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EUROPA, CRISI ECONOMICA E SUICIDI: UNA CORRELAZIONE ORMAI DIMOSTRATA

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A cura di supervice
Il 28 Dicembre 2011
96 Views

DI SERGI RAVENTOS
Sur y Sur

Le conseguenze della crisi – in particolare per la disoccupazione – sulla salute sono state trattate in più di un’occasione da vari articoli apparsi sulla stampa e nelle riviste specializzate. Più specificamente si è parlato degli effetti negativi della disoccupazione sulla salute mentale, di cui ci sono sempre maggiori prove.

Tra gli altri, questi indicatori sono:
l’aumento delle visite mediche relazionate a problemi di ansia, un elevato numero di casi di depressione, lìaumento dell’alcolismo e della dipendenza dalle droghe, un incremento di casi di violenza, aumento di consumo di farmaci antidepressivi e ansiolitici, eccetera. Esiste una correlazione diretta tra la crisi economica, la disoccupazione e il peggioramento della salute mentale.
Un dato: la media delle persone con
problemi psicologici tra i disoccupati è del 34 per cento, mentre tra le persone che hanno un impiego è del 16 per cento. Un’altra constatazione è che quanto maggiore è la durata del periodo di disoccupazione, tanto maggiori le conseguenze negative sulla salute mentale.

Come illustrato da una recente inchiesta, la qualità della vita dei cittadini del Regno della Spagna ha
subito un peggioramento a causa del calo dei redditi degli introiti
economici e del peggioramento dello stato di salute. Esiste anche una
correlazione tra servizi sociali e salute mentale. I servizi sociali sono un buon fattore di protezioni per la salute mentale; il sussidio di disoccupazione, in questo caso esercita un’azione per avere o meno una buona salute mentale nel periodo in cui non si ha un lavoro [1].

Nei paesi con maggiore protezione sociale

come è il caso della Svezia, il tasso dei suicidi non è

correlato con la disoccupazione a differenza della Spagna, dove gli

indici di suicidio e disoccupazione vanno in parallelo [2]. Ma tra i

dati sul peggioramento della salute mentale nei periodi di crisi c’è

n’è uno molto importante e che alcuni articoli pubblicati sulla stampa

negli ultimi giorni [3] hanno evidenziato: l’aumento allarmante dei

casi di suicidio.

Il suicidio è una delle forme

di morte più diffuse al mondo, e supera le vittime degli incidenti

stradali, del terrorismo e della violenza maschilista, ma anche c’è

un milione di persone che si suicida ogni anno secondo l’OMS (principalmente

uomini), è un tipo di morte che da sempre è considerata tabù.

Una delle ragioni è l’effetto

contagio analizzato molti anni fa in “Del contagio dei suicidi”

di Paul Moreau di Tours (1875) e ne “Il contagio degli omicidi”

di Paul Aubry (1896), un contagio che sarebbe provocato da determinate

figure pubbliche influenti, da celebrità come le rockstar o

perfino da capi di sette che trascinano le moltitudini e che possono

provocare qualche effetto tra i suoi seguaci.

Comunque, come già analizzato

da alcuni autori, questa argomentazione sembra piuttosto fragile perché

è “assurdo attribuire al suicidio capacità

di contagio più pericolose di quelle di qualsiasi altro tipo di violenza

che viene esercitata sugli altri e che, paradossalmente, riempie

i mezzi di comunicazione” [4]. Questo tabù è stato evidente

in tutte le epoche e culture, ed è stato censurato da quasi tutte le

religioni, com’è il caso attuale della chiesa (in questo caso ortodossa)

che nega le funzioni religiose alle famiglie dei suicidi e ciò contribuirebbe

a nascondere la nuda realtà che potrebbe essere ancora più preoccupante.

Anche se i motivi scatenanti il suicidio

sono stati analizzati e possono essere molto variegati [5], proprio

per questo possono avere varie spiegazioni: che sia per una delusione

amorosa, la morte di una persona cara, la paura di essere torturato,

l’imitazione di un altro suicida, l’abuso di droghe, la solitudine,

l’abbandono familiare, gravi squilibri psichiatrici, motivi settari,

pressione di gruppo, eccetera, quando c’è una correlazione statistica

significativa tra recessioni economica, disoccupazione e suicidi

bisogna essere davvero ottusi per non volere vedere la relazione che

esiste tra il togliersi la vita e la disperazione di rimanere disoccupato

con l’incertezza e il panico per il futuro.

Questa sarebbe la spiegazione più

evidente del forte aumento nei paesi più scossi dalla crisi, dai

piani di austerità e dai tagli nei servizi pubblici di molti governi.

È così difficile immaginarsi la disperazione che può provare qualcuno

con un debito ipotecario, la famiglia sulle spalle familiari e che rimane

disoccupato per un lungo periodo? È necessario che ci siano dei giornali

che ci informino che la gente si suicida perché non riesce a pagare

i debiti? Non è risaputo che nove suicidi su dieci presentano una qualche

sofferenza psichica? E come si arriva a questa sofferenza?

I tassi di suicidio curiosamente stavano

diminuendo negli ultimi anni, ma a partire dal 2008 sono tornati a salire.

Dal 2008? Un anno di crisi? Evidentemente. È nota da molti anni la

relazione che esiste tra crisi e suicidi, anche per altre situazioni

recenti come nel caso del crollo delle tigri asiatiche alla fine degli

anni ’90, quando i tassi di suicidio degli uomini nel 1998 aumentarono

del 39% in Giappone, del 44% a Hong Kong e del 45% in Corea del Sud.

Ma possiamo disporre anche di dati

più attuali e prossimi: nell’Unione Europea, ogni nove minuti

si suicida una persona, portando il numero a 58.000 persone nel corso

del 2008, nel quale ci fu incremento del 16 per cento rispetto al 2007.

Molto indicativo.

Attualmente i paesi con il tasso di

suicidio più alti dell’UE sono: Lituania con 39 casi per ogni

100.000 abitanti, Ungheria, Lettonia, Estonia e Slovenia con alcuni

indici dei 23/24 casi e tra i più ricchi troviamo: Finlandia, Francia

e Belgio con circa 20 casi.

E con la crisi questi indici sono aumentati

specialmente nei Paesi Baltici e in Grecia in proporzioni davvero notevoli.

Nel 2009 ci fu in Lituania un aumento del 14% rispetto al 2008. In Estonia

fu del 15,6% e in Lettonia del 19%.

Non è un caso che questi tre

paesi “che hanno percorso più

degli altri la via dell’austerità

– Lettonia, Irlanda e Grecia – sono esattamente quelli che hanno registrato

gli incrementi maggiori nei suicidi tra il 2008 ed il 2009“,

ci ricorda ancora sull’articolo prima citato. Il caso della Grecia merita

un’attenzione speciale perché è indicativo: il tasso di suicidi in

Grecia dall’inizio della crisi è passato da 2,8 a 6 ogni 100.000 abitanti.

Ma non bisogna illudersi e pensare

che sia un problema solamente dei paesi poveri dell’Europa o dei PIGS

(Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) e di quelli che uscita male dalla

crisi dell’euro… perché nel Regno Unito, dopo una decade di calo

del tasso dei suicidi, tra il 2007 e il 2009 il tasso dei suicidi è

salito dell’8%. Nel 2008 si sono suicidate 5.706 persone, ossia circa

16 al giorno [6].

È risaputo da molti anni [7] che i

problemi di salute mentale costituiscono sempre più un diffuso problema

di salute pubblica e che la depressione sarà la seconda o la prima

causa di malattia nell’Unione Europea nei prossimi anni. Ma bisogna

ricordare che tutto ciò fu considerato prima della crisi giunta alla

fine del 2007. Con queste difficoltà, soprattutto in quei paesi dove

vengono introdotti tagli drastici ai servizi di base e dove mancano

forti strutture di protezione sociale, i problemi di salute mentale

raggiungeranno dimensioni dantesche, e forse ci siamo già arrivati.

Bisogna comunque dire che la depressione è presente nei due terzi delle

persone che si tolgono la vita.

Gli studi più rigorosi e i documenti

dell’OMS dimostrano che i paesi con un buona previdenza sociale e con

adeguate strutture di protezione possono frenare e diminuire il tasso

dei suicidi. Comunque sarebbe importante farci ancora più attenzione.

Note:

1] È notevole lo studio di: Artazcoz

L, Benach J, Borrell C, Cortès I. “Unemployment and mental

health: understanding the interactions among gender, family roles, and

social class.” Am J Public Health 2004; 94: 82-88.

2] Osservare i grafici di un interessante

documento dell’OMS qui

in pdf.

3] Una dimostrazione è data dall’articolo

di Andy Robinson pubblicato lo scorso 8 dicembre su La Vanguardia.

4] Sui motivi del suicidio, leggete

l’interessante saggio

di Juan Antonio Horrach.

5] Uno studio classico della sociologia

è dato dal testo di Emile Durkheim (1897) “Il suicidio”, traduzione

in castigliano, Editoriale Losada, Argentina.

(6] Vedi l’articolo in inglese di

Ben Riley, pubblicato

sul Guardian lo scorso

15 dicembre. Ringrazio Angel Ferrero per avermelo segnalato.

(7] Il libro verde della salute mentale

nell’UE fu pubblicato nel 2005, visibile qui in formato pdf.

**********************************************

Fonte: Europa: crisis económica y suicidios: una relación demostrada

19.12.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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