Di Gabriele Buracchi per ComeDonChisciotte.org
L’ADHD è la sigla di Attention-Deficit/Hyperativity Disorder, che in Italiano dovremmo chiamare DDAI, trattandosi del Disturbo da Deficit d’Attenzione/Iperattività.
Questo disturbo è una diagnosi riconosciuta dall’American Psychiatric Association (APA) ed è quindi riportato nel DSM-5, il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali.
Colpisce oggi tra il 5 ed il 15% dei bambini [1] stando a studi degli Stati Uniti, mentre in Italia una review [2] di 15 studi effettuata nel 2018 tra 5 e 17 anni, limitatamente a 9 regioni su 20, ha trovato una prevalenza aggregata del 2,9% pur con una ampia variabilità se si considera una prevalenza, basata sui criteri dei sintomi, del 5,9 %. Si tratta, comunque sia, di percentuali di tutto rispetto.
Dobbiamo comunque precisare che, sebbene questo disturbo sia considerato un disturbo dei bambini con inizio sempre durante l’infanzia, certi sintomi persistono nella vita adulta in modo evidente in circa la metà dei casi.
Vari tipi di disturbo
L’ADHD è stato classificato in tre tipologie [3] così classificate:
PRESENTAZIONE PREVALENTEMENTE DISATTENTA
Come suggerisce il nome, le persone con questo tipo di ADHD hanno estrema difficoltà a concentrarsi, finire le attività e seguire le istruzioni. Gli esperti pensano anche che molti bambini con il tipo disattento di ADHD potrebbero non ricevere una diagnosi corretta perché non tendono a disturbare la classe [4]. Il citato studio suggerisce che questo è più comune tra le ragazze con ADHD
PRESENTAZIONE PREVALENTEMENTE IPERATTIVA/IMPULSIVA.
Le persone con questo tipo di ADHD mostrano principalmente un comportamento iperattivo e impulsivo. Questo può includere:
- essere irrequieti
- interrompere le persone mentre parlano
- non poter aspettare il proprio turno
Sebbene la disattenzione sia meno rilevante con questo tipo di ADHD, le persone con ADHD prevalentemente iperattivo-impulsivo possono ancora avere difficoltà a concentrarsi sui compiti.
PRESENTAZIONE COMBINATA.
Il tipo più comune di ADHD. Le persone con il tipo combinato di ADHD mostrano sintomi sia di disattenzione che di iperattività. Questi includono l’incapacità di prestare attenzione, una tendenza all’impulsività e livelli di attività ed energia superiori alla media. Il tipo di ADHD può cambiare nel tempo, quindi anche il trattamento potrebbe cambiare.
Come si deduce dalle tre tipologie, i sintomi più frequenti sono:
- difficoltà di concentrazione ed a concentrarsi sui compiti
- dimenticarsi di completare le attività
- facilità a distrarsi
- difficoltà a stare fermi
- interrompere le persone mentre parlano
Ovviamente alcuni sintomi sono più specifici dei diversi tipi dell’ADHD, come iperattività, impulsività o difficoltà di concentrazione.
Nello specifico, una persona in stato di iperattività e impulsività può:
- avere difficoltà a stare ferma o rimanere seduta, per esempio, in classe
- avere difficoltà a giocare o svolgere compiti in silenzio
- parlare eccessivamente
- fare fatica ad aspettare il proprio turno
- interrompere gli altri mentre parlano, giocano o svolgono un compito
Chi non riesce bene a concentrarsi potrebbe:
- commettere errori frequenti o perdere dettagli quando studia o lavora
- avere difficoltà a mantenere la concentrazione durante l’ascolto, la lettura o una conversazione
- avere difficoltà a organizzare le proprie attività quotidiane
- perdere frequentemente oggetti
- venire distratto con facilità dalle piccole cose che accadono intorno a lui
Quali sono le cause ufficiali
Sicuramente le cause all’origine di questo disturbo sono molteplici. Consultando gli studi questo viene generalmente accettato.
Un lavoro [5] ci dice che:
L’eziologia di questa condizione è varia, compresi i fattori ambientali e la presenza di varianti di alcuni geni. Tuttavia, esiste una grande diversità tra i pazienti per quanto riguarda la presenza di questi fattori associati all’ADHD. Inoltre, ci sono variazioni nei correlati neurofisiologici riportati dell’ADHD. L’ADHD è spesso trattato farmacologicamente, producendo un miglioramento della sintomatologia, anche se ci sono pazienti refrattari ai principali trattamenti farmacologici o presentano effetti collaterali a questi farmaci, evidenziando l’importanza di sviluppare altre opzioni terapeutiche.
Un altro studio [6] ci dice che:
I bambini nati prematuramente e/o con basso peso alla nascita sono ad alto rischio di sviluppare l’ADHD. È stato dimostrato che anche il fumo materno, il consumo di alcol e i disturbi psicologici durante la gravidanza hanno un ruolo importante. Alcune particolari situazioni sociali ed economiche hanno aumentato il rischio di comparsa nei minori che le hanno vissute.
L’elettronica è un fattore di distrazione per i bambini e si è scoperto che esacerba i sintomi. Ancora più importante, le scelte genitoriali possono essere determinanti per un bambino con il disturbo. Una soluzione spesso proposta per i sintomi di questa natura è il farmaco. Tuttavia, sono stati riscontrati molti difetti e rischi negli psicostimolanti utilizzati per il disturbo. Vengono proposti trattamenti alternativi prima di raggiungere i farmaci, due molto efficaci sono l’allenamento cerebrale e la meditazione.
Un ulteriore studio [7] concernente le cause, invece, punta sulla genetica ed afferma:
Il bambino eredita i geni per l’ADHD dai genitori. Gli scienziati hanno identificato circa 25-45 geni correlati ai sintomi dell’ADHD sulla base di scansioni dell’intero genoma. Quindi il disturbo è poligenico, il che significa che più geni contribuiscono al disturbo, ognuno dei quali probabilmente contribuisce a un piccolo rischio, ma una combinazione di essi crea un rischio crescente per il disturbo.
Se parlare di una pluralità di cause è senz’altro giusto, la cosa che stupisce è il fatto che alcune cause, assolutamente banali e ben dimostrate, non vengano mai prese in considerazione e neppure conosciute da chi si dovrebbe occupare professionalmente di questo disturbo che stravolge la vita non solo di bambini ed adulti ma anche delle loro famiglie.
Ma vediamo quali sono le terapie che vanno per la maggiore.
Cure ufficiali per l’ADHD
I trattamenti in uso per questo disturbo includono terapie comportamentali, farmaci o entrambi. I tipi di terapia includono la psicoterapia,la terapia della parola e la terapia comportamentale per imparare a monitorare e gestire il comportamento.
I farmaci per l’ADHD dovrebbero influenzare le sostanze chimiche del cervello in modo da controllare impulsi ed azioni. Si tratta quindi di psicofarmaci da dare a dei bambini.
I due principali tipi di farmaci usati possono avere sia effetti stimolanti che non stimolanti. Quelli stimolanti il sistema nervoso centrale (SNC) sono i più comunemente prescritti ed aumentano sostanze chimiche cerebrali come dopamina e norepinefrina.
Probabilmente il più famoso è il metilfenidato (Ritalin) e altri stimolanti a base di anfetamine. Se si verificano effetti collaterali fastidiosi si usano farmaci non stimolanti, alcuni dei quali agiscono aumentando i livelli di noradrenalina nel cervello, come l’ atomoxetina e alcuni antidepressivi come il buproprione.
Si tratta in ogni caso di farmaci con forti eventi avversi.
Cito un solo articolo [8] per gli eventi avversi del Ritalin che riferisce quattro degli effetti collaterali più comunemente riportati di destroanfetamina (Dexedrine®) e metilfenidato (Ritalin®), vale a dire anoressia, insonnia, dolori di stomaco e perdita di peso, con particolare attenzione alla soppressione della crescita che accompagna la perdita di peso.
Da notare che viene stimato come negli Stati Uniti un bambino su cinque è in trattamento con questo farmaco.
La DEA (Drug Enforcement Administration) classifica il metilfenidato (Ritalin) come sostanza controllata di Classe II con… “un alto potenziale di abuso che può portare a una grave dipendenza psicologica o fisica” [9].
Per quanto riguarda l’atomoxetina uno studio [10] riporta che il trattamento con questo farmaco è stato associato ad aumenti piccoli ma statisticamente significativi della pressione arteriosa sistolica media negli adulti e della pressione arteriosa diastolica nei bambini e negli adolescenti. La frequenza cardiaca media è aumentata per tutti i gruppi di trattamento con atomoxetina. Gli aumenti della pressione arteriosa e del polso tendevano a manifestarsi all’inizio della terapia, stabilizzandosi e tornando al basale dopo l’interruzione del farmaco.
Il bupoprione, infine, è un antidepressivo inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina ed ha, tra i vari effetti collaterali, come ci dice uno studio [11], disfunzioni sessuali, aumento di peso e distacco emotivo.
Certo, tutti i farmaci hanno effetti collaterali, ma i loro effetti positivi nel curare una malattia dovrebbero essere nettamente superiori a quelli negativi, almeno in teoria.
Dov’è il problema?
Ma, allora, dove è il problema?
Possiamo dire che il problema sta all’origine della malattia vera e propria, e questo in diversi sensi.
Lo psichiatra statunitense Leon Eisenberg, nato nel 1922 e che viene universalmente definito il “padre scientifico dell’ADHD” morì nel 2009 [12]. All’età di 87 anni, sette mesi prima della sua morte, nella sua ultima intervista al settimanale tedesco “Der Spiegel“, che la riportò in un articolo del 2 febbraio 2012, disse:
“L’ADHD è un ottimo esempio di malattia fittizia”
Non voglio qui parlare delle violente reazioni di sedicenti siti antibufale a queste dichiarazioni di Eisenberg né ai rapporti tra lui e gli altri responsabili del già citato DSM con le aziende farmaceutiche. Ci sono altri che lo hanno fatto meglio di me [13].
Quello che ritengo indispensabile che venga conosciuto è la gran massa di studi, certo non finanziati da aziende farmaceutiche, che illustrano molteplici fattori, chiamiamoli ambientali, che sicuramente sono causa di ADHD.
ADHD e fattori alimentari
Inizio citando un mio articolo, una revisione di studi, che è stata pubblicato su:
Biologi Italiani (Organo Ufficiale dell’Ordine Nazionale dei Biologi) n°2 – febbraio/2005 annoXXXV [14]
Riassumendo solo gli argomenti principali riportati nel mio articolo, ricordo la correlazione trovata tra coloranti, conservanti ed in genere additivi alimentari e ADHD. Questo collegamento era già stato trovato da Feingold nel 1975 [15] che sviluppò una vera e propria dieta con buoni risultati anche se non facile da seguire. Stranamente, dopo un primo periodo, gli studi su questo argomento si diradarono a lungo, ricominciando in epoche più recenti, e confermando quanto scoperto da Feingold.
Mi limito a citare uno studio [16] del 2010 che dice:
I coloranti alimentari artificiali (AFC) non sono stati stabiliti come la causa principale del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), ma le prove accumulate suggeriscono che un sottogruppo mostra un miglioramento significativo dei sintomi quando consuma una dieta priva di AFC e reagisce con sintomi di tipo ADHD su sfida con gli AFC. Dei bambini con sospetta sensibilità, dal 65% all’89% ha reagito alla sfida con almeno 100 mg di AFC. Studi sulla dieta oligoantigenica hanno suggerito che alcuni bambini oltre ad essere sensibili agli AFC sono anche sensibili ai comuni alimenti non salicilati (latte, cioccolato, soia, uova, grano, mais, legumi) così come all’uva, ai pomodori e all’arancia contenenti salicilato. Alcuni studi hanno scoperto che la “cosensibilità” è più la regola che l’eccezione. Recentemente, 2 ampi studi hanno dimostrato la sensibilità comportamentale agli AFC e al benzoato nei bambini con e senza ADHD. Una dieta di eliminazione di prova è appropriata per i bambini che non hanno risposto in modo soddisfacente al trattamento convenzionale o i cui genitori desiderano proseguire un’indagine dietetica.
Di seguito rimando a studi simili di conferma [17],[18],[19],[20],[21].
Quindi, pur non generalizzando, c’è una frazione di bambini che potrebbero essere curati semplicemente eliminando certe sostanze artificiali – comunque dannose per tutti – e certi alimenti.
Un’altra sostanza, anche questa dannosa per tutti, che è stata individuata, è lo zucchero bianco, il cui consumo dal dopoguerra ad oggi ha avuto un incremento strabiliante.
In uno studio del 1986 Langseth e Dowd (citato in Prinz e Riddle 1986) [22], somministrarono un test di tolleranza al glucosio (5h) a 261 ragazzi iperattivi (7-9 anni). Il 74% dei ragazzi dimostrò curve di tolleranza al glucosio anormali; la metà di queste curve anormali erano basse ed appiattite, simili a quelle degli individui ipoglicemici. Secondo gli autori, l’ipoglicemia è associata ad una aumentata produzione di adrenalina che, a sua volta, può dar luogo ad una stimolazione del sistema nervoso o “restless reaction”.
Uno studio più recente del 2015 [23] ipotizza addirittura che gli effetti cronici dell’eccessiva assunzione di zucchero possano portare ad alterazioni nella segnalazione mesolimbica della dopamina, che potrebbero contribuire ai sintomi associati all’ADHD.
Mi limito a citare un ultimo studio [24], tra i tantissimi, che rileva che:
C’era una relazione dose-risposta tra il consumo di SSB* e l’ADHD
* SSB = sugar-sweetened beverages.
D’altra parte questo non ci deve meravigliare dato che è ampiamente dimostrato in studi animali come lo zucchero crei una dipendenza più forte di quella della cocaina [25].
Le carenze
Naturalmente non è solo la presenza di alcune sostanze nella dieta a creare malattia, ma anche la carenza di alcuni principi nutritivi, prima tra tutti gli Omega-3, acidi grassi essenziali.
Secondo alcuni ricercatori la maggioranza dei regimi alimentari dell’occidente moderno non apporta una adeguata quantità di Omega-3.
In particolare Donald Rudin e Clara Felix [26] postulano l’esistenza di una sindrome da “disturbo di modernizzazione” (modernization-disease syndrome) da attribuirsi alla carenza dell’acido grasso in questione.
I due autori sostengono quindi che l’ADHD è parte della sindrome ed affermano che: “…bambini con ADHD tendono ad avere più allergie, eczemi, asma, mal di testa, infezioni alle orecchie e dermatiti che i coetanei normali”.
Il collegamento tra la carenza di Omega-3 e ADHD è confermato da studi in cui, in bambini iperattivi, i livelli ematici di Acido Docosaesaenoico (DHA), acido grasso Omega-3 indispensabile per le normali funzioni della vista e della corteccia cerebrale [27], sono risultati sensibilmente inferiori a quelli di coetanei non iperattivi.
In uno studio [28] la dieta di 20 ragazzi con ADHD tra il moderato ed il grave (tra i 12 ed i 15 anni) è stata integrata con capsule di olio di pesce Omega-3, contenenti Acido Eisosapentaenoico (EPA), Acido Docosaesaenoico (DHA), Acido Gammalinoleico (GLA) e Vitamina E con un totale di sei capsule giornaliere (equivalenti a 500 mg di EPA).
Dopo tre mesi di trattamento la carenza di attenzione diminuì del 77% e l’impulsività del 60%.
I meccanismi sottostanti gli effetti del supplemento dietetico sarebbero, per gli autori, specifici per ciascuna componente biologica dell’olio Omega.
Estremamente interessante anche uno studio italiano [29] in cui i ricercatori ricordano che l’unica terapia efficace finora conosciuta è quella farmacologica con psicofarmaci da somministrare per tutta la vita. I ricercatori hanno rilevato nella maggior parte di questi soggetti una carenza di acidi grassi Omega-3.
Nello studio è stato somministrato un integratore di Omega-3 ed il rapporto AA/EPA, prima elevatissimo, si è portato a valori normali e quasi tutti i bambini hanno avuto un miglioramento clinico duraturo (quantificabile attorno al 25%) in termini di riduzione dell’iperattività e aumento dell’attenzione.
Una recente ed interessante revisione [30] del 2021ci dice che:
Gli studi hanno dimostrato che esiste una correlazione positiva tra la gravità della carenza di EFA e i sintomi dell’ADHD e un’associazione negativa tra i livelli di PUFA nel sangue e i sintomi dell’ADHD. Inoltre, studi clinici hanno mostrato un effetto promettente degli n-3 PUFA nel trattamento dei sintomi sia clinici che cognitivi nei bambini con ADHD. Inoltre, con le proprietà relativamente più sicure e tollerabili degli n-3 PUFA rispetto alla farmacoterapia standard, gli n-3 PUFA possono essere una potenziale opzione terapeutica per i bambini con ADHD. Da notare che è stato suggerito che l’associazione tra carenza di n-3 PUFA e ADHD coinvolga diversi sistemi biologici, tra cui l’infiammazione, la disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) e il sistema nervoso autonomo (ANS) e un intestino squilibrato -asse del microbiota (GBA). Pertanto, i biomarcatori di questi sistemi biologici possono servire come possibili predittori della risposta al trattamento degli n-3 PUFA nei bambini con ADHD.
Dobbiamo pensare che questi acidi grassi si trovano comunemente nel pesce azzurro, nel salmone, nelle noci ed in altra frutta secca. Si tratta di alimenti assolutamente normali e, comunque, anche l’integrazione è assolutamente sicura ed economica.
Cito quindi la carenza di L-Carnitina, derivato aminoacidico sintetizzato nell’organismo umano a partire da due aminoacidi – Lisina e Metionina – in presenza di Niacina, Vitamina B6, Vitamina C e Ferro.
Questa carenza ha ricevuto meno studi di quelli dedicati agli Omega-3, ma sono comunque studi significativi. Mi limito a citare uno studio [31] che ha dimostrato che la carnitina ha un effetto benefico sul comportamento iperattivo-impulsivo nei ragazzi con ADHD senza effetti collaterali.
Un altro studio [32] sperimentale conclude che il trattamento con carnitina ha ridotto significativamente i problemi di attenzione e il comportamento aggressivo nei ragazzi con ADHD.
Senza voler avere una pretesa di completezza dei rapporti tra ADHD e sostanze che si trovano negli alimenti, mi sorgono spontanee due domande.
Quanti genitori con bambini affetti da questo disturbo ne sono informati?
Prima di iniziare una terapia con psicofarmaci non sarebbe meglio modificare la dieta degli interessati eliminando le sostanze dannose ed aggiungendo quelle utili?
Mi sorge il dubbio di essere un ingenuo.
Il veleno peggiore
Ma se quello che abbiamo visto fino ad ora è certo importante, esistono fattori anche peggiori.
Sicuramente, in base agli studi esistenti, il veleno peggiore che causa l’ADHD è la televisione e, in epoche più recenti, videogames e social.
Sebbene nessuno ne parli mai, la cosa è scientificamente nota da decenni. Non che i danni di questi mezzi si limitino a causare ADHD, dato che provocano danni alla salute anche peggiori, ma qui mi limiterò all’argomento di questa pagina. Per approfondire [33] .
Uno studio [34] del 1998 già ci diceva che i programmi televisivi, specificatamente quelli per bambini, corrompono i processi attentivi perché: “…richiedono costantemente spostamenti dell’attenzione da parte di chi li guarda ma allo stesso tempo non richiedono loro spostamenti d’attenzione prolungati a degli eventi”. In termini più semplici, questo significa che ai bambini viene impedito di imparare a fare attenzione agli eventi del mondo circostante. Gli stessi autori aggiungono: “ …la recente proliferazione di disturbi da deficit d’attenzione nei ragazzi che vanno a scuola potrebbe essere una naturale reazione alla odierna cultura accelerata”.
Uno studio [35] americano su 2623 bambini di età compresa tra 1 e 10 anni, ha verificato che il 10 % di questi soffriva di ADHD a 7 anni. Lo studio ha verificato come questo disturbo fosse positivamente associato alle ore di televisione viste giornalmente tra 1 e 3 anni di età. Il dottor Christakis -uno degli autori dello studio – sostiene che esporre il cervello di un bambino alle immagini della televisione finisce con il sovrastimolarlo, causando cambiamenti permanenti nello sviluppo delle connessioni neurali. I danni cerebrali dell’esposizione alla TV sono quindi irreversibili. In conclusione: per ogni ora al giorno di televisione guardata in una età compresa tra 1 e 3 anni, i bambini hanno almeno un 10 % di maggiore probabilità di sviluppare problemi attentivi, tanto da ricevere una diagnosi di ADHD a 7 anni di età.
Questa tesi è assolutamente in linea con gli ormai storici studi di Hebb sulle sinapsi tra i neuroni.
Ma basta anche meno. Uno studio sperimentale australiano [36] su un campione statisticamente significativo di bambini di 12, 24 e 36 mesi di età, ha verificato che anche solo lo sfondo sonoro della televisione riduceva in maniera significativa la durata degli episodi di gioco, solitamente condotti con un’ampia varietà di giocattoli, così come riduceva l’attenzione prestata al gioco stesso. I ricercatori concludono che lo sfondo sonoro della televisione disturba il comportamento di gioco dei bambini, anche se questi paiono prestare poca attenzione al rumore di fondo, con conseguenze profonde sul successivo sviluppo cognitivo e attentivo.
Sempre a questo proposito un ulteriore studio [37] ci conferma la relazione che esiste tra ADHD e esposizione alla televisione.
Uno studio [38] sperimentale del 2006 ci dice che gli adolescenti che giocano per più di un’ora con videogame avranno sintomi di ADHD e/o di deficit attentivi – con ricadute sul rendimento scolastico – più gravi di quelli che potrebbero avere adolescenti che non giocano ai videogame.
Anche se apparentemente terminata la fantapandemia – in attesa della prossima già annunciata – non posso non ricordare il recentissimo studio [39] svizzero svolto durante il periodo del cosiddetto Covid 19. Ne emerge che il cosiddetto Lockdown, molto più blando in Svizzera che in Italia, sia stato associato a molteplici conseguenze per la salute mentale, compreso un aumento eccessivo e potenzialmente dannoso dell’uso dei media e dello schermo. Il tempo totale passato davanti ad un qualche tipo di schermo è aumentato del 46% durante il blocco e non è tornato completamente ai livelli pre-Corona in seguito. Ovviamente i pazienti con ADHD hanno trascorso più tempo davanti ad uno schermo rispetto a quelli con problemi più lievi o assenti. Mentre gli effetti del blocco sull’uso dello schermo e il suo impatto negativo sulla vita quotidiana sembrano essere ampiamente reversibili, una piccola percentuale di pazienti con ADHD apparentemente continua a mostrare un maggiore utilizzo dei media stessi.
Certamente esistono anche altri fattori che possono influire sullo sviluppo dei sintomi che nell’insieme vengono diagnosticati come ADHD.
Ma anche solo i pochi punti riportati in questo articolo, se presi seriamente in considerazione, sarebbero in grado di modificare in meglio la vita di molti bambini e delle loro famiglie. Ma quale danno economico sarebbe per le farmaceutiche ed i loro azionisti.
Di Gabriele Buracchi per ComeDonChisciotte.org
Gabriele Buracchi. Laurea in Scienze Biologiche (1979) e Laurea in Psicologia (2001) presso l’Università di Firenze. Perfezionamento universitario in Psicologia della Riabilitazione presso l’Università di Parma (2005). Iscritto all’albo professionale italiano di Biologi e Psicologi, si occupa in particolare di Disturbi del Comportamento Alimentare, Disturbi d’ansia e Disturbi depressivi. Autore di numerose pubblicazioni, sia scientifiche che divulgative, in ambito naturalistico, nutrizionale, dietoterapico e psicologico.
NOTE:
[1] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8580963/
[2] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30185215/
[3] https://www.psychiatry.org/patients-families/adhd/what-is-adhd
[5] https://www.mdpi.com/2075-4426/11/3/166
[7] https://russellbarkley.org/factsheets/WhatCausesADHD2017.pdf
[8] https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/0278584684901295
[9] https://www.deadiversion.usdoj.gov/drug_chem_info/methylphenidate.pdf
[10] https://link.springer.com/article/10.2165/00002018-200326100-00006
[11] https://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1177/0269881107083798?journalCode=jopa
[12] https://en.wikipedia.org/wiki/Leon_Eisenberg
[13]https://www.ccdu.org/comunicati/inventore-adhd-malattia-fittizia
[14] https://dietazonaonline.com/gli-alimenti-possono-influenzare-alcuni-disturbi-psicologici
[15] https://www.jstor.org/stable/3423460?origin=crossref
[17]https://link.springer.com/article/10.1007/s00787-014-0522-2
[18] https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/j.1440-1754.2010.01933.x
[19] https://europepmc.org/article/med/21766545
[20] https://academic.oup.com/nutritionreviews/article/69/7/385/1937432
[21] https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.5694/j.1326-5377.1976.tb134412.x
[24] https://www.mdpi.com/1660-4601/13/7/678
[26] Rudin, D. e Felix, C. (1996). Omega-3 Oils: A Practical Guide. Edito da Avery.
[27] Hiser, E. Essential Fatty Assets. Pubblicato in eatingwell.com.
[28] Portwood, Madeleine: Durham Council (2006). Pubblicato su NutraIngredients.com
[29] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17539477/
[30] https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2666354621001137
[32] https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0952327802903789
[33] ATTENZIONE!! LA TV NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE, Libro 12 di 49: Conoscere il proprio corpo. Educazione alla salute, di Gabriele Buracchi, 2022
[35] https://publications.aap.org/pediatrics/article-abstract/113/4/708/64000