DI JOHN PILGER
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L’altro giorno ho fatto una telefonata a Rami Elhanan. Non parlavamo da sei anni e molte cose sono successe nel frattempo in Israele e in Palestina. Rami è un graphic designer che vive con la sua famiglia a Gerusalemme. Suo padre è un sopravvissuto di Auschwitz. I suoi nonni e 6 tra zii e zie sono morti nell’Olocausto. Quando mi si chiede a proposito di eroi, io parlo senza esitazioni di Rami e sua moglie Nurit.
Poco dopo aver fatto la sua conoscenza, Rami mi mostrò una registrazione amatoriale molto difficile da guardare. Ritraeva sua figlia Smadar, di 14 anni, mentre ballava, rideva e suonava il pianoforte. “Amava molto ballare”, mi ha detto. Nel pomeriggio del 4 settembre 1997, Smadar e la sua migliore amica Sivane avevano un provino per l’ammissione alla scuola di danza. Quella mattina aveva litigato con sua madre, preoccupata del fatto che la figlia dovesse andare da sola al centro di Gerusalemme. “Non volevo ostacolarla”, dice Nurit, “quindi la lasciai andare”.
Rami era nella sua macchina quando accese la radio per sintonizzarsi sul notiziario delle 3 di pomeriggio. C’era stato un attacco suicida nel centro commerciale di Ben Yehida. Più di 200 persone erano rimaste ferite e c’erano numerosi morti. Pochi minuti dopo il suo telefono squillò. Era Nurit, e piangeva. Cercarono invano negli ospedali, poi all’obitorio; e così iniziò ciò che Rami descrive come la loro “discesa nell’oscurità”. Rami e Nurit sono tra i fondatori del Circolo dei Genitori, o Forum delle famiglie in lutto, che mette assieme israeliani e palestinesi che hanno perso i loro cari. “E’ doloroso riconoscerlo, ma non c’è alcuna differenza dal punto di vista morale tra il soldato israeliano che impedisce alla donna palestinese incinta di oltrepassare il checkpoint facendole perdere il bambino, e l’uomo che ha ucciso mia figlia. E così come mia figlia è stata una vittima [dell’occupazione], così era anche lui”, ha detto. Rami descrive l’occupazione israeliana e l’espropriazione della terra palestinese come un “cancro nel nostro cuore”. Nulla cambierà, dice, se non finisce l’occupazione.
In occasione di ogni “Jerusalem Day” – il giorno in cui Israele celebra la conquista militare della città – Rami va in strada con una fotografia di Smadar e le bandiere israeliana e palestinese incrociate. La gente gli sputa addosso e gli urla che è un peccato che anche lui non sia saltato in aria in qualche attentato. Eppure Rami e Nurit sono riusciti ad ottenere straordinari risultati. Rami va nelle scuole israeliane con un membro palestinese del gruppo e mostra le mappe di ciò che dovrebbe essere la Palestina, e abbraccia l’amico palestinese. “Questo è come un terremoto per i bambini che sono stati educati e manipolati per odiare”, dice. “Ci dicono: ci avete aperto gli occhi”.
Ad ottobre, Rami e Nurit sono stati all’Alta Corte di Israele mentre il consigliere di Stato, “impreparato, sciatto e senza parole”, scrive Nurit, “è rimasto come un comandante di plotone al comando di nuove reclute e ha rifiutato di convalidare le accuse”. Salwa e Bassam Aramin, genitori palestinesi, erano lì. Le lacrime solcavano il volto di Salwa. La loro figlia di 10 anni Abir Aramin è stata uccisa da un soldato israeliano che l’ha colpita a sangue freddo alla testa con una pallottola di gomma mentre si trovava nei pressi di un chiosco a comprare dolci con la sorella. I giudici apparivano annoiati e uno di loro ha fatto notare che i soldati israeliani sono raramente condannati e che quindi sarebbe stato meglio lasciar perdere. Il consigliere di Stato ha riso. Questo è normale.
“I nostri bambini”, ha detto Nurit ad un incontro lo scorso dicembre per ricordare l’anniversario dell’attacco israeliano a Gaza, “quest’anno hanno imparato che tutte i disgustosi attributi che gli anti-semiti attribuiscono agli ebrei, sono invece evidenti tra i nostri leader: inganno, avidità, e assassinio di bambini… quali ideali di bellezza e bontà possiamo infilare in un apparato fatto di lavaggio del cervello e distorsione della realtà?”
Rami ora mi dice che l’Alta Corte ha deciso alla fine di investigare la morte di Abir Aramin. Questo non è normale: è una vittoria.
“Dove sono le altre vittorie?”, gli ho chiesto.
“L’anno scorso in America, un palestinese ed io abbiamo parlato 5 volte di fronte a migliaia di persone. C’è un grosso cambiamento nell’opinione pubblica americana, ed è li che risiede la speranza. E’ solo la pressione dall’esterno di Israele – soprattutto se proveniente da ebrei – che farà finire questo incubo. Gli occidentali devono capire che finchè c’è silenzio, questo guardare dall’altra parte, questo profano abuso dell’etichetta di anti-semita applicata ai critici di Israele, non sono diversi da quelli che hanno guardato dall’altra parte durante i giorni dell’Olocausto”.
Dal massacro israeliano del Libano del 2006 e la devastazione di Gaza del 2008-9 e il più recente assassinio politico del Mossad a Dubai, la criminalità dello Stato di Israele è stata impossibile da nascondere. L’11 febbraio, l’importante Reut Institute di Tel Aviv ha consegnato un rapporto al governo israeliano, nel quale fa notare che la violenza non è riuscita a far ottenere gli obiettivi di Israele ed ha invece prodotto opposizione a livello internazionale. “Nelle operazioni dell’anno scorso a Gaza”, afferma il rapporto, “la nostra superiorità militare è stata offuscata da un’offensiva sulla legittimità di Israele che ha portato ad un importante arretramento della nostra posizione internazionale e che pesa sulle future scelte e piani militari”. In altre parole, la prova del razzismo e volontà omicida del Sionismo è stata una sveglia per molti; ottenere la giustizia per i palestinesi, ha scritto il musicista israeliano Gilad Altzmon, è ora “al centro della battaglia per un mondo migliore”.
Tuttavia, gli altri ebrei nei paesi occidentali, in particolare in Gran Bretagna e in Australia, dove la loro influenza è critica, restano ancora in silenzio, guardano ancora dall’altra parte, continuando ad accettare, come dice Nurit, “il lavaggio del cervello e la distorsione della realtà”. Eppure la responsabilità a parlare non potrebbe essere più chiara e le lezioni della storia – per molti la storia di famiglia – dimostra che chi persiste nel silenzio è colpevole. Per un po’ di ispirazione, io raccomando il coraggio morale di Rami e Nurit.
Titolo originale: “Listen to the Heroes of Israel”
Fonte: http://www.johnpilger.com
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25.02.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIOVANNI PICCIRILLO