DI PATRICK COCKBURN
Counter Punch
“La gente sta tornando nelle fattorie
che aveva abbandonato anni fa per poter coltivare patate, cavoli e verdure
nel tentativo di superare la crisi”, afferma Petros Citouzouris,
mentre pota la sua vigna nelle montagne di Nasso, la più grande isola
delle Cicladi. In Grecia, la catastrofe finanziaria sta inghiottendo
le zone più isolate del paese.
Indicando dei terrazzamenti recentemente
coltivati vicino a una lunga e derelitta colonia a Sifones, Citouzouris
dice che dall’inizio della crisi “costruttori disoccupati, minatori
e pensionati hanno iniziato a fare ritorno alle fattorie di famiglia
che avevano ereditato una generazione fa, ma dove non avevano mai lavorato”.
Egli calcola che dieci delle venti fattorie vicine appartengono a nuovi
arrivati. “Non vedono la luce alla fine del tunnel”, afferma: “Non riusciranno a coltivare abbastanza da poterci sopravvivere,
ma li aiuterà a cavarsela.” Si dice contento di non aver mai lasciato il suo terreno durante gli anni del boom greco..
Il disastro economico intacca ogni
parte di Nasso, creando un atmosfera che va dall’ansietà più
o meno velata, alla disperazione pura fino a un timore generale che,
per quanto le cose oggi possano andare male, domani andranno peggio.
L’isola rimane straordinariamente bella, con le sue rovine antiche e
le torri veneziane, i bianchi villaggi e i terrazzamenti ben irrigati
abbarbicati sui lati delle montagne, che si innalzano al di sopra di
profonde valli verdi. Ulivi e vigneti rigogliosi nel terreno fertile
che ha attratto i coloni per cinquemila anni.
Ci sono stati ancora turisti quest’anno,
per il sollievo dei proprietari di alberghi e taverne, ma il resto dell’economia
avvizzisce ogni settimana e gli abitanti di Nasso si preparano al peggio.
Katarina Sideri, che gestisce corsi di formazione professionale nel
paesino di montagna di Chalki, afferma: “La gente crede che i loro
figli se la passeranno molto peggio.” I suoi corsi hanno 48 posti
e ha ricevuto 200 iscritti, molti dei quali sono persone altamente formate
e bilingue, ma che non riescono a trovare lavoro.
Al contrario dell’egocentrico mito
nordeuropeo di una Grecia che si crogiola inetta e beata a spese delle
banche straniere e dei prestiti dell’UE, quello che più colpisce
delle 18.500 persone che vivono a Nasso è quanto lavorino sodo. Molti
hanno sempre avuto più di un lavoro, nessuno ben pagato.
Tradizionalmente gli operai edili sono
anche fattori, possessori di pecore, capre, ulivi e vigne. Spesso il
denaro in più viene usato per l’istruzione dei figli in modo da
mandarli all’università e fargli avere lavori migliori dei loro genitori.
Queste aspettative stanno collassando.
Nasso è piena di giovani altamente qualificati e disoccupati che
non riescono a trovare uno straccio di lavoro. “I giovani elemosinano
un impiego”, afferma Manoulis Koutelieris, un costruttore che
dà lavoro a dieci persone: “La notte scorsa mi ha chiamato qualcuno
per chiedermi un lavoro e stava piangendo.” Dice che il tasso
ufficiale di disoccupazione dell’isola è del 20%, ma crede che la cifra
reale sia ben più alta, circa il 35%.
Katerina Sideri ritiene che l’impatto
della crisi è graduale ma inesorabile. Una volta che i turisti
se ne vanno, nessuno spende soldi e i negozi e le taverne rimangono
tristemente vuoti.
Dieci anni fa Ioanna Verikokou ha avviato
con successo un’attività di catering per quei turisti che
volevano vivere la vita del paesano greco. “Avevamo clienti da
tutto il mondo”, sospira mentre ricorda i bei tempi, dato che
negli ultimi due anni le prenotazioni si sono prosciugate.
Mentre parlava, suo marito Manoulis
è entrato nella stanza con un bidone di latte di capra che aveva
munto. Con aria stanca e abbattuta, dice: “Ho lavorato per 22 anni
in un cementificio, ma non vengo pagato da febbraio. Quando prendiamo
un ordine nessuno paga la compagnia per cui lavoro, quindi loro non
possono pagare me.”
Le speranze dell’aspirante classe media
andranno pur dissolvendosi, ma i guai veri sono altri. I tagli nelle
spese del governo hanno colpito coloro che a mala pena riuscivano a
sbarcare il lunario. In una casa angusta nella città vecchia di Nasso,
Irene Polykretis spiega che lei e suo marito Panagiotis, pescatore,
sono sempre stati poveri. “Quando ero giovane non potevamo permetterci
l’aspirina”, dice. Grazie alla sua dote, che consisteva in una
piccola barca da pesca, Panagiotis ha guadagnato abbastanza per mantenere
la sua famiglia, avendo anche un lavoro come spazzino al porto.
Ma recentemente questa famiglia è
stata colpita da una serie di disastri. La barca è stata danneggiata
dall’onda di un motoscafo e Panagiotis non può permettersi di ripararla.
Suo figlio è rimasto ferito nell’incidente e non può lavorare. Poi
il governo ha deciso che stava spendendo troppo per il sussidio familiare
di Irene e quindi ne ha sospeso il pagamento fino a fine anno. Panagiotis
è molto amareggiato. “Nessuno ci offre aiuto”, dice: “Per
loro siamo come spazzatura.”
Il numero di abitanti di Nasso le cui
vite sono state fatte a pezzi dalla crisi finanziaria è ancora
limitato, ma c’è un timore insinuante per il futuro. Il vicesindaco
di Nasso, Dmitris Lianos, si occupa di promuovere il turismo ed è ottimista
visto l’alto numero di turisti che visitano l’isola, sebbene spendano
meno del solito. Afferma che Nasso potrebbe finire meglio del resto
della Grecia, ma “ogni giorno ci aspettiamo notizie peggiori da
Atene”.
Queste brutte notizie non hanno tardato
ad arrivare. I salari degli impiegati statali e dei pensionati sono
stati ridotti.
Molti abitanti dell’isola hanno una
casa di loro proprietà e aspettano con timore di vedere quanto dovranno
pagare con la nuova tassa sugli immobili. “Il governo ha davvero
trovato l’oro”, ha dichiarato tristemente il padrone di una casa.
La nuova tassa viene esatta tramite le bollette dell’elettricità, minacciando
implicitamente che il mancato pagamento comporterebbe la sospensione
della fornitura del servizio, sebbene rimangono ancora dei dubbi sulla
fattibilità della cosa.
A chi danno la colpa gli abitanti di
Nasso? Il vicesindaco Lianos incolpa le banche di concedere prestiti
facili a chiunque e afferma: “Le banche hanno facilitato la follia
dei greci. Offrivano prestiti per festeggiare il Natale o per la luna
di miele. Vivevamo in un mondo fantastico fittizio.” Al momento
le banche non stanno facendo pressione per il rimborso, ma la gente
ha paura di ciò che succederà quando lo faranno.
I prestiti rischiosi erogati dal casinò
capitalista sono stati una caratteristica comune delle crisi economiche
da Atene a Lisbona, a Dublino e oltre. Nel soffrirne le disastrose conseguenze,
i greci non sono tanto diversi da altri, ma sono d’accordo con gli stranieri
nel denunciare il loro sistema di governo come singolarmente incompetente,
burocratico e corrotto. Marolis Margaritis, sindaco della municipalità
di Nasso, che cerca di non pensare al peggio per il futuro, afferma
semplicemente che “lo Stato è
inefficiente”. Si dispera nel vedere come Atene conceda alle municipalità
maggiore responsabilità per l’istruzione e, in futuro, per la sanità,
senza procurargli più fondi. Dice: “Abbiamo scuolabus e 62 scuole
da mantenere, ma non abbiamo ricevuto un centesimo di più. Senza altro
denaro è quasi impossibile che la giunta comunale funzioni.”
Nell’insieme, a Nasso si avverte una
minore circolazione di denaro nel corpo della società. Benché l’edilizia
sia l’unica industria ad aver collassato, anche tutto il resto sembra
fragile. Gran parte delle attività vengono avviate grazie a titoli
di credito che non sono cedibili e che potrebbero non essere onorati
alla scadenza. Manoulis Koutelieris, il contraente, dice: “Ho 30.000
euro in assegni emessi a vuoto. Cosa posso fare? Non si possono portare
tutti in tribunale.”
Le lamentele sulla burocrazia bizantina
sono una costante. Yannis Karpontinis, che possiede una cava di marmo,
descrive con dolore davanti a un bicchiere di raki come non sia riuscito
nell’arco di due anni ad aprire una cava che apparteneva alla sua famiglia
e che aveva affittato in precedenza, per la quale aveva bisogno di tutto
un insieme di nuove licenze. Di fronte alla crisi sta cercando con un
po’ di successo di rendersi autosufficiente, producendo in proprio pane,
olio, vino e persino sapone. Seduto accanto a lui il suo amico Michael
Diskalakis, un ingegnere elettrico, si lamenta del fatto che “se
vuoi una licenza per aprire una piccola edicola, ti ci vuole moltissimo
tempo”.
Sia Karpontinis che Diskalakis vedono
una Grecia che frana verso un collasso sociale ed economico che non
può essere evitato. “Per ora sarà
la classe media a pagare più tasse, perché
non sono spaventati dalla bancarotta dello Stato e dalla perdita dei
depositi delle banche”, dice Diskalakis: “Ma quando si accorgeranno
che la bancarotta è inevitabile, smetteranno di pagare e abbandoneranno
il governo.”
Fonte: How Greeks Were Driven Back to the Land
03.09.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO