Di Eliseo Bertolasi
Scuola di Beslan
3 settembre 2024
Nella città di Beslan dal 1° al 3 di settembre si commemora l’atroce attacco terroristico nella scuola n.1. Era il 2004, in quei giorni, le immagini della scuola coi bambini in ostaggio e della strage finale paralizzarono il mondo. Beslan, vicino a Vladikavkaz il capoluogo dell’Ossezia del Nord, in Russia, fino ad allora un villaggio sconosciuto si ritrovò al centro dell’attenzione mondiale.
Il commando, composto da 32 terroristi, in quei giorni tenne in ostaggio circa 1200 persone, soprattutto bambini.
Nel corso dei combattimenti seguiti all’intervento delle Forze speciali russe morirono 334 ostaggi, di cui 186 bambini, oltre a 10 soccorritori, 11 soldati e 31 terroristi, più di 700 furono i feriti.
Quest’anno in occasione dei vent’anni dalla tragedia è stata data una particolare enfasi a tutti agli eventi commemorativi.
Il 1° settembre una lunga processione: militari, civili, autorità, delegazioni straniere, in processione hanno deposto garofani rossi all’interno della tristemente nota palestra della scuola, ora il locale più rappresentativo del museo dedicato alla strage.
Nel centro della sala si erge un’alta croce ortodossa, tutt’intorno sulle pareti le foto delle vittime della strage, sui davanzali tanti lumini, candele accese, peluche e bottiglie di acqua. Vengono lasciate bottiglie d’acqua per ricordare la sete terribile che patirono gli ostaggi, i terroristi impedirono a tutti, bambini compresi, di nutrirsi e di bere. Fuori tutt’intorno alla sala i ritratti disegnati delle vittime.
Sulla parete all’esterno della scuola, si legge: “Ci ricordate? Ricordateci! Quando ricordate noi viviamo!”. Queste parole appaiono come una supplica che si alza dalle anime delle piccole vittime. Non a caso la città di Beslan viene chiamata: “La città degli angeli” (Gorod Angelov).
L’atmosfera durante la cerimonia era pervasa da una sensazione di profonda commozione. Impossibile non trattenere le lacrime e i sentimenti di dolore, commozione, stupore, orrore per quella tragedia. Tante le mamme ora canute che piangevano davanti alla foto del figlio, della figlia o del parente caduto. Questa sofferenza senza fine le perseguiterà fino all’ultimo istante della loro vita.
Non esistono strumenti concettuali in grado d’inquadrare tale atto terroristico, pianificato di proposito per uccidere il più alto numero possibile di bambini, sfugge a qualsiasi schema umano. Non a caso i terroristi scelsero il 1° settembre il primo giorno di scuola, nel quale i bambini più piccoli arrivano accompagnati dalle mamme.
Si tratta di una manifestazione di “male assoluto”, originario, nella sua piena potenza demoniaca. Ricordo che vent’anni fa sulla porta sfondata della scuola venne posto un cartello con scritto “Il dolore di Beslan è il dolore del mondo”. Un dolore profondo, universale, che si estende al di là dello spazio e del tempo e che tocca qualsiasi essere umano. Le lacrime delle mamme di Beslan sono le lacrime di tutte le mamme del mondo.
Tutta la scuola è stata trasformata in museo, una sorta di luogo “sacro”, sacralizzato dalle tante anime innocenti che da qui si levarono al cielo. Muoversi tra le stanze, che furono teatro dell’attacco, senza interrogarsi sul “male” come questione ontologia, primordiale, è impossibile: Perché? Com’è stato possibile? Com’è possibile che esseri umani, dotati di anima arrivino a compiere consapevolmente tali atrocità? In nome di che cosa? Ma quel sentimento che noi chiamiamo coscienza, perché nei loro cuori non ha agito da freno? Ma quel sentimento di orrore che paralizza qualsiasi essere umano in tali frangenti, davanti al viso di un bambino, davanti alle lacrime degli innocenti, come non ha potuto bloccare quelle mani omicide?
In una sala del museo su una lastra sul pavimento sono stati posti 334 papaveri di carta, ognuno a rappresentare una vittima della strage.
Tutti i loro nomi scanditi singolarmente sono stati letti il 3 settembre (il giorno che ricorda il drammatico epilogo della vicenda), durante la cerimonia nel cimitero di Beslan, che raccoglie i corpi di tutte le vittime. Dopo la lettura dei nomi sono stati rilasciati in cielo altrettanti palloncini bianchi. Lo stesso è stato ripetuto alla sera durante il concerto dedicato alle vittime, nel piazzale antistante alla scuola-museo.
Delegazione italo-sammarinese
Per l’occasione a Beslan è giunta anche una cospicua delegazione italo-sammarinese, una ventina di partecipanti, tra questi:
– Ennio Bordato, presidente del ODV “Aiutateci a salvare i bambini” che subito dopo la strage si recò sul posto per prestare aiuto. Aiuto che è continuato per molti anni sottoforma di assistenza medica e psicologica ai piccoli superstiti. In conferenza stampa Bordato ha dichiarato:
“Ma se l’Italia ufficiale segue codina i diktat di oltreoceano la gente comune, nella stragrande maggioranza, rimane ancor oggi sempre amica della Russia e ricorda Beslan con sentimenti profondi. Sentimenti di vera condivisione, di vera umana solidarietà. Noi cerchiamo di rappresentarla al meglio.
Vogliamo rappresentare la “Bella Italia” che non invia armi ma aiuti umanitari, solidarietà, amicizia. Che costruisce rapporti degni, rispettosi ed egualitari.
Perché per noi, ancora una volta, va gridato al mondo che i bambini piangono tutti nella stessa lingua. Che i popoli soffrono tutti nello stesso modo, che la vita porta gioia e dolore a tutti in ugual modo. Beslan è una lezione. Una lezione vivente. La lezione della fratellanza, della condivisione, della solidarietà concreta, attiva, praticata nei fatti”.
– L’ambasciatore in Italia per l’Ossezia del Sud Mauro Murgia che ha avuto un ruolo di primo piano nell’organizzare la partecipazione italo-sammarinese. In conferenza stampa Murgia ha lanciato il progetto di portare la storia di Beslan nelle suole italiane per far conoscere alle nuove generazioni italiane questa storia di sofferenza come monito verso un mondo di pace. Ha inoltre in esclusiva, per la prima volta, annunciato che dall’Italia partirà la campagna per la candidatura della città di Beslan a Premio Nobel per la Pace – 2024.
– Il sindaco della città di Gradara Filippo Gasperi, già firmatario l’anno scorso di un protocollo di amicizia tra il suo comune e la città di Beslan. Il 2 settembre durante la conferenza stampa indossando la fascia col tricolore nella sua funzione ufficiale ha dichiarato:
“Un dolore così profondo non c’è modo di superarlo ma solamente di condividerlo con altri attraverso l’amicizia di tante persone, così, forse, potrà essere più sopportabile. Ringrazio il sindaco di Beslan Khariton per l’invito, l’amicizia e per condividere l’idea che mettere in collegamento le nostre comunità attraverso il ricordo e la cultura sia l’unico modo per costruire un mondo di pace. Si costruisce la pace anche con le piccole cose, con persone che dal basso costruiscono rapporti e scambio di conoscenza”.
Vedere il tricolore italiano in quell’occasione è stata una grande emozione. Il sindaco di Gradara ha apportato onore all’Italia. Ha mostrato che l’Italia non è solo il paese che manda le armi contro la Russia, ma anche un paese di pace e di grande umanità.
Lo stesso giorno nei locali del comune di Beslan il sindaco di Gradara e il sindaco di Beslan Khariton Tatrov hanno firmato una dichiarazione congiunta di “assoluto rifiuto al terrorismo”.
– Il presidente dell’Associazione “Veneto-Russia” Palmarino Zoccatelli, che ha consegnato al sindaco della città di Beslan un messaggio di solidarietà: “Beslan sia per tutti noi un esempio di grande dignità capacità di reagire all’orrore del male con il bene e il coraggio, di guardare nuovamente con speranza al futuro, in particolare dei nostri figli e per loro lottare affinché siano sempre il bene, la verità e la pace a prevalere”. Zoccatelli ha inoltre presentato l’azione che si sta svolgendo in tutta Italia: “La Russia non è il mio nemico”.
– Lo scultore sammarinese Renzo Jarno Vandi, che ha donato i modelli della sua statua che rappresenta un bambino terrorizzato che urla (sulla base di una delle foto tra le più tristemente famose di quei giorni). La statua chiamata “Krik Beslana” (l’Urlo di Beslan) è stata inaugurata il 1° settembre davanti alla scuola. L’ex ostaggio Georgij Ilyin, il bimbo della foto, era presente all’inaugurazione del monumento.
– La flautista sammarinese Monica Moroni, che ha eseguito un brano musicale all’inaugurazione del “Krik Beslana”. Le sue note meste hanno contribuito a creare un’atmosfera di grande commozione e partecipazione.
– Il presidente dell’Associazione “Nagasaki-Brescia kaki tree for Europe” Foletti Francesco, che ha piantato una piantina di kaki di seconda generazione dell’albero di kaki che resistette alla bomba atomica sganciata su Nagasaki.
– L’avvocato Rossella Oppo dalla Sardegna, che ha accolto l’invito al viaggio non solo per partecipare alle commemorazioni ma anche per instaurare contatti professionali con studi legali russi. La dottoressa Oppo nonostante lo scetticismo iniziale dovuto alla propaganda negativa diffusa dai media italiani è rimasta particolarmente colpita in positivo dalla cordialità e dall’accoglienza ricevuta in Russia. Ci tiene a puntualizzare che da Mosca al Caucaso ha sempre osservato: “ordine, decoro, benessere, tranquillità, sicurezza, rispetto, amore per l’eleganza e il bello”.
– Il giornalista Roberto Quaglia.
– Oltre al sottoscritto Eliseo Bertolasi, sia in qualità di rappresentante per l’Italia del Movimento Internazionale Russofili, sia soprattutto per essere giunto, a mia volta, a Besaln nell’autunno del 2004 come interprete di russo per l’ONG italiana “Donne del Mediterraneo” alla realizzazione di un progetto umanitario in supporto ai bambini coinvolti nell’attentato.
Personalmente ho provato un’emozione e una commozione unica nel muovermi tra i locali della scuola ricordando le loro condizioni poco dopo la strage, vent’anni prima.
Nella sala conferenze della scuola-museo capeggia una famosa massima, immortale, del grande Fjodor Dostoevskij: “La felicità di tutto il mondo non vale una lacrima sulla guancia di un bambino innocente”. Questa frase dovrebbe sempre essere ricordata, ieri come oggi.
Purtroppo, il krik “muto” ma assordante che esce dalla bocca spalancata della statua del bambino di Beslan non si è mai placato, continua ancor oggi a riecheggiare in tutto il mondo.
Articolo e foto di Eliseo Bertolasi