CANCELLARE IL DEBITO, USCIRE DALL’EURO. E SE CHIUDESSIMO ANCHE LA BORSA?

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Causale: Raccolta fondi

Cosa ci dice il nuovo tracollo d’agosto?

Quanto è assurdo il capitalismo

DI MORENO PASQUINELLI

FONTE: Sollevazione

Chi pensava che il tonfo delle borsa
italiana del 10 agosto fosse stato uno “scivolone” causato
ad una “irrazionale ondata di panico”, dovrà ricredersi.
Allora l’indice Ftse Mib chiuse a -6,65%, il dato peggiore dall’ottobre 2008 (post-Lehman Brothers). Ieri, giovedì 18 agosto ha chiuso a -6,15%. Sell-off in gergo tecnico: andati in fumo in una sola seduta circa 20 miliardi di capitalizzazione. Gli squali della finanza hanno
venduto di tutto: non solo azioni bancarie e assicurative, ma pure energetiche e industriali, Fiat in primis.

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Tabella 1. L’andamento delle borse dal 2000 ad oggi

Il tracollo di Milano, è stato

in linea con quello di tutte le borse mondiali, quelle cinesi e degli

“emergenti” comprese, a conferma che il capitalismo-casinò

è un sistema squilibrato sì, ma a vasi comunicanti. Più di tutte

hanno perso le borse europee: bruciati nella seduta di ieri 300 miliardi

di dollari, quanto tutto il PIL della Grecia, e quasi il doppio di quello

dell’Irlanda. Una vera e propria ecatombe. Un indice infallibile per

misurare l’aria che tira nelle borse è l’andamento dei costi delle

polizze che servono per assicurarsi contro il rischio di default,

i famigerati Credit Default Swap: ieri hanno addirittura superato i

record toccati dopo il crack Lehman: 237 punti base contro gli allora

211 punti. In poche parole non serpeggia solo tra gli squali —Hops!

“investitori”— che il sistema entri in depressione, ma che

questa sarà preceduta dal fallimento a catena di grandi banche e aziende.

Di converso alle vendite ingenti masse

di denaro si sono riversate “istericamente” sugli acquisti.

Di che? Di titoli considerati “bene rifugio”: oro (giunto

a 1863 $ l’oncia), titoli di stato americani, dei paesi del Golfo, e

addirittura titoli svizzeri, il cui rendimento, data l’altra richiesta,

è sceso a negativo: -0.06% —come dire che chi li compra deve pagarci

sopra gli interessi. Un bell’esempio dell’assurdità del sistema capitalistico

(se così vogliamo chiamare la bisca della speculazione finanziaria).

Tendenza di lungo periodo

Tabella 2. la metastasi della finanziarizzazione

Che siamo alle prese con una catastrofe

imminente, che questi tracolli borsistici non sono semplici temporali,

lo dimostra la tendenza generale. La Tabella n.1 è illuminante. Essa,

oltre a far vedere come avanzi il capitalismo tra gli “emergenti”

(anche grazie allo spostamento ivi dei capitali dei paesi imperialistici

tradizionali) mostra che le Borse occidentali stanno bruciando capitali

da almeno un decennio, che è appunto considerato un tempo lungo dagli

economisti e dalle imprese. Da notare la relazione con la curva del

PIL. Malgrado anemico, le economie hanno conosciuto un segno più, ma

le borse sono andate per fatti loro, cioè a picco, a dimostrazione

di quanto abnorme fosse stata la crescita della finanziarizzazione e

della sfera della rendita parassitaria. Bolla dopo bolla questa sfera

si sta sgonfiando e il fondo, come verrà toccato a breve, con effetti

ancor più distruttivi di quella del crack dell’autunno 2008.

Il capitalismo? Un sistema sballato

In dodici mesi la borsa di Milano ha

bruciato il 33% del valore dei listini. Per capire quanto perverso

sia il mercato borsistico è sufficiente guardare cosa nasconde questo

crollo dei valori. Le prime 40 aziende italiane quotate valgono oggi

300 miliardi di euro, si potrebbero insomma scalare e comprare tutte

con 300 miliardi. Piccolo particolare: il loro patrimonio netto è di

450 miliardi. per capirci: Unicredit è valutata oggi 20 miliardi, mentre

il suo patrimonio è di 68. La potentissima Generali, vale oggi in borsa

18 miliardi (ne valeva 42) ma solo il suo patrimonio in immobili ammonta

a 25 miliardi. La Fiat? vale oggi la miseria di 5 miliardi, neanche

la metà del valore dei suoi soli impianti industriali —fate un conto

di quanto possono valere per le borse, a questi parametri, i quasi 200mila

dipendenti Fiat. L’ultimo esempio, l’Eni. Il valore della sua capitalizzazione

in borsa è precipitato a 53 miliardi. Poco? tanto? Nulla, se si pensa

che solo in riserve di petrolio l’Eni ne possiede circa 300milardi.

Un altro esempio della follia rappresentata

dalle Borse? Il 9 agosto la Apple, coi suoi diabolici marchingegni elettronici

status symbol, raggiungeva a Wall Street una capitalizzazione di 341,53

miliardi di dollari, superando la Exxon Mobil (441,51 miliardi), diventando

la prima compagnia mondiale. Nella stessa seduta le quotazioni General

Motors balzavano verso l’alto non appena diffusasi la notizia di licenziamenti

massicci.

Chiudere la Borsa

Cos’è la Borsa (valori) si sa.

Nel manuale è scritto che è il mercato di negoziazione degli

“strumenti finanziari”. Le imprese, le banche e gli

Stati vanno in Borsa per raccogliere quattrini, offrendo in cambio valori

mobiliari (azioni, obbligazioni, titoli). Dall’altra parte ci sono quindi

coloro che prestano denaro, che lo prestano affinché frutti lauti interessi.

A che pensate? Ai “risparmiatori”? Ma quelli, oltre che a

lasciarci le penne, non muovono i grandi numeri, che sono invece mossi

dai grandi fondi, speculativi e non, sovrani e non sovrani. I grandi

numeri li fanno le banche d’affari. Tutto quello che noi rubrichiamo

sotto il titolo di rendita finanziaria. Forse che nelle transazioni

borsistiche si producono valore o ricchezza? certo che no! Non è che

se un titolo di una società sale di prezzo del 50% questa società

ha raddoppiato il valore del suo prodotto. Se un investitore guadagna

a sua volta il 50% dalla transazione finanziaria, quest’operazione non

ha creato alcuna ricchezza, come non la crea un fruttivendolo che rivende

le sue mele ad un prezzo maggiorato.

Qui avviene solo una captazione di

plusvalore, creato dalle sfere che creano merci o servizi produttivi,

a favore della rendita finanziaria, che per questo è parassitaria.

La Borsa è il sancta sanctorum

della finanza speculativa, il luogo dove avviene il furto, dove

i settori produttivi del capitale devono cedere plusvalore alla sfera

parassitaria. La borsa è il deposito dove fluisce la ricchezza

prodotta dal lavoro, dalle stesse piccole e medie imprese non quotate,

e quindi estorta, poiché nelle borse valori vengono de facto determinati

i prezzi, non solo delle materie prime o i tassi d’interesse,

ma in definitiva anche dei salari. Questo ruolo nefasto della Borsa

è stato rafforzato nel 1996, quando il governo di centro-sinistra (guarda

un po’!) con Decreto 415/96 privatizzò la Borsa valori italiana

(prima un ente pubblico), la Consob essendo solo un mero organismo di

controllo.

Signori! Non volete chiudere questa

bisca? Riportatela almeno sotto stretto controllo pubblico! Che siano

riscritte regole stringenti! E che le aziende e le banche di importanza

nazionale e strategica siano sottratte al gioco d’azzardo! Non è tollerabile

che il futuro del paese sia nelle mani di pochi briganti.

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Fonte: CANCELLARE

IL DEBITO, USCIRE DALL’EURO … E SE CHIUDESSIMO ANCHE LA BORSA?

19 agosto 2011

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