Di Leonardo Mazzei, sollevazione.it
E’ bene fare il punto sui costi dell’energia, in particolare su quelli del gas e dell’elettricità. Sul tema circola infatti un’ingannevole narrazione, quella secondo cui tutto starebbe andando ormai per il meglio. Ma è davvero così? Assolutamente no.
Siamo in guerra, dunque la propaganda non deve stupirci, ma in questo campo (quello di chi la spara più grossa) l’Occidente batte la Russia dieci a uno. Moreno Pasquinelli si è già occupato del comico trionfalismo di un russofobo come Federico Rampini, che tre giorni prima dell’inizio di una grave crisi bancaria (vedi il crac di due banche americane e le enormi difficoltà di un colosso come Credit Suisse), scriveva che “l’apocalisse della crisi economica era un’allucinazione”. Un tempismo davvero fantastico! Cosa non farebbero certo scribacchini pur di dimostrare quanto sono servi!
Ma quello del bretellato Rampini è solo un caso tra tanti. Il succo del messaggio che si vorrebbe far passare è che tutto va bene, l’Occidente è forte e la guerra fa male solo all’economia russa. E’ all’interno di questo refrain che assume una grande importanza il discorso sull’energia. Sul tema, la propaganda dei media occidentali è martellante. I prezzi del gas stanno scendendo – essi dicono – dunque la strategia Ue-Nato sta funzionando, possiamo fare a meno della Russia e vivremo felici e contenti.
Ovviamente, la realtà è assai diversa. Vediamolo in tre punti, cercando di ristabilire altrettante verità.
- Il calo dei prezzi e il crollo dei consumi: è davvero una buona notizia?
La prima verità che va ristabilita è quella sul prezzo all’ingrosso del metano, da cui dipende in larga parte lo stesso costo dell’energia elettrica.
E’ vero che il prezzo è calato negli ultimi mesi, ed è vero che questa diminuzione è stata più alta del previsto. Tuttavia, il prezzo del gas è tuttora il doppio di quello del 2021. Per lunghi anni il gas è rimasto sotto i 20 €/Mwh alla Borsa di Amsterdam, mentre adesso la quotazione si è assestata intorno ai 42 €/Mwh. Un bel calo rispetto al picco dell’estate 2022, ma pur sempre un prezzo ben più alto di quello precedente alla crisi.
Ma la cosa più interessante è un’altra. Questa diminuzione non ha nulla a che vedere con le misure europee, tantomeno con il famoso price cap introdotto dall’Ue. Il calo non è il frutto delle trovate dei tecnocrati di Bruxelles, bensì di un taglio dei consumi senza precedenti, una diretta conseguenza del livello straordinariamente alto raggiunto dai prezzi alla fine dell’estate scorsa.
Vediamo i dati. Secondo Eurostat, nel semestre agosto 2022 – gennaio 2023 i consumi di metano nell’Unione europea sono calati del 19,3% rispetto alla media dello stesso periodo negli anni che vanno dal 2017 al 2022. Questo semestre non è stato scelto a caso, perché è proprio con il boom dei prezzi di agosto 2022 che i consumi hanno cominciato a tracollare.
Lo stesso fenomeno si è verificato in Italia. Prendiamo i dati citati da Sara Deganello sul Sole 24 Ore del 13 marzo scorso:
«Continua il calo dei consumi di gas in Italia rispetto alle performance degli anni scorsi. A gennaio i volumi si sono fermati a 7,5 miliardi di metri cubi: il 22% in meno rispetto allo stesso mese del 2022. Una contrazione in linea con una tendenza che continua da settembre. Dopo lo scoppio della crisi energetica in estate, il rallentamento dei consumi è diventato evidente. Mentre nella prima parte del 2022 l’andamento della domanda è stato simile all’anno precedente, in seguito la differenza si è fatta più netta: rispetto allo stesso periodo del 2021, a settembre 2022 infatti il calo è stato del 17%, a ottobre del 24%, a novembre del 27%, a dicembre del 24%. In generale, nel 2022 l’Italia ha consumato meno gas naturale rispetto al 2021: 68,5 miliardi di metri cubi contro i 76 dell’anno precedente, con un calo del 10%».
Tiriamo dunque le somme. In Italia il consumo annuale è diminuito del 10%, ma il calo si è concentrato negli ultimi cinque mesi dell’anno quando è stato superiore al 20%. Certo, in una qualche misura ha pure influito il clima mite dei mesi autunnali, ma questo spiega solo in minima parte il fenomeno. A dircelo sono i dati di gennaio, un mese nel quale i consumi sono diminuiti del 22% pur con temperature medie esattamente in linea con quelle del gennaio precedente. Una conferma di questa nostra valutazione ci viene dall’analogo andamento al ribasso dei consumi dell’energia elettrica, tema sul quale qui non entriamo per ragioni di spazio.
A questo punto si pone una decisiva domanda: certo, il calo dei consumi ha prodotto una significativa diminuzione dei prezzi, ma quanto è positivo che una società sia costretta a stringere la cinghia a causa del prezzo troppo alto dell’energia? A noi pare che questa contrazione contenga al suo interno sia il dramma sociale delle fasce più deboli della popolazione, sia i prodromi di una crisi più generale
A questo proposito è interessante quanto ha affermato (sempre nello stesso articolo) Davide Tabarelli, presidente di Nonisma Energia:
«Dai numeri di gennaio, che dovrebbero essere confermati anche dal bilancio di febbraio, l’aspetto più evidente è il crollo della domanda di gas. Una tale contrazione non può essere spiegata solamente con il clima più mite. E neppure è ipotizzabile un repentino efficientamento degli impianti, sia domestici che industriali. L’ipotesi più probabile è che la gente abbia tagliato i consumi. Insieme a un calo dell’attività economica al momento nascosto dall’aumento dei prezzi. Quando la tendenza a ridurre i consumi è così pronunciata potrebbe portare a una recessione».
Eccoci così arrivati al punto che ci interessa sottolineare: il calo dei consumi, specie se così consistente, non può certo essere una buona notizia per l’economia e per la società italiana. Idem, nella sostanza (le tendenze sono infatti analoghe), per il resto d’Europa. Il tutto con buona pace degli ottimisti a gettone alla Rampini.
- Sorpresa, il gas russo è ancora qui fra noi!
Se il calo dei consumi è stato il vero protagonista degli ultimi mesi, c’è un secondo fattore che spiega l’attuale andamento dei prezzi. Ed è un fattore piuttosto spiacevole per l’informazione mainstream. Il punto è che, sia pure in quantità ridotte rispetto al passato, il gas russo fluisce ancora nei nostri tubi, e lo fa in una misura tutt’altro che trascurabile. Sta di fatto che la Russia è tuttora il secondo fornitore dell’Italia, dopo l’Algeria.
Secondo i dati citati dal Sole 24 Ore, nel 2022 l’Italia ha importato dalla Russia circa 14 miliardi di metri cubi di metano, pari al 20,4% dei consumi. Ora, è vero che si tratta di un dimezzamento rispetto all’anno precedente (-52%), ma siamo ben lontani dall’azzeramento perseguito dal governo. La cosa sorprendente è però un’altra. Mentre si potrebbe pensare che il dato del 2022 dipenda quasi per intero dalle importazioni avvenute nei primi mesi dell’anno, prima cioè della progressiva riduzione delle forniture russe, i dati relativi agli ultimi due mesi disponibili (dicembre 2022 e gennaio 2023) ci mostrano invece un’altra realtà.
A dicembre l’Italia ha importato dalla Russia 732 milioni di metri cubi, a gennaio 794. Proiettando queste cifre su base annua si ottiene una fornitura superiore a 9 miliardi di metri cubi. Un terzo dell’anteguerra, ma non proprio una bazzecola. Ma c’è di più. Queste cifre si riferiscono alle quantità in ingresso a Tarvisio via gasdotto. Ma da dove arriva invece il Gnl (Gas naturale liquefatto) che approda ai rigassificatori in funzione?
Ecco cosa scrivevamo a dicembre, occupandoci della questione sulla base dei dati di Bloomberg:
«Come prevedibile, alla diminuzione del flusso dai gasdotti corrisponde un aumento del metano importato tramite liquefazione e rigassificazione. Ma qual è – dopo il Qatar – il maggior esportatore di Gnl in Europa? Molti penseranno certamente agli Usa. E invece no, piccola sorpresa! Come ci rivela Bloomberg, nel 2022 il secondo posto tra gli esportatori verso i paesi dell’Ue è stato conquistato dalla terribile Russia, che ha così incassato dal Gnl 12,5 miliardi di euro, contro i 2,5 del 2021».
Nel 2022 Mosca ha infatti aumentato il volume delle esportazioni di Gnl verso l’Ue del 50%. Ed anche se i dati relativi all’Italia non sono noti, è chiaro come pure il nostro Paese ne abbia usufruito, incrementando così il totale delle importazioni dalla Russia.
Anche in questo caso non è difficile osservare come la propaganda sia una cosa, la realtà un’altra.
- Bollette in diminuzione? E’ tutto da vedersi
Veniamo ora alle bollette. Sul punto l’informazione traballa – un giorno dice che caleranno, quello successivo che aumenteranno – generando così (ma forse è proprio questo l’effetto voluto) una confusione mai vista.
Cerchiamo allora di fare chiarezza. La prima cosa da dire è che una cosa sono i prezzi all’ingrosso di gas ed energia elettrica, altra cosa quelli al dettaglio. Questi ultimi, mentre da un lato cumulano altre voci di costo, dall’altro risentono degli effetti dei vari interventi governativi.
Abbiamo già detto dei prezzi all’ingrosso del gas, ma è il caso di soffermarsi brevemente anche su quelli dell’energia elettrica. Qui il valore di riferimento è il PUN (Prezzo Unico Nazionale), che è l’elemento base su cui si costruiscono le bollette degli italiani.
Per capire quanto sia variato questo decisivo indicatore bastano pochi dati. Nel periodo 2005-2020 il PUN medio è stato piuttosto stabile, con una media di 57,63 €/Mwh. Ancora nel maggio 2021 il prezzo era pari a 69 €/Mwh. Nel 2022 il boom, con una media annua di 303,95 €/Mwh. Negli ultimi mesi, in parallelo con i prezzi del gas dai quali dipende in larga parte, il PUN ha iniziato a calare, arrivando a 174 €/Mwh a gennaio ed a 161 €/Mwh a febbraio. Senza dubbio una diminuzione significativa, ma con un prezzo che è ancora quasi tre volte quello precedente all’inizio della crisi. Come si vede, siamo ben lontani da quel ritorno alla “normalità” che vorrebbero farci credere.
Chiarita anche questa questione, passiamo ora dai prezzi all’ingrosso a quelli al dettaglio ben stampigliati sulle bollette. Fino al terzo trimestre 2021 il prezzo della materia prima in bolletta, nel mercato tutelato, veleggiava intorno ai 20 centesimi a Kwh. Poi è arrivata la botta. Scoppia la guerra e si arriva ai 46,03 centesimi del 1° trimestre 2022, confermato dai 41,34 centesimi del 2° trimestre e dai 41,51 centesimi del terzo. A questo raddoppio abbondante fa seguito l’ulteriore impennata del 4° trimestre 2022, quando si arriva al picco di 66,01 centesimi a Kwh. Nel 1° trimestre 2023 il Kwh è ridisceso a quota 53,11 centesimi, ma cosa ci aspetta per i mesi a venire?
Ecco, qui la cosa è tutt’altro che chiara. In base ai prezzi all’ingrosso di gas ed elettricità le bollette dovrebbero calare ulteriormente, ma non è affatto detto che ciò avvenga. Tutto dipenderà dalle decisioni del governo.
Questo il titolo de La Stampa del 10 marzo: «Bollette, governo verso la proroga degli sconti: senza aiuti, gas +58% e luce +27%». Altro che ritorno alla “normalità”!
Quello che troppi tendono a dimenticarsi è che il raddoppio delle bollette di luce e gas è avvenuto nonostante l’intervento calmieratore dello Stato, pari come minimo ad un totale di 85 miliardi di euro, secondo altri calcoli addirittura vicino ai 100 miliardi. Solo per il trimestre in corso la Legge di bilancio ha stanziato 21 miliardi… Ma adesso il 31 marzo è vicino, e se non ci fossero nuovi interventi gli aumenti di aprile sarebbero esattamente quelli annunciati da La Stampa, alla faccia dell’attesa diminuzione delle bollette.
Altro non fosse che per ragioni di consenso è perciò probabile un nuovo provvedimento governativo, anche se probabilmente ridotto rispetto a quelli precedenti. Andando all’ingrosso, diciamo che almeno una decina di miliardi il governo dovrebbe metterli per il prossimo trimestre.
Ma se la natura e l’entità di questo intervento si chiariranno solo a fine mese, quel che è certo è che il prezzo che l’economia italiana dovrà continuare a pagare sarà comunque salatissimo.
Brevissima conclusione
Questa è dunque la situazione reale. Certo, chi ha perso una gamba può sempre consolarsi per non averne perse due, ma che non ci vengano a raccontare che ormai tutto sta andando per il meglio. La questione dei prezzi dell’energia è un po’ come quella dell’inflazione. Se si arriverà ad una pesante recessione caleranno magari gli uni e l’altra, ma di certo non ci sarà da gioire per la massa di disoccupati in più che ne deriverà.
La verità è che la situazione generale volge comunque verso il peggio, e la politica guerrafondaia delle élite occidentali (i problemi energetici nascono proprio lì) ne è l’insuperabile dimostrazione.
Di Leonardo Mazzei
Fonte: https://www.sollevazione.it/2023/03/crisi-energetica-facciamo-il-punto-di-leonardo-mazzei.html