Cos’è la verità? La questione curda

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DI ANONIMO

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Premessa doverosa: non sono un articolista, né un giornalista. Ma un semplice scrittore, forse più addentrato di altri, su tale attualità. Non fosse altro solo per il fatto che vivo la Turchia da 20 anni, frequento i turchi, i curdi e quindi assorbo le notizie, ma anche l’humus, le sensazioni, decodificando interazioni personali, e quindi filtrando ciò che i media vogliono farci sapere e cosa non sapere, per veicolare il pensiero verso una direzione ben precisa. Nulla di nuovo credo sotto il sole.
Per cui perdonate se i miei toni non sono quelli di un referente professionista, ma più la chiacchierata di un amico informato, davanti un caffè.

Cos’è la verità, non qual è.
Ecco secondo la mia opinione il presupposto per spiegare alcune questioni complicate come quella curda, perché come dice Oscar Wilde “la verità è raramente pura, e mai semplice”.
Da giorni sono amareggiato per quello che sta accadendo sul confine turco-siriano, ma soprattutto devo ammetterlo, per ciò che si manifesta in Italia attraverso media e loro seguaci: una disinformazione imbarazzante, pilotata ahimé da quella sinistra italiana che in teoria, dovrebbe garantire onestà intellettuale, a priori. Invece, e non solo sull’argomento specifico, oramai è diventata un coacervo di volgare disonestà intellettuale e altrettanta faziosità.
A questo si aggiunge l’atavica antipatia italiana nei confronti del popolo turco, che però a dire il vero, è sempre stata alimentata negli ultimi anni proprio dalla sinistra; o meglio da quella che oggi è una sedicente sinistra, pilotabile e divenuto strumento subdolo in mano ai potentati, per far digerire alle persone cambiamenti impopolari e distruttivi. Con queste parole so di non svelare cose che già non sapete.
Il popolo bue, come al solito, incapace o senza voglia di porsi domande e approfondire, beve ogni notizia che appare nel mainstream, schierandosi immediatamente e abboccando davvero in modo ridicolo (siamo nel 2019!) a ogni messaggio confezionato ad arte. Questo signori, se ancora avevate dubbi, significa che al momento attuale abbiamo perso la partita, non c’è nessuna speranza per credere a una rivoluzione culturale e quindi reale, per cambiare il sistema e la società odierna.
In tale desolante quadro, mi permetto quindi di fornirvi le informazioni che non vengono mai scritte e divulgate, cercando di non mettere alcuna conclusione personale: semplicemente fatti, storia, elementi su cui potervi costruire un’idea sulla ‘verità’, ben consapevoli che non esistono santi in terra, e che ogni potere, stato, popolo compiono azioni in linea con i propri scopi e la propria natura umana, purtroppo.
Non potendo partire troppo indietro, per ovvi motivi di utilità al mio scritto, mi soffermo sulla storia moderna e contemporanea.
Come nasce la Repubblica di Turchia.
L’impero ottomano termina ufficialmente nel 1920 circa, perdendo la prima guerra mondiale.
Prima di ciò l’estensione degli ottomani era questa:

Impressionante quindi, ma al di là della vastità territoriale, è utile soffermarsi sulla zona interessata dall’attualità. Osservatela bene per capire meglio la questione.
Perdendo gli ottomani la prima guerra mondiale, l’ultimo sultano Mehmet Vahdettin, firma il trattato di Sévres, con il quale cede praticamente tutte le terre fin lì detenute da 400 anni (!). Scrivo appositamente l’azione compiuta dalla singola persona quale il sultano, in quanto stiamo parlando di un personaggio altamente discutibile, vizioso, un inetto senza principi né morali né nazionalisti, e in un contesto ormai privo di un parlamento e ogni organo governativo, decide unilateralmente solo per salvarsi la pelle, letteralmente, di regalare la Turchia agli invasori.
Ma soffermiamoci un attimo sul numero 400: cioè non 4 anni, no 40 anni, ma 4 secoli di storia che collegano un passato lontano con la storia contemporanea: davvero molto tempo, che avvalora, e come in ogni confine geografico costituito, sancisce, una proprietà, un diritto.
Gli ottomani perdenti cedono quindi a inglesi, francesi, italiani e greci praticamente tutti i possedimenti, e buona parte della Turchia odierna.
La sconfitta avviene soprattutto, grazie al ‘tradimento’ di armeni, rum (greci della Turchia) e curdi: quest’ultimi stringendo un accordo con gli invasori (ripeto: inglesi, francesi, italiani e greci), colpiscono al cuore l’impero.
L’accordo per i curdi prevedeva la promessa di uno stato curdo.
Cosa avviene poi.
Il popolo turco, sotto la guida di quello che sarà definito da Churchill l’uomo di stato del XX secolo, Mustafa Kemal Atatürk, si ribella alla decisione, perché firmata da questa figura (il sultano) non rappresentativa dei turchi e delegittimata; e non riconoscendo più il potere del sultanato in decadenza, combatte come pochi popoli nella storia, cacciando definitivamente dalla propria terra gli invasori: gli ottomani, e gli europei di cui sopra.
Atatürk costituisce la Repubblica di Turchia, 1923, e con il trattato di Losanna si definiscono i confini, riconosciuti certamente a livello internazionale. C’è da dire che la Turchia in realtà rimane con un pugno di mosche in mano, e se osservate il confronto tra l’impero ottomano prima, e gli attuali confini turchi, capirete l’affermazione: ma queste sono le regole del gioco, come sempre, per tutte le nazioni, da chi vince, che scrive la storia e ridisegna i confini.

I curdi perdono la promessa, incassando forse uno dei più importanti tradimenti della loro storia.
Per anni i curdi si ritrovano a vivere più o meno pacificamente divisi tra Turchia, Siria, Iran e Iraq.
Non so cosa accada negli altri stati, io parlo con gli elementi, i fatti che conosco in territorio turco.
Benché i curdi vengano visti a loro volta come traditori dai turchi (rileggi la sconfitta degli ottomani), Atatürk effettua una trasformazione incredibile del paese, mai vista prima nella storia, costruendo una realtà che diverrà lo stato laico per eccellenza; cambiamenti che appunto gli valsero la stima e il rispetto degli altri statisti. Il popolo, tutto, vive forse gli anni più sereni dedicandosi alla ricostruzione, anzi alla costruzione di una nazione libera, laica e moderna. Le donne conquistano il voto prima che in Italia, e i riferimenti religiosi vengono banditi dagli uffici pubblici, scuole, università e via dicendo. Varie etnie vivono in Turchia, gli armeni nonostante lo sterminio avvenuto sotto gli ottomani, rimangono a vivere e lavorare insieme ai turchi (mia moglie è cresciuta a Istanbul giocando con amici armeni); i greci e italiani che hanno scelto di rimanere, anche si integrano, abbracciando e confermando nel nostro caso lo storico nome di ‘levantini’. Stessa cosa avviene per i curdi.
Dopo la morte di Atatürk nel 1938, si elegge il secondo presidente della Repubblica di Turchia: Ismet Inonu, un curdo!
Successivamente viene eletto in epoca recente anche un primo ministro curdo Turgut Ozal, e poi il presidente della Camera, Hikmet Acar, curdo anch’esso: in poche parole i curdi sono integrati ad ogni livello. Questi sono fatti, non invenzioni o speculazioni.
Ad oggi circa il 20% della popolazione turca è curda.
Personalmente conosco curdi, individui di livello che scherzano, ridono e fanno affari con i turchi. Come mai? Semplicemente si sentono cittadini turchi, come tutti, relegando l’etnia a un fatto genealogico, regionale, storico.
È come dire da noi, che un italiano si sente anche sardo, siciliano o padano, fate voi: non per questo si chiede la secessione, la separazione dallo stato.
Le condizioni di vita nell’est della Turchia non sono il massimo, e lì risiede la maggior parte dei curdi. Ma le stesse condizioni riguardano i turchi. In sintesi è una zona ancora poco sviluppata, dove le opportunità lavorative, l’industrializzazione e conseguente ricchezza non è ancora arrivata: la Turchia è molto grande, circa 3 volte l’Italia; il malcontento socio-economico non aiuta di certo un’integrazione definitiva, special modo quando c’è chi aizza alla separazione facendo leva sulla povertà.
Arriviamo dunque agli anni ‘80: avete letto bene, dal 1923, passano ben 60 anni. Un certo Ocalan decide di fondare il PKK, partito di derivazione comunista-marxista con l’obiettivo di ottenere uno stato curdo, o un’ampia autonomia regionale. Non so se la genia di tale organizzazione sia opera della solita CIA et similia, per creare destabilizzazione e presupposti di ricatto, ma sta di fatto che lo stato turco ovviamente lo bandisce e lo dichiara gruppo terroristico.
Cominciano gli attentati per mano del PKK e suoi associati: migliaia di morti turchi tra civili e militari.
Inizia quindi la guerra tra lo stato turco e il PKK. Non contro i curdi, come oggi i media amano ignobilmente e pericolosamente urlare.
Sono gli anni dell’IRA, e di altre realtà considerate tutte con lo stesso nome: terroristi.
Molti turchi muoioni per gli attentati del PKK, militari e civili, stessa cosa avviene tra le fila del PKK e curdi pro PKK.
Prende forma l’odio, comprensibile. La guerra, anzi la guerriglia, si concentra sull’enclave curda ad est dove il PKK crea le proprie roccaforti. I soldati di leva turchi dell’est vengono mandati ad ovest e viceversa: quando quest’ultimi tornano a casa, portano con loro rabbia e dolore per aver perso amici, commilitoni; nel peggiore dei casi sono i famigliari a piangerne la morte.
Ocalan è ricercato, viene in Italia dove d’Alema, su richiesta del partito comunista, ci regala la prima di tante figure indecenti offrendogli asilo e considerandolo un eroe, e non un terrorista: ecco i primi attriti tra non l’Italia, ma la sinistra italiana e la Turchia (per fortuna l’ok della magistratura italiana arriva solo dopo la partenza di Ocalan, convinto ad andare in Kenya: gli interessi economici italiani con i turchi hanno prevalso).
Ocalan viene catturato a Nairobi dai servizi segreti turchi, e al momento è un detenuto, sottoposto a nessuna tortura o opere di fantasia che potrebbero far comodo alla nostra “intellighenzia”.
La Turchia man mano, con molto sangue versato da entrambe le parti, riesce a portare la situazione sotto controllo in casa propria, e di certo farà di tutto per non permettere ulteriori attentati e prosecuzione del terrorismo filo-curdo.
Nel frattempo arriva Erdogan, che è una piaga per i turchi, principalmente perché vuole rivedere i messaggi illuminati di Atatürk, diffondendo una cultura islamica che non appartiene al popolo laico turco. I motivi in realtà sono pressoché di origine economica, opportunistica e personale: Erdogan venne arrestato nel ‘98 proprio perché colpevole di incitamento all’odio religioso per aver declamato pubblicamente i versi del poeta Ziya Gökalp; nel 2001 uscito dal carcere fonda l’AKP, partito anti laico e religioso; l’acredine e il fatto che è un uomo ex CIA (ex?), lo porta nel tempo ai vertici attuali, e con operazioni strategiche riesce a mettere tutti i suoi uomini nei luoghi di potere, dando vita all’attuale momento revisionista, che sta creando imbarazzo in gran parte dei turchi, che, ripeto, non si rivedono in quest’uomo e le sue idee. Essere rappresentati nel mondo con un uomo islamico, una first lady con il capo coperto, è elemento di vergogna per molti.
Continuando, Erdogan diventa sempre più potente e anche a livello militare, la Turchia già forte, diviene il secondo esercito NATO: per le mire dello pseudo neo dittatore è un successo.
Nasce l’ISIS, creato da… lo sapete benissimo, i soliti noti: le streghe necessitano.
Guerra all’ISIS: tutti in Siria in teoria a combattere l’ISIS, e in pratica a tentare di detronizzare Assad. In quell’occasione nessuno degli attuali paesi critici con Erdogan, si pone il problema della legittimità di entrare in Siria, anzi. Tutta l’Europa partecipa, USA, Iran, Russia, Emirati, l’Italia vendendo ogni ben di dio di armamenti e chi più ne ha ne metta. Nessuna manifestazione in piazza. Nessuna accusa a nessuno. La sinistra muta e connivente.
L’ YPG: gruppo legato fortemente al PKK, tanto da esser considerato una sua filiale, è stato fondato nel 2004; tuttavia viene organizzato e avvalorato dagli USA nel 2011: il PKK negli anni si è modificato e sembra infiltrato dagli USA, da qui il conseguente attuale YPG siriano; viene diffusa una visione del YPG (e soprattutto della sua consociata di combattenti donne YPJ, per ovvi motivi mediatici) idilliaca, e in diritto di lottare, ma nel 2015 sia la Turchia che Amnesty International li accusano di pulizia etnica, al fine di preparare un’ampia area in Siria preparatoria all’eventuale stato curdo, guarda caso proprio tra Jazira e Kobane; oltre l’arruolamento forzato di minori strappandole alle famiglie ecc.
L’YPG stringe accordi con gli USA per combattere l’ISIS e Assad, (accordi che la Turchia ovviamente stigmatizza) in cambio di promesse sull’autonomia in Siria e via dicendo: le principali azioni del YPG si rivolgono su Qamishli, Jazira e Kobane (!).
Oggi come sappiamo, gli USA (in ampia sintonia con Turchia, Russia e Siria) ritirano le truppe e lasciano i combattenti del YPG, da soli senza difesa contro l’esercito turco.
Traditi ancora una volta: sembra che a ogni loro azione di tradimento (stavolta nei confronti della Siria), ricevano un contrappasso. Ma sono abili a stringere subito un altro accordo con Assad, che nonostante il loro primo voltafaccia, sembra disposto a perdonarli, con lo scopo di ristabilire calma e rientro nei ranghi in territorio siriano: difatti è notizia di queste ore del cessate il fuoco turco a fronte del loro ritiro e creazione di una zona protetta di 20 miglia.

Gli scopi di Erdogan alla base di questo attacco contro YPG sono diversi:

– creare una zona di sicurezza in Siria dove riportare circa 2 milioni di siriani attualmente presenti in Turchia, che stanno creando dissapori con gli autoctoni e quindi perdita di consenso verso l’AKP.
– tramite questa operazione eliminare la costituzione di un’altra roccaforte terroristica curda, al confine turco
– con la miscelanza di siriani e curdi in quell’area, destabilizzare l’etnia curda
– riconquistare il consenso di cui sopra, dopo le ultime pesantissime sconfitte nelle comunali, che lo hanno visto perdere Istanbul e Ankara: fatto politico gravissimo per AKP.
– evitare che quella striscia intorno all’Eufrate, ricca di acqua e petrolio, vada in mano ai curdi e ai terroristi curdi: dietro questa strategia ovviamente non c’è solo la Turchia.

Vorrei aggiungere alcune ultime considerazioni:

– 20 milioni circa di curdi in Turchia, il 20% della popolazione turca: se davvero questi volessero ribellarsi, non credo basterebbe tutto l’esercito turco a fronteggiare una tale rivoluzione. Il fatto che non accada, e mai è accaduto sin dal 1920, mi fa sorgere il dubbio che qualcosa non vada nell’equazione PKK = volontà effettiva dei curdi
– Il PKK e associati sono e restano movimenti terroristici, riconosciuti internazionalmente come tali, da UE- USA- Russia-ecc. (il PKK, mentre l’YPG solo dalla Turchia).
– Il PKK e associati vogliono creare uno stato curdo, prendendo territorio da Turchia, Iran, Iraq, Siria e Armenia: è credibile? È concedibile? Quale nazione rinuncerebbe al proprio territorio per agevolare la nascita di un altro stato? In che misura è pretendibile di diritto una cosa del genere?
– Non è mai esistito uno stato curdo, e mai un Kurdistan nazione: solo un’area molto ampia dove vivono dai 30 ai 45 milioni di curdi (stime per eccesso), di cui come detto 20 milioni solo in Turchia.
– La Turchia non ha nessun diritto di entrare in Siria: non ci piove
– Gli USA/UE/& friend non hanno alcun diritto di entrare in Siria (ma grazie alla scusa della lotta al terrorismo evidentemente si acquista una liceità automatica: che però non vale per la Turchia da sola).
– La Turchia ha commesso molti errori politici e strategici negli anni: forse avrebbe potuto concedere delle autonomie, ma gli interessi nazionali non hanno permesso nessuna federazione.
– Non esistono santi in terra, e ognuno protegge i propri interessi.

Sommariamente, ma neanche troppo, ho scritto fatti reali e una cronistoria accettabile (alcuni dettagli e date possono non essere precise al centesimo, e sono molte le sfaccettature, le azioni, spesso più che discutibili, che hanno mosso i vari protagonisti della storia, e che andrebbero raccontate, ma la sostanza non cambia), e spero ora di stimolare delle riflessioni individuali più accurate, e se possibile, un’idea più chiara sulla situazione, che è e resta comunque complicata.

A voi come detto all’inizio le conclusioni su cos’è la verità.

 

Anonimo

Fonte: www.comedonchisciotte.org

20.10.2019

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