DI PYOTR ISKENDEROV
Strategic Culture
Mentre la marea delle manifestazioni
di Occupy Wall Street si è allargata nelle città europee,
sta crescendo l’impressione che il futuro riservi qualcosa di inaspettato
per l’Unione Europea. Le proteste che sono state ben coordinate con
i social media non possono fare a meno di evocare le recenti
sollevazioni in Nord Africa e in Medio Oriente, visto che anche i coordinatori
hanno citato parallelismi tra gli assembramenti di Piazza Tahrir e quelli
di Times Square. Comunque, la posta in gioco è più alta in
Europa che altrove, considerando che la rotazione delle élite al potere,
resa imminente dalla crisi economica, si può tradurre in profonde trasformazione
politiche nell’intero Occidente.
Il 23 ottobre in Svizzera ci saranno
elezioni spartiacque, dove ci si aspetta un trionfo per il partito di
destra Unione Democratica di Centro. Il risultato previsto – più
del 30% – è senza precedenti per la destra europea e gli osservatori
svizzeri evidenziano che questa prova di forza possa distruggere il
bilanciamento dei poteri, presente da lungo tempo e fondamentalmente
condiviso, tra le principali forze politiche svizzere. Al momento i
sondaggi danno i socialisti sotto il 20%, dando modo al presidente dell’Unione
Democratica, Toni Brunner, di offrire generosamente la formazione di
una coalizione di governo. La popolarità crescente della destra in
Svizzera rispecchia le tendenza dell’intera Europea e il programma
pronunciato dall’Unione Democratica – che include il divieto di
costruzione delle moschee, la deportazione automatica degli immigrati
con precedenti penali e un appello a una più forte identità svizzera
– rappresenta la risposta naturale degli europei ai problemi da cui
sono assillati in modo sempre più pressante. In questo momento, gli
immigrati rappresentano il 22,9% della popolazione della Svizzera e
la richiesta fondamentale proposta da Brunner e dai suoi sostenitori
è la revisione immediata degli accordi di libero transito con l’UE,
oltre a limitare l’immigrazione. L’Unione Democratica di Centro
ha in progetto di portare la Svizzera a un referendum nazionale
sull’immigrazione che spera possa rafforzare gli argomenti a favore
di una drastica riforma anti-immigrazione.
L’UE ha dovuto fare molta strada
per riuscire a introdurre il Trattato di Lisbona, ma i benefici previsti,
come una lenta crescita economica, la stabilità finanziaria o almeno
una difesa e uno spazio di politica estera comuni non sono riusciti
a materializzarsi prima dei duri colpi provocati dalla crisi economica
e dei flussi dei rifugiati spinti dalle battaglie per la democrazia
nei vicini paesi musulmani. Per questo, la fattibilità del progetto
di unificazione europea è messa sempre più in discussione e queste
prospettive sono tetre per le élite europee che hanno basato le loro
carriere politiche sull’euro-integrazione.
La sconfitta dell’Unione Cristiano
Democratica di A. Merkel nelle elezioni di marzo dello stato tedesco
del Baden-Württemberg, dove la CDU è rimasta al timone per
58 anni, e il successo dell’opposizione dei verdi possono essere interpretati
come un avvertimento di seri cambiamenti che stanno maturando in Europa.
A novembre nella Spagna in piena difficoltà economica ci saranno elezioni
anticipate che, dopo i recenti scioperi di massa, possono facilmente
presagire che l’opposizione salirà al potere. Le elezioni locali
e regionali tenute a maggio hanno già messo i socialisti al governo
fuori dai giochi. Il rinnovo del governo è un fatto compiuto in Slovacchia,
l’ultimo dei paesi dell’UE ad acconsentire al piano di salvataggio
noto come European Stability Facility.
L’Europa affronterà un
crash test elettorale nel 2012-2013, quando si avranno le consultazioni
in Francia, Germania e Italia.
In tutti i casi, i partiti di opposizione costruiranno le loro campagne
su un insieme prevedibile di argomenti, tra cui l’incapacità delle
vecchie élite di prevedere la crisi o di intraprendere in tempo le
misure necessarie per risolverle, il collasso del multiculturalismo
e l’erosione dell’identità europea e, al di sopra di tutto, la
mancanza di una politica coerente nel trattare con i vicini europei,
dalla Libia e i Balcani, alla Russia e all’Ucraina. I problemi potranno
forse essere tollerati se presi separatamente, ma tutti insieme potranno
provocare una totale trasformazione politica in Europa.
Alla fine degli anni ’90 Z. Brzezinski
scrisse che, avendo assorbito gran parte dell’Europa centrale e orientale,
la formalmente integrata Unione Europea si sarebbe potuta inavvertitamente
evolvere in un conglomerato di nazioni-stato in perenne litigio. Giudicando
dalle accese dispute tra Parigi e Roma sui rifugiati nordafricani o
gli alterchi furiosi tra Ungheria, Slovacchia e Romania le cui antipatie
sono evidentemente incardinate nella storia e riguardano distinte componenti
nazionaliste, la previsione di Brzezinski dovrebbe essere ritenuta davvero
accurata. È interessante notare che in questi giorni ci sono conflitti
di intensità comparabile – che coinvolgono le fasce più attive della
popolazione e sono promossi dai pervasivi social media – che
si verificano all’interno dei singoli paesi. Tendenze allarmanti come
la scarsa partecipazione alle urne, il radicalismo indomito e il notevole
numero di euro-scettici sono venute a galla nel 2009 durante le elezioni
per il Parlamento Europeo. Le conseguenti elezioni nazionali, specialmente
quelle nelle nazioni scandinàve, hanno sottolineato l’ascesa del
radicalismo in Europa.
Il sistema finanziario europeo, che
si era ripreso a malapena dalle proteste allargate e talvolta violente,
ha dovuto patire un nuovo colpo. È strano, ma questa volta non sono
le agenzie di rating a creare il problema: lo shock è
stato indotto dalle dichiarazioni di A. Merkel fatte in seguito alla
riunione del 23 ottobre per il bail-out dell’UE. In un chiaro
tentativo di raffreddare le alte aspettative dei potenziali beneficiari
degli aiuti, la Merkel ne ha parlato come di sogni che non potranno
mai realizzarsi. Un crollo dei mercati – iniziato in Asia, poi diffusosi
in Europa – ha fatto la sua comparsa poco dopo.
La Merkel ha riferito che la ricerca
di soluzioni alla crisi del debito proseguirà il prossimo anno,
ma è probabile che col tempo questa missione verrà
interrotta dai nuovi governi, che non saranno obbligati a seguire gli
accordi sottoscritti dai loro predecessori.
Fonte: Europe: Change of Ruling Elites on the Horizon
23.10.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE