DI ALESSANDRO GILIOLI
Piovono rane
Se vogliamo provare a capirci qualcosa dell’attuale fase politica italiana ma non solo, potremmo utilmente leggere o rileggere il documento uscito il 19 agosto dalla Business Roundtable, l’associazione che riunisce i 181 capi delle principali corporation quotate americane, insomma i padroni di wall Street, la crème del famoso uno per cento.
Del documento si è un po’ parlato anche qui da noi, per quanto sia stato pubblicato quando eravamo già nel pieno della nostra crisi politica – il Papeete, Renzi, le capriole multiple etc.
Per capirci, dopo 35 anni di capitalismo selvaggio i padroni dell’economia ci hanno fatto sapere che compito delle aziende è «dare beneficio a tutte le parti interessate: clienti, dipendenti, fornitori, comunità e azionisti».
“Gli azionisti” citati tra gli altri e pure per ultimi, il che è un rovesciamento completo rispetto al mantra che tutti i dirigenti e gli amministratori delegati ci hanno recitato per decenni: noi dobbiamo fare solo l’interesse dei nostri azionisti, ci pagano per questo, al resto semmai pensi la politica ma meno ci pensa meglio è, basta lacci e laccioli, viva Milton Friedman etc etc.
Ora, come è evidente, non è che questi signori siano diventati altruisti o tanto meno “socialisti” da un giorno all’altro. Semplicemente si sono resi conto che è arrivato il tempo di salvare il capitalismo da se stesso: cioè dai suoi eccessi, come da un po’ di tempo gli hanno ripetuto in tanti, da sir Atkinson a Colin Crouch.
Questi eccessi si sono arrogantemente imposti dall’era Reagan-Thatcher in poi e ancor più dopo la caduta del Muro di Berlino, ingoiandosi i poteri politici e le democrazie, pervadendo della propria ideologia anche i partiti di sinistra che hanno preferito l’emulazione dell’avversario storico alla contestazione radicale di questa ideologia. Fino allo scoppio dei populismi e dei nazionalismi, quindi all’instabilità economica e commerciale attuale, ai rischi di sistema, alla paura che tutto il meccanismo si ingolfi.
Di qui il grande tentativo di appeasement attuale: il documento della Business Roundtable, la nuova Commissione Ue che promette di mettersi alle spalle l’austerity, quella vecchia che fa autocritica sulla Grecia, la finanza britannica che arriva a ipotizzare una qualche collaborazione con Corbyn pur di mettere fine alle insensatezze di Boris Johnson. E così via, fino all’appoggio al nuovo governo italiano.
Insomma segnali di appeasement, tentativi di mediazione dopo che la scopa è scappata di mano agli apprendisti stregoni rovesciando mezzo appartamento. Siamo di fronte a una sorta di richiesta di patto sociale dopo 35 anni di lotta di classe dall’alto verso il basso. Una richiesta per interesse, è ovvio, non stiamo parlando di etica.
Funzionerà?
Dipende da come e dove sarà fissata l’asticella, in questo conflitto-confronto sociale e politico. Cioè dalle cose concrete che questo possibile appeasement conterrà in termini di redistribuzione, disuguaglianze, diritti, speranze per la propria vita. E ambiente, sì. Perché il Green New Deal è questa roba qui, in sostanza, o dovrebbe esserlo.
Anche in Italia, sì, con questo governo appiccicato, che pare aver davanti a sé un compito molto più alto della qualità umana e culturale di chi vi si siederà – o almeno della maggior parte di loro.
Alessandro Gilioli
Fonte: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it
Link: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2019/09/04/da-wall-street-a-palazzo-chigi/
4.09.2019