta. Chiunque può dare una mano, ed è proprio di questo che c’è bisogno. Infatti, si possono introdurre nello stile di vita personale alcuni aggiustamenti: – Ridurre di almeno 30 km alla settimana l’uso dell’auto, ricorrendo alle telecomunicazioni o alla bicicletta, oppure concentrando nel tempo le commissioni da sbrigare: le emissioni personali di CO2 si ridurranno di 500 kg all’anno (con un risparmio di almeno 130 dollari).
– Eliminare un pasto settimanale a base di carne rossa: ogni anno si risparmieranno oltre 30 kg di cereali e 40.000 galloni di acqua (risparmiando altri 75 dollari).
– Ridurre il consumo domestico di energia elettrica sostituendo le lampade tradizionali con i modelli fluorescenti ad alta efficienza, e tarando il termostato dell’impianto di riscaldamento /condizionamento su una temperatura di un grado inferiore durante l’inverno e di un grado superiore durante l’estate: questo consente di ridurre le emissioni di CO2 di almeno una tonnellata all’anno e le spese di 165 dollari.
– Installare docce e rubinetti efficienti e a basso flusso con un risparmio per famiglia di almeno 30.000 galloni di acqua, e minori emissioni annue di 800 kg di CO2 (più un risparmio di 50 dollari).
Fin qui si sarebbero già risparmiati 425 dollari all’anno. Se una famiglia mettesse in atto altre misure analoghe, come previsto dal programma Turn the Tide del Center for a New American Dream (www.newdream.org/turnthetide), risparmierebbe una somma sufficiente a pagare una piacevole vacanza di fine anno.
Infine, si possono invitare due amici a comportarsi allo stesso modo, e convincerli a fare la stessa cosa con altri due, e così via. Se per assurdo questa catena si realizzasse, in circa un mese tutti gli Stati Uniti ne sarebbero coinvolti.
(…)
È bene ricordare che viviamo non solo in una democrazia politica, ma anche in una democrazia economica, e che la seconda permette a ognuno di noi di “votare” molte volte al giorno. Chi non lo fa, vota comunque e inconsapevolmente per lo stesso sistema disfunzionale che oggi vediamo inceppato. Dunque impariamo a utilizzare ogni singola banconota per i giusti fini.
E non ci si stupisca se i piccoli contributi personali per il cambiamento del mondo a loro volta ci faranno cambiare. Un grande vantaggio delle iniziative che abbiamo proposto è che consentono di uscire dal senso di paralisi che nasce dal prendere atto della miriade di problemi che emergono su ogni fronte.
Oltre a mettere in atto l’antishopping, si possono fare molte altre cose, come ripromettersi di piantare un albero all’anno. È vero che se un milione di persone mantenessero questa promessa, ciò non farebbe alcuna differenza in termini di riscaldamento globale. Ma la differenza potrebbe riguardare il modo di percepire se stessi. Andare a scavare, sporcarsi le mani, prendersi cura di una piccola pianta, può servire per dare un bel voto a se stessi e fare un omaggio al pianeta.
Ricordiamoci di quel contestatore, al quale un politico obiettò che il suo cartello non l’avrebbe convinto a diventare come lui. “Certo che no”, fu la risposta del contestatore “ma almeno eviterà che sia io a diventare come te”.
In quali altri modi si può fare la differenza? Ci si può impegnare nel volontariato a favore dell’ambiente, per controbilanciare l’impatto del proprio stile di vita. In Olanda il lavoro assommato dei volontari equivale a 450.000 occupazioni a tempo pieno (in un paese in cui la forza lavoro è di soli 6 milioni di unità) per un valore di circa 14 miliardi di dollari all’anno, quasi 1.000 dollari per ogni cittadino.
Nella Corea del Sud (paese di nuovo consumo) ogni anno circa 4 milioni di persone dedicano oltre 450 milioni di ore del proprio tempo ad attività di volontariato: in termini monetari, più di 2 miliardi di dollari, o 40 dollari pro capite. In Brasile (altro paese nuovo consumatore) almeno un adulto su sei è impegnato nel volontariato per parte del suo tempo. (…)
Chi è interessato a fare di più, può sempre aderire alla strategia della voluntary simplicity, che invita a modificare il proprio stile di vita evitando le scelte dispendiose e ispirandosi appunto alla semplicità.
All’inizio degli anni ’90 milioni di lavoratori americani, fra cui molti dirigenti e professionisti (uno su dieci), hanno chiesto ai datori di lavoro una riduzione dell’orario, ovviamente con minori retribuzioni, per avere più tempo libero da dedicare alla famiglia e agli amici e per godersi la vita. L’iniziativa ha riscosso un tale successo che, un anno dopo, molti di loro hanno chiesto un’ulteriore riduzione dell’orario lavorativo. Naturalmente l’iniziativa ha coinvolto solo una piccola frazione della popolazione americana, ma in fondo anche i sostenitori dei diritti civili o coloro che si sono opposti alla guerra in Vietnam rappresentano una parte minoritaria degli americani.
La stessa cosa sta accadendo in Gran Bretagna, dove milioni di persone stanche del “guadagnare sempre di più per spendere sempre di più”, e in netta controtendenza rispetto alla cultura prevalente, hanno rinunciato a occupazioni ben retribuite. Nel 2003 un ministro ha abbandonato una prestigiosa carriera politica (era in corsa come Premier) per passare più tempo in famiglia. Altri due alti funzionari pubblici avevano già fatto una scelta analoga.
La voluntary simplicity riscuote un notevole successo fra i cosiddetti “creativi culturali”: negli Stati Uniti esistono 50 milioni di persone che si riconoscono in questa etichetta (un adulto su quattro) e in Europa anche di più (un adulto su tre). Essi aderiscono a principi fortemente ambientalisti, badano molto alle relazioni sociali, ritengono fondamentale lo sviluppo psicologico e spirituale degli individui, ma soprattutto rinnegano in modo assoluto il consumismo. La loro attenzione è rivolta alle energie rinnovabili, ai prodotti che si basano su un uso efficiente delle risorse, ai trasporti alternativi, alla protezione della natura, agli alimenti biologici, alle medicine alternative, agli investimenti responsabili, all’ecoturismo e allo studio. Inoltre guardano la TV circa la metà della media, ma ascoltano la radio il doppio della media, leggono libri e riviste e navigano in Internet. Fanno parte di questo gruppo i 30 milioni di americani che praticano yoga (erano 4 milioni nel 1990). Due terzi dei creativi culturali sono donne.
Norman Mayers
Fonte: www.edizioniambiente.it
novembre 2004
Tratto da: I nuovi consumatori
Paesi emergenti tra consumo e sostenibilità
Norman Myers, Jennifer Kent<
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