DI ANTON COSTAS
El Pais
Mi ero proposto di iniziare l’anno cercando disperatamente buone notizie con le quali alimentare una certa speranza di miglioramento, non perché sperassi che il 2012 fosse un anno pieno di cose buone – il mio ottimismo non arriva a questo -, ma perché, siano quali siano le circostanze, l’animo ottimista lo dobbiamo mettere noi.
Però tutto mi diventa più difficile, l’ambiente di inizio anno è deprimente. Non solo perché lo sono le circostanze, ma specialmente perché i governi, invece di comportarsi come medici che cercano di recuperare i ritmi vitali di un’economia malata, si comportano come fossero becchini.
Perché è questo quello che stanno facendo, infognando l’economia nella depressione.
L’economia europea si trova di nuovo in fase di stagnazione. Dopo essere uscita dalla recessione del 2009, torna a cadere in una nuova recessione che ha un’alta probabilità di convertirsi in una lunga e pericolosa depressione. Se così fosse, le conseguenze oltrepassarebbero le frontiere dell’economia per incidere sulla stabilità sociale e politica. Consentitemi di chiarire. L’economia capitalista è maniaco-depressiva. Ha delle tappe di euforia, seguite da altre di recessione. Gli economisti parlano di tre tipi di recessione, i cui profili adottano la forma di tre lettere, la V, la W e la L.
La prima è la più comune. La sua dinamica è la seguente: in qualche momento, per ragioni diverse l’economia smette di crescere e crolla, tocca il fondo e successivamente rimonta fino a ritornare al punto di partenza. Normalmente dovrebbe durare tra due e sei trimestri.
È quello che avvenne nel 2009. A partire dall’esplosione della bolla del credito nell’autunno del 2008, l’economia occidentale cadde in picchiata, come conseguenza del crollo dei consumi e degli investimenti privati che sono il motore principale dell’economia di mercato. Dopo aver toccato il fondo, nel 2010 iniziò a recuperare grazie all’intervento massiccio e coordinato di tutte le banche centrali e dei governi del G-20 per evitare una depressione come quella degli anni trenta del XX secolo. Queste politiche fiscali e monetarie agirono come motori ausiliari del motore principale che era grippato.
Però è in questo momento che i nostri governanti, impauriti dalla fattura del combustibile di questi motori (per il deficit pubblico e l’aspettativa dell’inflazione), decisero di disattivarli alla fine del 2010, prima che il motore principale ritornasse a funzionare.
Come era facile pronosticare, l’economia frenò il suo recupero e tornò a cadere, entrando nella recessione a forma di W, nella quale ci troviamo adesso.
Perchè hanno agito in questo modo? Si lasciarono trasportare dall’idea magica dell’austerità espansiva: l’austerità farebbe ritornare la fiducia degli investitori, farebbe
scendere il tasso di interesse e stimolerebbe la crescita. Una fiaba con le fatine. Noi economisti sappiamo che l’austerità ha funzionato solo dove le economie si potevano svalutare e approfittare dell’aumento delle esportazioni per crescere. La svalutazione monetaria apre una finestra alla crescita. Fare parte dell’Euro implica che questa finestra non esista.
L’austerità può non funzionare anche con la svalutazione. Questo è l’insegnamento impartito dal primo ministro britannico, David Cameron. Quando salì al governo due
anni fa, mise in opera un intenso taglio di spesa e dei salari. Parallelamente, approfittando del fatto che non fosse nell’Euro, la sterlina si svalutò. Con questa politica, che possiamo chiamare neomercantilista, sperava di sostituire la domanda interna con le esportazioni.
Ma non funzionò. L’economia britannica si incammina verso la recessione. Siccome l’austerità è diventata una politica generalizzata in tutta l’Unione Europea, non c’è a chi esportare. E tutti si vedono condannati alla recessione. La mia fiducia iniziale nell’esistenza dell’intelligenza nei governi mi fece pensare che avrebbero cambiato rotta.
È quello che fece Franklin D. Roosevelt correggendo il cosiddetto “Errore del 1937”, che consisteva proprio in questo, nel disattivare i motori ausiliari prima che il motore principale tornasse a funzionare.
Però adesso i governi dell’eurozona persistono con una testardaggine degna di cause migliori con l’austerità compulsiva.
Da un lato la cancelliera Angela Merkel ha imposto un nuovo patto che impedisce l’uso della politica fiscale. Da un altro, il regolamento della BCE le impedisce di agire come prestatore di ultima istanza dei governi, uno strumento di politica finanziaria essenziale in momenti come questo, mentre i governi dei paesi in difficoltà come la Spagna, sotto l’effetto di quella che potremmo chiamare la sindrome di Berlino, si dedicano con fervore quasi religioso nel coltivare la
mistica del sacrificio sterile e dei tagli compulsivi.
Come se l’insegnamento dell’esperimento inglese non esistesse. Questo perseverare nell’errore rende più probabile che la recessione a forma di W nella quale ci troviamo adesso si trasformi in una recessione a forma di L, che significa una recessione prolungata.
Gli insegnamenti di ciò che accadde negli anni trenta del secolo scorso in Europa ci dicono che gli effetti di una recessione prolungata e della disoccupazione oltrepassano le frontiere dell’economia per incidere in forma violenta sulla coesione sociale e la stabilità della democrazia.
L’insicurezza e la paura del futuro portano la popolazione a preferire la sicurezza che fittiziamente offre il populismo.
Così arrivarono il fascismo e quello che venne dopo.
Osservando questo panorama, mi chiedo se ancora esista una traccia di vita intelligente nella politica europea. E non ne sono sicuro.
Però di una cosa sono convinto: o si apre rapidamente una finestra alla crescita nella zona Euro, o vedremo il collasso delle nostre economie con tutte le altre conseguenze.
Fonte: ¿Hay vida inteligente en los Gobiernos?
08.02.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di VINCENZO LAPORTA