CHE PREZZO HA LA NUOVA DEMOCRAZIA? GOLDMAN SACHS CONQUISTA L'EUROPA

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Causale: Raccolta fondi

FONTE: The Independent

Mentre le persone comuni sono

in agitazione per l’austerità e il lavoro, il palazzo dell’eurozona

si sta sottoponendo a una trasformazione radicale

La nomina di Mario Monti alla carica

di primo ministro è importante per una quantità incommensurabile di

motivi. Sostituendo lo schivatore di scandali Silvio Berlusconi, l’Italia

ha smosso l’inamovibile. Mettendo al potere i tecnocrati non eletti,

ha sospeso le normali regole della democrazia e forse la democrazia

stessa. E ponendo un esperto consulente di Goldman Sachs al comando

di una nazione occidentale, ha portato a nuove vette la potenza politica

di una banca di investimento che si poteva pensare che invece fosse

politicamente tossica.
La cosa più clamorosa: un passo

da gigante, o persino l’apice del successo, per il progetto di Goldman Sachs.

E non si parla solo di Monti. La Banca

Centrale Europea, un altro attore cruciale nel dramma del debito sovrano,

è sotto la gestione di un ex di Goldman, e gli allievi della banca

di investimento hanno una grande influenza nei luoghi di potere di quasi

tutte le nazioni europee, così come avvenuto negli USA nel corso della

crisi finanziaria. Fino a mercoledì, anche la divisione europea del

Fondo Monetario Internazionale era capeggiata da un uomo di Goldman,

Antonio Borges, che si è dimesso per motivi personali.

Anche prima dello scompiglio occorso

in Italia, non c’era alcun segnale che Goldman Sachs desiderasse scrollarsi

di dosso il soprannome di “Calamaro Vampiro” e, ora che i suoi

tentacoli hanno raggiunto la cima dell’eurozona, gli scettici stanno

mettendo all’indice la sua influenza. Le decisioni politiche che verranno

prese nelle prossime settimane determineranno se l’eurozona potrà

pagare i propri debiti, e gli interessi di Goldman sono intimamente

collegati alla risposta da fornire a questa domanda.

Simon Johnson, ex economista del Fondo

Monetario Internazionale, nel libro “13 Bankers” ha affermato

che Goldman Sachs e le altre maggiori banche sono diventate così sodali

ai governi nell’aggravarsi della crisi finanziaria che gli Stati Uniti

sono effettivamente da considerarsi un’oligarchia. Almeno i politici

europei non sono “comprati e stipendiati” dalle grandi

aziende come negli Stati Uniti: “Invece, quello che avete in

Europa è un approccio comune tra l’élite politica e i banchieri,

un insieme condiviso di obbiettivi e un mutuo rafforzamento di illusioni.”

Questo è il progetto Goldman

Sachs. In parole povere, si tratta di portare a sé i governi.

Ogni impresa vuole rafforzare i propri interessi con i controllori che

potrebbero mettersi di traverso e con i politici che possono fornire

vantaggi fiscali, ma questo non è la solita iniziativa di lobby.

Goldman in questo caso vuole fornire consulenze ai governi e concedere

finanziamenti, collocare i propri uomini ai posti di comando per poi

riservare posti di lavoro remunerativi alle persone che escono dai governi.

Il Progetto vuole creare un cambiamento profondo riguardo le persone,

le idee e il denaro, in modo che sia impossibile scovare la differenza

tra l’interesse pubblico e quello di Goldman Sachs.

Il signor Monti è uno dei più

eminenti economisti italiani, e ha trascorso gran parte della carriera

nell’accademia e nei think tank, ma fu quando Berlusconi lo

nominò nel 1995 alla Commissione Europea che Goldman Sachs iniziò

a interessarsi a lui. Prima come commissario per il mercato interno,

poi in modo particolare sulla concorrenza, prese decisioni che potevano

influire sulle acquisizioni o le fusioni su cui i banchieri di Goldman

stavano lavorando o a cui stavano fornendo finanziamenti. Monti più

tardi prese posto nella commissione sul sistema bancario e finanziario

del Tesoro italiano, che formò le politiche finanziarie della nazione.

Date queste premesse, era naturale

che Goldman lo invitasse a unirsi al suo tavolo di consulenti internazionali.

I venti e più consiglieri internazionali della banca si muovono come

lobbisti informali con i politici che regolano il loro lavoro. Tra i

consulenti c’è anche Otmar Issing che, come membro del consiglio

della tedesca Bundesbank e poi della Banca Centrale Europea,

è stato uno degli architetti dell’euro.

Forse il più importante ex politico

al momento nella banca è Peter Sutherland, Procuratore Generale

dell’Irlanda negli anni ’80 e anche lui ex Commissario alla Concorrenza

dell’UE. Ora è direttore non esecutivo della divisione britannica,

Goldman Sachs International, e fino al suo collasso e alla nazionalizzazione

era anche direttore non esecutivo di Royal Bank of Scotland.

È stato una voce importante in Irlanda sul salvataggio da parte dell’UE,

e affermò che i termini dei prestiti di emergenza dovevano essere edulcorati,

in modo da non esacerbare le sofferenze finanziarie della nazione. L’UE

ha acconsentito quest’estate a tagliare i tassi di interesse concessi all’Irlanda.

Prendere in carico i politici con buone

conoscenze quando escono dai governi è solo metà del Progetto,

far arrivare gli allievi di Goldman negli esecutivi è l’altra.

Come Monti, Mario Draghi, che è diventato Presidente della BCE il 1°

novembre, non ha fatto altro che entrare e uscire dai governi e da Goldman.

Era membro della Banca Mondiale e direttore di gestione del Tesoro italiano

prima di trascorrere tre anni come dirigente esecutivo di Goldman Sachs

International tra il 2002 e il 2005, per poi tornare al governo come

presidente della banca centrale italiana.

Draghi è stato molto criticato

per i suoi trucchi contabili suggeriti all’Italia e alle altre nazioni

della periferia dell’eurozona quando un decennio fa cercarono di stringersi

in una moneta unica. Usando complessi derivati, l’Italia e la Grecia

furono in grado di far dimagrire le dimensioni apparenti del proprio

debito pubblico, che le regole dell’euro sancivano che non dovesse

essere superiore al 60 per cento del PIL. E i cervelloni dietro molti

di questi derivati erano uomini e donne di Goldman Sachs.

I trader della banca crearono

una quantità di accordi finanziari che consentirono alla Grecia di

reperire soldi per coprire immediatamente il passivo di bilancio, in

cambio di pagamenti da versare nel corso degli anni. In un accordo del

2002, Goldman veicolò 1 miliardo di dollari di finanziamenti al governo

greco in una transazione chiamata cross-currency swap. All’altro

lato del tavolo dell’accordo, al lavoro alla Banca Nazionale della

Grecia, c’era Petros Christodoulou, che aveva iniziato la carriera

proprio a Goldman, e che era stato promosso a guidare l’ufficio che

gestiva il debito greco. Lucas Papademos, ora nominato Primo Ministro

nel governo di unità nazionale, era un tecnocrate che dirigeva al tempo

la Banca Centrale della Grecia.

Goldman dice che la riduzione del debito

collegata a questi swap era trascurabile per le regole dell’euro,

ma espresse anche qualche rimpianto per l’affare. Gerald Corrigan,

un collaboratore di Goldman che entrò nella banca dopo aver guidato

la filiale di New York della Federal Reserve, lo scorso anno

disse nel corso di un’audizione parlamentare nel Regno Unito: “Col

senno di poi, è evidente che gli standard di trasparenza potevano e

probabilmente dovevano essere più

alti.”

Quando la questione fu sollevata nelle

udienze di conferma al Parlamento Europeo per il suo incarico alla BCE,

Draghi disse che non era coinvolto nelle trattative degli swap

né al Tesoro, né a Goldman.

Per la Grecia è oramai diventato

impossibile mantenersi in sella e, seguendo le ultime proposte dell’UE,

ha davvero sofferto un default sul suo debito chiedendo ai creditori

un taglio “volontario” del 50 per cento sulle obbligazioni,

ma al momento nell’eurozona c’è un consenso sul fatto che i creditori

di nazioni più grandi come Italia e Spagna debbano essere rimborsati

in toto. Questi creditori, naturalmente, sono le grandi banche del continente,

e la loro ricchezza è la prima preoccupazione dei politici. La contemporaneità

delle misure di austerità imposte dai nuovi governi tecnocratici ad

Atene e a Roma e dai dirigenti delle altre nazioni dell’eurozona,

come Irlanda, e i fondi di salvataggio dal FMI e dalla struttura fondamentalmente

sulle spalle della Germania, l’European Financial Stability Facility

possono essere motivati da questo consenso.

I miei ex colleghi al FMI

stanno facendo l’impossibile per cercare di giustificare salvataggi

tra 1,5 e i 4 trilioni di euro, ma cosa significa tutto questo?”,

afferma Simon Johnson. “Significa salvare i creditori al 100

per cento. È un altro bailout bancario, come nel 2008: il meccanismo

è differente, dato che in questo caso avviene al livello sovrano e

non bancario, ma i motivi sono gli stessi.”

Le élite finanziarie sono così certe

che le banche verranno salvate, che alcuni stanno facendo scommesse

su un tale esito. Jon Corzine, ex direttore esecutivo di Goldman Sachs,

è tornato lo scorso anno a Wall Street dopo dieci anni trascorsi in

politica e ha preso il controllo di un’azienda storica, chiamata

MF Global. Ha piazzato una scommessa da 6 miliardi di dollari con

i soldi della propria ditta, sul fatto che il governo italiano non andrà

in default.

Quando lo scorso mese la scommessa

venne rivelata, i clienti e i collaboratori di trading decisero

che fosse troppo rischioso fare affari con MF Global e l’azienda

collassò in pochi giorni. È stata una delle dieci più grandi bancarotte

della storia degli Stati Uniti.

Il grave pericolo è che, se l’Italia

smettesse di pagare i propri debiti, le banche creditrici potrebbero

diventare insolventi. Goldman Sachs, che ha contratto più di due trilioni

di dollari in assicurazioni, incluso un ammontare non rivelato sul debito

dei paesi dell’eurozona, non ne uscirà senza danni, specialmente

se una parte dei due trilioni di assicurazioni acquistate provenissero

da una banca che è andata sotto. Non c’è banca – e certamente

non il Calamaro Vampiro – che possa facilmente districare i propri

tentacoli dalle spire dei propri simili. Questa è la ragione per i

salvataggi e per le austerità, il motivo per cui c’è sempre più di

mezzo Goldman, e mai meno. L’alternativa è la seconda crisi finanziaria,

un secondo collasso economico.

Illusioni condivise, forse? Chi si

azzarda a testarle?

**********************************************

Fonte: What price the new democracy? Goldman Sachs conquers Europe

18.11.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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