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CENSURATO!

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A cura di Olimpia
Il 20 Novembre 2005
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Project Censored presenta le 10 più grandi notizie che i media mainstream hanno censurato negli ultimi anni

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DI CAMILLE T. TAIARA

Appena quattro giorni prima delle elezioni presidenziali del 2004, una prestigiosa rivista medica britannica ha pubblicato i risultati di uno studio rigoroso condotto dal dottor Les Roberts, un ricercatore di tutto rispetto. Roberts è giunto alla conclusione che circa 100.000 persone sono morte dall’invasione ed occupazione dell’Iraq. Molti erano bambini.
Ma questa notizia non ha occupato la prima pagina delle più importanti testate giornalistiche. Né è passata fra le notizie trasmesse in televisione. Cosicché la maggior parte dei votanti sapeva poco o niente sul brutale impatto che aveva avuto la guerra del presidente Gorge W. Bush quando si recarono a votare.

Questa è solo una delle tante storie che i media d’informazione mainstream hanno ignorato, cancellato o posto ai margini negli ultimi anni, stando a quanto emerge da Project Censored, un gruppo di controllo dei media con sede nella Sonoma State University della California.

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Ogni anno i ricercatori del progetto perlustrano i media cercando quelle notizie che non hanno mai realmente fatto notizia, pubblicandone i risultati in un libro, quest’anno intitolato Censored 2006. Sicuramente, come ci tengono a specificare ogni anno i membri di Project Censored, le loro storie “censurate” non sono di per se letteralmente censurate. Molte di esse possono essere trovate su Internet, se si sa dove cercarle. Alcune di esse hanno trovato spazio anche sulla stampa mainstream. La “censura”, come ci spiega il direttore del progetto Peter Phillips “è rappresentata da qualsiasi interferenza nel flusso libero di informazione nella società”. Le storie messe in luce da Project Censored non hanno semplicemente ricevuto il tipo di attenzione che si meritavano, ed inoltre non hanno suscitato il debito interesse del grande pubblico.

“Se ci fosse una stampa realmente democratica, sarebbero proprio queste le storie di cui dovrebbe parlare”, dice Suth Jally, professore di comunicazione all’Università del Massachussets e direttore esecutivo della Media Education Foundation.

Le storie individuate dai ricercatori riguardano usi illeciti da parte delle corporation e abusi governativi che sono stati posti ai margini se non ignorati del tutto, dice Jhally, che ha contribuito alla scelta delle top del Project Censored, “le storie che potrebbero compromettere i potenti di solito non vengono riportate dai mass media”.

Può una storia essere censurata nell’era di internet, quanto informazioni provenienti da milioni di fonti circolano attraverso il mondo in pochi secondi? Quando un singolo oscuro articolo può essere distribuito e discusso su centinaia di blog e siti web? Quando sostenitori di opposte fazioni dissezionano i media mainstream ogni giorno? Decisamente si, risponde Jhally.

“Internet è un ottimo posto in cui andare se si è già a conoscenza del fatto che i media mainstream sono decisamente parziali” e si è alla ricerca di siti nell’illimitato web, come egli nota. “Altrimenti è solo un altro posto dove provano a vendervi la loro merce. La sfida per una società democratica riguarda come porre le informazioni importanti non ai margini ma al centro della nostra cultura”.

Non tutti gli articoli o fonti che Project Censored ha riportato sono completamente credibili, almeno uno quest’anno è alquanto traballante.

Censurato – o Falso?

Alcuni fatti vengono ignorati dai principali media perché troppo controversi, o rappresentano una sfida nei confronti dei ricchi e dei potenti, o semplicemente sono delle vicende scottanti.

Ma alcune vicende vengono messe da parte perché non risultano credibili – e sfortunatamente, uno dei pezzi citati da Project Censored quest’anno sembra rientrare in questa categoria.

Quasi tutto della lista Project Censored è ben documentato e, risulta verosimile. Ma una vicenda pubblicata nella categoria “Surveillance Society Quietly Moves In” (La società della sorveglianza si fa strada tranquillamente) un pezzo intitolato “Where Big Brother Snoops on Americans 24/7” (Dove il Grande fratello spia gli americani 24 ore su 24 7 giorni su 7) Scritto da Teresa Hampton e da Doug Thompson, il pezzo era stato pubblicato su www.capitolhillbue.com, un sito Web della Virginia esistente dal 1994.

Il pezzo fa alcune accuse piuttosto eclatanti. Hampton e Thompson non solo sostengono che il Pentagono sta sfidando il Congresso e portando avanti segretamente il programma Total Information Awareness (TIA = Conoscenza totale dell’informazione) (a cui il Congresso aveva esplicitamente messo fine), ma anche che i federali monitorano “virtualmente tutte le transazioni finanziarie di ciascun americano”, in tempo reale (ossia quando sta accadendo). Loro inoltre sostengono che il Pentagono utilizza le informazioni per lanciare delle inchieste di “persone di interesse” e come base per aggiungere nomi alla lista “no fly” dell’ Amministrazione di Sicurezza dei Trasporti.

E’ un po’ inverosimile credere che il pentagono possa condurre un’operazione tanto vasta da esaminare ogni singola transazione finanziaria in corso nel paese in tempo reale. Ma, al di là di questo l’Unione Americana per le Libertà Civili (American Civil Liberties Union) ha archiviato due cause contro i federali provando a definire con precisione come si ricollegherebbe la lista “no fly” della TSA, ed ancora non è stata capace di dedurlo.

Le fonti principali su cui Hampton e Thompson basano la loro storia sembrano essere un anonimo “consulente di sicurezza che lavorava al…progetto” ed una persona di nome “Allen Banks”, identificato semplicemente come “esperto di sicurezza” senza alcun dettaglio riguardo a chi egli sia o come egli potrebbe essere al corrente di tali informazioni.

Thompson, che è l’editore del sito, ha sostenuto la precisione della storia, affermando che avrebbe parlato con “più di trenta fonti” – polizia, banche, agenzie di carte di credito – e che lui sarebbe giunto alle sue conclusioni grazie a queste fonti, così come che sul fatto che c’erano “troppe coincidenze.” (Nessuna di esse è spiegata nella vicenda.) “In un certo senso” ha aggiunto “si tratta di una mia conclusione, analizzando i collegamenti.” Le banche ed altre aziende private erano state istruite a inviare i dati ai federali sotto la TIA, e hanno continuato ad inviare i dati agli stessi posti dopo che la TIA fu messa al bando, dal momento che non ricevettero mai l’ordine di fermarsi, ha riferito Thompson. Ma ci avvisa: “Se dovessi presentarmi davanti ad una corte per fornire delle prove, non potrei dimostrarlo.” Noi abbiamo qualche dubbio.

Ma la maggior parte degli articoli che facevano parte della top 10 del progetto si basavano su fonti molto affidabili e comprendevano solo informazioni verificabili. Inoltre le scoperte di Project Censored nel complesso forniscono una valida analisi di quel genere di argomenti a cui i principali media dovrebbero prestare maggiore attenzione.

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1 L’amministrazione di Bush sta per eliminare il governo aperto

Mentre l’amministarzione Bush ha ampliato la sua capacità di sorvegliare i civili – ha lavorato per assicurarsi che il pubblico – ed il Congresso – non possa scoprire ciò che sta facendo il governo. Un anno fa, il rappresentante Henry A. Waxman (D-Calif.) ha rilasciato un’analisi di 180 pagine su come l’amministrazione avesse gestito le maggiori leggi di governo aperto del paese. La sua inchiesta riportava come i federali abbiano “ristretto la portata e l’applicazione” dell’Atto di Libertà d’Informazione (Freedom of Information Act), l’Atto di Documentazione del Presidente (Presidential Records Act), ed altre legislazioni sull’informazione pubblica, ampliando nel frattempo delle leggi che bloccherebbero l’accesso a certi documenti – creando anche delle nuove categorie di informazione “protetta” ed esentando interi dipartimenti dallo scrutinio pubblico.

Quando questi metodi non sono stati sufficienti, l’amministrazione Bush si è semplicemente rifiutata di rilasciare documenti – anche nel caso in cui il richiedente fosse un comitato o l’Ufficio di Responsabilità di Governo, come lo studio ha mostrato. Alcuni dei documenti potenzialmente incriminanti che Bush & Co. non hanno voluto rilasciare ai loro colleghi a Capitol Hill includono documenti di contatti avvenuti fra grandi compagnie energetiche e la commissione del vice presidente Dick Cheney; liste della Casa Bianca contenenti le “ipotetiche”, diremmo noi, armi di distruzione di massa di Saddam Hussein; e inchieste che descriverebbero le torture di Abu Ghraib.

Le scoperte dell’inchiesta erano talmente drammatiche da indicare un “assalto senza precedenti alle leggi che rendono il nostro governo trasparente e responsabile,” ha riferito Waxman alla conferenza stampa del 14 Settembre 2004 annunciando il la pubblicazionedell’inchiesta.

Dato l’intrinseco interesse dei nuovi media a salvaguardare le leggi di trasparenza del governo, qualcuno potrebbe pensare che ci sarebbero abbastanza motivi per pubblicizzare tali scoperte in lungo ed in largo. Tuttavia gran parte degli americani rimane dimentico a quanto segreti – ed autocratici – siano diventati i nostri leader alla Casa Bianca.

Fonte: “New Report Details Bush Administration Secrecy”, distribuito da Karen Lightfoot, Government Reform Minority Office, postato su www.commondreams.org, 14 Sett. 2004

2 La carente copertura mediatica sull’Iraq: Falluja e i morti civili

Fra qualche decennio, il mondo civilizzato farebbe bene a guardare gli assalti a Fallujah nell’aprile e novembre 2004 e guardare ad essi come esempi dell’alta mancanza degli Stati Uniti e dell’Inghilterra nei confronti delle le regole fondamentali di combattimento in tempo di guerra. Non molto tempo dopo la “coalizione” ha intrapreso la sua seconda offensiva, l’alto commissario per i diritti umani dell’ONU Louise Arbor ha richiesto un’indagine per verificare se gli americani ed i loro alleati si fossero impegnati nel “deliberato bersagliamento di civili, attacchi indiscriminati e sproporzionati, l’uccisione di persone ferite, e l’uso di scudi umani”, fra le tante possibili “gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra… considerati crimini di guerra” sotto la legge federale.

Più dell’ 83% dei 300.000 residenti di Falluja ha abbandonato la città, hanno riportato sulla rivista Peacework di AFSC Mary Trotochaud e Rick McDowell, staffer dell’ American Friends Service Commettee. Ad uomini di età compresa fra 15 e 45 anni fu rifiutato un passaggio, e tutti coloro che restarono – 50.000 circa – furono trattati come combattenti nemici, in base all’articolo.

Numerose fonti hanno riportato che le forze della coalizione hanno soppresso l’acqua, l’elettricità, occupato i principali ospedali, sparato a chiunque si fosse avventurato all’aperto, ucciso famiglie che sventolavano bandiere bianche mentre tentavano di attraversare l’Eufrate a nuoto o di lasciare la città in altri modi, sparato ad ambulanze, bombardato case ed ammazzato gente solo perché non capivano l’inglese, passato sopra persone ferite con i carri armati, e lasciato cadaveri a putrefare per le strade ed essere mangiati dai cani.

Personale medico ed altri hanno dichiarato di aver visto gente, viva e morta, con i volti e le membra sciolte, effetti dovuti all’uso di bombe al fosforo.

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Ovviamente, il blackout dei media si estende al di là dei fatti di Falluja.

Il rifiuto delle forze militari USA di mantenere un conteggio degli irakeni morti è stato rispecchiato dai media principali, che sistematicamente schivano la domanda su quanti civili irakeni sono stati uccisi.

Les Roberts, un investigatore con la Johns Hopkins Bloomberg School di Salute Pubblica, ha condotto un’inchiesta rigorosa sulla mortalità in Iraq pre- e post- invasione, introducendosi in Iraq sdraiato sul lettino di un fuoristrada e addestrando degli osservatori sulla scena. I risultati furono pubblicati su Lancet, una prestigiosa rivista medica britannica, il 29 Ottobre 2004 – proprio quattro giorni prima delle elezioni presidenziali in USA. Roberts ed il suo team (inclusi dei ricercatori della Columbia University e dell’Università Al-Mustansirya di Baghdad) sono arrivati alla conclusione che “il numero di morti in Iraq dalla sua invasione ed occupazione potrebbe aggirarsi intorno ai 100.000, se non superiore.”

Hanno scoperto che la grande maggioranza di morti per cause violente – in particolare bombardamenti aerei – e più della metà delle vittime erano donne o bambini.

Il Dipartimento di Stato ha tenuto in gran conto gli studi condotti da Roberts nel passato. E dopo che Roberts, utilizzando delle tecniche simili, ha calcolato che nel 2000 in Congo erano morti 1,7 milioni di persone in seguito ad un conflitto armato durato due anni, i media d’informazione hanno captato la notizia, e le Nazioni Unite hanno più che duplicato gli aiuti umanitari destinati al Congo, mentre gli Stati Uniti hanno promesso altri 10 milioni di dollari.

Questa volta solo silenzio – interrotto unicamente dalle occasionali critiche che volevano squalificare l’inchiesta di Roberts. I maggiori programmi di informazione televisiva, come Project Censored ha dimostrato, non ne hanno mai parlato.

Fonti: “The Invasion of Fallujah: A Study in the Subversion of Truth,” Mary Trotochaud e Rick McDowell, Peacework , dicembre 2004-Gennaio 2005; “U.S. Media Applauds Destruction of Fallujah,” David Walsh, www.wsws.org (World Socialist Web site), 17 Nov. 2004; “Fallujah Refugees Tell of Life and Death in the Kill Zone,” Dahr Jamail, New Standard, 3 dicembre 2004; “Mortality before and after the 2003 Invasion of Iraq,” Les Roberts, Riyadh Lafta, Richard Garfield, Jamal Khudhairi, and Gilbert Burnham, Lancet, 29 Ottobre 2004; “The War in Iraq: Civilian Casualties, Political Responsibilities,” Richard Horton, Lancet29 Ottobre 2004; “Lost Count,” Lila Guterman,Chronicle of Higher Education, 4 Febbraio2005; “CNN to Al Jazeera: Why Report Civilian Deaths?” Fairness and Accuracy in Reporting, 15 Aprile 2004, ed Asheville Global Report, 22-28 Aprile 2004.

3 Un altro anno di copertura distorta delle elezioni

L’anno scorso Project Censored aveva previsto il potenziale delle manipolazioni elettorali nella campagna presidenziale del 2004: “la svendita delle politiche elettorali” è arrivata sesta nella lista delle notizie più sminuite. I principali media hanno ampiamente ignorato l’evidenza che le macchine elettroniche per votare erano suscettibili di manomissioni, così come le alleanze politiche fra i produttori delle macchine ed il Partito Repubblicano. Si giunse così al 2 di novembre.

Ha prevalso Bush con 3 milioni di voti – nonostante i risultati dei sondaggi davano chiaramente Kerry per vincitore con un margine di 5 milioni di voti.

“Gli exit poll sono molto accurati” hanno scritto su In These Times Steve Freeman, professore dell’Università della Pennsylvania Center for Organizational Dinamics e lo statista Josh Mitteldorf della Temple University: “essi rimuovono gran parte delle fonti di potenziali errori nei sondaggi elettorali identificando gli elettori effettivi e chiedendogli subito dopo per chi hanno votato.”

La discrepanza di 8 milioni di voti era ben lungi da quella prevista dai sondaggi elettorali , un margine di errore inferiore all’1%. E quando Freeman e Mitteldorf hanno analizzato i dati raccolti dalle due compagnie che conducevano i sondaggi, hanno riscontrato una concreta evidenza di potenziali frodi nei conteggi ufficiali.

“Solo nelle circoscrizioni che utilizzavano schede di votazione vecchio stile, da segnare a mano, hanno eseguito il conteggio ufficiale ed i risultati hanno trovato riscontro con il margine di errore calcolato in base ai sondaggi”. Inoltre “la discrepanza fra l’esito dei sondaggi ed il conteggio ufficiale era considerevolmente maggiore negli stati di oscillazione critica.

Le incoerenze erano tanto più marcate nelle comunità afro-americane così come per rinnovare le richieste per l’uguaglianza razziale nei nostri sistemi di votazione. “E’ giunto il momento di rendere un diritto il conteggio dei voti, e non solo la possibilità di votare, prima che alle prossime elezioni si ricavalchi l’onda della segregazione razziale” hanno scritto Jesse Jackson e Greg Palast sul Seattle Post-Intelligencer.

Fonti: “A Corrupt Election,” Steve Freeman and Josh Mitteldorf, In These Times, Feb. 15, 2005; “Jim Crow Returns to the Voting Booth,” Greg Palast and Rev. Jesse Jackson, Seattle Post-Intelligencer, Jan. 26, 2005; “How a Republican Election Supervisor Manipulated the 2004 Central Ohio Vote,” Bob Fitrakis and Harvey Wasserman, www.freepress.org , Nov. 23, 2004.

4 La società della sorveglianza si fa strada tranquillamente

Si tratta di un ben noto sporco trucco nelle sale del governo: se vuoi passare una legge impopolare che sai non reggerà ad uno scrutinio regolare, aspetti fino a quando il pubblico non sta guardando.

E’ proprio ciò che ha fatto l’amministrazione Bush il 13 dicembre 2003, giorno in cui le truppe americane hanno catturato Saddam Hussein. Bush ha celebrato l’occasione approvando e firmando segretamente l’Intelligence Authorization Act – una controversa espansione del Patriot Act che includeva degli articoli estrapolati dal “Domestic Security Enhancement Act del 2003”, un abbozzo di proposta che era stato accantonato a causa della disapprovazione pubblica in seguito ad una fuga di notizie.

Nello specifico, l’IAA permette al governo di ottenere i documenti finanziari di un individuo senza l’obbligo del permesso da parte della magistratura. La legge inoltre proibisce alle istituzioni di avvertire i diretti interessati che il governo ha richiesto i loro documenti, o che una precisa informazione è stata trasmessa alle autorità.

“La legge inoltre amplia la definizione di “istituzione finanziaria” fino ad includere le compagnie di assicurazione, agenzie di viaggi ed immobiliari, agenti di cambio, il servizio postale USA, le gioiellerie, i casinò, le compagnie aeree, ed auto concessionarie, ed altri affari “le cui transazioni di denaro abbiano un alto grado di utilità in questioni criminali, fiscali o di regolamento” ha ammonito Nikki Swartz nel suo Information Management Journal. Secondo Swartz, la definizione è adesso talmente ampia che potrebbe essere usata plausibilmente per accedere anche a trascritti scolastici o documenti medici.

“Come un’incursione, questo atto ha decimato i nostri diritti alla privacy e alla libertà di parola,” Anna Samson Miranda ha scritto in un articolo per la rivista LiP intitolati “Grave New World” (Il nuovo mondo tomba) che documenta i modi in cui il governo utilizza già le tecnologie, le aziende provate, ed i comuni cittadini come parte di una grande rete di sorveglianza.

Miranda ha ammonito: “se siamo troppo occupati, distratti o apatici per combattere il governo e la sorveglianza aziendale, ci ritroveremo incapaci di andare da qualsiasi parte – sia in fondo alla strada per una tazza di caffè che per il paese a fare una protesta – senza essere osservati.”

Fonti: “PATRIOT Act’s Reach Expanded Despite Part Being Struck Down,” Nikki Swartz, Information Management Journal, March/April 2004; “Grave New World,” Anna Samson Miranda, LiP, Winter 2004; “Where Big Brother Snoops on Americans 24/7,” Teresa Hampton and Doug Thompson, http://www.capitolhillblue.com/, June 7, 2004.

5 USA utilizzano lo tsunami per avvantaggiarsi militarmente nel sud-est asiatico

Gli americani hanno reagito allo tsunami che ha colpito l’Oceano Indiano lo scorso dicembre con un’effusione di compassione e di donazioni private. In tutta la nazione, i vicini si sono riuniti per raccogliere cibo, vestiti, medicine e contributi finanziari. Le scuole hanno portato avanti progetti per aiutare la causa. Disgraziatamente, il governo USA non ha rispecchiato lo stesso livello d’altruismo.

Il presidente Bush inizialmente ha offerto in aiuto l’imbarazzante modica cifra di 15 milioni di dollari. Ma ciò che è più importante, come ha osservato Project Censored, è che il governo USA ha strumentalizzato il disastro per trarne dei vantaggi strategici.

Stabilire una più forte presenza militare nella zona potrebbe agevolare gli Stati Uniti a sorvegliare più da vicino la Cina – che grazie al suo sviluppo economico e militare, è emersa negli ultimi anni come uno dei potenziali rivali più forti.

Potrebbe anche fortificare un importante terreno di lancio militare ed aiutare a consolidare il controllo sulle rotte di commercio potenzialmente lucrative.
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Gli Stati Uniti attualmente possiedono una base operativa a largo di Diego Garcia – un precedente mandato britannico nell’arcipelago delle Chagos (a metà strada tra l’Africa e l’Indonesia) – ma il contratto scade nel 2016. L’isola oltretutto è piuttosto “lontana e Washington è alla disperata ricerca di un’alternativa,” ha scritto il veterano giornalista indiano Rahul Bedi.

“Conseguentemente, con la scusa del soccorso, gli USA hanno ridato vita alla base militare di Utapao, in Tailandia, già usata durante la guerra in Vietnam e hanno riattivato gli accordi di cooperazione con la Tailandia e l’accordo Visiting Forces Agreement con le Filippine,” ha riportato Bedi.

Lo scorso febbraio il Dipartimento di Stato ha riallacciato i legami spezzati con le notoriamente pericolose e corrotte forze militari indonesiane – sebbene gli osservatori dei diritti umani avessero incaricato le forze armate di sottrarre “cibo ed altri soccorsi ai civili sospettati di supportare l’insorgenza secessionista, il Free Aceh Movement,” ha riportato Jim Lobe per l’ Inter Press Service.

Fonti: “U.S. Turns Tsunami into Military Strategy,” Jane’s Foreign Report, Feb. 15, 2005; “U.S. Has Used Tsunami to Boost Aims in Stricken Area,” Rahul Bedi, Irish Times, Feb. 8, 2005; “Bush Uses Tsunami Aid to Regain Foothold in Indonesia,” Jim Lobe, Inter Press Service, Jan. 18, 2005.

6 La vera truffa dell’ Oil-for-Food

Lo scorso anno l’ala destra del Congresso ha cominciato a fare una serie di storie per il modo in cui le Nazioni Unite hanno consentito a Saddam Hussein di rastrellare 10 miliardi di dollari in contanti attraverso il programma Oil-for-Food. I titoli hanno gridato allo scandalo. Il giornalista del New York Times William Safire ha fatto riferimento alla dichiarata truffa dell’ONU come “la più ricca frode nella storia del mondo”. Ma coloro che erano a conoscenza di come il programma era stato organizzato e condotto – e da chi era controllato – non furono influenzati.

Le accuse iniziali si basavano su un’inchiesta del General Accounting Office (GAO) pubblicata nell’Aprile 2004 che venne in seguito sostenuta da un’inchiesta ancora più dettagliata commissionata dalla CIA.

In base al GAO, Hussein avrebbe contrabbandato petrolio del valore di 6 miliardi di dollari fuori dall’Iraq – gran parte di esso attraverso il Golfo Persico. Inoltre la flotta incaricata di intercettare simili contrabbandi era sotto il diretto comando di funzionari americani, e consisteva in maniera schiacciante di imbarcazioni della marina USA. Nel 2001, per esempio 90 delle sue navi appartenevano agi Stati Uniti, mentre l’Inghilterra contribuiva con sole quattro, scrisse Joy Gordon in un articolo per la rivista Herpes nel dicembre 2004.

Gran parte del petrolio che ha lasciato l’Iraq via terra è passato attraverso la Giordania e la Turchia – con l’approvazione degli Stati Uniti. La prima amministrazione Bush ha informalmente esentato la Giordania dalla proibizione nell’acquistare petrolio irakeno – un accordo che ha fornito ad Hussein 4.4 miliardi di dollari in 10 anni, in base alle scoperte della stessa CIA. Gli Stati Uniti più tardi permisero all’Iraq di rilasciare altro petrolio per un valore di 710 milioni di dollari attraverso la Turchia “tutto mentre gi aerei USA rinforzavano le no-fly zones sorvolando il cielo” come ha scritto Gordon.

Scott Ritter, un ispettore ONU delle armi in Iraq durante i primi sei anni di sanzioni economiche contro il paese, scoprì un’altra frode: gli Stati Uniti permisero deliberatamente ad una compagnia petrolifera russa, diretta dalla sorella del ministro degli esteri russo Yervgeny Primakov di acquistare petrolio a basso costo dall’Iraq per rivenderlo alle compagnie americane al prezzo di mercato – facendo guadagnare ad Hussein altri ‘centinaia di milioni’ di dollari.

“Si è stimato che l’80% del petrolio contrabbandato dall’Iraq con il programma Oil-for-Food è andato a finire negli Stati Uniti”, ha scritto Ritter su UK Idipendent.

Fonti: “The UN Is Us: Exposing Saddam Hussein’s Silent Partner,” Joy Gordon, Harper’s, December 2004; “The Oil for Food ‘Scandal’ Is a Cynical Smokescreen,” Scott Ritter, UK Independent, Dec. 12, 2004.

7 Pericolo senza precedenti per la vita ed il sostentamento dei giornalisti

L’anno scorso è stato l’anno più mortale per i reporter da quando la Federazione Internazionale dei Giornalisti ha cominciato a tenere il conto nel 1984. Un totale di 129 persone che lavoravano per i media hanno perso la loro vita, e 49 di loro – più di un terzo – sono stati uccisi in Iraq. In breve, i giornalisti indipendenti sono adesso diventati frequenti vittime delle azioni militari USA all’estero.

“Fino a quanto si è potuto ricostruire finora nessun ufficiale ha mai propriamente ordinato ad un subordinato di far fuoco sui giornalisti”, ha scritto Weissman in un aggiornamento per Censored 2006. Ma ciò che può essere mostrato è uno schema di tacita complicità, affiancato da una pesante campagna per tenere a freno il diritto dei giornalisti di girovagare liberamente.

Il Pentagono si è rifiutato di implementare le misure di sicurezza per proteggere i giornalisti non collegati alle forze della coalizione, nonostante le ripetute richieste da parte della Reuters e le organizzazioni a sostegno dei media.

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(TAREQ AYYOUB, inviato di Aljazeera ucciso in Iraq)

Le forze militari USA hanno esonerato l’esercito da tutte le violazioni nel suo ormai famigerato attacco all’Hotel Palestine – che, come sapeva bene il Pentagono, funzionava come sede centrale di circa 100 operatori dell’informazione-quando le forze della coalizione hanno fatto irruzione a Baghdad l’8 Aprile del 2003.

Fino ad oggi, le autorità USA non hanno punito nemmeno un singolo ufficiale o soldato coinvolto nell’uccisione di un giornalista, in base a quanto emerge da Project Censored.

Nel frattempo, il governo ad interim che gli Stati Uniti hanno insediato in Iraq ha bombardato ed abbattuto gli uffici di Al-Jazeera a Baghdad non appena è salito al potere ed ha proibito al network di svolgere qualunque tipo di indagine nel paese. Lo scorso novembre, il governo temporaneo ha ordinato alle organizzazioni di informazione di “aderire alla linea di governo sull’offensiva condotta dagli USA su Fallujah o affrontare l’azione legale in caso contrario”, in una richiesta ufficiale inviata su una carta intestata del primo ministro ad interim Eyad Allawi e citato in un’inchiesta di novembre del reporter indipendente Dahr Jamail.

Sia gli americani che le forze governative temporanee quel mese hanno trattenuto numerosi giornalisti a Falluja e nei suoi pressi, trattenendoli per giorni.

Fonti: “Dead Messengers: How the U.S. Military Threatens Journalists,” Steve Weissman, www.truthout.org, Feb. 28, 2005; “Media Repression in ‘Liberated’ Land,” Dahr Jamail, Inter Press Service, Nov. 18, 2004.

8 Agricoltori irakeni minacciati dai mandati di Bremer

Gli storici sostengono che fu proprio nella “mezzaluna fertile” della Mesopotania , dove si estende oggi l’Iraq, che gli esseri umani impararono a fare gli agricoltori. “Fu qui , intorno all’8000 o 8500 a.C. che gli esseri umani impararono a coltivare il grano, fu qui che nacque l’agricoltura”, scrisse Jeremy Smith su Ecologist. In tutto questo arco di tempo, “gli agricoltori irakeni hanno selezionato naturalmente le varietà di grano più produttive in quel clima… ed hanno incrociato queste varietà con altre varietà dalle proprietà diverse.” Gli USA tuttavia hanno deciso che, nonostante 10.000 anni di pratica, gli irakeni non hanno ancora capito quale tipo di grano renda meglio in quelle condizioni.

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Smith stava facendo riferimento all’Ordine 81, una delle 100 direttive scritte da Paul Bremer III, l’amministratore USA in Iraq, e lascito in eredità dal governo americano quando ha trasferito le operazioni alle autorità irakene temporanee. I brevetti per i semi vengono concessi in base ad una serie di criteri cui rispondono solo le multinazionali come la Monsanto o la Syngenta, garantendo al possessore del brevetto i diritti esclusivi su ogni aspetto di tutti i prodotti delle piante ottenute con quei semi. A causa delle naturali impollinazioni incrociate, il nuovo piano effettivamente mette in atto un processo che costringerà presto gli agricoltori irakeni ad acquistare i loro semi, piuttosto che utilizzare i semi conservati dai loro raccolti o acquistati sul mercato locale.

Le varietà native saranno soppiantate dai semi stranieri e geneticamente modificati, e l’agricoltura irakena diventerà sempre più vulnerabile alle malattie, mentre si perderà la biodiversità irakena.

L’ A&M University del Texas, che vanta il suo programma di agricoltura come “migliore del mondo” nell’uso delle biotecnologie, ha già intrapreso un progetto da 107 milioni di dollari per “rieducare”gli agricoltori irakeni a coltivare raccolti in quantità industriale da esportare, utilizzando semi americani. E chiunque abbia rivolto la sua attenzione a come ciò ha funzionato in altre parti del sud globale, sa bene quali saranno i risultati: gli agricoltori perderanno le loro terre, mentre il paese perderà la capacità di nutrirsi in maniera autosufficiente, generando povertà e dipendenza.

Su TomPaine.com Greg Palast ha identificato l’Ordine 81 come uno dei tanti dettati da Bremer che si adattano perfettamente ai contorni di un “piano economico” USA, un progetto di 101 pagine sull’ impostazione economica dell’Iraq, formulato con un importante aiuto dei lobbisti aziendali. Palast ha riferito che qualcuno interno al Dipartimento di Stato gli ha soffiato il piano un mese prima dell’invasione.

Smith è conciso: “La gente i cui progenitori per primi avevano addomesticato il grano, adesso dovrà pagare per il privilegio di coltivarlo per qualcun altro. E con ciò, la più antica eredità dell’agricoltura diventerà un altro legame secondario nella vasta catena di rifornimento americana.”

Fonti: “Iraq’s New Patent Law: A Declaration of War Against Farmers,” Focus on the Global South and Grain, Grain , October 2004; “Adventure Capitalism,” Greg Palast, http://www.tompaine.com/, Oct. 26, 2004; “U.S. Seeking to Totally Re-engineer Iraqi Traditional Farming System into a U.S. Style Corporate Agribusiness,” Jeremy Smith, Ecologist, Feb. 4, 2005.

9 il nuovo sistema di commerci del petrolio dell’Iran sfida la valuta degli USA

Ultimamente l’amministrazione Bush ha prestato particolare attenzione all’Iran. Parte di questo interesse ha a che fare sicuramente con il programma nucleare dell’Iran – ma ci potrebbe essere molto di più dietro questa vicenda. Uno stralcio di informazione che non ha ricevuto l’importanza pubblica che meriterebbe è la dichiarata intenzione dell’Iran di aprire un mercato internazionale di scambio del petrolio, una sorta di “borsa”. La nuova entità non solo farebbe concorrenza alla New York Mercantile Exchange ed all’International Petroleum Exchange di Londra (entrambe controllate dalle corporation americane), ma farebbe saltare alle stelle il commercio internazionale di petrolio in euro.

“Uno spostamento del dollaro americano verso l’euro nel mercato del petrolio farebbe precipitare la domanda di petrodollari, determinando forse la caduta del valore del dollaro” hanno scritto Brian Miller e Celeste Vogler di Project Censored 2006.

“La Russia, il Venezuela ed alcuni membri dell’OPEC hanno espresso il loro interesse di dirigersi verso un sistema di petroeuro”, ha dichiarato. E non è del tutto inverosimile che la Cina, che è “il secondo possessore al mondo di valuta americana” possa alla fine fare lo stesso.

Sebbene la Cina, in quanto uno dei più grandi esportatori di prodotti negli Stati Uniti, abbia un interesse personale a supportare l’economia americana ed abbia di fatto vincolato la sua valuta , lo yuan, al dollaro, è diventata sempre più dipendente dal petrolio e dal gas iraniani.

Escludendo un attacco da parte degli USA, sembra imminente l’avvio della borsa del petrolio dominata dall’euro a partire da marzo 2006,” aggiungono Miller e Vogler. “Logicamente, la strategia più appropriata per gli USA è di fare dei compromessi con l’ UE e con l’OPEC verso un sistema di valuta-duale per il commercio di petrolio internazionale.”

Ma non potrete ascoltare alcuna discussione su questa alternativa al notiziario delle 18.00.

Fonte: “Iran Next U.S. Target,” William Clark, www.globalresearch.ca, Oct. 27, 2004.

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10 La rimozione della cima delle montagne minaccia l’ecosistema e l’economia

Il 15 agosto, alcuni attivisti ambientalisti crearono un blocco umano stringendosi intorno alle trivellatrici e impedendo alla National Coal Corp. (società di estrazione del carbone) l’accesso in una miniera dei monti Appalachi, 40 miglia a nord di Knoxville,. È stata solo l’ultima azione di una lunga campagna che gli ambientalisti sostengono abbia delle implicazioni nazionali, ma che è stata ignorata dai media al di fuori dell’area circostante. Sotto accusa è una tecnica attraverso la quale intere cime di montagna vengono rimosse utilizzando degli esplosivi per accedere al carbone sottostante – una pratica che si traduce nella devastazione per l’ecosistema locale, e che si potrebbe estendere molto di più.

Alla luce dei fatti messi in luce da Project Censored, 93 nuove miniere di carbone sono all’opera in tutto il territorio nazionale. “Aree incredibilmente ricche per la biodiversità si stanno trasformando nel corrispondente biologico dei lotti da parcheggio” ha scritto John Conner dalla sede di Katùah di Earth First! che si è impegnata a fondo nelle campagne di azione diretta per bloccare il progetto – in Censored 2006. “E’ la soluzione finale per montagne di 200 milioni di anni.

Fonte: “See You in the Mountains: Katúah Earth First! Confronts Mountaintop Removal,” John Conner, Earth First!, November-December, 2004. This article is reprinted with permission from the San Francisco Bay Guardian .

Camille T. Taiara
Fonte: http://fairfieldweekly.com/gbase/Cover/index.html
Link: http://fairfieldweekly.com/gbase/News/content.html?oid=oid:132242
3.11.05

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CYLOBA

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