DI BEPPE SCIENZA
Il Fatto Quotidiano
consigli sbagliati, il Corriere della Sera apre la prima pagina
del supplemento CorrierEconomia del
3 maggio 2011 col titolo “L’inflazione fa
paura? Azioni e bond per difendersi”. Il concetto è sviluppato
a pagina 17 da un articolo che inizia così: “Contro il carovita
ci pensa Piazza Affari”. L’autore è Adriano Barrì: una firma
nuova per una vecchia bufala.
Non è vero che le azioni proteggano dall’inflazione, ovvero
che di regola il valore dei propri risparmi venga preservato investendoli
in Borsa. Basta un minimo di competenza per sapere che ciò è accaduto
a volte sì e a volte no. Il Corriere della Sera poteva anche titolare: “L’inflazione
fa paura? La roulette per difendersi”. Se, infatti, uno punta
tutto sul rosso ed esce, ottiene una salvaguarda del potere d’acquisto
dei suoi risparmi anche con un’inflazione del 100%.
Si veda nel grafico cosa capitò a Piazza Affari dopo il 1973,
ovvero durante l’ultima fiammata inflattiva in Italia. Nel giro di
un paio d’anni era andato in fumo fra il 60%-70% delle somme investite.
Bella difesa dall’inflazione!
I dati come al solito non provengono dal centro sociale Leoncavallo,
bensì dall’ufficio
studi di Mediobanca, diretto
non da Fausto Bertinotti, bensì da Fulvio Coltorti. Peraltro già nel
2009 uno studio del Fondo Monetario Internazionale giungeva a conclusioni
ugualmente negative per l’investimento azionario: “Inflation Hedging for Long-Term Investors” di Alexander P. Attié e Shaun K.
Roache.
Al Corriere della Sera sono così incompetenti da ignorare del
tutto la materia su cui pontificano? Il fervore pro-azionario del quotidiano
di via Solferino si spiega altrimenti, cioè coi suoi padroni.
Che sono: Mediobanca, Fiat, Pesenti, Della Valle, Pirelli, Ligresti,
Merloni, Generali, Banca Intesa ecc. A tutti costoro fa gioco che i
risparmiatori italiani comprino loro azioni (di minoranza).
La conferma viene dal Sole 24 Ore, controllato dai soci
di Confidustria e quindi da soggetti ugualmente interessati a trovare
tapini disposti a prendersi sul groppone le azioni di minoranza delle
loro società. Qui gli esempi si sprecano. Il 27 luglio 2008 Marco Liera
scrive a pagina 25 che “le azioni storicamente sono uno dei migliori
impieghi anti-inflazione” e cita “uno studio dell’investment
bank Kleinwort Benson”, che non è propriamente la fonte più
autorevole in materia.
Su Plus 24 del 25 aprile 2009, a cura dello stesso campione
del giornalismo economico, leggiamo in prima pagina riguardo alla “quota
da destinare alle azioni: si parte dal 10 fino a un massimo del 70%”. Il
14 maggio 2011 a pagina 17 il gestore invitato, quella settimana, a
farsi bello sulle pagine di Plus 24 consiglia a un artigiano circa
il 55% in azioni, in maniera diretta o indiretta. E addirittura il 34%
a una coppia con un profilo conservativo! Nell’ultimo caso il responsabile
dell’inserto era cambiato. Ma ciò non ha nessuna importanza. Seguo
il foglio della Confindustria dalla fine degli anni ’70 e ho visto
alternarsi più direttori, senza che si notassero differenze, salvo
forse nella grafica dei supplementi.
23.05.2011