Burn-out Ovvero la fine annunciata della Lotta di Classe

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DI ZENON

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L’eccezione non è una regola: affronterò l’argomento con una constatazione positiva… non dispiaccia ai misantropi partigiani della riduzione volontaria di popolazione ma le scoperte tecnologiche e scientifiche dell’umanità dopo la prima rivoluzione industriale, così come le immense distese di terre arabili non coltivate, potrebbero permettere a più di 9 miliardi di persone di alimentarsi senza problemi. Meglio, lo sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale dovrebbe ridurre la quantità di lavoro necessaria per la sopravvivenza di una così grande popolazione al massimo a tre o quattro ore di lavoro al giorno per  persona. Potremmo dedicare tutto il nostro tempo residuo alla partecipazione, all’educazione dei nostri ragazzi, ai viaggi, alla ricerca, a continuare a imparare durante tutto il corso della vita e anche, perché no, a interrogarci un po’ di più sul suo significato.

Ammaestrati  da tutti gli errori del passato, potremmo riflettere su come ristabilire un giusto equilibrio tra diritti e doveri. Potremmo ridefinire completamente il modo di decidere delle questioni pubbliche e del bene comune. Potremmo dedicarci seriamente a riparare i guasti del nucleare e a risolvere tanti altri problemi ancora insoluti. E  infine potremmo perseguire il benessere di tutti invece del profitto di pochi. Ma nell’attuale situazione ciò è impossibile. Perché, come sappiamo, il sistema predatorio dell’oligarchia mondialista ce lo impedisce. Sembra persino che al contrario questa, che si autoproclama Elite, abbia scelto di eliminare progressivamente  tutta la piccola mano d’opera che diventa via via eccedente. Nonostante i miserabili tentativi degli esperti di statistica incaricati di affumicare l’uditorio, la disoccupazione di massa continua ad espandersi e raggiunge sempre più larghi strati della società. In quasi tutti i tipi di attività il lavoro come lo conoscevamo è diventato in larga misura inutile ed è  in via di scomparire… Ma invece di liberare dalle sue catene quelli che fino ad allora vi si dedicavano, il lavoro si è a poco a poco rivolto ad un altro scopo. Se ai giorni nostri sopravvive non è più soltanto per arricchire una piccola casta di privilegiati, ma anche e soprattutto per adibire tutto un pezzo della specie umana al compito di sradicare gli altri. Detto così questo può sembrare brutale, ma grattiamo la vernice dei nostri rispettivi compiti senza mentire a noi stessi: dobbiamo riconoscere che allo stato attuale delle cose lavoriamo per la nostra autodistruzione.

Cominciamo in ordine alfabetico (è una mania) con l’agroalimentare. Per poter produrre il cibo ai prezzi stracciati che la grande distribuzione pretende, l’agricoltura industriale che oggigiorno è principalmente di esportazione, avvelena durevolmente i terreni e mette a repentaglio tutto l’ecosistema planetario. Parallelamente un esercito di ingegneri gioca al piccolo chimico cercando quelle combinazioni di additivi che meglio camuffano la loro tossicità, mentre i funzionari della Francia e dell’Europa sorvegliano l’applicazione delle regole che inquadrano l’impoverimento in sostanze nutritive dei prodotti di Madreterra.

Questo piccolo universo si occupa di generalizzare le carenze alimentari per la maggiore gioia dei laboratori farmaceutici. In quanto al Fondo Monetario Internazionale e ai suoi galoppini governativi, i suoi programmi di modifiche strutturali affamano le popolazioni di interi paesi. L’artigianato, che in Francia era la prima fonte di occupazione, si trova in fase terminale di estinzione. Queste micro imprese strangolate dal RSI(1) chiudono bottega a centinaia ogni mese, lasciando per unico ricordo una sequenza di serrande abbassate nelle strade. L’ebanista che deve ancora versare degli anni di contributi finirà la sua carriera come salariato di uno dei grandi gruppi che l’hanno affondato, e sconsiglierà sempre più ai giovani di avventurarsi  in un mestiere indipendente. Se i maestri e i professori di collegio e di liceo non ne possono più, non è a causa  dei salari insufficienti, della carenza di addetti e di mezzi materiali. Se schiattano è perché i loro allievi ogni giorno sottolineano l’inutilità dei corsi e delle lezioni che per loro non hanno senso. Impegnati per lo più in questa attività per la vocazione di insegnare, si ritrovano più o meno coscientemente a formattare dei giovani e non a istruirli. Se altrettanti poliziotti si volatilizzano ogni anno non è certo per il rimorso di aver malmenato qualcuno durante un’operazione, ma perché di fronte a una violenza quotidiana endemica, deliberatamente permessa e incoraggiata dall’autorità, capiscono fatalmente che, ben lungi dal difendere la vedova e l’orfanello, il loro compito consiste essenzialmente nel contare i punti.

La deindustrializzazione e la scomparsa della classe operaia dei paesi occidentali non sono una novità. Per giunta constatiamo ormai che la meccanizzazione dei servizi  si espande: robot domestici, consegne con droni, smaterializzazione dei procedimenti e scomparsa degli sportelli amministrativi, calcolo di risultati previsionali e di grafici realizzati con algoritmi… Tutte le nostre capacità operative sono state sostituite da compiti di supervisione, di comunicazione, o ancora più confusamente di “prospettiva”. Nel migliore dei casi senza nessun interesse personale né utilità comune.

Questa decadenza è la stessa dovunque… Anche dentro quell’emblema del capitalismo che sono le catene di fast-food, dove gli adolescenti impiegati hanno l’incarico di orientare il cliente verso le automazioni che li soppiantano, così come nei servizi pubblici, dove gli impiegati  si conservano una ragione di sopravvivenza solo con la complicazione artificiale e continua delle procedure. Questa inefficienza programmata serve d’altro canto a giustificare che i compiti reali siano affidati al settore privato: l’obiettivo è che a breve ci tocchi pagare per ottenere un certificato di nascita o uno stato di famiglia.

Tutto il sapere che impieghiamo per nasconderci la realtà dei fatti non cambia nulla: il lavoro è condannato,  tanto quanto questo modello sociale che è alla fine… I quadri che sono sotto pressione per l’obbligo della “performance”, hanno la testa sotto il giogo tanto quanto i precari assunti per circuire i clienti e avere degli utili a breve termine e non possono accorgersi dell’assurdità suicida di far continuare a girare la ruota del sistema. Quanti di loro sudano sangue per qualcosa che neanche capiscono? E quanti fingono di essere utili e si danno da fare per evitare di guardare cadere gli altri?

Molti di noi restano realmente convinti di poter invertire la tendenza dall’interno del sistema con la loro presenza e la loro opera. Ma le leve di comando sono così bloccate  che per quanto sia ottima la volontà e grandi e nobili gli sforzi in quel senso, al massimo possiamo raccogliere una bracciata di legna verde. E anche con l’opposizione ufficiale noi contribuiamo nostro malgrado a questo. Siamo arrivati a un punto di dipendenza tale che ci è diventato impossibile cavare le nostre castagne dal fuoco senza contribuire a questo grande sabotaggio.
Vediamo tutti i giorni tutte le conseguenze, le devastazioni della nostra sudditanza e del nostro rifiuto a rimetterci in discussione… Ma noi continuiamo a girare in tondo come dei criceti nella loro ruota. Non tanto per viltà quanto per incoscienza e per il senso di colpa giudaico-cristiano all’idea di essere compresi tra gli oziosi, gli “assistiti” e gli altri pesi morti della società. Insomma per paura di deviare dalla norma e forse anche di perdere i nostri piccoli livelli di vita abbiamo rinunciato uno dopo l’altro ai diritti ed alle protezioni duramente acquisiti con un secolo di lotte, con la scusa di non perdere le nostre pietose indennità giornaliere o il nostro posto nella società. Col pretesto di avere dei figli da nutrire abbiamo tollerato per questo di ipotecare il loro futuro. Come delle rane nella casseruola restiamo nell’acqua che comincia a bollire credendo che arrivi la primavera… Eppure siamo destinati a morire un giorno. Fin dove arriveremo nell’avvilimento per convincerci  che  possiamo sfuggire?

Da ultimo l’intelligenza globalista vuole farci accettare contemporaneamente la messa al bando di tutti i soggetti non adatti ai suoi scopi e il controllo totale dei suoi ultimi buoni soldatini. Mentre i nostri mestieri si spengono uno dopo l’altro se non sono redditizi al sistema in auge, per sopravvivere dipendiamo sempre più numerosi dagli aiuti sociali. Voi credete che una tale voragine finanziaria possa essere il risultato di una qualunque filantropia dello Stato? O forse questo Stato cerca di uccidere sul nascere qualunque ribellione, assicurandosi che noi  non possiamo più vivere senza di lui?

Il famoso reddito universale che cercano di venderci in varie versioni viene dallo stesso meccanismo. Nell’impossibilità di strizzare sempre di più i contribuenti, il suo finanziamento presupporrebbe sia di mettere fine all’evasione fiscale, sia di tassare le transazioni di Borsa ed i profitti delle multinazionali. Non facciamoci imbrogliare. Se queste qua acconsentono a mollare qualche miliardo per il progetto è perché i tenutari dell’alta finanza vi  hanno interesse. E quale altro interesse  se non quello di costringere la manodopera  obsoleta ad una sottomissione totale e definitiva? “Se è gratis, il prodotto siete voi”. Dopo due o tre sperimentazioni in alcuni paesi laboratorio questo reddito di base sarà probabilmente il miglior modo di fare accettare la scomparsa già in corso del contante ed anche la messa in circolazione di una moneta mondiale virtuale..
Prima  “libero da vincoli” sarà poi a poco a poco obbligato ad accettare dei nuovi obblighi .Poi sarà  ricattato a proposito della vaccinazione dei bambini, dell’eutanasia forzata, del controllo elettronico(*puçage*) (2), della clonazione, della donazione e del mercato degli organi… L’idea è di contenere con mano di velluto il malcontento della gente per avere il tempo di sterminare delicatamente,  senza che questo colpisca troppo, le maree umane oziose e pericolose che siamo noi…Il nostro numero è troppo grande perché ci eliminino di colpo, o ci impongano con la forza questi nuovi obblighi. Allora mantenerci individualisti, indifferenti agli altri e perpetuamente divisi è la conditio-sine-qua-non perché abbiano successo.

Per ora la gente sopporta la situazione come inebetita ma si avvicina il giorno in cui non ci saranno più sufficienti toppe per tenere gonfia la gomma. Allora aumenteranno le scariche di piombo, le violenze e i sacrifici sui posti di lavoro… Nel panorama attuale non possiamo farci niente. La catastrofe resterà ineluttabile finché noi continueremo a credere in un cambiamento che venga dall’alto o che la situazione si aggiusterà da sola. Invece noi abbiamo tutto il potere e tutte le chiavi in mano per liberarci dal gioco multisecolare dei padroni del capitale che  fin dalla notte dei tempi sanno soccorrersi reciprocamente per depredarci. Ma sarebbero incapaci di prepararsi una omelette se li lasciassimo da soli. Noi invece da parte nostra abbiamo le capacità che ci permettono, ciascuno con le abilità sue proprie, di organizzarci per sopravvivere grazie alla solidarietà e alla complementarietà dei nostri talenti. Lo sciopero del voto ha solo una portata simbolica perché i politicanti sono capaci di autoeleggersi. Ma è una prima tappa necessaria: per mandare a loro come al resto della popolazione il messaggio chiaro che noi rifiutiamo di avvallare i misfatti commessi in nostro nome.

Lo sciopero del lavoro può avere un futuro e un peso in quanto condizioni la sopravvivenza del sistema. Su una catena di montaggio interamente automatizzata, l’ultimo operaio, promosso supervisore, non ha più altra scelta se non chiudere la bocca o togliersi di torno. La  fine del lavoro come è in programma mette fine alla lotta di classe, nel senso che la vittoria è definitivamente assegnata ai ricchi. Ma noi abbiamo ancora una stretta finestra attraverso la  quale uscire dalla tagliola nella quale siamo presi. Ed è di disertare massicciamente tutti i luoghi di sfruttamento pubblici o privati senza preavviso, per impiegare la nostra volontà e la nostra energia nella costruzione di qualcos’altro. Finché noi valiamo qualcosa  e la nostra cooperazione serve a loro, lo sciopero è una delle armi di cui disponiamo per indebolirli. Dobbiamo scambiare localmente i prodotti di base per sopperire alla perdita dei nostri salari. La resistenza si è sempre organizzata in questo modo. In questo modo sono state coronate dal successo tutte le nostre lotte in passato.

La solidarietà, l’amore e la riconoscenza hanno una forza incommensurabile che è sconosciuta al loro progetto. L’esperienza umana non può ridursi ad una variabile statistica: in questo i meccanicisti senza scampo hanno già perso.

In Francia è penalmente perseguibile l’invito allo sciopero delle tasse, e i nostri eletti ne hanno comunque prevenuto la possibilità col prelievo alla fonte. Ma niente vieta di sfuggire legalmente alla tassazione per mancanza di reddito in  conseguenza della mancanza di lavoro. Questo rappresenta un sacrificio rispetto al benessere al quale erano abituati molti di noi. Comunque bisogna capire che questo conforto è destinato in ogni modo a scomparire. Il 2017 e gli anni a seguire segneranno la fine dolorosa dell’illusione di una società che vive a credito. Ormai nessuno tra la gente può credersi intoccabile. Il  periodo di turbolenze e di caos che si annuncia ci impone di organizzarci fin d’ora con delle reti di solidarietà per ripararci dalla tempesta. E che queste siano contemporaneamente il mezzo per non finanziare più il nostro suicidio collettivo.

Ma fra tutti, il metodo più efficace per piegare gli imperi dell’Industria e della Finanza resta senza dubbio lo sciopero dei consumi, cominciando dal boicottaggio generalizzato di tutto il superfluo, di tutto ciò che porta il timbro di una espropriazione, di uno sfruttamento o di un inquinamento qualunque. Facciamogli capire una volta per tutte che senza di noi non sono nulla. E anche se non si piegano, anche se il sistema si difenderà con le unghie e coi denti fino alla fine, lo sciopero dei consumi presuppone che si organizzi un’autonomia alimentare locale e questo sarebbe già di per sè una vittoria… Tutte le nostre scelte, anche la nostra assenza e la nostra passività, influenzano il corso degli avvenimenti. Scegliamo di occupare un territorio sul quale l’avversario non ci  aspetta. Per ora ancora nessuno può puntarci una pistola alla tempia per obbligarci a comprare…

Il poco di libertà di cui ancora disponiamo deve essere considerato come una responsabilità. E dev’essere utilizzato con grande consapevolezza finché esiste.

L’idea del mutuo aiuto come rimedio ai mali attuali potrà sembrare utopico a coloro che non hanno conosciuto altro che l’ambiente competitivo e deleterio dell’impiego. Però chi è che non ha mai tremato davanti alla bellezza di un lavoro fatto per amore e con amore? Chi non ha mai sentito dentro di sé la soddisfazione di operare per il bene comune? Questo calore e questa energia superano qualunque combustibile fossile. Sono il motore che ha garantito la continuità della specie umana per  milioni di anni, sono la sorgente stessa della vita. Nessuna intelligenza artificiale saprebbe prendere il loro posto.

Ci attende un enorme numero di prove. Non riusciremo ad arrivare dall’oggi al domani all’equilibrio delle forze. Ma poiché i nostri decisori procedono per tappe, andiamo anche noi in progressione, ciascuno secondo le sue possibilità, verso una solidarietà che è l’unica che ci può evitare la mortifera sorte che ci riservano…  Abbiamo l’opportunità di invertire il corso degli avvenimenti.

Per noi e per la salute delle generazioni future dobbiamo agire non più ideologicamente ma in modo concreto per realizzare la volontà del 99% contro quella del 1%… Certo siamo ancora dei grandi bambini e dovremo imparare tutto di nuovo, una volta ridiventati padroni dei nostri destini. Ma che è mai nostra paura della libertà in confronto a questa ineffabile gioia di essere in vita?… Per 9 mesi tutti siamo stati portati, nutriti e, per i più fortunati, aiutarti a diventare ciò che siamo. Non abbiamo dunque più valore noi di un ingranaggio o della carne da cannone? La strada esiste perché noi la percorriamo e aspetta solo che la imbocchiamo.

 

Zénon

Fonte: http://lesakerfrancophone.fr/

Link:  http://lesakerfrancophone.fr/burn-out

gennaio 2017

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura  di GIAKKI49

(1) RSI : Protezione Sociale degli Indipendenti. Organismo francese di diritto privato che ha il compito di assicurare la previdenza sociale obbligatoria dei lavoratori autonomi, artigiani, industriali, commercianti, liberi professionisti. Giuridicamente è un “organismo di previdenza sociale a regime speciale, della Sicurezza Sociale”.

(2) La parola “Puçage” indica l’introduzione sotto pelle di un microchip di controllo.

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