Mentre la Grecia è al tracollo finanziario ed è scossa dalle proteste, esaminiamo il crescente movimento di disobbedienza civile
DI ANGELIQUE CHRISAFIS
Guardian.co.uk
Tra i lussuosi bar sullo storico lungomare
di Salonicco, spicca un ristorante in particolare. Dalla terrazza del
ristorante a buon mercato in stile diner & grill americano
penzola lo striscione “Vogliamo i nostri soldi!”. All’interno
dodici membri del personale hanno cambiato le serrature, stanno servendo
lattine di birra del supermercato ai sostenitori e fanno a turno a dormire
sul pavimento del ristorante la notte in segno di protesta per i mesi
di stipendi non pagati e per l’improvvisa chiusura del ristorante. Questo
è il nuovo simbolo della spirale della crisi del debito della Grecia:
un sit-in di camerieri.
Margarita Koutalaki, 37 anni, una cameriera
gentile, divorziata, con una figlia di undici anni, ha lavorato qui
part-time per otto anni, guadagnando circa € 6,50 l’ora. Adesso
a turno dorme su un materasso gonfiabile in una stanza al piano superiore,
facendo da guardia agli occupanti, mentre i suoi genitori fanno da
baby sitter alla figlia.
“Mi spettano circa € 3000
di stipendi non pagati”, dice, avvertendo che la sua situazione
è la stessa per legioni di lavoratori in tutta la Grecia che stanno
aspettando mesi di stipendi non versati da parte di aziende in difficoltà.
“All’inizio ci hanno detto che saremmo stati pagati il mese successivo,
poi il pagamento è stato interrotto completamente e ci è stato detto
al telefono che il ristorante chiudeva. Stiamo ancora lavorando, stiamo
mandando avanti il locale, fornendo cibo e bevande ai nostri sostenitori.
Abbiamo più clienti di prima. Questa protesta è tutto ciò che possiamo
fare. Ci viene spontaneo farla”.
I camerieri servono bevande a buon
mercato e pietanze a prezzo ridotto a una nuova clientela di persone
di sinistra e dai protestanti del movimento degli “indignati”
di quattro mesi fa, che non avrebbero altrimenti mai messo piede in
questo bastione dell’imperialismo, la franchise greca del gigante
americano Applebee’s. Un’insegna in inglese tenta i turisti con souvlaki
e polpette a buon mercato “a sostegno dei lavoratori”.
È passato un mese da quando la Grecia
è stata paralizzata da uno sciopero generale contro le dure misure
di austerity, con dimostrazioni in massa sulle strade e battaglie
tra la polizia e i protestanti a Piazza Syntagma ad Atene.
I greci sono più diffidenti che
mai nei confronti della loro classe politica e la sua [supposta] abilità
di portarli fuori dalla paralizzante crisi finanziaria. I sondaggi mostrano
un sempre più alto disprezzo per tutti i partiti e per il sistema politico
screditato. La disoccupazione è arrivata al livello record del 16 per
cento, molto più alto per i giovani. Quelli abbastanza fortunati da
aver conservato il posto hanno subito drastiche riduzioni dello stipendio
e aumenti delle tasse.
Medici e infermiere hanno recentemente
scioperato per i tagli alla sanità. I tassisti hanno paralizzato la
Grecia con i loro scioperi nelle ultime due settimane contro i piani
del governo di liberalizzare l’industria. La loro tattica ha compreso
il blocco dei porti e l’apertura della biglietteria dell’Acropoli per
fare entrare i turisti gratis.
Cosa fondamentale, il lungo movimento
di “disobbedienza civile” della Grecia, dove i comuni cittadini
si rifiutano di pagare per qualunque cosa, dai pedaggi stradali e i
biglietti dell’autobus alle parcelle extra dei medici, non si è
concluso durante le vacanze estive. L’offensiva “Noi non pagheremo”
è presentata come la forma più pura del “potere della gente”.
Gli organizzatori hanno avvertito che potrebbe prendere più vigore
a settembre, quando il governo lancerà una nuova ondata di restrizioni
finanziarie.
Sulla strada principale tra Atene e
Salonicco, mentre gli automobilisti rientrano a Salonicco dopo una domenica
al mare, una folla di civili con indosso giacchetti fluorescenti arancioni
fanno la guardia alle barriere del principale casello stradale in direzione
della seconda città greca. Sui loro giacchetti c’è scritto “Disobbedienza
Totale”. Aprono le barriere bianche e rosse e fanno cenno agli
automobilisti di passare senza pagare il pedaggio di € 2,80. Sugli
striscioni si legge: “Noi non pagheremo” e “Non daremo
soldi ai banchieri esteri”. Gli automobilisti, grati, passano;
qualcuno fa cenni di approvazione.
“Vedremo un aumento della disobbedienza
civile il prossimo autunno”, dice Nikos Noulas, un ingegnere civile
di Salonicco, in un bar del centro mentre srotola una serie di poster
che incitano al rifiuto di pagare.
Vivendo a quaranta minuti dal centro
cittadino, si sposta in motocicletta per lo scarso lavoro che rimane,
ma evita di pagare i biglietti dell’autobus e i pedaggi stradali. Tende
anche agguati ai supermercati, distribuendo ai clienti grossi adesivi
di protesta da attaccare sugli articoli che considerano esageratamente
costosi. Il latte è un classico. Noulas e il suo gruppo riempiono i
carrelli di articoli e chiedono al direttore uno sconto del 30%. Se
gli viene rifiutato, abbandonano i carrelli pieni alle casse.
Ammette che un recente aumento dei
controlli da parte della polizia ha reso le cose più difficili:
“Se un poliziotto sta guardando, non c’è altra scelta che
pagare il pedaggio stradale.” Ma dice che infrangere la legge non
pagando piccoli pedaggi o biglietti dell’autobus è molto meno serio
della corruzione dei politici e dei cartelli che, sostiene, hanno governato
la Grecia per decenni con impunità: “Questo ci ha insegnato che
il popolo greco può resistere. Ha acceso il sentimento pubblico.”
Il movimento di protesta contro i pedaggi
autostradali è iniziato più di due anni fa fuori da Atene
per contrastare un sistema considerato esorbitante e corrotto, che prevede
che gli automobilisti paghino per tratti stradali che devono ancora
essere costruiti. Alcuni residenti si trovano a pagare più di 1500
euro l’anno di pedaggi per spostamenti nelle loro vicinanze.
Dall’inizio dell’anno, il movimento
era consolidato e ha compreso il rifiuto di pagare i biglietti della
metropolitana di Atene, con i protestanti che coprivano le biglietterie
automatiche con buste di plastica, nonché un lungo boicottaggio dei
biglietti degli autobus a Salonicco dopo l’aumento dei prezzi da parte
di società private sovvenzionate dallo stato. Altri si rifiutano di
pagare l’abbonamento alla televisione.
I partiti di sinistra sono stati coinvolti,
aumentando la visibilità della campagna. A partire da marzo, oltre
la metà della popolazione greca sosteneva la nozione del “Noi
non pagheremo”. Il governo ha riversato una pioggia di critiche
su quella che considerava una mentalità da “scrocconi”, avvertendo
che gli inadempienti avrebbero portato una cattiva reputazione al paese
e che stavano privando lo stato del reddito vitale dei servizi di trasporto.
Sono state introdotte nuove leggi contro l’evasione del pagamento dei
biglietti e la polizia ha intensificato le misure di controllo.
George Bakagiannis, un direttore informatico
della zona di Atene, non paga i pedaggi stradali da due anni, semplicemente
scendendo dall’auto e spingendo le sbarre al casello. Il suo gruppo
occupa i caselli stradali per due o tre ore svariate volte nella settimana,
facendo passare gli automobilisti senza pagare.
Si è inoltre impegnato nelle
dimostrazioni contro il ticket di 5 euro per i controlli medici. Dice:
“Andiamo in ospedale e chiudiamo la stanza del cassiere, dicendo
alla gente, Non pagate, ci siamo noi qui’. Questa non è la nostra crisi,
è la crisi del governo. Rubano i nostri soldi, ci rubano la vita. Adesso
vogliono farci credere che i nostri risparmi non sono sicuri in banca.
Questo movimento crescerà in autunno perché la situazione adesso è
così tragica che la gente non ha davvero i soldi per pagare.”
Lo scrittore e commentatore sociale
Nikos Dimou afferma: “È l’inizio di un divorzio tra i greci e
i loro politici. Tutti i movimenti hanno questo in comune: tutti disprezzano
e provano orrore per la classe politica.”
A Salonicco, la seconda città
greca, le tensioni si fanno sentire. Le tende degli “indignati”
sono state sgombrate con la forza lo scorso fine settimana da Piazza
Syntagma ad Atene, ma l’antica fortezza sul mare di Salonicco, la Torre
Bianca, è ancora circondata dalle tende dei protestanti e drappeggiata
di striscioni su cui si legge “In vendita” e “Non in
vendita”.
Il nord della Grecia è stato
colpito duramente dalla crisi. Le aziende hanno iniziato a chiudere
molto prima della massima forza del tracollo finanziario. Così
tante persone sono troppo povere per poter usare regolarmente la macchina
e così tante aziende hanno chiuso i battenti, tanto che la municipalità
di Salonicco ha riscontrato un sostanziale miglioramento della qualità
dell’aria della città notoriamente congestionata. Il 10 settembre prossimo,
quando il Primo Ministro greco George Papandreou sarà presente alla
famosa fiera internazionale di Salonicco per svelare le sue nuove misure
economiche, sarà accolto dalle dimostrazioni.
I protestanti di Salonicco usano il
“flash mobbing“, dove si formano le folle inaspettatamente
per picchettare le banche e gli edifici pubblici. Il loro ultimo bersaglio
è stato il Consolato tedesco, dove decine di dimostranti hanno urlato
i loro slogan e hanno sporcato con bombolette spray il
marciapiede, chiedendo che l’Unione Europea facesse di più per la Grecia,
mentre i poliziotti in borghese sono stati a guardare.
Durante la dimostrazione del 20 luglio
Barbara, 30 anni, un’insegnante di Greco, che non ha voluto dire il
suo cognome, ha detto che serviva il caffè in un bar per 30 euro
al nero per ogni turno di nove ore. Vive con suo padre, un pensionato,
e con sua madre, che ha un negozio ed è piena di debiti: “Nessuno
assume, non riesco a trovare un lavoro come insegnante né lezioni private.
Non c’è speranza di una vita decente. La metà delle persone che conosco
sono disoccupate; le altre sono sull’orlo della disoccupazione. Chiunque
ha le possibilità di andare all’estero parte.”
Alla Torre Bianca, Antonis Gazakis,
un insegnante di lingua e storia, dice di essere colpito da come adesso
i novizi stiano aderendo alle proteste, da una miriade di diverse posizioni
politiche dalla sinistra alla destra, molti dei quali senza legami con
i partiti o pregressi di proteste. Tutti si stavano lanciando nel dibattito
su come cambiare ciò che vedono come un sistema parlamentare e politico
corrotto: “In Grecia si sta facendo storia politica. Ecco perché
sono qui quest’estate. L’ultima volta che la gente si è radunata in
una piazza per chiedere un cambiamento costituzionale è stato nel 1909.
Questa è un’opportunità d’oro, un cambiamento paradigmatico. La Grecia
si è svegliata.”
Fonte: Greece
debt crisis: The ‘we won’t pay’ anti-austerity revolt
31.07.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MICAELA MARRI