DI NICOLAS BONNAL
dedefensa.org
Leggiamo I Fiori di Baudelaire meglio di come l’abbiamo fatto a scuola. Ecco ciò che offre:
La vecchia Parigi non esiste più (la forma di una città
Ahimé, cambia più velocemente del cuore di un mortale!)…
Siamo intorno al 1850, all’inizio della trasformazione haussmanniana di Parigi. Baudelaire coglie qui l’essenza del potere proto-fascista bonapartista così ben descritto da alcuni suoi contemporanei come Maurice Joly o Karl Marx nel diciotto Brumaio. Questa società sperimentale si è estesa ovunque. È la società dello spettacolo di Guy Debord, quella in cui lo Stato profondo e le oligarchie si mischiano, in particolare nel nostro «ambiente ». E’ ciò che chiamo cospirazione geografica.
La cospirazione geografica è la più grave di tutte. Non si pensa mai abbastanza a quanto sia terrificante. L’ho ricordato nel mio romanzo I territori protocollari. Accompagna la sotto-cultura televisiva moderna e ha creato nell’ordine:
- Le periferie moderne e le nuove città per isolare i poveri.
- I ghetti etnici per isolare i migranti.
- La proliferazione cancerosa dei supermercati poi dei centri commerciali. In Francia le responsabilità del gaullismo sono immense.
- La mostruosa espansione delle periferie ricoperte d’immondizia commerciale o «grandi complessi» scientificamente progettati.
- La tirannia americana e nazista della macchina per tutti; le autostrade naziste cancellano e ricoprono lo spazio millenario e rurale del mondo.
- La separazione spaziale, che pone fine al trend rivoluzionario o ribelle degli uomini moderni post 1789.
- La decadenza e dissoluzione delle vecchie città (pensate a Auxerre) a vantaggio delle zone periurbane, sempre più mostruose.
- La cretinizzazione del pubblico e la sua deformazione fisica (il dottor Plantey nelle sue conferenze parla di passaggio morfologico): questo neo-plancton passa in macchina la metà del suo tempo ad ascoltare la radio.
- Fine della conversazione: Daniel Boorstyn spiega in The Americans che negli anni Cinquanta il traffico diventa il tema centrale di conversazione a Los Angeles.
In Slate.fr, un ispirato Franck Gintrand denuncia l’orrore dell’assetto urbano in Francia. E attacca coraggiosamente la nozione vuota et imbrogliona della smart city, la distruzione dei centri cittadini e delle medie città, le responsabilità criminali della nostra amministrazione. È quanto ritroviamo in uno dei suoi ultimi scritti (la Francia diventa orribile):
«In Francia, è passato molto tempo da quando il commercio locale non merita più l’attenzione del potente ministro dell’economia. Bisogna dire che dopo aver inventato i supermercati, il nostro paese è diventato leader europeo dei centri commerciali. Centri che hanno più ingressi che piccoli negozi… L’idea viene dagli Stati Uniti, il paese delle «malls», giganteschi spazi dedicati allo shopping e costruiti nelle periferie, ermeticamente chiusi e climatizzati».
Prosegue ricostruendo lo storico di questo universo totalitario (pensate a Blade runner, alle scenografie di THX 1138) che ritroviamo nei film distopici nei quali si descrive un futuro che è già presente.
La Francia fu così ricoperta da questi hangars e da altre discariche architettoniche. Godard diceva che la televisione ricopriva il mondo. Gintrand prosegue a tal proposito negli anni Sessanta:
«Nessun centro commerciale e nessuna zona periferica nella «La Francia sfigurata», celebre programma degli anni Settanta. E per una buona ragione: il nostro paese non conobbe allora che lo sviluppo degli ipermercati (il primo Carrefour apre nel 1963). Da rimproverare la totale assenza di estetica in questi hangars alimentari.»
Il trend è proprio dell’Europa occidentale, legata alla dominazione dei trust US, alla sottomissione degli amministratori europei, alla fascinazione della falsa crescita basata su alcune esche (macchina/inflazione immobiliare/pseudo-vacanze) e incensata da sociologhi cretini come Fourastié (le Trenta gloriose). Negli anni Cinquanta, il grande scrittore comunista Italo Calvino pubblica un romanzo intitolato Speculazione edilicia. La liquidazione dell’Italia era iniziata con l’esplosione del turismo denunciato poco dopo da Pasolini, nei suoi chiaroveggenti scritti corsari.
Nel 1967, segnato dalla lettura di Boorstyn e Mumford, Guy Debord scrive nel capitolo più significativo del suo La società dello spettacolo:
«Il mondo attuale è già quello dell’autodistruzione urbana. L’avanzamento delle città sulle campagne, ricoperte da «masse informi di residui urbani» (Lewis Mumford) è, nell’immediato, presidiato degli imperativi del consumo. La dittatura dell’automobile, prodotto pilota della prima fase dell’abbondanza mercantile, s’impone sul terreno attraverso la dominazione delle autostrade, che disloca gli antichi centri e produce una dispersione sempre più crescente».
Kunstler ha parlato molto bene di questa geografia del nulla, di questa liquidazione fisica degli americani resi obesi e inerti da questo stile di vita mortifero e meccanico, I film americani recenti (quelli del discreto Alexander Payne specialmente) danno l’impressione che negli Stati Uniti non esista più uno spazio libero. Tutto è occupato dalle periferie, delle sprawlings, dai centri commerciali, dai parcheggi (è la malattia di parking-son!), dagli aeroporti, dei grandi complessi, dei brico machins, dai centri termali, dell’asfalto e dell’asfalto ancora. Guardate Fast food nation dell’ottimo Richard Linklater.
Continuo con Debord:
«Ma l’organizzazione tecnica del consumo non è che il primo passo verso la dissoluzione generale che conduce così le città verso l’autodistruzione».
Si parla d’impero tra gli antisistema, e a ragione.
Ricordo qui il mio libro sulla decadenza dell’impero romano.
«Petronio già vedeva i danni di questa antica mondializzazione che nel primo secolo d.C. ha omologato tutto, dalla Siria alla Bretagna:
«Guardate, ovunque il lusso alimentato dal saccheggio, la fortuna si cerca nella perdita. E con l’oro che costruiscono ed elevano le proprie dimore verso il cielo. Qui i cumuli di pietra cercano le acque, là nasce il mare in mezzo ai campi. Sovvertono l’ordine naturale delle cose, si rivoltano contro la natura. »
Poco dopo aggiungo:
Sul turismo di massa e le crociere, Seneca sottolinea:
«Si intraprendono viaggi senza scopo; si percorrono lidi; un giorno via mare, il giorno seguente, ovunque si manifesti la stessa instabilità, lo stesso disgusto verso il presente».
Straordinaria quest’allusione al delirio edilizio (già visto in Svetonio e Petronio) che ha distrutto il mondo e le sue risorse:
«Si costruiranno allora delle case, altre verranno distrutte, si toglie spazio al mare, si conduce acqua malgrado le difficoltà del terreno …».
Concludo con Mumford.
«Il grande storico Mumford, parlando dei grandi re dell’antichità, parla di una «paranoia costruttrice, conseguenza di un potere che vuole mostrarsi allo stesso tempo demoniaco e divino, distruttore e costruttore».
NICOLAS BONNAL
Fonte: www.dedefensa.org
Link: http://www.dedefensa.org/article/baudelaire-et-la-conspiration-geographique-1
25.11.2017
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Lucia
Bibliografia
Bonnal – Les territoires protocolaires ; le livre noir de la décadence romaine ; les maîtres carrés
Debord – La société du spectacle
Kunstler – The long emergency
Mumford – La cité dans l’histoire (à découvrir absolument)
Les carnets de Nicolas Bonnal
Fonte: http://www.dedefensa.org/article/baudelaire-et-la-conspiration-geographique-1