DI JOHN KOZY
Global Research
Gli americani hanno un problema con la verità. Sembrano incapaci di accettarla, il che è difficile da capire in un periodo della storia in cui la conoscenza gioca un ruolo sempre più ampio nel determinare l’azione umana. Il riconoscimento di questo problema è diffuso. Credenze e menzogne in un modo o nell’altro sommergono sempre la verità, anche quando sono così contraddittorie da rendere impossibile ogni azione reale.Si verifica una sorta di paralisi nazionale psicologica. Non si può fare niente perché una credenza contraddice l’altra, e per una qualche sconosciuta ragione, i fatti non contano. Anche durante quei periodi in cui una credenza schiacciante impone l’azione, gli americani ci si buttano a capofitto tralasciando la massima che l’avventatezza spesso significa errore.
Il numero dei programmi emanati dal Congresso che non funzionano è immenso. La guerra alle droghe iniziata nel 1969 non ha portato a risultati quantificabili; eppure continua senza tregua e ha finito per destabilizzare le altre nazioni, soprattutto il Messico. Diverse riforme in materia di immigrazione sono risultate così inefficienti che le persone si sono rivolte a soluzioni fai da te. La durezza nei programmi anti-crimine è stata permessa svariate volte senza alcuna riduzione consistente nel comportamento criminale. Le riforme educative si sono rivelate illusorie. Guerre inconcludenti sono state e continuano a essere combattute. Nessuno, a quanto pare, vuole mai valutare una cosa a partire dai suoi risultati. La nazione continua a fare sempre più le stesse cose aspettandosi risultati diversi, un’attività che Einstein descriveva come follia.
Paul Craig Roberts scrive: “Oggi gli americani sono governati dalla propaganda. Gli americani hanno poco riguardo per la verità, un minimo accesso ad essa, e poca capacità di riconoscerla. La verità è un’entità sgradita. È inquietante. È off limits. Quelli che ne parlano corrono il rischio di essere bollati come ‘anti-americani’, ‘antisemiti’ o ‘teorici cospirazionisti’. La verità è un elemento di disturbo per il governo e per i gruppi di pressione i cui contributi alla campagna elettorale controllano il governo. La verità è un elemento di disturbo per i pubblici ministeri che vogliono condanne, non la scoperta dell’innocenza o della colpa. La verità è scomoda per gli ideologi.”
Sfortunatamente ne attribuisce la responsabilità all’indole delle persone: “gli economisti vendono la propria anima allo sporco guadagno…i medici che, per soldi, hanno pubblicato nei giornali con peer review una miscellanea di ‘studi’ che promuovono questo o quel nuovo medicinale prodotto dalle compagnie farmaceutiche che hanno pagato i loro ‘studi…’ Ovunque si diriga lo sguardo, la verità ha ceduto al denaro”.
Honoré de Balzac disse: “dietro ogni grande fortuna s’annida un grande crimine”. Allo stesso modo, dietro ogni pratica reticente c’è un’idea reticente.
Questa degradazione della verità deriva da due credenze fuorvianti che molti americani hanno. Esse affliggono gran parte della società americana e definiscono la psiche degli americani. Una credenza è che la verità emerga da un dibattito tra parti avversarie. L’altra è la credenza che ciascuno ha diritto alla propria opinione.
Molte attività americane sono basate su queste credenze. Nella legge, il sistema è chiamato accusatorio. Il pubblico ministero e gli avvocati difensori sono avversari. Ogni parte presenta le sue prove e si presume che in qualche modo la verità emerga. Nel giornalismo si chiama equilibrio. Due avversari sono chiamati in causa a dare la loro versione dei fatti, e si presume che in qualche modo la verità emerga. In politica, si chiama sistema bipartisan, dove il partito di maggioranza e quello di minoranza, spesso chiamato opposizione, sono avversari che presentano le loro versioni dei fatti. Di nuovo, in qualche modo si crede che la verità emergerà e la legislazione in vigore verrà resa esecutiva. Ma non funziona, non funzionava prima e non funzionerà mai.
Immagina che due persone che hanno vissuto nella stessa comunità in un dato periodo del passato stiano parlando di che tempo faceva il 14 febbraio di un anno qualsiasi. Uno dice: “C’erano sette centimetri e mezzo di neve quel giorno”. L’altro dice: “No, c’erano forti piogge e minacce di improvvise inondazioni”. Chi ha ragione? A meno che qualcuno non controlli i dati dell’istituto meteorologico, la questione non può essere risolta. E che succede se i dati dell’istituto meteorologico mostrano che il tempo in quel giorno era sereno senza precipitazioni? Nessuno dei due avversari ha ragione; la verità non emerge mai.
Ebbene, questi avversari hanno diritto ad avere opinioni personali? La credenza che ognuno abbia il diritto alla propria opinione personale è ridicola. Se la tua banca ti manda un avviso che dice che il tuo conto è in rosso, puoi mica replicare con un “Non secondo la mia opinione”? Se questa massima avesse una qualche validità, allora verità e falsità avrebbero pari valore. Nessuna controversia potrebbe mai essere risolta perché i fatti non contano. Sono ancora molti gli americani a mantenere questo punto di vista.
Il punto è che nessun dibattito fra avversari rivelerà mai la verità se nessuna delle parti sarà disposta a verificare i fatti, o come avviene spesso in politica, non farà altro che mentire. Ma perché gli avversari farebbero una cosa del genere? In un’azione legale, perché entrambe le parti vogliono vincere e riveleranno soltanto quel che è favorevole alle loro parti. “Come tutti sanno, almeno uno fra gli avvocati in ogni caso in cui i fatti sono in discussione è deciso a nascondere o a distorcere la verità o parte della verità, non ad aiutare la corte a scoprirla… L’idea che in uno scontro tra esperti manipolatori di principi, ciascuno dei quali indossa i colori dell’inesattezza e della falsità, la verità prevarrà sempre o abitualmente, è in sostanza nient’altro che uno strascico dell’usanza medievale dei processi tramite battaglia ed è in sostanza ugualmente assurdo”.
Peter Murphy nella sua Practical Guide to Evidence cita questa storia (come apocrifa): un giudice frustrato in una corte penale inglese, dopo che i testimoni avevano fornito versioni discordanti, alla fine chiese a un avvocato: “Non devo mai sentirla, la verità?” “No, mio signore – rispose il consulente legale – soltanto prove”.
In politica, ogni parte ha una circoscrizione elettorale privilegiata da proteggere. Nel giornalismo, il giornalista non vuole essere accusato di faziosità. Nel 2006, Dan Froomkin, il più importante cronista mondano del Washington Post, scrisse: “C’è la paura di essere etichettati di parte…” Ma quella paura si dissolverebbe se i giornalisti riportassero i fatti.
Ascoltando i dibattiti di politici o opinionisti, gli argomenti potrebbero spingere gli ascoltatori a chiedersi: “Non devo mai sentirla, la verità?” La risposta sarebbe sempre la stessa: “No, soltanto le nostre opinioni”. Continuare a basare la politica pubblica sulle opinioni di giornalisti, opinionisti, politici, e persino giuristi è un tentativo rischioso. Dal momento che ognuno ha diritto alla propria opinione personale, perché uno dovrebbe interessarsi delle opinioni altrui? Nessuno di noi dovrebbe, ma in qualche modo la classe dirigente crede di sì.
Considerate ad esempio i cosiddetti esperti. Possono due “esperti”, ciascuno con diversi punti di vista, essere davvero esperti? Economisti “esperti” non fanno altro che contraddirsi tutto il tempo. Uno “pensa” questo e un altro “pensa” quello, ma nessuno dei due “sa” niente. Nei temi gli insegnanti non fanno che dire ai loro studenti: “Non mi scrivete cosa pensate. Scrivetemi cosa sapete”. È evidente che i nostri economisti non hanno mai studiato composizione. Harry Truman una volta disse: “Se si mettessero insieme tutti gli economisti del mondo e li si disponesse da un capo all’altro , ecco che quelli continuerebbero a dirigersi in direzioni diverse!” E fino al crollo economico del 2007, gli esperti ci dicevano che “le fondamenta economiche erano solide”. Dopo che ci fu il crollo, la cosa logica da fare sarebbe stata dedurre che gli indicatori economici principali erano nella migliore delle ipotesi fuorvianti e che non ci si sarebbe dovuti fidare. Ancora dopo tre anni, gli economisti continuano a basare le loro conclusioni (calcoli, opinioni) sugli stessi indicatori economici principali. Ma mettiamo che uno chef abbia un forno che costantemente non cuoce bene i cibi. Continuerebbe a fidarsi delle indicazioni del termostato o lo cambierebbe? Come può gente di tal specie essere considerata esperta? Ciò nonostante così avviene.
Ai politici repubblicani, agli esperti di politica, e ai cronisti che si occupano di politica piace dire che la Previdenza Sociale non ha mai voluto offrire un programma pensionistico ma soltanto un supplemento. Ed Rollins fece questa dichiarazione alla CNN anche se la dichiarazione non può assolutamente essere vera, neppure nella più vivida immaginazione, e Ed Rollins e altri dovrebbero saperlo. La Previdenza Sociale fu convertita in legge nel 1935, ma negli anni Trenta meno del 25% dei lavoratori era coperto da piani pensionistici privati. Nello specifico, cosa pensava di integrare la Previdenza Sociale? Solo i piani pensionistici di questo 25% dei lavoratori? Che succede con il 75% dei lavoratori non coperti da piani privati? La Previdenza Sociale senza dubbio si rivolgeva anche a loro, ma quelli non avevano piani privati da integrare. Ancora nel 1960 soltanto il 30% circa della forza lavoro aveva piani pensionistici privati, il che significa che il 70% non aveva piani da integrare, e il 1960 fu un anno buono. Di sicuro, negli anni Trenta la Previdenza Sociale non intendeva integrare i risparmi personali, dal momento che ce n’erano ben pochi, e gli IRA [Individual Retirement Account, ndt.] non furono autorizzati fino al 1974. E contro ogni evidenza Ed Rollins, i politici e i consulenti politici sono ancora considerati “esperti”. Nessun giornalista nell’intervistarli chiede mai loro la verità anche quando tutto ciò che dovrebbe fare è cercare i fatti.
Gli ufficiali militari, soprattutto i generali, sono spesso citati come esperti. Ma per ogni generale che vince una battaglia ce n’è un altro dall’altra parte che la perde. Anche il generale sconfitto è un esperto? E quale generale, di fronte a una battaglia imminente, avrebbe l’integrità di dire che non può vincerla?
Nel chiamare chi ha un opinione esperto e nel far affidamento sul dibattito antagonistico fra loro non è solo la lingua a degradarsi, ma anche il pensiero. Conclusioni tratte da premesse false sono sempre false. E proprio come niente può essere creato dal niente, così la verità non può essere rivelata dalla falsità. Le convinzioni non producono mai conoscenza, ma mettere in dubbio le convinzioni spesso lo fanno.
Una politica pubblica basata su pure e semplice credenze o opinioni prima o poi sbatte la testa contro il muro della realtà provocando disastrose conseguenze, perché alla fine la verità non può essere negata. “Fidati, ma verifica”: una frase spesso usata da Ronald Reagan nel discutere delle relazioni con l’Unione Sovietica è una traduzione del proverbio russo Доверяй, но проверяй. Forse le migliori massime sarebbero: “Se sospetti, rifiuta” e “L’opinione porta afflizione”. Tuttavia la domanda fondamentale che resta senza risposta è: perché così tante persone continuano a fidarsi di tutti quegli “esperti” che si son dimostrati mentitori incalliti? La popolazione è diventata davvero così ottusa? Se la verità emancipa, il falso rende schiavi. Per questo gli americani sono servi comandati da un’oligarchia volta alla promozione di idee ottuse.
Titolo originale: “Knowledge, Truth and Human Action: America Hits the Wall”
Fonte: http://www.globalresearch.ca
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16.05.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di STELLA SACCHINI