LA BERBERINA è una piccola molecola di alcaloide isochinolinico presente nelle radici, nei rizomi e nella corteccia del fusto di diverse piante medicinali, tra cui il crespino, pianta diffusa in Europa in Medio Oriente. Da lungo tempo è utilizzata nella medicina tradizionale cinese e ayurvedica e si trova disponibile in commercio anche in occidente come integratore per il trattamento del diabete e delle malattie cardiovascolari.
Nel corso degli ultimi anni è stata ampiamente studiata per le sue proprietà medicinali e ha dimostrato di possedere proprietà antimicrobiche, antinfiammatorie e proprietà antiossidanti. Prove emergenti stanno indicando che questa sostanza è terapeuticamente efficace contro vari tipi di cancro: mammella, fegato, prostata, collo dell’utero, leucemia. È stato visto, inoltre, che la berberina inibisce la proliferazione del cancro del polmone non a piccole cellule (NSCLC) che è la forma più comune di cancro ai polmoni e una delle principali cause di decessi per cancro in tutto il mondo.
Il problema è che molti composti naturali, come appunto la berberina (ma anche la curcumina, ad esempio) presentano scarsa biodisponibilità e rischi di effetti tossici ad alti dosaggi. Invece, un recente lavoro scientifico, pubblicato sulla rivista Pharmaceutics, ha evidenziato che è possibile potenziarne l’efficacia terapeutica mantenendo un dosaggio basso attraverso una formulazione in nanoparticelle. Questa tecnica consentirebbe un rilascio sicuro, efficace, stabile e controllato.
Scrivono i ricercatori a riguardo: “I risultati di questo studio forniscono una chiara evidenza del vantaggio della nanoformulazione della berberina a base di fitantriolo rispetto alla berberina libera non caricata, mostrando un migliore profilo di rilascio del farmaco e una potenza ~20 volte maggiore nell’inibire la crescita e la metastasi del NSCLC rispetto alla berberina libera”.
Gli autori dello studio hanno riscontrato che la berberina sopraregola i geni oncosoppressori e sottoregola le proteine coinvolte nella migrazione e proliferazione delle cellule tumorali.
Inoltre hanno avuto conferma che questa sostanza sopprime la generazione di sostanze chimiche infiammatorie chiamate specie reattive dell’ossigeno che causano effetti dannosi alle cellule. In sostanza riduce l’infiammazione delle vie aeree e il danno alle cellule polmonari sane esposte alle sostanze chimiche del fumo di sigaretta (scoperta già evidenziata da un precedente studio).
La resezione chirurgica, la radioterapia, la chemioterapia e l’immunoterapia sono attualmente le scelte standard proposte dalla medicina convenzionale per la gestione dei diversi stadi di cancro del polmone non a piccole cellule. Mentre la resezione chirurgica viene indicata nelle fasi iniziali, quando questo tipo di tumore si presenta non operabile o metastatico in uno stadio avanzato viene generalmente consigliato il ricorso alla chemioterapia a base di platino.
Gli agenti chemioterapici, però, hanno elevati profili di tossicità per tutte le cellule del corpo umano. Ben venga, dunque, ogni nuova terapia, se efficace e con tossicità minima o meglio nulla.
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VB