La tradizione riconosce da tempo l’azione antifiammatoria dell’amamelide che la rende adatta ad essere usata, sia internamente che per via topica, in varie situazioni:
– insufficienza venosa (caratterizzata da sensazione di pesantezza a carico degli arti inferiori)
– varici
– emorroidi
– infiammazioni locali della pelle e delle mucose
– piccole ferite (ha anche un’azione emostatica e cicatrizzante)
– infiammazioni della bocca (come le gengiviti)
Un lavoro scientifico italiano, i cui risultati sono stati presentati proprio in questi giorni a Napoli, ha riconosciuto ufficialmente l’efficacia di questa pianta in caso di dermatite atopica.
Mario Dell’Agli, professore ordinario di farmacologia all’Università degli studi di Milano che ha condotto lo studio, ha spiegato di aver effettuato la ricerca sull’estratto di corteccia standardizzato e titolato in due principi attivi che sono proantocianidine e amamelitannino e i risultati suggeriscono che gli effetti antinfiammatori dell’estratto di amamelide sono solo in minima parte dovuti all’amamelitannino e che, quindi, occorre ricercare il motivo dell’effetto antinfiammatorio nelle proantocianidine.
Alla luce di queste considerazioni chi si appresta ad utilizzare l’amamelide per automedicazione dovrebbe ricorrere, dunque, a prodotti titolati e con indicazione dei principi attivi, preferendo quelli che contengono espressamente proantocianidine.
Ricordo, però che, in generale, molti autori sottolineano l’importanza del fitocomplesso in contrapposizione agli estratti con alto contenuto di un unico principio attivo predominante perché sostengono che l’azione curativa delle varie piante nasca sempre dalla sinergia e quindi dall’azione combinata di più principi attivi in esse contenuti.
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VB