DRASTICO TAGLIO ALLE SPESE MILITARI? NO: SONO UN SOCIALISTA ANTIMPERIALISTA

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Causale: Raccolta fondi

DI STEFANO D’ANDREA
Appello al Popolo

Recentemente ho sottoscritto un appello

che aveva ad oggetto cinque slogan. Uno dei cinque slogan era questo:

Drastico taglio alle spese militari e cessazione di ogni missione

di guerra” (1).

Un appello si sottoscrive perché

se ne condivide lo spirito di fondo e si conviene sull’utilità dell’iniziativa.

Dissensi sui dettagli e magari anche su uno dei punti oggetto dell’appello

non possono indurre ad astenersi dall’adesione; salvo assumere l’atteggiamento

del fariseo che è disposto a servire soltanto la propria verità, atteggiamento

sempre inutile e pernicioso ad ogni causa politica. In questo caso,

al momento della sottoscrizione, le mie perplessità potevano, al più,

cadere su altri punti, non su quello testé riportato.In realtà, lo slogan “Drastico

taglio alle spese militari e cessazione di ogni missione di guerra

si compone di due parti. Nessun dubbio si può avere sulla opportunità

della “cessazione di ogni missione di guerra”. Anzi, si doveva essere

anche più espliciti: cessazione della partecipazione dell’Italia

alle guerre di aggressione; e disponibilità a risarcire i danni di

guerra subiti dalle nazioni aggredite.

Invece, a ben riflettere, la prima

parte dello slogan – “Drastico taglio alle spese militari” –

pone qualche problema che la sinistra italiana non è solita sollevare

e, anzi, tende a rimuovere. Vediamo di chiarire.

Se desideriamo restare nella NATO;

accettiamo che sul territorio italiano siano installate basi militari

di eserciti stranieri; intendiamo continuare a chiedere protezione

in cambio di questa consolidata servitù; e tuttavia pretendiamo di

osservare, al contrario di quanto è avvenuto negli ultimi anni, la

Costituzione Italiana là dove essa vieta ogni guerra di aggressione,

probabilmente la proposta del “Drastico taglio alle spese militari”

è coerente con la nostra ignavia. La proposta sarebbe ancor più coerente

se, pur invocando in linea astratta la protezione di diritti sociali

e del lavoro in particolare, accettassimo i presupposti di fondo della

ideologia globalista: libera circolazione delle merci, dei capitali

e dei lavoratori. Se non ti opponi ai prepotenti e lasci aperte le porte

di casa tua a chiunque voglia entrare, non hai bisogno di allarmi o di cani da guardia.

Insomma, se, da un lato, accettiamo

di disintegrarci come Stato, nel senso che rinunciamo a dirigere e programmare

l’attività economica che si svolge sul nostro territorio, destinato

a restare parte dello “spazio globale senza frontiere”, e dall’altro

consentiamo che il territorio italiano continui ad essere utilizzato

dalla più grande potenza militare del nostro tempo, per il perseguimento

dei suoi interessi geopolitici, forse abbiamo davvero bisogno soltanto

di un esercito minimo. Il codardo, disposto a soddisfare sessualmente

il padrone, non ha bisogno di allenarsi per resistere ai potenti e ai

prepotenti.

Se, al contrario, un partito o movimento

politico, da un lato, si pone l’obiettivo di riconquistare il diritto

e il potere di programmare l’attività economica che si svolge dentro

il territorio dello Stato e quindi intende sottrarre allo “spazio

globale senza frontiere” quel territorio, sul quale non vigerà più

il principio della libera circolazione delle merci dei capitali e del

lavoro; e dall’altro intende vivere dignitosamente, senza basi straniere

sul proprio territorio e senza i vincoli di sudditanza che esse implicano

e comportano, allora un esercito popolare ben armato e organizzato,

in grado di difendere il territorio dall’aggressione dei nemici esterni,

è assolutamente necessario. Se non sei un codardo ed eviti di metterti

al servizio di un padrone, sei costretto ad avere la capacità di difenderti,

perché altrimenti il padrone ti distrugge (e se tu non ti prepari e

ti fai distruggere te lo meriti).

Provo ad essere più analitico.

Un partito politico potrebbe proporre

di attribuire ad ogni impresa e cittadino il diritto di utilizzare,

sul territorio statale, tutte le possibili tecnologie senza pagare brevetti

stranieri. Stabilendo una norma destinata a valere soltanto sul proprio

territorio e volta ad attribuire ai propri cittadini e imprese un diritto

(ma esponendosi all’emanazione di analoghe norme valide sui territori

stranieri), lo Stato infligge un danno economico a imprese e cittadini

stranieri. Perciò, gli Stati Uniti potrebbero sentirsi particolarmente

danneggiati, posto che cittadini e imprese statunitensi hanno molti

brevetti internazionali.

Un partito politico potrebbe proporre

l’emanazione di una norma che crei il vincolo per i cittadini e le

imprese italiane di reinvestire in Italia; e ciò sul presupposto che

è assurdo che il risparmio accumulato dagli italiani sia libero di

volare nello spazio senza frontiere per essere investito in un luogo,

al fine di produrre in altro luogo beni che saranno rivenduti in un

terzo luogo, per generare utili che saranno investiti in altro luogo

ancora. La norma ipotizzata avrebbe l’obiettivo di evitare di essere

costretti a distruggere il nostra sistema di tutele sociali per attirare

il capitale straniero. Anche in questo caso, una norma giuridica, destinata

a valere soltanto sul nostro territorio (un divieto o un vincolo all’espatrio

del capitale) cagionerebbe un danno ad alcuni stati stranieri, tra i

quali gli Stati Uniti d’America, che compensano i deficit di bilancio

con l’afflusso massiccio di capitale da altri stati. Soprattutto quella

norma potrebbe scavare un solco lungo il quale potrebbero procedere

altri stati e ciò sarebbe gravemente dannoso per gli interessi dei

cittadini e delle imprese statunitensi. Abbiamo visto che fine fanno

gli stati che decidono di non utilizzare il dollaro. Gli Stati Uniti

non consentono nemmeno che qualcuno tenti l’esperimento.

E infatti, un partito politico potrebbe

anche volere che lo Stato si disfi pian piano dei dollari posseduti

come moneta di riserva, consideri il dollaro carta straccia e ne vieti

la circolazione per transazioni in cui è parte un cittadino o una impresa

con sede principale nel territorio dello stato. Anche in questa ipotesi

gli Stati Uniti non la prenderebbero bene. Anzi hanno già dimostrato

che, in simili casi, la prendono molto male.

Non proseguo nell’elenco delle norme

ipotetiche, che in realtà potrebbe essere infinito. E domando: un partito

politico che persegua interessi come quelli tutelati dalle norme ipotizzate

o da norme simili può al tempo stesso sostenere che è necessario un

drastico taglio alle spese militari? I casi dell’Iraq e della Libia

e ahinoi quelli che si profilano dell’Iran, della Siria e del Venezuela

dimostrano che quando gli Stati Uniti hanno interesse a sanzionare un

paese per una o altra ragione, lo aggrediscono militarmente. Molti altri

casi storici dimostrano che gli Stati Uniti finanziano e organizzano

colpi di stato per far cadere “regimi non amici”, ossia governi

di stati i quali emanano norme destinate a valere sul territorio di

quegli stati e che tuttavia sono sgradite agli Stati Uniti (anche la

mancata emanazione di una norma che prevedesse la consegna di Osama

Bin Laden in fondo è un caso, sia pure particolare, riconducibile alla

regola generale).

La conclusione è agevole.

Chi si colloca dentro il nostro falso

bipolarismo e vuole soltanto “migliorare” la politica del centrosinistra

può anche proporre la drastica riduzione delle spese militari. Egli

vuole restare sotto tutela militare straniera e non si propone di sfidare

il principio della libera circolazione del capitale delle merci e del

lavoro, nelle sue varie declinazioni e nei suoi corollari.

Invece, chi vuole distruggere il falso

bipolarismo, riappropriarsi del potere di decidere di valorizzare il

lavoro con norme giuridiche valevoli sul territorio dello stato (infischiandosene

del contrario interesse degli stati-nazione dominanti) e tornare a lanciare

una sfida al mondo per cospargerlo di rosso, deve possedere un esercito

forte e motivato, capace di combattere per anni una guerra di guerriglia

contro un esercito invasore molto più potente.

Il futuro della Libia in questo momento

storico risiede nel suo esercito. Gli eserciti servono alle nazioni,

non soltanto per aggredire, bensì per resistere. La resistenza normativa

alla libera circolazione del capitale delle merci e dei lavoratori non

vi può essere se non vi è un esercito che la presidi. E se le nazioni

dominanti decidono di aggredire la resistenza nazionale, reputata, a

torto o a ragione, eccessiva e fastidiosa, la forza, il coraggio, la

fedeltà, e l’armamento dell’esercito e delle milizie popolari sono

la fiaccola alla quale è legato il destino della nazione libera e aggredita.

Perciò, tra le migliaia di false notizie

che provengono dai mercenari e dalla NATO, c’è da augurarsi che questa

sia vera:

Il leader libico Muammar Gheddafi

è ancora in grado di imporre le proprie forze di combattimento. Le

truppe del colonnello si sono ritirate ordinatamente, ha detto Roland

Lavoie, portavoce della NATO.

Secondo Lavoie, Gheddafi ha il “controllo totale” dei movimenti

del suo esercito. Ha dimostrato ancora la

“capacità di comandare le truppe, e di condurre l’attuazione delle

sue direttive strategiche, compresa la gestione delle attrezzature militari”

[Agence France-Presse]. Il portavoce della NATO ha messo in guardia

contro l’idea che la forza di Gheddafi abbia preso il volo. Secondo

Lavoie: “le

truppe lealiste di Gheddafi che possiamo vedere non sono allo

sbando totale, sono in ritirata in modo ordinato, concedendo terreno

e andando alla seconda miglior posizione da tenere per poter continuare

la loro guerra (2).

Viva i popoli liberi che affrontano

il rischio di essere aggrediti. Dieci popoli liberi e coraggiosi e l’impero

statunitense morirà dissanguato.

*************************************************

Note:

(1) https://sites.google.com/site/appellodobbiamofermarli/

(2) http://gilguysparks.wordpress.com/2011/09/01/worlds-chronicles-1-0-1/

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Fonte: Drastico

taglio alle spese militari? No: sono un socialista antimperialista

04.09.2011

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