DI CHARLIE SKELTON
Charlie Skelton si
è svegliato per trovare un cordone di sicurezza che impedisce la vista
della sede dell’evento, e ci porta nuove dal Bilderbus
Edizione straordinaria. C’è stata
una bomba. Scusate, una “bomba”. Un “ordigno tubolare”
è stato “rinvenuto” dalla polizia, due persone sono state ammanettate
e trascinate via, e la security si è intensificata velocemente.
L’affare della bomba è solo uscito nelle ultime ore, ma una foto
dell’arresto sta volando giù dalla montagna per trovare la strada
che porta verso di me. La posterò quando arriverà.
E quindi, sembra che abbia parlato
troppo presto di un Bilderberg svizzero festaiolo. La lieta prossimità
delle telecamere e della conferenza è già stata interrotta,
nel corso della notte, da un lungo cordone di sicurezza, che ha bloccato
la vista del luogo dove si svolge l’evento. Nessuno sembra sapere
chi l’abbia innalzato, ma l’odore dei soldi ci dice che è stato
piantato alle 3 di mattina da Jorma Ollila, il presidente di Royal
Dutch Shell, mentre Peter Voser, il CEO di Royal Dutch Shell,
teneva i chiodi.
Naturalmente, quando descrivo quello
che è successo come un “cordone di sicurezza”, quello
che intendo dire è che si parla di un “cordone per la
privacy“. È come una tela da doccia, non un anello d’acciaio.
E ovviamente, per “privacy” voglio intendere
“vergogna”. È un recinto della vergogna. Un esteso recinto
bianco d’imbarazzo. La privacy è quello che i delegati avranno
quando si chiuderà la porta della sala riunioni. La privacy è
un accordo stipulato dalla Chatham
House per non discutere
in pubblico quello che è stato dibattuto nelle varie presentazioni
e seminari del Bilderberg.
Ma non si tratta di privacy.
È un nascondersi. È come un bambino che si nasconde
dietro le tende per non farsi vedere dal mostro, e lo trovo molto infantile.
Stranamente poco sicuro di sé. Gli adulti, felici di quello che fanno,
non si abbassano sui sedili della propria auto e non si precipitano
verso le porte di servizio. Ci sono le persone più potenti al mondo
che si aggirano furtivamente come delle piccole pesti. Piccole pesti
con gli agenti della sicurezza sui tetti dell’albergo, e uomini armati
in moto che affiancano le loro limousine.
C’è qualcosa del Bilderberg che
proprio non riesco a capire. È un vecchio cruccio, ma diamoci un’altra
botta in testa. Diciamo, per chiarire le cose, che il Bilderberg fa
del bene a tutti. I cittadini del mondo saranno resi più sicuri, o
più felici, o più in salute o più ricchi grazie ai risultati di questa
riunione. Ammettiamo che il direttore di Deutsche Bank voglia trascorrere quattro
giorni con il capo di BP per migliorare le nostre esistenze.
Supponiamo che i piacevoli ospiti – David Rockefeller, Henry Kissinger e la Regina d’Olanda – abbiano l’interesse del grande pubblico scritto a caratteri cubitali in cima all’ordine del giorno della conferenza.
Supponiamo tutto questo. E perché
il recinto? Perché i delegati si scagliano nei sedili posteriori
delle loro limousine invece di farsi vedere all’opera in questo
compito caritatevole? Perché i vetri oscurati e i giornali tenuti davanti
al volto? E perché il grande recinto bianco? Non capisco.
Perché Josef Ackermann, il
CEO of Deutsche Bank, non saluta con benevolenza la folla?
Perché questi eccitati partecipanti non si fermano alle porte dell’albergo
per parlare con la stampa accreditata? “Sì, vi ringraziamo. Speriamo
proprio di risolvere la crisi finanziaria europea di questo anno, e
allora incrociamo le dita!” Perché i poliziotti tedeschi, con
le uniformi stirate, pedinano persone del pubblico per le strade svizzere…?
Ah, c’è un’altra domanda. Importante, ma è differente.
Ma ascoltate, non so che idea vi state
facendo. Vi state chiedendo: cosa sarà mai successo al Bilderbus? Ma
è arrivato? RACCONTACI DEL BILDERBUS!
OK, OK, datevi una calmata, ho bisogno
di un attimo per radunare i ricordi.
Ah, sì, Il Bilderbus …
Il distinto Bilderbus a 15 posti ha
fatto ingresso nel piazzale di un garage di St. Moritz appena passata
mezzanotte. Proprio quando Peter Voser stava rovistando l’albergo
in cerca di chiodi (vedi sopra). Quattro pneumatici lisci si sono fermati
scalpicciando su un lindo tappeto di tarmac svizzero. Un’altra scossa del motore, un
baluginìo delle luci, e, finalmente, silenzio.
Poi siamo riusciti a uscire, facendolo scivolare
la porta del minibus e allora un grosso sospiro di sollievo è fuggito
nella notte, un sospiro così profondo e così lungo che ha
fatto cadere gli uccellini dal nido, schitarrato le corde dei tram,
e ha echeggiato su, su, fino alle montagne, dove si è fermato in una
caverna da qualche parte, al freddo, affamato, ma felice di non dover
rimettere piede in quel furgone.
Il piovigginoso piazzale svizzero si
è riempito di viaggiatori che si stiracchiano. I femori risuonavano
nelle articolazioni e lo sguardo era cambiato. Sguardi pieno di panico.
“Picaresco” è come descriverebbe il viaggio un’anima dalle
orbite infossate. “Kafkiano” ha sibilato un altro dalle labbra
socchiuse. “Abbiamo avuto problemi alla frontiera”, ha borbottato
un terzo. “E abbiamo preso uno spartitraffico.” “E i
freni non funzionano.” “Non abbiamo mangiato.” “Non
abbiamo dormito.” “Non sono sicuro di aver preso la
patente.”
Ma ce l’hanno fatta. E mentre il
vapore saliva dalle ruote puzzolenti, queste anime audaci si sono potute
crogiolare nel sapere che lo spirito dell’uomo non… – “Mi
dispiace di interromperti, ma ci potresti portare al campeggio? Abbiamo
davvero bisogno di dormire.” Va bene, mi dispiace. Ne parliamo
domani.
Domani (oggi) l’ho passato in un
garage svizzero per sistemare i freni. Se stai cercando una metafora
visiva che possa racchiudere le forze che si scontrano una contro l’altra
al Bilderberg – la segretezza della ricchezza e del potere contro
le preoccupazioni e la curiosità dei senza potere– eccola qui:
Il Bilderbus che si fa controllare
i dischi dei freni in un garage svizzero
Cambiare i dischi dei freni su un veicolo
che può trascinare sé stesso poco al di sopra dei 70 chilometri
l’ora sembra quasi come sistemare le ali a un cactus, ma meglio mettersi
al sicuro che fare la fine di un formaggio svizzero. La maggior parte
di quello che è successo sul furgone verrà portato nella tomba dai
sopravvissuti. Un velo di segretezza è stato steso su quest’orrore.
Forse un giorno si incontreranno in un resort di montagna per
discutere, in una stanza con la luce soffusa, su come si stanno rimettendo
in salute. Tireranno su un alto e bianco recinto bianco ai confini dell’evento,
sia mai che chiunque possa scorgere un accenno di sofferenza nei loro
occhi. Un accenno come quello? Attento, che ti potrebbe uccidere.
Fonte: http://www.guardian.co.uk/world/blog/2011/jun/09/bilderberg-2011-curtains-drawn
09.06.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE
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