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La Redazione

 

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DOVE VA IL MONDO ? APPELLO AGLI ESSERI VIVENTI

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A cura di supervice
Il 27 Settembre 2011
74 Views

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DI CHEMS EDDINE CHITOUR
Mondialisation.ca

“Possano tutti gli uomini ricordarsi

che sono fratelli! Abbiano in orrore la tirannia esercitata sulle loro

anime, come odiano il brigantaggio che strappa con la forza il frutto

del lavoro e dell’attività pacifica!”

Voltaire (Preghiera a Dio)

In un importante testo che vanta più

di tre secoli ma che non fa una piega, Voltaire fa un appello alla tolleranza

fra gli uomini. Scriveva:

“Non

è più dunque agli uomini che mi rivolgo, ma a te, Dio di tutti gli

esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se

è lecito che delle deboli creature, perse nell’immensità

e impercettibili al resto dell’universo, osino domandare qualche cosa

a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti sono e immutabili e

eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano

dalla nostra natura.
Fa sì

che questi errori non generino la nostra sventura. Tu non ci hai donato

un cuore per odiarci l’un l’altro, né

delle mani per sgozzarci a vicenda; fa’ che noi ci aiutiamo vicendevolmente

a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera. Fa’ sì

che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli

corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze

ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre

opinioni insensate, tra tutte le nostre convinzioni così

diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te, insomma che tutte

queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati “uomini”

non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione. Fa’ in modo

che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino

coloro che si accontentano della luce del tuo sole; che coloro che coprono

i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti, non detestino

coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera […]

Fa’ che coloro il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano

su una piccola parte di un piccolo mucchio di fango di questo mondo,

e che posseggono qualche frammento arrotondato di un certo metallo,

gioiscano senza inorgoglirsi di ciò

che essi chiamano “grandezza” e “ricchezza”, e che

gli altri li guardino senza invidia: perché

tu sai che in queste cose vane non c’è

nulla da invidiare, niente di cui inorgoglirsi”.(1)

I fondamenti di questa “macchina

diabolica”: la mondializzazione neoliberista.

Come può essere spiegata la

disfunzione (anomia) del mondo attuale a tutti i livelli: crollo monetario,

guerre di tutti contro tutti, impoverimento del mondo, la sprezzante

ricchezza di un’oligarchia finanziaria, si dice per esempio che in

Francia gli eletti del “CAC 40”(Compagnie des Agences de Change)

si sono spartiti 45 miliardi di euro nel 2010, un anno di profonda scarsezza

per tutti gli altri. Bisognerà parlare in seguito del disastro ecologico.

In questi tempi di “disgregazione dei valori”, che si pensavano

immutabili, molte certezze hanno vacillato a causa del neoliberismo.

Il capitale simbolico che è stato accumulato durante lustri, crolla

tutto d’un pezzo sotto i colpi di maglio del mercato del liberismo,

frutto di una mondializzazione senza etica. Le identità si perdono

sotto la pressione di un Occidente neoliberista che ordina, cataloga

e detta la norma, tutto ciò a vantaggio di una “macdonaldizzazione”

della cultura. A suo tempo, Tocqueville in un testo di una chiarezza

e una lucidità straordinarie se non addirittura profetico, scriveva:

“Io vedo una folla

innumerevole di uomini simili ed uguali che girano senza sosta su loro

stessi per procurarsi dei piccoli e volgari piaceri, con cui riempiono

la loro anima. Ognuno di essi, isolato,

è come straniero al destino di tutti gli altri: i suoi figli, i suoi

amici più prossimi, sono per lui tutta la specie umana; in quanto

al resto dei suoi concittadini, è

vicino ad essi ma non li vede; li tocca e non li sente del tutto; non

esiste che in sé stesso e per lui solo, e se gli resta ancora una famiglia,

si può dire che non abbia più una patria”.(2)

Tocqueville aggiunge che “i vizi

dei governanti e la stoltezza dei governati dominano”. Io penso, scrive,

che la specie di oppressione da cui i popoli democratici sono minacciati

non assomiglierà a niente di ciò che l’ha preceduta nel mondo. È

un ritratto spietato della realtà contemporanea, composto più di 150

anni fa… Si sa, il neoliberismo ha fatto di tutto per minimizzare

il segnale d’allarme dell’IPCC in inglese: Gruppo Intergovernamentale

di Esperti sul Cambiamento Climatico) sull’imminenza dei cambiamenti

climatici. Un proverbio indiano ci spiega come l’uomo demolisca metodicamente

la natura. “Quando l’uomo avrà pescato l’ultimo pesce, ucciso

tutto gli animali, abbattuto l’ultimo albero, inquinato l’ultima

goccia d’acqua, può essere che si renderà conto che il denaro non

è commestibile”. In merito a ciò che gli scienziati designano come

l’“overshoot day”, “il giorno del superamento”

, ciò che ci allarma è che questo giorno si avvicini di anno in anno.

Noi viviamo attualmente come se avessimo un quarto del pianeta. È normale

in queste condizioni che tanto la dipendenza dagli idrocarburi quanto

l’utilizzo anarchico di prodotti chimici pericolosi si traducano in

cambiamenti climatici di volta in volta più frequenti, imprevedibili

e devastanti soprattutto per l’umanità che vive nel Sud del mondo.

(3)

“Il mondo economico, s’interroga

Pierre Bordieu, anziano professore del Collegio di Francia, è veramente

come lo vuole il discorso dominante, un ordine puro e perfetto, che

procede implacabilmente secondo la logica delle sue conseguenze prevedibili

e pronto a reprimere tutte le mancanze con le sanzioni che infligge,

sia in maniera automatica, sia – più eccezionalmente – attraverso

l’intermediazione del braccio armato, il FMI o l’OCSE. Il movimento

reso possibile dalla politica di deregolamentazione finanziaria punta

a mettere in discussione tutte le strutture collettive capaci

di ostacolare la logica del mercato puro: nazioni, gruppi di lavoro,

con, per fare un esempio, l’individualizzazione dei salari e delle

carriere […] Così si instaura il regno dell’assoluta flessibilità,

con il reclutamento sotto contratto a tempo determinato o interinale

e con “i piani sociali” a ripetizione”. Per Pierre Bourdieu,

il liberismo sembra un programma di “distruzione delle strutture collettive”

e di promozione di un nuovo ordine fondato sul culto “dell’individuo,

solo, ma libero”. (4)

Il filosofo Dany-Robert Dufour cerca

di mostrare che, lontani dall’essere usciti dalla religione, siamo

caduti sotto l’impero di una nuova religione conquistatrice, il Mercato

o il “money-teismo”. Inoltre, cerca di rendere espliciti i dieci

comandamenti di questa nuova religione, molto meno proibitrice che incitatrice,

il che produce dei potenti effetti di distruzione dei simboli

come dimostra il terzo comandamento:

“Non pensate, spendete!”

Viviamo in un universo che fa dell’egoismo, dell’interesse personale,

dell’amore per sé stessi il suo primo principio.

“Distruttore dell’essere con gli altri, dell’essere sé

stessi, scrive Dany-Robert Dufour, ci ha condotti a vivere in una Città

perversa. […] Depressioni, disturbi dell’identità, suicidi e perversioni

si moltiplicano. Al punto che il mercato non vuole più

l’essere umano così com’è.” (5).

Jean-Claude Paye approfondisce

l’argomento quando scrive: “Noi non siamo più

in una società di controllo. Non si tratta più

di controllare e modellare i corpi al fine di renderli adatti alla macchina

economica, ma di attaccarsi al loro essere fissando le modalità

di sfruttamento dell’individuo”. Jean-Claude Paye va oltre e

pensa che l’uomo non appartenga più a sé stesso, ma sia di

proprietà dell’impresa:

La dissociazione della

proprietà di sé stessi si rivela come un paradigma della

post-modernità. Non solamente è

il risultato dell’azione dello Stato che afferma la sua nuda proprietà

sulle nostre esistenze, ma può anche prendere configurarsi come un

contratto, come per esempio quello imposto ai suoi impiegati dalla firma

cinese Foxconn che impedisce ai suoi dipendenti di suicidarsi raccomandando

loro di “amare la propria vita”. […]

“Come nuda proprietà l’immagine umana

è patrimonio delle autorità costituite. Il malato non ha più

che l’utilizzo, lo sfruttamento del proprio corpo e a condizione che

sia la trasparenza della proprietà

esercitata dal potere. La possibilità

di ridurre quest’ultimo a una carne senza parola permette questo smembramento.

Quando egli vende la sua forza lavoro, il salariato, proprietario delle

merce forza lavoro, ne cede il valore d’uso al datore, il quale se

ne assicura lo sfruttamento durante la giornata di lavoro”.

(6)

Questa mondializzazione distrugge tutto

al suo passaggio, identità, culture e tradizioni che hanno trascorso

secoli per sedimentarsi. Pierre Bourdieu parla del neoliberismo come

un sistema che ha come scopo primario anche quello di disfare le strutture

collettive. L’individuo-soggetto si ritrova solo, non avendo più

strutture organizzate per difenderlo, come i sindacati. Egli diventa

allora o una vittima consenziente di un sistema o si ribella, è allora

entra in guerra con la propria struttura (impresa o Stato), da qui i

notevoli tassi di suicidio a France Telecom. Jean-Claude Paye

afferma che l’individuo non appartiene più a sé stesso ma alla struttura

che lo impiega e lo formatta come vuole. In Cina l’impresa impedisce

ai suoi dipendenti di suicidarsi non come un imperativo morale, ma come

una perdita di forza lavoro che l’impresa “ha comprato” reclutando

il personale. Si va anche oltre, Jean-Claude Paye ci dice che anche

il tempo dopo il lavoro appartiene indirettamente all’impresa nel

senso che il dipendente è sempre sotto l’influenza della sua impresa

anche al di fuori del lavoro:

Il salariato vende così

al padrone l’usufrutto della sua forza lavoro e ne conserva formalmente

la nuda proprietà. […] I lavoratori non sono più

in grado di opporsi al deterioramento della loro forza lavoro, così

che la loro nuda proprietà è rimessa in discussione. La possibilità

per il proprietario di minacciare l’integrità

del lavoratore risulta dall’intensificazione del

“dispendio nervoso” e soprattutto dalla creazione di un lavoro invisibile

che supera il quadro della giornata di lavoro. Il lavoro visibile si

sdoppia in un lavoro invisibile, che

è necessario per interiorizzare le nuove limitazioni imposte dall’impresa

[…] Lo sviluppo considerevole del lavoro invisibile

è tale che tende ad accaparrarsi l’intera vita del lavoratore […]

Il dominio si chiama partenariato e allo sfruttamento si dà

il nome di gestione delle risorse umane […] La proprietà, che fa

da ostacolo al godimento degli altri, diviene godimento dell’altra,

ovvero di quella dello Stato e dell’impresa”.

(6)

Da dove verrà

la salvezza?

Possiamo lasciare che i valori umani

si volatilizzino in una o due generazioni,così difficilmente elaborati

nel corso dei secoli precedenti? Edgard Morin con la sua abituale lucidità

scrive:

Non si tratta di concepire

un modello di società, ma di cercare ossigeno nell’idea di utopia.

Dobbiamo elaborare una Via, che non potrà

che formarsi dalla confluenza di molteplici vie riformatrici, e che

condurrebbe alla decomposizione della corsa folle e suicida che ci porta

all’abisso. […] La resistenza a tutto ciò

che degrada l’uomo a causa dell’uomo, all’asservimento, al disprezzo,

alle umiliazioni, si nutre dell’aspirazione, non al migliore dei mondi,

ma ad un mondo migliore. Questa aspirazione, che non ha cessato di nascere

e rinascere nel corso della storia umana, rinascerà

ancora”. (7)

Sempre sotto il segno dell’Appello

all’umanità, Badi Baltazar scrive:

Questo

è un appello all’umanità delle donne e degli uomini del XXI

secolo. […] Un appello a coloro che come me avvertono questa stessa

impressione sgradevole che tutto sia muore, che lo Stato di Diritto

non sia più tale, che l’Umanità

corra a testa bassa su di un’autostrada senza uscita, che la nostra

cattiva fede e le nostre menzogne siano infinite e che si stia affermando

questa insidiosa rassegnazione a consumare un mondo che va a male. Le

parole che sfileranno sotto i vostri occhi hanno come bersaglio le vostre

coscienze, che voi siate prede o predatori, indignati o dignitari. […]

Che siate Europei, Africani, Asiatici o Americani […]

è arrivato il tempo di unire le nostre forze, di trovare dentro di

noi il coraggio di esorcizzare le nostre paure, di sentirsi uomini fra

gli uomini e di proiettarsi in un avvenire comune. […] Un mondo nel

quale i cittadini possano realmente prendere parte alle decisioni politiche,

liberi di esprimersi, liberi di andare e venire come gli pare. Un mondo

nel quale l’uomo e la natura siano infine il centro delle preoccupazioni,

in cui i desideri siano subordinati ai bisogni. Lo spirito, oggi, dimostra

del buon senso, partecipa della bellezza e soprattutto e sempre più

vitale. […] Non potremo cambiare il mondo esterno senza cambiare il

nostro mondo interiore. In una parola, realizzarsi per realizzare. […]

Naturalmente, questa presa di coscienza individuale induce ad una responsabilità

morale. (8)

Il Dalai Lama apporta a sua volta la

sua luce di umanità:

Il fine di tutte le

principali tradizioni religiose non

è quello di costruire dei grandi templi all’esterno ma quello

di creare dei templi di bontà e di compassione

all’interno, nel nostro cuore. Tutte le grandi religioni hanno questa

capacità. Più noi avremo coscienza del valore e dell’efficacia delle

altre tradizioni religiose, più profondo sarà

il rispetto e la venerazione che porteremo loro. Ecco il buon cammino

da seguire se vogliamo promuovere una vera compassione e uno spirito

di armonia fra le religioni. Io faccio appello a una rivoluzione spirituale.

La rivoluzione spirituale che io auspico non

è una rivoluzione religiosa. Si tratta piuttosto di un riorientamento

radicale delle nostre preoccupazioni egoistiche abituali all’interno

della nostra comunità, di una condotta che tenga conto degli interessi

degli altri insieme ai nostri. […] Ciò

non significa che sarà necessario coltivare i nostri valori spirituali

perché non scompaiano automaticamente. Al contrario, ognuno di essi

richiede una risposta specifica. Ma quando la dimensione spirituale

è trascurata, è inutile aspettarsi una soluzione durevole. Trasformare

il proprio spirito, questo è secondo me la spiritualità. […] La

rivoluzione spirituale deve nascere dall’interno, dal desiderio profondo

di trasformarsi per diventare un essere umano migliore.

È per questo che dobbiamo lavorare e in questo modo che una rivoluzione

spirituale potrà avvenire. […] C’è un passaggio magnifico nella

Bibbia che ci esorta a trasformare le spade in vomere d’aratro. […]

È la compassione a essere il fondamento della pace. E la pace non significa

solamente l’assenza di violenza o di guerra. La pace

è più di questo. La pace, la vera pace,

è, credo, il frutto della compassione. (9)

Appunto, a proposito del “cambiamento

interiore”, si può citare un versetto del Corano: “Dio non trasforma

una società se non quanto i suoi membri trasformano sé

stessi” (Sura n° 13 Le Tonnere-Versetto 11). Nei suoi scritti

l’Emiro Abdelkader prende nettamente le distanze dalla nuova visione

“secolarista” del mondo, secondo la quale gli affari umani dipendono

dal dominio esclusivo della ragione. In una visione profetica, l’Emiro

scriveva nell’El Maoukef:

Piuttosto che interrogare,

noi siamo interrogati sull’avvenire dell’uomo in generale e su quello

dell’Occidente in particolare dal momento che dominerà

il mondo materiale. Questo Occidente

è malato della sua intelligenza. Per quanto sapiente non riesce a cogliere

una verità essenziale tanto è vero che

è assetato di potere e di conquista ed

è accecato dall’illusione della sua potenza, venerando il denaro

come Dio. Dimentica pertanto di privilegiare l’essenziale, cioè

lo spirito. Se giunge a guarire la sua intelligenza, se ammette che

questo è il più perfetto dei mondi, allora raggiungerà

la perfezione assoluta. La sua felicità

sarà allora a livello della sua scienza, ovvero una scienza che illumina

tutti gli stati dell’essere. In caso contrario, la sua tristezza

sarà al livello della sua ignoranza. Ed

è il suo spirito sordo e cieco che lo porterà

a questa fine. (10)

Il mondo va nonostante la materia domini

lo spirito, e noi non dobbiamo condannarci come scrive Voltaire nella

sua “Preghiera a Dio”, citata nel preambolo. Il mondo si “mercantilizza”

sempre di più. Il neoliberismo attacca tutto ciò che gli resiste.

Vuole fabbricare l’uomo nuovo, l’automa che resiste solo alle pulsioni

materiali di consumo multiforme (cibo, media sempre più nuovi

che creano nuovi bisogni; un portatile che potrebbe durare benissimo

cinque anni si cambia dopo soli due anni, creando uno spreco sfrenato

in termini di energia e di aggravamento dei cambiamenti climatici).

Il neoliberismo si dirige solo ai consumatori e non a quelli che fanno

lavorare i propri neuroni (Non pensate, spendete! Questo è lo slogan

di questa doxa della mondializzazione).

Tutta la mondializzazione senza

etica, “il money-teismo”, la religione del denaro, è così

messa all’indice. Bisogna rivalutare l’uomo e invitarlo a trasformarsi

dal suo interno. L’Emiro Abdelkader per primo aveva puntato il dito

sul dilemma dell’Occidente circa la sua potenza materiale che ha schiacciato

l’umanità dell’uomo occupandosi solo del suo “mondo esterno”,

ma non del suo mondo interno.

L’uomo saprà, come esortano questi

saggi, superare la sua dimensione materiale per andare verso l’assoluto?

Si pone così il problema dell’etica legata allo sviluppo, che è

al centro del dibattito in questo inizio di XXI secolo.

Note:

1. Voltaire, Trattato sulla tolleranza,

capitolo XXIII.

2. Alexis de Tocqueville,

La democrazia in America, Libro I, vol. II (Parte IV, capitolo VI).

3. Chems Eddine Chitour, Le Néolibéralisme: destruction

du collectif et atomisation de l’humain

4. Pierre Bourdieu L’essence du

néolibéralisme, Le Monde diplomatique, marzo 1998.

5. Dany-Robert Dufour, Les désarrois

de l’individu-sujet, Le Monde diplomatique 02 2001

6. Jean-Claude Paye, La fine della proprietà

di sé

7. Edgard Morin, Ce que serait

«ma» gauche, Le Monde, 22 maggio 2010

8. Badi Baltazar, Appel à l’humanité

9. Dalai Lama, Des temples de bonté dans

nos cœurs… 15 maggio

2011.

10. L’Emir Abdelkader, “El Maoukef”,

Les Haltes.

**********************************************

Fonte: Où va le Monde?
Appel aux vivants

15.09.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di M. L. SABATINO

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