DI FERNANDO DORADO
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La morte e la sua vicinanza è catarsi,
per uno e per molti. In questi giorni, abbiamo toccato le implicazioni
concrete di un improvviso cambio di scenario in Venezuela. Tutti, nella
vicinanza e nella lontananza. Tito Pulsinelli
Oggi che il presidente venezuelano
Hugo Chávez affronta una situazione trascendente per la sua vita, quella
del suo paese, quella dei lavoratori dell’America Latina e del mondo
intero, provo invidia per il paese venezuelano. Che questo popolo abbia
partorito un uomo semplice, che tiene sul filo il mondo intero per sapere
se vive o se muore, è degno di un’epopea. Che un militare provinciale
e di umili origini, di origini indie e negre, un autentico villano della
nostra America, che incarna un popolo che lo segue e lo sostiene, tenga
il mondo intero, amici e nemici, in attesa per la sua malattia è veramente
un fatto singolare.Fa parte della storia che i popoli
e i lavoratori stanno scrivendo da sempre.
Chi teme questa forza popolare, che
Chávez impersonifica, cerca di descrivere queste circostanze come se
si trattasse di una telenovela.
Per loro sapere dove sono ubicate le
cellule cancerogene è una cosa molto importante. Conoscere in
anticipo se è a rischio della vita è un qualcosa che li diletta. Ma
il morbo che diffondono, li mette in cattiva luce agli occhi del paese.
L’umanità e la sensibilità degli umili, ora e sempre, saranno molto
al di sopra della superbia, della lascivia e dello squallore dei potenti.
Ed è davvero paradossale.
Quelli che in Venezuela non sopportavano
il suo governo, prima della sua assenza temporanea, ora reclamano con
le urla la sua presenza. Gridavano sempre: “Vattene a Cuba!” e ora
lo esortano: “Devi tornare!” Chi ci capisce qualche cosa?
Chi ieri lo avrebbe voluto uccidere,
oggi teme che muoia “prima del tempo”, perché sa che il suo carattere
e il suo esempio si rafforzeranno ancora di più nell’anima del popolo.
Quelli che lo odiano, per aver capeggiato
una rivoluzione pacifica che messo a rischio i propri privilegi, ora
gli danno forza perché non muoia prima che possano sconfiggerlo “alle
urne”.
Chi di recente lo vedeva come un traditore
della rivoluzione, per aver consegnato un rivoluzionario colombiano
al governo neo-granadino, oggi deve riformulare gli aggettivi di fronte
all’eventualità di una sua assenza definitiva.
Infine, “quelli che plaudono la morte
o desiderano l’inabilitazione fisica dell’avversario non fanno altro
che rivelare la propria impotenza supina.”
“Chávez deve molto all’ignoranza,
alla superbia e all’arroganza sfacciata dei lacché delle élite,
interne ed esterne, che hanno plasmato il suo mito.”
La potenzialità della sua malattia
In quella che può diventare una
tragedia, Chávez e il suo popolo hanno fortuna. La fragilità umana
mostrata nel corso della sua malattia, invece di indebolire il processo
rivoluzionario – che ha sempre avuto grandi difficoltà –, è riuscita
a unire tanto il suo popolo quanto i lavoratori latinoamericani per
dare davvero l’impulso alle modifiche da prendere.
Il fatto che i suoi nemici lo vogliano
morto ma, forse, temano la sua sopravvivenza politica è un segnale
di debolezza assoluta. E quando parlo di nemici non mi riferisco solo
all’oligarchia venezuelana, ma a tutte le oligarchie latinoamericane
e ai grandi capitalisti di tutto il pianeta.
Va aggiunto che questo momento, nel
quale si prende coscienza del ruolo di questo essere umano nel divenire
della storia e nel quale si percepisce nella propria carne l’eventualità
di non averlo più con noi, ci obbliga a valutare a fondo il suo grande
apporto, ma anche a comprendere le sue mancanze.
Potenziare il suo contributo alla rivoluzione,
e superare i suoi difetti, è un compito urgente.
Chávez supererà la sua malattia.
Si alzerà con una forza ancora maggiore per continuare alla testa della
rivoluzione bolivariana. “Assisteremo alla resurrezione e sarà l’uomo
che saprà scalare il Chimborazo. Chávez è e continuerà a essere
il protagonista principale del contesto politico e sociale del Venezuela,
anche se fosse pensionato o sulla sedia a rotelle.”
Questa eventualità fortunata
potrà avere due tipi di evoluzione:
– che la forza simbolica che lo porta a “rinascere dalle ceneri”,
che il fatto di superare una difficoltà enorme e potente lo catapulti
come un “superuomo” e che lui arrivi a crederlo, potrà solo accrescere
a rafforzare i suoi limiti ed errori, oppure…
– che l’esperienza di sentirsi vicino
alla morte, che la coscienza superiore della sua fragile umanità lo
forgi come uomo ancora più saggio, che una simile condizione di illuminazione
gli faccia prendere ancora maggiore coscienza della necessità di costruire
e formare processi, squadre e persone che diano continuità a quello
che ha realizzato.
E la cosa più paradossale di questa
situazione è che, malgrado tutto, tutto dipende da lui.
Per il popolo lui è già
un essere sublime. Ha la capacità, la forza, l’intelligenza, la capacità,
l’astuzia, l’istrionismo, l’arte di identificarsi con il popolo.
Di sfruttare i suoi valori elevati e di “approfittare”, nel senso
buono del termine, delle sue crasse debolezze.
Stranamente questa malattia ha dato
ancora maggiore autorità a Chávez. Potrà usarla per insegnare
al suo popolo l’importanza di consolidare il suo potere fin dai quartieri
e dai condomini, dalle cittadine e dai campi, nel luoghi di lavoro e
di studio, o potrà utilizzarlo per convertirsi in un dittatore o affinché
altri usino il suo prestigio per affondare la rivoluzione.
Sappiamo che si verificherà il
primo caso.
La catarsi
“La morte e la sua prossimità è
catarsi, per uno e per molti. In questi giorni, abbiamo toccato con
mano le implicazioni concrete di un improvviso cambio di scenario in
Venezuela. Tutti, nella prossimità e nella lontananza.”
È stato un processo di riflessione
per “tutti quelli che giudicano il cammino intrapreso semplicemente
come un prescindibile ‘filantropismo sociale’, ma anche per quelli
che rimangono aggrappati allo scientismo dell’eterno ritorno al 1917
o a al 1959.”
“Tutti, i rivoluzionari sinceri e
gli opportunisti del momento, i cittadini vicini o quelli che vivono
all’altro capo del mondo, quelli del posto e quelli che vivono in
altri angoli della Patria Grande, tutti abbiamo intravisto il fosco
pericolo costituito da una Venezuela posizionata in un’altra orbita,
sotto il controllo dell’impero.”
“Con il consolidamento e la sedimentazione
del CELAC si deve cristallizzare la Seconda Indipendenza. Lottiamo perché
sia sempre sotto il segno dell’uguaglianza sociale.”
Note:
[1] Negli ultimi giorni
si sono fatti avanti tre candidati presidenziali dell’opposizione!
Una lugubre navetta di lancio per le aspirazioni necrofore! (T.P.)
[2] Tutte le “citazioni
tra virgolette” sono gli interventi di Tito Pulsinelli.
[3] Comunità degli Stati
dell’America Latina e del Caribe.
Fonte: http://selvasorg.blogspot.com/2011/07/chavez-la-catarsis-de-una-posible.html#more
02.07.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE