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La Redazione

 

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CHI SI PRENDERA' CASA MIA?

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A cura di Das schloss
Il 27 Settembre 2007
51 Views

DI ALAN FARAGO
Counterpunch

Cosa ci dice la svendita del gruppo Carlyle a proposito del collasso del mercato del mattone?

Ci sarebbe qualcuno da Dubai o magari un cinese che verrebbe qui a Miami a comprarsi casa mia?

Questa richiesta pare ragionevole, dopo la notizia fresca di mattinata circa il gruppo Carlyle (fonte delle fortune di Bush padre, dopo aver lasciato la Casa Bianca) -la grande azienda che comanda il private equity [gergo tecnico della giurisdizione USA: equità del mercato azionario delle case private, basato su di un precedente accettato da una corte n.d.t.], il quale ha venduto il 7.5% delle proprie azioni agli Emirati Arabi Uniti, il 19.9% del NASDAQ è stato venduto a Dubai –che non si sarà potuto prendendere i nostri porti, ma la piattaforma di commercio delle equities statunitensi si. La Cina, scontenta del valore dei valori raggiunti dai propri investimenti esteri odierni, ha investito direttamente i propri fondi monetari, non solo nel debito USA, ma anche nella tendenza con la quale esso sta toccando picchi negativi contro altri correntisti. Sapendo che nessuno si prenderà casa mia, sono pronto ad invitare i ministeri stranieri a passare alcune notti da me a Miami: vi ospiterò, darò le chiavi della Toyota ibrida, così che possiate farci un giro e vedere che valori abbiamo tirato su nello stato del sole splendente.

La stima nazionale degli espropri si è raddoppiata nell’ultimo anno: a Miami, si è più che raddoppiato, stando agli oscillanti bottini nelle aste ipotecarie, depennando una proprietà dopo l’altra dalla lunga lista degli espropri per colpa delle banche che non sono disposte a lasciar correre.

L’edizione odierna del Miami Herald parlava di una folla di più di trecento persone che ha affollato la sala da ballo dell’hotel Marriot, per inaugurare 20 vani del complesso Platinum Condiminiums. “In Maggio una camera singola al 14° piano si vendeva per 360.000$. Ma giovedì notte le due singole nella torre del condominio, rispettivamente al 16° e 18° piano, non hanno superato i 220.000$.”

Lew Goodkin, consulente immobiliare, ha detto delle azioni: “nel 2008 il mercato si farà più morbido, ed allora si faranno i veri affari.”.

Questa economia che fa venire i brividi è tutta una giostra, un labirinto degli specchi che si apre come risultato di varie bolle finanziarie: prima quella delle azioni dot.com e ora quella immobiliare. Combinate questa situazione con la decennale perdita di capacità del mercato manifatturiero americano dovuta ad un capovolgimento di ruolo nell’economia globale: l’unico modo in cui i leader politici poterono addolcire l’impatto fu, letteralmente, il negarne l’esistenza.

Nella sezione dedicata ai beni immobiliari del Miami Herald, uno spazio pubblicitario comprato dall’agenzia Pride Houses annunciava una nuova esplosione del mercato “I costruttori hanno ascoltato ciò che i compratori vorrebbero vedere sul mercato odierno, e stanno rispondendo ai loro bisogni.”.

È chiaro che più annunci qualcosa, più tale annuncio perde di veridicità.

Oggi, non importa se il valore reale viene creato quando vengono imposte suddivisioni in zone, come quella della Florida, simili a biscotti ritagliati da pezzi di pasta pre-mescolata. È il concetto di valore che conta.

Nella fase conclusiva dell’esplosione dell’economia del mattone, i costruttori della Florida stavano lavorando dentro un vuoto pneumatico, causato dall’invasione di liquidità.

Nessuno se ne preoccupò. I politici locali stringendo calorosamente mani a destra e a manca giocavano a fingersi autorità catastali di zona o piccoli despoti nel fare offerte a quelli che contribuivano alle campagne elettorali, e che dovevano per forza avere ragione dato che, in fondo, erano quelli che avevano fatto i soldi. Per un po’ funzionò, prima finché chi comprava le case le utilizzava come salvadanaio per i propri consumi, poi quando i sobborghi americani si trasformarono in pozzi neri che si riempivano da soli di lavoratori stressati, che hanno ribaltato l’esortazione di Tim Leary da “Accendi, Sintonizzati e Sballa” a “spegniti”.

Queste sono le persone i cui bisogni sono stati corrisposti costruendo irresponsabilmente: i banchieri di Wall Street che capirono come ottenere mutui, ipoteche ordinarie, o qualsiasi cosa, impacchettarli come contributi per campagne elettorali per poi guadagnare vari bonus come percentuale degli scambi sottoscritti, dopo avere moltiplicato per 10, 20, 100 volte il valore del bene in questione.

Tale pratica è stata detta diversificazione del rischio, un guadagno netto per l’economia mondiale.

Oggi, a Miami, politici locali, costruttori e maneggioni stanno sperimentando le loro strette di mano con alzata di spalle persuasi dal fatto che le loro sbornie da bolla del mercato immobiliare passerà e tutto tornerà come ai bei vecchi tempi, solo si dovrà allungare con un po’ di vodka avanzata da ieri il succo d’arancia di oggi, far passare solamente un’altro piano regolatore, approvare l’allargamento di una strada o un collegamento ferroviario con l’entroterra, un altra divisione dei terreni o un altro sobborgo dove chi farà i migliori affari sarà chi stamperà il cartello “vendesi”.

Sta accadendo di nuovo a Miami, dove il periodico assalto contro un limite allo sviluppo urbano (teso a proteggere le Everglades [regione paludosa delle Florida, ndt] ed i contribuenti dagli sperperi dell’estendersi scomposto dei sobborghi) è supportato da un coro di lobbisti e speculatori territoriali –tra di essi molti hanno pagato prezzi eccezionali, decine di milioni di dollari, per proprietà prive di un valore esplicito in assenza di un piano regolatore oggi e di una ripresa del mercato domani.

C’è l’industria dell’estrazione minerali, presso Miami Dade, posseduta da corporations australiane e messicane, che manda camion, impiegati, avvocati e trafficoni che protestano contro una decisione del governo federale mirata a fermare i miliardari che prosciugano le riserve idriche necessarie per la sopravvivenza di milioni di abitanti del sud della Florida.

È così folle voler vendere ai cinesi la mia casa?

“Siamo pronti a comprare ed a vendere, a qualsiasi prezzo, qualsiasi cosa.” Questo è quanto asserisce un rappresentante della Pride Homes.

Questo “qualsiasi cosa” sta portando la Florida Power and Light, uno dei maggiori gruppi produttori di energia del paese, alla ricerca di permessi per due reattori nucleari di duemila megawatt di potenza, da mettere al livello del mare ed ad un tiro di schioppo dalle proprietà della Pride Homes quotate a partire da 200000$, per adattarsi alla crescita economica della Florida, sulla quale l’editoriale del Miami Herald stamattina ha scritto che “mostra alcuni segni di affievolimento.”.

Ad una tale “risposta ai bisogni della gente” la salita del livello dei mari a causa del riscaldamento globale sembra una prospettiva su cui contare.

Titolo originale: “Who Will Buy My House? What the Sale of the Carlyle Group Tells Us About the Collapse of the Housing Market”

Fonte: http://www.counterpunch.org/farago09212007.html
Link
21.09.2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Guglielmo Menichetti

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