DI LINA BEN MHENNI
Guardian.co.uk
Ho boicottato le elezioni;
dopo poche settimane di euforia rivoluzionaria, la Tunisia è di
nuovo uno stato di polizia
Nove mesi fa una nazione ha deciso
di dire no alla dittatura, all’ingiustizia, all’oppressione. Nove mesi
fa un ragazzo si è dato fuoco per vendicare la dignità di un intero
paese. Di seguito centinaia, poi migliaia di giovani hanno manifestato
nelle strade, chiedendo dignità, uguaglianza, lavoro e denunciando
il nepotismo e la corruzione.La gente aveva fame e mancava persino
della dignità basilare di possedere un impiego, non perché
il nostro paese sia povero, ma perché la corruzione ha assicurato
la nostra ricchezza nelle mani di poche famiglie. I tunisini hanno combattuto
per circa un mese. Pian piano, le loro richieste sociali sono diventate
politiche. Un movimento di rivolta si è diffuso in tutto il paese.
Circa trecento giovani uomini e donne
hanno perso la vita. Centinaia sono stati gravemente colpiti e molti
ancora soffrono per via delle ferite.
Il 14 gennaio scorso Ben Ali è
scappato dal paese temendo la rabbia di migliaia di persone che si sono
riversate nelle strade e hanno gridato all’unisono: “Dégage!”
(Vattene!)
Ma i tunisini che hanno manifestato,
bersagli di gas lacrimogeni e proiettili, hanno ottenuto ciò che chiedevano?
La situazione è cambiata per loro?
Ho viaggiato per il paese dall’inizio
della rivoluzione. Ho incontrato persone che avevo conosciuto e intervistato
in precedenza durante gli eventi all’inizio di gennaio. Ero curiosa
dei sapere se fossero felici e soddisfatti dei cambiamenti che accadevano
nel nostro paese.
Non fui molto sorpresa di scoprire
che, proprio come me, questi giovani non vedevano nessun grande cambiamento.
La loro situazione non solo non è buona, ma per molti aspetti è anche
peggio di prima. Il graffito che ora si legge su tutti in muri della
Tunisia denuncia i vari partiti politici che hanno formato il governo
di transizione, un governo di cui un notevole numero di tunisini non
si fida.
La maggior parte dei giovani non avverte
alcun cambiamento e penso abbiano ragione.
Il sistema di sicurezza, e quindi il
Ministero degli Interni e la sua polizia, non è affatto cambiato.
Le forze dell’ordine continuano la loro violenza contro le persone.
Continuano gli arresti arbitrari e si praticano ancora torture nelle
stazioni di polizia e nelle prigioni, come è stato mostrato dai rapporti
di diverse associazioni e ONG per i diritti umani. Dopo qualche settimana
di euforia rivoluzionaria, la Tunisia è di nuovo uno stato di polizia.
Fate un giro sulle strade principali della capitale e resterete scioccati
dalla presenza della polizia. Gli agenti che hanno chiesto scusa ai
tunisini dopo il 14 gennaio sono tornati alle vecchie molestie verbali
e fisiche.
I supposti processi a Ben Alì
e alle famiglie Trabelsi sono la prova del fatto che il sistema giudiziario
è ancora controllato dal vecchio regime. Né le accuse né
i verdetti sono accettabili. Persino ora, queste persone godono di un
trattamento speciale. La maggior parte dei funzionari di alto rango
che hanno servito con devozione il regime di Ben Alì sono ancora liberi.
Alcuni di loro hanno addirittura partecipato alle elezioni dell’Assemblea
Costituente come candidati.
Lo stesso vale per i media:
la situazione è quasi la stessa di prima il 14 gennaio. Per fortuna,
il popolo tunisino ora è cosciente dei tentativi di manipolazione e
stanno cercando di trovare notizie usando altri mezzi. Facebook è dove
si può trovare il vero dibattito sulle elezioni.
Stesso discorso per i cambiamenti economici
e finanziari: non ce ne sono. Ogni volta che provo ad affrontare il
tema con intellettuali e politici, questi ultimi dicono: “Tu sei
giovane e ti manca l’esperienza, noi non possiamo cambiare
certe cose nel giro di settimane o mesi.”
Domani i tunisini eleggeranno le persone
che scriveranno la nostra nuova costituzione. Io boicotterò queste
elezioni per molte ragioni, ma principalmente a causa della partecipazione
di gente del vecchio regime e di partiti ricostituiti dal vecchio partito
di Ben Alì, l’RCD. Non penso che possiamo iniziare qualcosa di nuovo
se manteniamo vecchi elementi. Per poter parlare di rivoluzione, dobbiamo
tagliare di netto col passato e col vecchio regime. E non è il caso
della Tunisia. Ma nonostante il mio pessimismo, spero vivamente che
queste elezioni non porteranno il paese in uno stato di caos.
Fonte: Tunisian elections: Beware, beware, my hunger and my anger
22.10.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO