Andrei Martyanov
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Li ho spesi venerdì da Barnes & Noble, acquistando il numero di gennaio/febbraio 2021 di Foreign Affairs. L’unico motivo per cui ho dilapidato questa notevole somma di denaro (equivalente al costo di una mezza bottiglia di Jack Daniels, un investimento molto più sensato) è stato perchè, sapendo che si tratta di una pubblicazione del Council on Foreign Relations (CFR), volevo avere un’anteprima di ciò che i vittoriosi Democratici stanno preparando per il futuro dell’America. Cavolo, non sono rimasto deluso. Questo volume #100, Numero 1 contiene tutto quello che c’è da sapere sul declino dell’America e sui meccanismi che guidano questo declino, se non addirittura questo collasso totale. La “salva d’apertura” è il saggio da giornalino scolastico di Samantha Power, intitolato The Can-Do Power. America’s Advantage and Biden’s Case [La potenza che può. Il vantaggio dell’America e il caso Biden]. Si tratta di un pezzo superbo per quanto riguarda la messa a nudo delle allucinazioni e della mancanza di qualsiasi capacità professionale dell’amministrazione che si occuperà della futura “politica estera” americana. Potetre stare tranquilli, gli Stati Uniti non hanno una politica estera competente da decenni. Semplicemente, nel moderno establishment della “politica estera” statunitense non ci sono persone con conoscenze e prestigio tali da poter valutare in modo sobrio e professionale sia il mondo esterno che le tendenze politiche interne statunitensi e mettere la “diplomazia” statunitense al servizio degli interessi nazionali, dal momento che nessuno è in grado di formularla, tanto meno gli stessi diplomatici americani.
Samantha Power, che nell’amministrazione Biden è destinata a diventare un pezzo grosso dell’USAID, è nota per essere un’avvocatessa ipocrita e incolta, elevata al rango di “diplomatico” in qualità di ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU [durante l’amministrazione Obama], dove veniva regolarmente umiliata come un’adolescente petulante dall’allora vivo e vegeto Vitaly Churkin.
La Power, da incolto e ineducato prodotto dell’ambiente umanistico anglo-statunitense, sostituisce la conoscenza, le valutazioni basate sui fatti e la professionalità con un isterico spirito moralizzatore e crociato, basato su illusioni e falsificazioni. Ha tutte le carte in regola per fare carriera nell’incompetenza sistemica della politica estera statunitense, a partire dal suo background giuridico da Ivy League, fino al Pulitzer per i falsi sulle guerre balcaniche e l’incapacità di applicare con prudenza le esperienze personali. Questo è proprio l’insieme delle qualità richieste ai moderni “diplomatici” americani e la Power è perfetta in questo ruolo.
Apre il suo pezzo con un riferimento a… Madeleine Albright e alla sua dichiarazione di “nazione indispensabile” (anche se la Power ammette che questa affermazione è “vigorosamente dibattuta“) e poi passa all’attacco, accusando, giustamente direi, l’amministrazione Trump di essere stata “incompetente.” Ritiene che la risposta di Trump ai problemi del mondo sia stata pessima, il che implica che la risposta di Obama era stata ottima. Indubbiamente, Samantha Power, che al Consiglio di Sicurezza dell’Onu aveva difeso i terroristi siriani e aveva fatto parte dell’amministrazione Obama, sotto il cui mandato era stata attaccata la Libia, per non parlare del sanguinoso colpo di stato e della guerra civile in Ucraina scatenata dagli Stati Uniti, non può essere presa sul serio come analista geopolitico, semplicemente perchè non ha alcun background per poter ricoprire un incarico del genere. Quello che è certo è che ha la reputazione di essere squilibrata e questo è il problema. Il suo articolo è sostanzialmente la prova delle allucinazioni di cui è in preda la “diplomazia” statunitense (le virgolette sono intenzionali). La Power infatti afferma:
“Nonostante tutte le critiche rivolte alla politica estera statunitense nelle ere passate, i leader stranieri e l’opinione pubblica hanno in gran parte mantenuto il rispetto per la volontà degli Stati Uniti di intraprendere sforzi impegnativi e per la loro capacità di svolgere compiti difficili, una pietra angolare significativa ma poco apprezzata della potenza americana.”
Sono d’accordo sulle “ere passate,” visto che, quando la Power rappresentava il megafono della “politica estera” interventista e aggressiva di Obama, gli Stati Uniti avevano ottenuto risultati assolutamente stupefacenti, che nessun altro Paese avrebbe mai potuto ottenere:
1. Gli Stati Uniti, con le loro politiche criminali in Libia, Siria e Ucraina, hanno fatto in modo che la stragrande maggioranza dei Russi, pur non avendo niente di personale contro il popolo americano, aborrisse gli Stati Uniti e li considerasse, già nel 2015, la minaccia numero uno per la Russia e il mondo. I Russi si sono anche dotati della forza militare sufficiente per poter annientare gli Stati Uniti in qualsiasi circostanza e si sono assicurati, attraverso una nuova Costituzione, che i “valori” tanto cari a Samantha Power e al suo Partito Democratico non possano entrare in Russia.
2. Gli Stati Uniti, ovviamente, hanno compiuto anche un’incredibile impresa diplomatica facendo in modo che, già sotto il mandato di Obama, Russia e Cina stringessero, di fatto, un’alleanza politica, che, inevitabilmente, ha iniziato ad evolversi verso un’alleanza militare. Tutto questo mentre la Power era ancora all’ONU.
3. Le politiche statunitensi in Medio Oriente sono, nel complesso, un caos voluto dall’AIPAC, la Power non ha il potere di interferire e farà quello che le verrà ordinato dai suoi veri padroni, gli Israeliani.
Quindi, sì, gli Stati Uniti sono una “can-do power” perché per creare un caos di dimensioni veramente storiche servono “diplomatici” del calibro di Samantha Power per ignoranza e zelo. Certo non è la sola, ma c’è ben poca differenza, soprattutto non c’è distinzione, tra la Power e, diciamo, Pompeo.
Ma la Power non cessa i suoi tentativi di far dimenticare quelle “ere” passate e propone la stessa vecchia routine sulla necessità di ripudiare le “politiche” di Trump e seguire invece quelle che, secondo lei, saranno le linee guida dell’amministrazione Biden. Ancora una volta, una differenza senza distinzione. La Power afferma che gli Stati Uniti sono la patria del 40% dei vincitori del Premio Nobel e, basandosi su questo, conclude che gli Stati Uniti dovrebbero mostrare a tutti il giusto cammino per la ripresa economica e il progresso tecnico. Il problema di questa tesi è il fatto che la Power, avendo una laurea americana di tipo “umanistico,” non capisce che i Premi Nobel per la letteratura e, soprattutto, per l’economia hanno un significato molto limitato, perchè sono ideologicamente predeterminati e riguardano campi, come l'”economia,” che hanno effetti relativamente minori o addirittura banali sulla vita delle persone. Quello che non sa, naturalmente, è che nei campi che contano veramente per gli sviluppi economici e tecnologici, gli Stati Uniti non sono più leader da tempo, neanche lontanamente, e producono tanti laureati STEM [Science, Technology, Engineering and Mathematics] quanti la Russia, che non ha neanche la metà della popolazione americana. Questo nel 2016.
Da allora, in Russia gli studenti iscritti ai corsi STEM sono aumentati, mentre negli Stati Uniti la maggior parte dei laureati STEM sono… stranieri. Se la Power pensa, e lo pensa, che si possa far rivivere il Paese con lauree non STEM come la sua, ho un ponte da venderle. Ma questo è ciò che, in sostenza, propone la Power, consentire agli studenti stranieri di tornare negli Stati Uniti, dato che una cosa del genere migliorerebbe la reputazione del Paese e sarebbe in qualche modo collegata alla… competenza degli USA, di cui però la Power ammette la mancanza, mentre propone misure assolutamente inutili (di cui la Cina ha già tratto vantaggio, soprattutto negli anni 2000-2015), consentendo ad un numero non indifferente di studenti cinesi di laurearsi in facoltà STEM statunitensi. Ciò che, in realtà, propone la Power è preparare quadri scientifici e ingegneristici di grande livello per qualcun altro, continuando nello stesso tempo a distruggere la vera formazione scientifica statunitense. Sono sicuro che gli Stati Uniti hanno un disperato bisogno di dottorati di ricerca in Diversità, Studi di genere e “Scienze politiche.” Si può essere più ignari di lei del vero problema degli Stati Uniti?
Guarda caso, la Power non dimentica di attaccare la Cina (non ho intenzione di giudicare la legittimità di un simile attacco) ma se la Power pensa che la già persa corsa al vaccino Covid-19 possa in qualche modo ripristinare la “competenza” statunitense, ovviamente ha sprecato il suo tempo “insegnando” alla Harvard Law School e ribadendo l’ormai tradizionale incompetenza americana nel campo delle relazioni internazionali, invece di prestare attenzione alle tendenze attuali, sia a livello nazionale che internazionale. Sorprendentemente, è stato il gran capo del CFR, Richard Haas, che, nel suo twitter del 6 gennaio 2021, ha, come da tradizione, reagito in modo eccessivo:
Stiamo vedendo cose che non avrei mai immaginato di vedere in questo Paese, in qualche altra capitale sì, ma non qui. Nessuno al mondo vedrà, rispetterà, temerà o dipenderà più da noi come prima. Se l’era post-americana ha una data di inizio, è quasi certamente oggi.
Il che non fa altro che rafforzare ciò che sto dicendo da quasi dieci anni. Gli Stati Uniti hanno perso il loro fascino a causa di una serie di eventi, che descrivo in questo blog da sette anni. Anche nei miei libri. L’America è stata distrutta e spinta in un mondo orwelliano a causa di una crisi sistemica che non può essere risolta all’interno dell’attuale paradigma economico, militare e culturale. Ma questo è ciò di cui il pezzo della Power, e l’intero numero di Foreign Affairs (incredibile ma vero, hanno di nuovo tirato in ballo Francis Fukuyama), sono una testimonianza. Non si può curare la malattia autoimmune americana, come non si possono curare le sue “élite,” sempre più incompetenti e malvagie, il cui livello “intellettuale” e la cui autoconsapevolezza sono quelle degli studenti delle scuole superiori. In altre parole, ho speso i miei sudati 12,99 dollari per sapere, più o meno, quello che già sapevo, avevo solo bisogno di una prova. L’ho avuta; non c’è più speranza.
Fra le notizie correlate. Di fronte alle repressioni politiche (e giudiziarie) negli Stati Uniti, Maria Zakharova ha ammesso oggi (in russo) che ci sono numerose richieste, soprattutto da parte dei sostenitori di Trump, per l’ottenimento della cittadinanza russa. Come ho ripetuto più volte, la Russia non è solo una superpotenza, è anche un arca. Molto tempo fa avevo previsto che il flusso di Occidentali, soprattutto bianchi e cristiani, verso la Russia avrebbe finito per diventare un fiume. Le attuali élite americane hanno tre caratteristiche, sono folli, o codarde, o entrambe le cose. Questi sono i personaggi che concepiscono una società totalitaria, e in molti la bramano, soprattutto da parte democratica. Lo fanno perché sono un plancton urbano impiegatizio, che si preoccupa solo di sé stesso e che è soggetto ad ogni tipo di patologia sociale e psicologica. Una società del genere non ha futuro e l’America non è più quella del passato. Così, la minaccia della violenza, della guerra civile, delle persecuzioni e persino delle repressioni di massa spingerà un numero sempre crescente di Americani a prendere in considerazione l’idea di trasferirsi in Russia e questo è del tutto comprensibile. Tra l’altro, per coloro che me lo hanno chiesto, la famiglia Griezbach è in Russia, hanno la residenza permanente e sono in procinto di ottenere la cittadinanza. Tutti i bambini sono con loro e se la stanno cavando bene. Nei miei sogni più sfrenati di 25 anni fa non avrei mai immaginato che avrei detto: “volete la vera democrazia, il libero pensiero, la libera inchiesta e la normalità sociale? Andate in Russia.” Ecco perché è così odiata.
Andrei Martyanov
Fonte: smoothiex12.blogspot.com
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17.01.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org