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La Redazione

 

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COME I GRECI SONO COSTRETTI A TORNARE NEI CAMPI

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A cura di supervice
Il 20 Ottobre 2011
54 Views

DI PATRICK COCKBURN
Counter Punch

La gente sta tornando nelle fattorie

che aveva abbandonato anni fa per poter coltivare patate, cavoli e verdure

nel tentativo di superare la crisi”, afferma Petros Citouzouris,

mentre pota la sua vigna nelle montagne di Nasso, la più grande isola

delle Cicladi. In Grecia, la catastrofe finanziaria sta inghiottendo

le zone più isolate del paese.

Indicando dei terrazzamenti recentemente

coltivati vicino a una lunga e derelitta colonia a Sifones, Citouzouris

dice che dall’inizio della crisi “costruttori disoccupati, minatori

e pensionati hanno iniziato a fare ritorno alle fattorie di famiglia

che avevano ereditato una generazione fa, ma dove non avevano mai lavorato”.

Egli calcola che dieci delle venti fattorie vicine appartengono a nuovi

arrivati. “Non vedono la luce alla fine del tunnel”, afferma: “Non riusciranno a coltivare abbastanza da poterci sopravvivere,
ma li aiuterà a cavarsela.
” Si dice contento di non aver mai lasciato il suo terreno durante gli anni del boom greco.
.

Il disastro economico intacca ogni

parte di Nasso, creando un atmosfera che va dall’ansietà più

o meno velata, alla disperazione pura fino a un timore generale che,

per quanto le cose oggi possano andare male, domani andranno peggio.

L’isola rimane straordinariamente bella, con le sue rovine antiche e

le torri veneziane, i bianchi villaggi e i terrazzamenti ben irrigati

abbarbicati sui lati delle montagne, che si innalzano al di sopra di

profonde valli verdi. Ulivi e vigneti rigogliosi nel terreno fertile

che ha attratto i coloni per cinquemila anni.

Ci sono stati ancora turisti quest’anno,

per il sollievo dei proprietari di alberghi e taverne, ma il resto dell’economia

avvizzisce ogni settimana e gli abitanti di Nasso si preparano al peggio.

Katarina Sideri, che gestisce corsi di formazione professionale nel

paesino di montagna di Chalki, afferma: “La gente crede che i loro

figli se la passeranno molto peggio.” I suoi corsi hanno 48 posti

e ha ricevuto 200 iscritti, molti dei quali sono persone altamente formate

e bilingue, ma che non riescono a trovare lavoro.

Al contrario dell’egocentrico mito

nordeuropeo di una Grecia che si crogiola inetta e beata a spese delle

banche straniere e dei prestiti dell’UE, quello che più colpisce

delle 18.500 persone che vivono a Nasso è quanto lavorino sodo. Molti

hanno sempre avuto più di un lavoro, nessuno ben pagato.

Tradizionalmente gli operai edili sono

anche fattori, possessori di pecore, capre, ulivi e vigne. Spesso il

denaro in più viene usato per l’istruzione dei figli in modo da

mandarli all’università e fargli avere lavori migliori dei loro genitori.

Queste aspettative stanno collassando.

Nasso è piena di giovani altamente qualificati e disoccupati che

non riescono a trovare uno straccio di lavoro. “I giovani elemosinano

un impiego”, afferma Manoulis Koutelieris, un costruttore che

dà lavoro a dieci persone: “La notte scorsa mi ha chiamato qualcuno

per chiedermi un lavoro e stava piangendo.” Dice che il tasso

ufficiale di disoccupazione dell’isola è del 20%, ma crede che la cifra

reale sia ben più alta, circa il 35%.

Katerina Sideri ritiene che l’impatto

della crisi è graduale ma inesorabile. Una volta che i turisti

se ne vanno, nessuno spende soldi e i negozi e le taverne rimangono

tristemente vuoti.

Dieci anni fa Ioanna Verikokou ha avviato

con successo un’attività di catering per quei turisti che

volevano vivere la vita del paesano greco. “Avevamo clienti da

tutto il mondo”, sospira mentre ricorda i bei tempi, dato che

negli ultimi due anni le prenotazioni si sono prosciugate.

Mentre parlava, suo marito Manoulis

è entrato nella stanza con un bidone di latte di capra che aveva

munto. Con aria stanca e abbattuta, dice: “Ho lavorato per 22 anni

in un cementificio, ma non vengo pagato da febbraio. Quando prendiamo

un ordine nessuno paga la compagnia per cui lavoro, quindi loro non

possono pagare me.”

Le speranze dell’aspirante classe media

andranno pur dissolvendosi, ma i guai veri sono altri. I tagli nelle

spese del governo hanno colpito coloro che a mala pena riuscivano a

sbarcare il lunario. In una casa angusta nella città vecchia di Nasso,

Irene Polykretis spiega che lei e suo marito Panagiotis, pescatore,

sono sempre stati poveri. “Quando ero giovane non potevamo permetterci

l’aspirina”, dice. Grazie alla sua dote, che consisteva in una

piccola barca da pesca, Panagiotis ha guadagnato abbastanza per mantenere

la sua famiglia, avendo anche un lavoro come spazzino al porto.

Ma recentemente questa famiglia è

stata colpita da una serie di disastri. La barca è stata danneggiata

dall’onda di un motoscafo e Panagiotis non può permettersi di ripararla.

Suo figlio è rimasto ferito nell’incidente e non può lavorare. Poi

il governo ha deciso che stava spendendo troppo per il sussidio familiare

di Irene e quindi ne ha sospeso il pagamento fino a fine anno. Panagiotis

è molto amareggiato. “Nessuno ci offre aiuto”, dice: “Per

loro siamo come spazzatura.”

Il numero di abitanti di Nasso le cui

vite sono state fatte a pezzi dalla crisi finanziaria è ancora

limitato, ma c’è un timore insinuante per il futuro. Il vicesindaco

di Nasso, Dmitris Lianos, si occupa di promuovere il turismo ed è ottimista

visto l’alto numero di turisti che visitano l’isola, sebbene spendano

meno del solito. Afferma che Nasso potrebbe finire meglio del resto

della Grecia, ma “ogni giorno ci aspettiamo notizie peggiori da

Atene”.

Queste brutte notizie non hanno tardato

ad arrivare. I salari degli impiegati statali e dei pensionati sono

stati ridotti.

Molti abitanti dell’isola hanno una

casa di loro proprietà e aspettano con timore di vedere quanto dovranno

pagare con la nuova tassa sugli immobili. “Il governo ha davvero

trovato l’oro”, ha dichiarato tristemente il padrone di una casa.

La nuova tassa viene esatta tramite le bollette dell’elettricità, minacciando

implicitamente che il mancato pagamento comporterebbe la sospensione

della fornitura del servizio, sebbene rimangono ancora dei dubbi sulla

fattibilità della cosa.

A chi danno la colpa gli abitanti di

Nasso? Il vicesindaco Lianos incolpa le banche di concedere prestiti

facili a chiunque e afferma: “Le banche hanno facilitato la follia

dei greci. Offrivano prestiti per festeggiare il Natale o per la luna

di miele. Vivevamo in un mondo fantastico fittizio.” Al momento

le banche non stanno facendo pressione per il rimborso, ma la gente

ha paura di ciò che succederà quando lo faranno.

I prestiti rischiosi erogati dal casinò

capitalista sono stati una caratteristica comune delle crisi economiche

da Atene a Lisbona, a Dublino e oltre. Nel soffrirne le disastrose conseguenze,

i greci non sono tanto diversi da altri, ma sono d’accordo con gli stranieri

nel denunciare il loro sistema di governo come singolarmente incompetente,

burocratico e corrotto. Marolis Margaritis, sindaco della municipalità

di Nasso, che cerca di non pensare al peggio per il futuro, afferma

semplicemente che “lo Stato è

inefficiente”. Si dispera nel vedere come Atene conceda alle municipalità

maggiore responsabilità per l’istruzione e, in futuro, per la sanità,

senza procurargli più fondi. Dice: “Abbiamo scuolabus e 62 scuole

da mantenere, ma non abbiamo ricevuto un centesimo di più. Senza altro

denaro è quasi impossibile che la giunta comunale funzioni.”

Nell’insieme, a Nasso si avverte una

minore circolazione di denaro nel corpo della società. Benché l’edilizia

sia l’unica industria ad aver collassato, anche tutto il resto sembra

fragile. Gran parte delle attività vengono avviate grazie a titoli

di credito che non sono cedibili e che potrebbero non essere onorati

alla scadenza. Manoulis Koutelieris, il contraente, dice: “Ho 30.000

euro in assegni emessi a vuoto. Cosa posso fare? Non si possono portare

tutti in tribunale.”

Le lamentele sulla burocrazia bizantina

sono una costante. Yannis Karpontinis, che possiede una cava di marmo,

descrive con dolore davanti a un bicchiere di raki come non sia riuscito

nell’arco di due anni ad aprire una cava che apparteneva alla sua famiglia

e che aveva affittato in precedenza, per la quale aveva bisogno di tutto

un insieme di nuove licenze. Di fronte alla crisi sta cercando con un

po’ di successo di rendersi autosufficiente, producendo in proprio pane,

olio, vino e persino sapone. Seduto accanto a lui il suo amico Michael

Diskalakis, un ingegnere elettrico, si lamenta del fatto che “se

vuoi una licenza per aprire una piccola edicola, ti ci vuole moltissimo

tempo”.

Sia Karpontinis che Diskalakis vedono

una Grecia che frana verso un collasso sociale ed economico che non

può essere evitato. “Per ora sarà

la classe media a pagare più tasse, perché

non sono spaventati dalla bancarotta dello Stato e dalla perdita dei

depositi delle banche”, dice Diskalakis: “Ma quando si accorgeranno

che la bancarotta è inevitabile, smetteranno di pagare e abbandoneranno

il governo.

**********************************************

Fonte: How Greeks Were Driven Back to the Land

03.09.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO

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