CHI SI PRENDER LE BARRE RADIOATTIVE DI FUKUSHIMA?

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DI YOICHI SHIMATSU
4th Media Beijing

Lo smantellamento della centrale nucleare 1 di Fukushima è ritardato da un solo problema: dove smaltire le barre di combustibile di uranio? Molte di queste sono estremamente radioattive e parzialmente fuse, alcune contengono plutonio, un elemento altamente letale.

Assieme al combustibile fissile all’interno dei sei reattori, ci sono più di sette tonnellate di barre esaurite che devono essere rimosse e poste in un sito di stoccaggio permanente prima che i lavoratori seppelliscano sotto il cemento l’impianto di Fukushima. Le barre non possono essere stoccate in modo permanente in Giappone perché i nuovi centri nel nord-est di Honshu sono costruiti su terreni non idonei. Le fondamenta dell’impianto di riprocessamento di Rokkasho e l’unità di stoccaggio di Mutsu sono state lesionate dagli sprofondamenti nel terreno fangoso.La sepoltura delle barre all’interno del reattore 1 di Fukushima comporta rischi enormi, perché le fondamenta della discarica non possono sopportare il peso delle barre, del reattore e dell’acqua di raffreddamento, il tutto all’interno delle mura in cemento che sono state previste. Il combustibile meno radioattivo dovrebbe essere tenuto all’interno di cisterne raffreddate ad aria. Ma i forti terremoti che spesso colpiscono la regione di Tohoku ne mineranno la struttura, provocando perdite radioattive che si verseranno senza sosta nell’Oceano Pacifico. Le barre dovranno essere spedite in un altro paese.

Malafede Americana

In base al Trattato di Non Proliferazione (NPT) firmato dal Giappone nel 1970, i negoziatori americani hanno stabilito che il combustibile nucleare usato dai reattori giapponesi deve essere spedito per legge negli Stati Uniti per lo stoccaggio o il riprocessamento, al fine di prevenire lo sviluppo di una bomba atomica. Washington non è stata in grado di adempiere ai suoi obblighi contrattuali con Tokyo a causa della pubblica protesta contro la costruzione di un impianto di stoccaggio a Yucca Mountain, vicino Las Vegas.

Un comitato convocato dall’amministrazione Obama ha appena raccomandato la costituzione di una rete di siti di stoccaggio negli Stati Uniti, una proposta che sicuramente rianimerà i sentimenti antinucleari nella prossima campagna elettorale. L’industria nucleare americana ha giacenze di oltre 60.000 tonnellate di combustibile esaurito, senza contare i rifiuti dei reattori usati per fini militari e di ricerca, e questo lascia poco spazio per lo smaltimento delle barre di Fukushima nel sito in allestimento in Nevada, se mai questo verrà aperto.

In Asia Continentale

La Tokyo Electric Power Company (Tepco) ha stanziato 1 trilione di yen (12 miliardi di dollari) per lo smaltimento dei rifiuti nucleari. La monopolista nucleare francese Areva ha collaborato con la Tepco per localizzare un sito di stoccaggio oltre oceano. Fino ad ora, il team Tepco-Areva ha preso contatti in silenzio con tre paesi asiatici – Kazakistan, Cina e Mongolia – per allestire un centro di “riprocessamento”, un eufemismo per discarica nucleare.

Dei tre, la Cina è stata la scelta migliore per l’istituzione nucleare Giapponese, che ha fiducia nella capacità di Pechino di nascondere i segreti nucleari anche ai suoi cittadini e ai suoi massimi dirigenti. L’agenzia spaziale giapponese, che osserva via satellite 24 ore su 24 ogni complesso nucleare cinese, possiede i dati completi delle fughe delle radiazioni sul posto. Dal momento che Pechino nasconde questi dati al proprio pubblico, la controparte giapponese ha pensato di avere le carte in regole per poter parlare con le autorità nucleari cinesi.

Anche se i burocrati del nucleare erano vogliosi di riscuotere montagne di yen, la proposta è stata spazzata via dalla corsa al sale che ha travolto la Cina. Nelle due settimane dopo i meltdown di Fukushima, milioni di persone hanno svuotato gli scaffali dei supermercati per le voci secondo cui il sale iodato poteva prevenire il cancro alla tiroide provocato dalle radiazioni. Il pubblico cinese è giustamente spaventato dagli scandali riguardanti la salute dopo la scoperta della melamina nel latte, un ormone della crescita nei maiali, dei pesticidi nei vegetali, degli antibiotici nei pesci e ora dal fallout radioattivo sui terreni agricoli.

Un accordo di smaltimento di rifiuti nucleari avrebbe richiesto il transito di camion carichi di materiale radioattivo attraverso città portuali densamente popolate, forse Tianjin o Ningbo, nel cuore della notte. Ma le spedizione segrete sarebbero state notate dalla popolazione locale e filmata con gli smartphone, provocando un esodo di massa da ogni città, paese o villaggio lungo la strada per le discariche della Cina occidentale. Così, l’ombrosità dei cittadini Cinesi ha fermato il più semplice dei piani malvagi.

Principio di Recupero Industriale

Una scelta più logica per lo stoccaggio oltremare è quella di paesi scarsamente popolati che forniscono uranio al Giappone, in particolare Australia e Canada. Come esportatori di uranio, Canberra e Ottawa sono i responsabili ultimi dello stoccaggio dei rifiuti nucleari secondo il principio giuridico del recupero industriale.

La pratica del recupero industriale è già ben consolidata nell’elettronica di consumo e negli elettrodomestici, dove ai produttori viene richiesto in un numero sempre maggiore di paesi di ritirare e riciclare i vecchi televisori, i computer e i frigoriferi.

Per questo principio, i giganti dell’ estrazione dell’uranio, come Rio Tinto e CAMECO, sarebbero tenuti a prendersi indietro l’uranio esaurito. Il costo dello stoccaggio dei rifiuti verrebbe allora conteggiato nei prezzi di esportazione dell’uranio minerale. Il costo aggiuntivo è passato dalle società produttrici ai consumatori con gli aumenti in bolletta. Se il mercato rifiuta di accettare il prezzo maggiorato dell’uranio rispetto agli altri combustibili, allora l’energia nucleare farà la fine della macchina a vapore.

I politici australiani e canadesi sono tenuti ad opporsi in modo opportunistico al ritorno dell’uranio esaurito, dato che ogni spedizione da Fukushima sarebbe accolta da una folla di manifestanti al grido di “non a casa mia”. L’unico modo che ha Tokyo di convincere i politici locali per proseguire in silenzio è minacciare di pubblicare online una lista dei parlamentari che hanno riscosso tangenti e che in precedenza avevano sostenuto le miniere di uranio per conto degli interessi giapponesi.

Costo-Efficenza del Nucleare

La questione allora è se l’energia nucleare, con il relativo stoccaggio a lungo termine degli scarti, sia competitiva rispetto agli investimenti destinati all’energia rinnovabile come l’eolico, il solare, l’idroelettrico e lo sfruttamento delle maree. L’energia rinnovabile probabilmente ha il vantaggio di non produrre rifiuti. Il prezzo da battere rimane quello del gas naturale che è disponibile in abbondanza. In un libero mercato privo di sovvenzioni occulte, il nucleare è destinato a fallire.

Per mancanza di professionalità, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) non ha mai ritenuto lo smaltimento dei rifiuti nucleari un problema di tipo industriale. Sulla base delle scorte di barre di combustibile nucleare usato all’interno delle strutture nucleari, ci sono circa 200.000 tonnellate di scorie altamente nucleari nei 453 impianti nucleari civili nel mondo. Eppure non è stato ancora aperto un singolo sito di stoccaggio permanente.

Il dilemma di Fukushima 1 mostra che i problemi del rapporto costo-efficienza e della fattibilità tecnologica non possono essere rinviati o ignorati ancora a lungo. Le agenzie di rating riportano che il debito di Tepco è salito oltre i 90 miliardi di dollari, il che significa che non può coprire i costi futuri per lo stoccaggio delle barre usate dagli impianti di Kashiwazaki e Fukushima 2. Il debito del governo giapponese è salito al 200% del PIL. Nessuno dei due può permettersi gli incrementi di costo dell’energia nucleare.

L’incapacità della Tepco o del governo di pagare per lo smaltimento delle scorie nucleari pone la responsabilità finanziaria interamente sulle spalle delle compagnie partner e sui fornitori, tra cui General Electric, Toshiba, Hitachi, Kajima Construction e specialmente le fonti di uranio, CAMECO e Rio Tinto e i governi di Canada e Australia. Le regole fondamentali del capitalismo e del diritto civile dicono che qualcuno deve pagare.

Ultima Fermata

Dato che Australia e Canada non hanno alcuna fretta di riprendersi le scorie radioattive, lasciano al Giappone e al suo partner per contratto, gli Stati Uniti, con una sola opzione di smaltimento rapido, la Mongolia.

Ulan Bator accetta miniere a cielo aperto di carbone e rame, nient’altro che giganteschi siti tossici, quindi perché non prendere le scorie nucleari? Il suo PIL, il 136° al mondo, è stimato a 5,8 miliardi di dollari per il 2010. Così, 12 miliardi di dollari sono una somma inimmaginabile per un buco in più nel terreno.

Dato che il carico nucleare passerebbe tramite l’estremo est russo, la Mongolia non otterrebbe la totalità dell’importo. A differenza dei cinesi salutisti, la popolazione di Nakhodka e Vladivostok è abituata a giocare d’azzardo con i materiali radioattivi e la vodka.

Anche se la mafia che gestisce il trasporto chiedesse un prezzo sproporzionato, i tre milioni di abitanti della Mongolia sarebbere più che felici di guadagnare circa 2.000 dollari a testa, più dello stipendio medio annuo, nel caso in cui i soldi venissero divisi equamente dopo i costi di costruzione della discarica.

Realisticamente, è improbabile che il popolo mongolo riceva un solo centesimo, dal momento che i soldi andranno in un fondo fiduciario destinato ai costi di manutenzione. Questo perché i 12 miliardi spalmati su 700 milioni di anni – l’emivita dell’uranio – sono equivalenti a una rendita annuale di 17 dollari. Questa cifra non copre nemmeno le crocchette per il cane da guardia, figuriamoci il sistema di raffreddamento. Nessuno starà lì a contarli, dal momento che quando l’uranio sarà decaduto fino a livelli di sicurezza, i fossili saranno la sola traccia della vita umana sulla Terra.

L’avidità illusoria e miope trionferà sicuramente in Mongolia, e questo lascia una questione di responsabilità morale per il resto di noi. La comunità mondiale prova rimorso per lo scarico di monnezza nucleare su una antica cultura che ha inventato il montone bollito, il latte di cavalla fermentato e Genghis Khan? Per i diplomatici tormentati dai sensi di colpa di Tokyo e Washington che ottenevano suadenti lo sporca affare ad Ulan Bator, ecco qui il rifiuto: L’ eroe nazionale, il gran Khan, ha mai versato lacrime o sofferto di rimorsi? Non c’è bisogno di un esame di coscienza. La soluzione è a portata di mano.

Yoichi Shimatsu, ex direttore del Japan Times Weekly, con sede ad Hong Kong è uno scrittore ambientalista ed editor-at-Large per 4th Media, Cina.

Titolo originale: “Who Will Take the Radioactive Rods from Fukushima?”

Fonte: http://en.m4.cn
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30.05.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RENATO MONTINI

 

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