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La Redazione

 

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ARGENTINA: LA DEPRESSIONE, LA RIVOLTA E LA RIPRESA

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A cura di supervice
Il 21 Novembre 2011
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PERCHÉ LA PRESIDENTE FERNANDEZ VINCE E OBAMA PERDE

DI JAMES PETRAS
Global Research

Introduzione

Il 23 ottobre di quest’anno, la Presidente

Cristina Fernandez ha vinto le elezioni ricevendo il 54% dei voti, 37

punti percentuali al di sopra del suo più diretto avversario. La coalizione

presidenziale ha conquistato anche il Congresso, il Senato e le Regioni,

come pure 135 dei 136 fra i più grandi municipi di Buenos Aires. In

netto contrasto il Presidente Obama che, in base ai recenti sondaggi

che vedono avanzare i candidati repubblicani, pare sia destinato a perdere

il controllo di entrambe le camere del Congresso nel prossimo 2012.

Che cosa ha creato questa monumentale differenza nelle preferenze dei

voti per i due presidenti uscenti? Una parallela discussione storica

sulle politiche socioeconomiche ed estere, come pure sulle risposte

date dagli establishment alle profonde crisi economiche, è necessaria

per comprendere i punti che stanno alla base di questi risultati pressoché

opposti.
Metodologia

Al fine di paragonare la prestazione

della Fernandez con quella di Obama, è necessario porle nel loro

contesto storico. Più precisamente, entrambi i presidenti e i

loro immediati predecessori, George Bush negli Stati Uniti e Nestor

Kirchner in Argentina, hanno dovuto affrontare delle grandissime crisi

economiche e sociali. Da rimarcare, ad ogni modo, sono le differenti

risposte date alle crisi e i loro risultati totalmente divergenti. Da

un lato crescita sostenuta e giustizia sociale in Argentina, inasprimento

delle condizioni e politiche fallimentari negli Stati Uniti.

Contesto storico argentino:
la depressione, la rivolta e la ripresa

Fra il 1998 e il 2002 l’Argentina

affrontò la peggiore crisi economica della sua storia. L’economia

sprofondò passando da una recessione a una depressione su larga scala,

culminata con una crescita negativa in doppia cifra fra il 2001 e il

2002. La disoccupazione raggiunse e superò il 25% e nei quartieri operai

arrivò oltre il 50%. Decine di migliaia di professionisti impoveriti,

appartenenti alla classe media, si mettevano in fila per il pane e la

minestra pochi isolati più in là del palazzo presidenziale. Centinaia

di migliaia di lavoratori disoccupati, i “piqueteros”, bloccarono

le maggiori autostrade e alcuni assalirono i treni che portavano il

bestiame e i cereali all’estero. Le banche chiusero, privando milioni

di correntisti dei loro risparmi. Milioni di contestatori organizzarono

collettivi radicali in tutti i quartieri e si unirono con le assemblee

dei disoccupati. Il paese era pesantemente indebitato e la gente profondamente

impoverita. Il malcontento popolare stava sfociando in una sollevazione

rivoluzionaria. Il Presidente uscente Fernando De La Rua fu rovesciato

(2001), numerosi manifestanti furono feriti o uccisi dal momento che

la ribellione popolare stava minacciando di impossessarsi del palazzo

presidenziale. Entro la fine del 2002 centinaia di fabbriche in bancarotta

furono occupate, rilevate e gestite dai lavoratori. L’Argentina dichiarò

il default verso il suo debito estero. All’inizio del 2003

Nestor Kirchner fu eletto presidente nel bel mezzo di una crisi di sistema

e cominciò a rifiutare le pressioni che lo spingevano al pagamento

del debito e alla repressione dei movimenti popolari. Al contrario inaugurò

una serie di programmi d’emergenza per il pubblico impiego. Autorizzò

il pagamento di un sussidio per i lavoratori disoccupati (150 pesos

al mese) per andare incontro ai bisogni fondamentali di circa la metà

della forza lavoro.

Lo slogan più popolare della maggioranza

dei movimenti che occupavano distretti finanziari, fabbriche, edifici

pubblici e strade era “Que se vayan todos”. L’intera classe

politica, i dirigenti e i partiti, il Presidente e il Congresso, furono

rinnegati completamente. Tuttavia, anche se i movimenti erano di ampia

portata, attivi e uniti in ciò che rifiutavano, non avevano un programma

coerente per prendere il potere nello Stato, né avevano una leadership

politica che li guidasse. Dopo due anni di tumulti e disordini, il popolo

tornò alle urne ed elesse Kirchner con il mandato di produrre risultati

oppure farsi da parte. Kirchner recepì il messaggio, almeno per quanto

riguarda la crescita economica accompagnata dalla giustizia sociale.

Contesto: USA con Bush e Obama

Gli ultimi anni dell’amministrazione

Bush e della presidenza di Obama sono stati caratterizzati dalla peggiore

crisi economica dai tempi della Grande Depressione degli anni ‘30.

Disoccupazione e sottoccupazione crebbero fino a raggiungere quasi un

terzo della forza lavoro nel 2009. Milioni di ipoteche non furono riscattate.

I fallimenti si moltiplicarono e le banche erano sull’orlo del collasso.

La recessione e la forte deflazione dei redditi aumentarono la povertà

e moltiplicarono il numero di persone con carenza di cibo. A differenza

dell’Argentina, i cittadini scontenti presero la via delle urne. Attratti

dalla demagogica retorica del cambiamento di Obama, riposero le loro

speranze nel nuovo presidente. I democratici vinsero le presidenziali

ed ottennero la maggioranza in entrambe le Camere del Congresso. La

prima priorità di Obama e del Congresso fu quella di riversare trilioni

di dollari nei bilanci delle banche in sofferenza anche se la disoccupazione

era in aumento e la recessione continuava. La seconda priorità fu quella

di rafforzare ed espandere le guerre imperiali oltreoceano.

Obama aumentò il numero di soldati

in Afghanistan fino a 30 mila; ampliò il budget per le spese militari

fino a 750 miliardi di dollari; lanciò nuove operazioni in Somalia,

Libia, Pakistan e rafforzò il sostegno nei confronti delle forze armate

israeliane; firmò accordi militari con nazioni asiatiche (India, Filippine

e Australia) vicine alla Cina.

In conclusione Obama ha dato la massima

priorità all’espansione dell’impero militare, svuotando le

finanze pubbliche dei fondi necessari per rilanciare l’economia nazionale

e ridurre la disoccupazione.

Di contro, il duo Kirchner/Fernandez

ha ridotto il potere dell’esercito tagliando le spese militari, veicolando

le rinnovate risorse verso i programmi per la piena occupazione, gli

investimenti produttivi e le esportazioni non convenzionali.

Durante la presidenza Obama la crisi

è divenuta un pretesto per rilanciare e consolidare il potere

finanziario di Wall Street. La Casa Bianca ha aumentato il budget

per le spese militari, acuendo il passivo di bilancio e ha poi proposto

di tagliare essenziali servizi sociali per ridurre tale deficit.

Argentina: dalla crisi alla

crescita esponenziale

In Argentina la catastrofe economica

e l’insurrezione popolare fornirono a Kirchner l’opportunità di

spostare le risorse dagli interessi militaristi e della speculazione

finanziaria ai programmi sociali e ad una crescita economica sostenuta.

Le vittorie elettorali sia di Kirchner

che della Fernandez riflettono il successo da loro ottenuto nel creare

un “normale stato sociale capitalista”. Dopo trent’anni di regimi

predatori neoliberisti servi degli americani, tutto ciò rappresenta

un cambiamento notevolmente positivo. Dal 1966 al 2002 l’Argentina

ha sofferto sotto il giogo di brutali dittature militari culminate con

i generali genocidi che assassinarono circa trentamila argentini fra

il 1976 e il 1982. Fra il 1983 e il 1989 dovette subire un regime neoliberista

(Raul Alfonsin) che ha fallito nel fare i conti con l’eredità della

vecchia dittatura e ha presieduto a un iperinflazione in tripla cifra.

Dal 1989 al 1999 sotto il Presidente Carlos Menem, l’Argentina assistette

alla gigantesca svendita a prezzi d’occasione delle sue aziende pubbliche

più produttive, delle risorse naturali (petrolio incluso), delle banche,

delle autostrade, degli allevamenti e delle acque pubbliche, in favore

degli investitori stranieri e dei compari cleptocratici.

Ultimo ma non per importanza, Fernando

De La Rua (2000 – 2001), promise dei cambiamenti, ma procedette solo

ad acuire la recessione che condusse al catastrofico botto finale del

dicembre 2001 col fallimento degli istituti di credito, la bancarotta

di diecimila aziende e il collasso dell’economia.

In questo scenario di totale e assoluto

fallimento e disastro umanitario causato dalla politiche liberiste promosse

dagli USA e dal Fondo Monetario Internazionale, Kirchner/Fernandez dichiararono

il default per il debito estero, nazionalizzarono i fondi pensione

e numerose imprese precedentemente privatizzate, aiutarono le banche

e raddoppiarono la spesa sociale, espandendo gli investimenti pubblici

e tonificando i consumi di massa, al fine di intraprendere la strada

della ripresa economica. Dalla fine del 2003 l’Argentina passò dalla

recessione a una crescita del PIL pari all’8% annuo.

Diritti umani, programmi sociali

e politica economica estera indipendente

L’economia argentina è cresciuta

di circa il 90% dal 2003 al 2011, più di tre volte di quella statunitense.

La sua ripresa è stata accompagnata da una spesa sociale triplicata,

direzionata specialmente verso i programmi per ridurre la povertà.

La percentuale di argentini che vivono sotto la soglia di povertà è

passata dal 50% del 2001 a meno del 15% del 2011. In contrapposizione

la povertà negli Stati Uniti è salita dal 12% al 17% nella medesima

decade e sta continuando a seguire una traiettoria al rialzo in un analogo

periodo.

Gli Stati Uniti sono divenuti il paese

con le maggiori disuguaglianze nell’area OCSE, con l’1% di popolazione

che detiene il 40% della ricchezza nazionale (percentuale in ascesa

dal 30% dell’ultimo decennio). In contrapposizione, le disuguaglianze

in Argentina sono state ridotte di circa la metà. L’economia statunitense

non è riuscita a riprendersi dalla profonda recessione del biennio

2008-2009, in cui è diminuita di oltre l’8%. Quella argentina, invece,

è scesa meno dell’1% nel 2009 e sta crescendo a un salutare tasso

dell’8% durante l’ultimo biennio. L’Argentina ha nazionalizzato

i fondi pensione, raddoppiato le pensioni minime e introdotto programmi

sociali universali per l’infanzia al fine di contrastare la malnutrizione

e garantire la frequenza scolastica.

Al contrario, il 20% dei bambini in

USA sta attualmente soffrendo di un carente regime alimentare, di un

alto tasso di abbandono scolastico e la malnutrizione colpisce ormai

il 25% dei minori. Con gli ulteriori tagli in corso alle spese per la

salute e l’educazione, le condizioni sociali non possono che peggiorare.

In Argentina il livello dei redditi dei lavoratori salariati è cresciuto

del 50% nell’ultimo decennio, mentre negli Stati Uniti è sceso di

circa il 10%.

La forte crescita del Prodotto Nazionale

Lordo argentino è stata alimentata dall’aumento dei consumi

interni e dai guadagni derivati dalle esportazioni. L’Argentina ha

un notevole attivo nella bilancia commerciale dovuto ai favorevoli prezzi

di mercato ed all’accresciuta competitività. Negli Stati Uniti invece

i consumi interni sono stagnanti, la bilancia commerciale ha un deficit

di quasi 1,5 trilioni di dollari e le entrati fiscali vengono sprecate

in improduttive spese militari per un valore di oltre 900 miliardi all’anno.

Mentre in Argentina l’impulso verso

una politica di ripudio del debito e di crescita sostenuta è provenuto

dalla ribellione popolare e dai movimenti delle masse, negli Stati Uniti

il malcontento popolare è stato convogliato verso l’elezione di un

truffatore colluso con la finanza di Wall Street chiamato Obama. Egli

ha continuato a investire le risorse nel salvataggio delle élite finanziarie

invece di farle andare in bancarotta e sostenere la crescita, la competitività

e i consumi di massa.

L’alternativa argentina ai

salvataggi e alla povertà

L’esperienza argentina va contro

tutti i precetti delle agenzie finanziarie internazionali (il FMI e

la Banca Mondiale), dei loro sostenitori politici e dei giornalisti

della stampa economica. Sin dal primo anno (il 2003) della ripresa fino

ad oggi, gli esperti in economia “predissero” che la sua crescita

non fosse ”sostenibile” invece è proseguita in maniera robusta

per oltre un decennio. La stampa economica affermò che il default

avrebbe condotto l’Argentina ai margini dei mercati finanziari e la

sua economia sarebbe collassata. L’Argentina si basò sull’autofinanziamento

derivato dai guadagni sulle esportazioni e sulla riattivazione dell’economia

domestica e contraddisse i prestigiosi economisti.

Quando la crescita continuò, i critici

del Financial Times e del Wall Street Journal sostennero

che sarebbe terminata una volta che la capacità produttiva inutilizzata

si fosse esaurita. Invece i proventi derivati dalla crescita consentirono

l’espansione di un mercato interno e trovarono nuovi sbocchi specialmente

nei mercati emergenti dell’Asia e del Brasile.

Persino recentemente, il 25 ottobre

2011, gli opinionisti del Financial Times ancora blateravano

di un imminente crisi nella maniera messianica con cui i fondamentalisti

predicono un’incombente apocalisse. Ripetevano sempre il ritornello

dell’elevata inflazione, dei programmi sociali insostenibili, della

valuta troppo forte come predizioni sulla fine della prosperità. Tutti

questi terribili avvertimenti ci rivengono in mente di fronte alla persistente

crescita all’8% registrata nel 2011 e alla schiacciante vittoria elettorale

della Fernandez. Gli scribacchini finanziari angloamericani dovrebbero

focalizzare l’attenzione sul fallimento delle loro politiche di libero

mercato in Europa e in Nord America, invece di denigrare un esperienza

di un modello economico da cui dovrebbero imparare.

Nel confutare le teorie dei critici

del Wall Street, Mark Weisbrot e i suoi collaboratori sottolineano come

(“La storia del successo argentino” del Centro di Ricerca sulle

Cattive Politiche Economiche – ott. 2011) la crescita argentina fu basata

sull’espansione dei consumi interni, sull’aumento dell’esportazioni

manifatturiere verso i partner commerciali della regione come pure sul

tradizionale export di prodotti agricoli e minerari verso il

mercato asiatico. In altre parole, l’Argentina non è totalmente dipendente

dalle esportazioni industriali; ha sviluppato un commercio equilibrato

e non è neanche troppo dipendente dai prezzi delle materie prime. Per

quanto riguarda l’inflazione elevata, Weisbrot sottolinea che “l’inflazione

può anche essere alta in Argentina ma quello che conta

è la crescita reale e la distribuzione della ricchezza finalizzata

al benessere della maggioranza della popolazione”.

Gli Stati Uniti sotto Bush e Obama

hanno seguito un percorso totalmente divergente da quello del duo Kirchner-Fernandez.

Hanno dato la priorità alla spesa militare e all’espansione dell’apparato

di sicurezza a discapito dell’economia produttiva. Obama e il Congresso

hanno puntato forte su politiche recessive di taglio delle spese sociali,

aumentando lo stato di polizia e violando sempre di più i diritti civili

dei cittadini. In contrapposizione, Kirchner/Fernandez hanno punito

severamente dozzine e dozzine di autori di violazioni dei diritti civili

appartenenti alla polizia e all’esercito ed hanno indebolito il potere

politico dei militari.

In conclusione, i presidenti argentini

hanno respinto le pressioni dei gruppi di interesse militari che richiedevano

maggiori fondi per le spese in armamenti. Hanno creato un modello di

stato più adatto al loro progetto politico di competitività

economica, nuovi mercati e programmi sociali. Bush e Obama hanno ridato

slancio alla finanza parassitaria sbilanciando ulteriormente l’economia.

Kirchner e la Fernandez si sono assicurati che il settore bancario sostenesse

la crescita delle esportazioni, la manifattura e i consumi interni.

Obama taglia lo stato sociale per pagare i creditori, Kirchner e la

Fernandez hanno imposto un haircut del 75% ai titolari delle

obbligazioni governative per finanziare la spesa sociale.

Kirchner e la Fernandez hanno vinto

tre elezioni presidenziali con largo margine. Obama potrebbe essere

un presidente dal singolo mandato nonostante la campagna elettorale

miliardaria finanziata da Wall Street, l’appoggio delle lobby

industriali e militari e la sua politica filo-israeliana.

L’opposizione popolare contro Obama,

specialmente il movimento “Occupy Wall Street” , ha ancora

tanta strada da fare per emulare il successo ottenuto dagli antagonisti

argentini che rimossero i presidenti in carica, bloccarono le autostrade

paralizzando la produzione e la circolazione e imposero un programma

politico di stampo socialista che privilegiasse l’economia reale a

discapito della finanza, i consumi sociali rispetto alle spese militari.

Il movimento “Occupy Wall Street” ha compiuto un primo passo

verso la mobilitazione di cittadini partecipanti e attivi necessario

per creare il tessuto sociale che ha trasformato l’Argentina da uno

stato clientelare filo-statunitense a un dinamico e indipendente stato

sociale.

**********************************************

Fonte: Argentina: Depression, Revolt and Recovery

30.10.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FRANCESCO SCURCI

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