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DI KAVEH L AFRASIABI
Asia Times

Sebbene la questione della “crisi economica” in Iran sia uno dei luoghi comuni tra le critiche rivolte al regime, attualmente, la Banca Mondiale e l’Economist Intelligent Unit stanno valutando positivamente le scelte fatte dal governo iraniano relative all’adozione di politiche macroeconomiche intelligenti e a crescenti rendite petrolifere. Tali risultati derivano da tagli, potenzialmente rischiosi dal punto di vista politico, a determinate sovvenzioni, da un certo rigore finanziario, dal mantenimento di solide riserve internazionali, dalla riduzione del debito e dall’innalzamento del livello di occupazione in un contesto di economia mista, in parte dovuti all’eliminazione delle barriere al commercio e agli investimenti esteri.

Lo scorso anno l’Iran ha attratto circa 10 miliardi di dollari di investimenti esteri e, ad oggi, ha già concluso sei nuovi accordi con la Cina per un valore di 20 miliardi di dollari. Si prevede, inoltre, che il volume degli scambi commerciali tra questi due paesi, che attualmente ammonta a 30 miliardi di dollari, raddoppi entro il 2015.L’Iran e i suoi paesi vicini, principalmente la Turchia e l’Iraq, stanno potenziando le loro relazioni bilaterali: Teheran e Ankara stanno portando avanti un accordo sulla condivisione di centrali elettriche, mentre Teheran e Bagdad stanno stipulando sempre più accordi relativi all’energia e al commercio.

Date queste premesse, il futuro non sembra riservare una crisi quanto piuttosto uno scenario di crescita e di nuove opportunità, possibili nonostante i problemi generati da un tasso di privatizzazione non ancora sufficiente, a un eccesso di sovvenzioni ad imprese parastatali e a un’inflazione a doppia cifra.

Questa settimana il Consiglio dei Guardiani ha approvato un budget di 508 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2011-2012, una cifra che supera di un terzo i 347 miliardi di dollari del budget relativo all’anno precedente. La decisione del Consiglio è stata presa a seguito di lunghe deliberazioni parlamentari durante le quali, tenendo in considerazione il problema dell’inflazione, si è deciso di tagliare circa 34 milioni di dollari dal budget che era stato inviato a febbraio dal Presidente Mahmud Ahmadinejad.

Ci si aspetta che il nuovo ambizioso stanziamento porterà alla creazione di milioni di posti di lavoro. Un risultato che dipenderà, in parte, anche dallo stabilizzarsi del prezzo del petrolio che, per obiettivi di bilancio, attualmente si è convenuto stabilire a 81,50 dollari al barile. L’Arabia Saudita ha invece optato per un costo inferiore della materia prima, pari a 50 dollari al barile. Le stime dell’Iran si basano sull’aspettativa e sulla speranza che, malgrado la recente caduta dei prezzi di questa importante risorsa energetica, durante la prossima stagione estiva i prezzi saranno piuttosto stabili.

Non tutti però in Iran condividono la stessa previsione. Hojatoleslam Ali Banai, uno dei membri del parlamento, ha affermato che si avrà un deficit di bilancio a meno che “non si venda il barile di petrolio a 90 dollari”. Anche Banai e altri legislatori hanno rimesso in discussione la politica governativa che distribuisce la liquidità direttamente ai cittadini, strumento che servirebbe a compensare la pressione esercitata dall’eliminazione di sussidi e che però verrebbe a costare al governo circa 38 miliardi di dollari. Infatti, questi ultimi affermano categoricamente che tali sussidi “rappresentano una grande responsabilità finanziaria che va oltre la capacità del budget”.

Una delle soluzioni proposte dai legislatori è quindi quella di restringere il numero dei beneficiari, che attualmente ammonta a più di 72 milioni (inclusi 2 milioni di iraniani che vivono all’estero) e adottare un approccio che, basandosi sul reddito e sulla ricchezza, benefici solamente gli strati più poveri della società.

Tuttavia, l’ostacolo maggiore per il governo sembra essere la mancanza di un piano industriale strategico, che risulta però imprescindibile per l’adozione di strategie nel campo dell’occupazione. La politica industriale dell’Iran non è dotata, infatti, di una struttura coerente ed è inoltre ingessata dai procedimenti burocratici necessari per procedere alla fusione delle cariche ministeriali.

Come previsto dal quinto piano quinquennale, il governo è obbligato a ridurre il numero dei ministeri da 22 a 17. Il Presidente ne ha individuati otto da accorpare, tra cui quelli dell’Energia e del Petrolio. La decisione ha mortificato Masoud Mirkazemi, ministro del Petrolio, che si sarebbe dimesso per protesta; al momento è Ahmadinejad a rivestire temporaneamente tale carica. Lo snellimento della burocrazia è un fenomeno distinto dalle conseguenze indesiderate che ne derivano, come la moltiplicazione degli incarichi e l’eccesso di responsabilità. Inoltre, si deve tener presente l’eventualità che il nuovo assetto non riesca a dare i risultati sperati.

Considerando il fallimento avuto negli ultimi anni a causa di una molteplicità di iniziative adottate dai ministeri principali, si presume che gli intensi dibattiti sulla riorganizzazione burocratica dello Stato servano invece a mascherare la scarsità di prospettive e di alternative proprie di una strategia efficiente.

Più del 60% della produzione manifatturiera irachena è nelle mani di organizzazioni di proprietà dello Stato, le cosiddette organizzazioni parastatali, le quali ricevono generose sovvenzioni per gli scambi esteri e agiscono in maniera lungi dall’essere trasparente. Il nuovo budget e il piano quinquennale che lo accompagna non raggiungono l’obiettivo di una nuova e audace strategia che spinga l’Iran verso la fioritura industriale. Nel settore energetico sono appena 30 i miliardi di dollari stanziati per la modernizzazione del settore petrolifero in crisi, quando invece, per essere ristrutturato esso richiede una cifra non inferiore ai 100-150 miliardi di dollari.

In Iran è necessaria una privatizzazione industriale più ambiziosa e lungimirante, in linea sia con la richiesta della Guida Suprema di una nuova “jihad economica”, sia con l’iniziativa del 2006 di privatizzare alcune parti del settore pubblico come il settore petrolifero in depressione, quello dei servizi e il sistema bancario.

Il settore privato dell’Iran si è più volte lamentato dell’insufficiente sostegno che riceve dal governo, dei debiti consistenti delle banche, le quali continuano a richiedere aiuti, dell’eccesso di regolamentazioni, della scarsità dei cambi esteri e della competizione sleale esercitata dalle imprese statali privilegiate. Un esempio sono le 100 imprese iraniane produttrici di acqua minerale che hanno paventato l’eventualità di una chiusura imminente e la conseguente perdita di 50.000 posti di lavoro a meno che le compagnie petrolifere non forniscano loro le risorse essenziali.

Un altro esempio è dato dalla decisione governativa di tagliare le sovvenzioni per il latte e minacciare l’industria del bestiame. Nell’immediato futuro, con molta probabilità dozzine di impianti saranno tagliati fuori dalla scena economica. Questi problemi evidenziano la necessità di trovare politiche microeconomiche migliori che si dirigano direttamente ai problemi specifici di ciascun settore dell’economia iraniana emergente.

Inoltre, nonostante i punti deboli menzionati, l’economia petrolifera del’Iran ha già innescato l’avvio di un processo di crescita del paese che sarà più evidente tra il 2011 e il 2012. Si tratta di un impulso che con tutta probabilità produrrà dei risultati positivi, salvo un’acuta riduzione dei prezzi mondiali del petrolio, eventualità che appare improbabile se si considerano la continua crisi libanese e la situazione economica mondiale in continua ripresa.

Note

1. Per visualizzare la relazione della Banca Mondiale sull’Iran cliccare qui.

Kaveh L Afrasiabi, Dottore di ricerca, è l’autore di “After Khomeini: New Directions in Iran’s Foreign Policy” [Dopo Khomeini: Nuove Direzioni della Politica estera iraniana ndt] (Westview Press).
Per consultare l’autore in Wikipedia, cliccare qui. Reading In Iran Foreign Policy After September 11 (BookSurge Publishing, 23 Ottobre, 2008).

Titolo originale: “Iranian economy on positive path”

Fonte: http://www.atimes.com
Link
18.05.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LUISA BALDI

 

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